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Previsioni su deficit, debito pubblico e aiuti europei nel 2021
La crescita del Pil potrebbe fermarsi al 3,5 per cento e il deficit raggiungere il 10,2 per cento del Pil (175 miliardi), sia a causa dei nuovi ristori (DL Sostegni), sia della ripresa rallentata. Fortunatamente, anche quest’anno le istituzioni europee coprirebbero interamente il deficit e assorbirebbero quasi metà del fabbisogno lordo di finanziamento, principalmente grazie agli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE. La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 27 marzo 2021. La buona notizia è però che, come nel 2020, anche nel 2021 il fabbisogno di risorse dello Stato italiano sarà coperto quasi per metà dalle istituzioni europee: su una stima di 539 miliardi tra titoli in scadenza (364 miliardi) e deficit (175 miliardi), le istituzioni europee coprirebbero circa 252 miliardi, circa il 47 per cento. Tra esse, la Banca Centrale Europe (BCE) farebbe ancora la parte del leone, acquistando approssimativamente 230 miliardi di titoli di Stato, di cui si può ipotizzare che oltre 70 miliardi saranno destinati al rinnovo di titoli in scadenza e 160 a nuovi acquisti. Dall’Unione Europea dovrebbero arrivare poi 11 miliardi di prestiti a tassi negativi corrispondenti alle ultime due erogazioni del programma SURE e altri 11 miliardi di prestiti del programma NGEU (Recovery Fund), oltre ai 14 miliardi a fondo perduto che copriranno spese non incluse nel deficit (Tav. 1). Inoltre, nel 2021 come nel 2020, la somma di nuovi acquisti della BCE (160 miliardi) e prestiti SURE e NGEU (22 miliardi) coprirebbe l’intero deficit (175 miliardi). Grazie al sostegno delle istituzioni europee, nel 2021 la quota di debito pubblico detenuta dai mercati finanziari dovrebbe diminuire dal 120,9 al 115,6 per cento del Pil, contro il 112,0 di fine 2019 (Fig. 1).
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I deficit pubblici nel 2020: hanno davvero speso di più i paesi più colpiti dal Covid?
L’entità degli aumenti è invece correlata al livello iniziale del debito pubblico: paesi che già avevano un debito pubblico elevato sono quelli che hanno aumentato il deficit in misura più significativa. In realtà, è vero il contrario: i paesi avanzati con le finanze pubbliche più deteriorate prima della pandemia siano stati quelli che hanno speso di più anche nel 2020 (Fig. 2). Anche con tecniche più sofisticate, che consentono di valutare la correlazione tra incremento del deficit nel 2020 e livello del debito nel 2019 a parità di gravità della pandemia e della recessione, si giunge allo stesso risultato statisticamente significativo. Al netto di una variabilità elevata persistente, i paesi più indebitati pre-Covid sono comunque quelli che, in media, hanno aumentato di più la spesa pubblica nel 2020. Ma come spiegare una correlazione positiva tra aumento del deficit e pre-esistente livello del debito? Una spiegazione potrebbe essere che i paesi più prodighi con la spesa pubblica non sono venuti meno a questa caratteristica durante la pandemia. In altre parole, poiché la spesa pubblica nei paesi più indebitati sarebbe generalmente meno efficiente (e porterebbe quindi a debiti pubblici maggiori), “a parità di crisi” questi avrebbero dovuto spendere di più per fornire un pari supporto ai cittadini e all’economia nel 2020. In linea con lo spirito di quest’ultima ipotesi è l’analisi di A. Sapir per il Bruegel Institute, in cui si rileva che la qualità della Pubblica Amministrazione è in grado di spiegare una parte delle differenze nella gravità delle recessioni registrate nel 2020.
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L’indebitamento delle imprese italiane dopo un anno di pandemia
Di conseguenza, la situazione patrimoniale per alcuni comparti è notevolmente peggiorata, con rischi per la capacità di investimento e per la solvibilità nel medio termine. ha facilitato l’accesso alle garanzie sui prestiti, stabilendo la gratuità delle operazioni del Fondo di Garanzia per le PMI e l’estensione dell’importo massimo garantito per ogni impresa da 2,5 a 5 milioni di euro. L’ultimo rapporto della Task Force per la liquidità stima garanzie erogate per 155 miliardi, di cui due terzi stanziati alle imprese di piccola dimensione. Il forte calo rispetto a marzo (fig. 1) è probabilmente dovuto al fatto che molte imprese, la cui situazione di liquidità è migliorata negli ultimi mesi, hanno saldato il dovuto in occasione della scadenza semestrale delle moratorie. L’indebitamento delle imprese durante il Covid-19 Per effetto delle misure governative e della politica monetaria accomodante della BCE, a differenza di quanto osservato in precedenti recessioni, il credito bancario è aumentato durante il 2020 (di 37 miliardi, pari al 5,8 per cento, per le società non finanziarie). Nel 2020, il ricorso ai prestiti è stato maggiore per le imprese dei settori che hanno registrato i peggiori cash flow e che quindi presentavano maggiori necessità di liquidità (fig.2). Viceversa, il settore delle costruzioni, interessato da una ripresa più rapida, ha registrato flussi di cassa ampi e una riduzione dello stock di prestiti di 6 miliardi.
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Quale insegnamento trarre dalle politche fiscali americane nel 2011?
Andamento della politica di bilancio statunitense nel 2008-13 Per fronteggiare la crisi finanziaria ed economica globale, la politica di bilancio americana divenne fortemente espansiva tra il 2008 e il 2010. L’avanzo primario al netto del ciclo si ridusse di circa 1,7 punti percentuali di Pil sia nel 2011 sia nel 2012 (Fig. 1). Più specificatamente, il tasso di crescita del Pil, dopo il rimbalzo del 2010 (quando raggiunse il 2,6 per cento), si ridusse di un solo punto percentuale (in corrispondenza di una stretta di 1,7 punti percentuali, il che suggerisce un moltiplicatore piuttosto basso). Fra l’altro in quell’anno e nel 2012 il tasso di crescita delle esportazioni si ridusse drasticamente, il che suggerisce che parte del rallentamento del Pil non fosse causato esclusivamente dalla stretta di bilancio, ma fosse parzialmente imputabile a variabili di natura esterna. Il mantenimento di una politica più espansiva avrebbe probabilmente portato a un più rapido recupero dell’occupazione e del Pil, anche se in parte sarebbe risultato anche in maggiore inflazione e disavanzo di partite correnti della bilancia dei pagamenti. Conclusioni In sostanza, se la stretta di bilancio del 2011-12 fosse stata evitata la ripresa sarebbe stata un po’ più rapida, ma il costo sarebbe stato un debito pubblico un po’ più elevato, riducendo forse in parte lo spazio fiscale poi usato per rispondere alla crisi economica causata dal Covid. È quindi lecito criticare le misure economiche di quel periodo, ma alla luce dei risultati da esse ottenuti sembra azzardato affermare che abbiano rappresentato uno dei più grandi errori di politica economica degli ultimi decenni.
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Il decreto Cura Italia: un commento dell’Osservatorio CPI
In quanto tali sono appropriate, ma per rilanciare l’economia, una volta superata la crisi sanitaria, serviranno altre misure espansive di finanza pubblica, preferibilmente sul lato degli investimenti, e riforme strutturali. Il decreto Cura Italia introduce un ampio spettro di misure con un impatto sull’“indebitamento netto” (il deficit pubblico) di 20 miliardi. Il governo ha fatto riferimento a una manovra da 25 miliardi, riferendosi però al cosiddetto “saldo netto da finanziare”, una voce contabile relativa al bilancio dello Stato che include alcune voci che non hanno un impatto immediato sulla attività economica. L’intervento è stato approvato in tempi molto brevi ed è mirato, oltre che a coprire le spese mediche necessarie per fronteggiare l’emergenza, ad attenuare l’impatto sull’economia dello shock da coronavirus. Sulla base di queste caratteristiche, un programma di investimenti pubblici, partendo dalla rapida riapertura dei cantieri in corso, potrebbe costituire il pilastro portante di una tale azione di rilancio. Questa azione di stimolo alla domanda e alla crescita dell’offerta potenziale potrebbe essere utilmente integrata da riforme in grado di facilitare l’investimento privato quali una drastica semplificazione burocratica, un miglioramento dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione, una giustizia civile e amministrativa più rapida ed efficiente. Un’ultima precisazione: quanto sopra indicato sarà possibile se le condizioni di finanziamento sul mercato dei titoli di stato resteranno accettabili, il che richiede interventi da parte delle istituzioni europee, quale quello annunciato dalla BCE nella serata del 18 marzo.
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Quanto spendono gli altri paesi per l’emergenza coronavirus?
In attesa di conoscere i dettagli e le cifre del secondo decreto economico che il governo ha annunciato per il mese di aprile, in questa nota sintetizziamo le informazioni disponibili (spesso ancora parziali) su quanto deciso in campo di finanza pubblica da parte degli altri principali paesi avanzati. Il primo intervento, deciso a metà febbraio, prevedeva 500 miliardi di yen (lo 0,1 per cento del Pil) di prestiti statali a favore di piccole e medie imprese del settore del turismo. Un terzo intervento molto più significativo è però previsto per l’inizio di aprile: le singole misure fiscali sono ancora in fase di discussione, ma la cifra finale dovrebbe ammontare ad almeno 15.000 miliardi di yen, ovvero il 2,7 per cento del Pil giapponese. Il primo pacchetto include un programma di spesa per 30 miliardi di sterline, circa l’1,4 per cento del Pil, di cui 5 miliardi per il sistema sanitario nazionale e 7 a supporto di imprese e lavoratori, mentre i restanti 18 miliardi saranno distribuiti sul biennio 2020-21. Nello specifico, 330 miliardi, pari al 15 per cento del Pil, consistono in garanzie sui debiti delle imprese che necessitano liquidità, mentre i restanti 20 miliardi, lo 0,9 per cento del Pil, sono destinati al taglio delle tasse e a sussidi per le imprese e i lavoratori. USA In USA si è arrivati all’accordo bipartisan per uno stimolo economico di circa 2.000 miliardi di dollari (il 9 per cento del Pil) per attenuare gli effetti depressivi del coronavirus sull’economia, anche se non è del tutto chiaro se queste misure avrebbero effetto interamente nel 2020. In aggiunta, sono previste possibili iniezioni di risorse tramite acquisti di azioni societarie e di obbligazioni di KfW fino a un massimo di 200 miliardi (5,8 per cento del Pil).
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La concorrenza all’interno del PNRR
Manca però, per ora, un livello di dettaglio adeguato riguardo agli interventi legislativi che concretamente verranno adottati; il che non consente di formulare un giudizio circa l’efficacia reale di questa parte del PNNR ai fini del rilancio della crescita economica. A differenza del PNRR presentato dal precedente governo nel gennaio scorso, che trascurava la questione, nel PNRR presentato dal governo Draghi vi è una sezione dedicata al tema della concorrenza. Le riforme per la concorrenza, così come quelle per la semplificazione delle leggi, sono definite “abilitanti”, ovvero idonee a rimuovere gli ostacoli di ordine amministrativo e regolatorio che potrebbero complicare l’attuazione degli interventi del PNRR. Molte delle misure previste dal PNRR sono in linea con le proposte contenute in una segnalazione del marzo scorso dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Che cosa contiene il PNRR Il PNRR afferma l’importanza di adottare su base annuale la legge sul mercato e la concorrenza, prevedendo per il 2021 la presentazione del relativo disegno di legge entro il mese di luglio. Per quanto riguarda l’AGCM, il PNRR si ripromette di avvicinare le prerogative previste dalla legislazione nazionale rispetto a quelle previste dal diritto europeo, specialmente per quanto riguarda la valutazione delle concentrazioni aziendali e le imprese che operano in più mercati. Cosa aveva chiesto l’AGCM Tutte le misure per la concorrenza citate all’interno del PNRR, con l’eccezione di quelle per le concessioni autostradali e la nomina dei dirigenti ospedalieri, erano contenute nella segnalazione di marzo dell’AGCM.
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Lezioni di finanza pubblica
Pubblicazioni Editoriali Risorse Osservatorio SERVIZI Banche Dati Serie storiche Documentazione
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Fiumi di parole
Il Programma di Stabilità del 2021 contiene più del doppio delle parole rispetto alla media degli altri paesi europei, nonostante – in base alle norme europee – il contenuto richiesto sia lo stesso. Eppure, fino al 2005 il DEF italiano era più corto di quello tedesco e nel 2010 aveva metà delle parole rispetto ad oggi. La nota è stata ripresa in questo articolo di Repubblica del 14 maggio 2021 * * * Negli ultimi mesi sono circolati numerosi documenti di politica economica, dalla Legge di Bilancio di fine 2020 al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), passando per il Documento di Economia e Finanza (DEF). Si potrebbe pensare che la complessità delle materie trattate (la programmazione economica di diverse centinaia di miliardi di euro) renda una maggiore lunghezza inevitabile. Per quanto si possano considerare l’economia e le finanze pubbliche italiane più complesse e “problematiche” di quelle degli altri paesi europei, è inverosimile che questi elementi siano in grado di spiegare da soli il fatto che il Programma di Stabilità italiano sia due volte più lungo di quello francese. Il fatto che tutti i paesi europei riescano a comunicare le stesse informazioni con documenti molto più corti suggerisce che sia possibile scrivere un Programma di Stabilità più conciso e accessibile. Anche i paesi UE che non appartengono all’Area Euro inviano alla Commissione un documento analogo al Programma di Stabilità nei contenuti, denominato “Programma di Convergenza”.
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Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: il Piano in 6 punti
Sebbene le risorse rese disponibili dall’UE siano diminuite, il PNRR Draghi è un po’ più ampio di quello di Conte anche perché si sono confermate spese che il PNRR Conte considerava ancora come incerte. La nota è stata ripresa da questo articolo di Repubblica del 7 maggio 2021 *** Le risorse del PNRR Sono circolate diverse cifre sul totale delle risorse messe a disposizione per il PNRR, l’ultima delle quali, riportata dal Presidente Draghi nelle sue relazioni al Parlamento, era di 248 miliardi. Draghi v. Conte: differenze nelle risorse disponibili e nel loro uso La versione del governo Draghi prevede, come detto, spese per 235 miliardi, 12 miliardi in più di quella del governo Conte (223 miliardi). La versione più recente, invece, rende esplicito che il PNRR sarà finanziato anche da 30,6 miliardi di maggior debito pubblico, coprendo quindi la perdita di 5 miliardi di minori finanziamenti europei, i 14 miliardi che il governo Conte aveva lasciato in sospeso e aggiungendo, in termini netti, altri 12 miliardi. Si tratta di 162 investimenti, di cui 107 sono sotto il miliardo di euro; la dimensione media dei progetti è di 1,3 miliardi, quella mediana di 650 milioni (Fig. 2). Tra i pochi grandi interventi previsti troviamo il piano Transizione 4.0 (18 miliardi, cioè la proroga con modifiche delle misure di Industria 4.0) e i finanziamenti di Ecobonus e Sismabonus (18 miliardi, cioè la proroga con modifiche del Superbonus 110 per cento introdotto nel 2020). Quest’ultima cifra è stata rivista leggermente al ribasso rispetto a quella contenuta nella bozza del PNRR circolata a gennaio dal governo Conte 2 (209,5 miliardi) perché l’ammontare di prestiti ottenibili con la RRF è stato ridotto di circa 5 miliardi.
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Perché il lavoro dei parlamentari è considerato un part-time?
Infatti, al contrario che per i Ministri e i dipendenti pubblici, Deputati e Senatori possono svolgere attività lavorative remunerate al di fuori del Parlamento, con i conseguenti rischi in termini di conflitto di interessi e diminuzione dell’impegno profuso. Recentemente, il Senatore Matteo Renzi è stato criticato per aver partecipato a un incontro a Riyad con il Principe ereditario saudita Mohammad Bin-Salman (dietro compenso in quanto parte del board di Future Investment Initiative). In questa nota non entreremo nel merito di tale decisione, bensì ci concentreremo su ciò che ha reso legalmente possibile lo scandalo, ovvero la normativa a cui devono attenersi i parlamentari per quanto riguarda secondi lavori e altre attività remunerate. In generale, durante i loro mandati, i parlamentari italiani possono continuare a svolgere attività lavorative estranee al lavoro parlamentare (sia occasionali, sia più regolari), beneficiando dei relativi redditi, quasi come se il lavoro di parlamentare fosse considerato una sorta di “part-time”. Come in Italia, i politici di questi paesi si trovano di tanto in tanto coinvolti in scandali a causa delle loro attività extra parlamentari. Queste precauzioni appaiono coerenti con l’obiettivo di assicurare che queste persone siano dedicate al loro incarico e che i conflitti di interessi non diventino pervasivi. In questo ambito il problema del conflitto di interessi è in parte irrisolto ed è la radice dell’acceso dibattito negli anni passati riguardante le imprese di Silvio Berlusconi.
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Le carenze della scuola italiana: il quadro secondo i dati OCSE
Alcuni paesi hanno chiuso le scuole solo localmente (Australia, Svezia, Stati Uniti); altri paesi hanno distinto le chiusure in base al grado (ad esempio chiusura delle sole scuole superiori); altri, infine, hanno chiuso totalmente le scuole per periodi più o meno brevi. In Italia le scuole sono rimaste totalmente chiuse per 13 settimane a fronte di una media per i paesi considerati di 10 settimane, mentre sono state implementate chiusure parziali (cioè limitate a certe aree o fasce d’età) per 22 settimane a fronte di una media di 16 (Fig. 1 e 2). Secondo i sondaggi degli insegnanti in posizione direttiva, il 34 per cento avverte la mancanza o l’inadeguatezza delle risorse tecnologiche (computer, tablet, software, lavagne interattive…) nelle proprie scuole a fronte di una media OCSE del 27,4 per cento. Infatti, nel 2018 le classi delle scuole primarie italiane accoglievano in media 19 studenti a fronte di una media OCSE di 21 (Fig. 4), guardando le scuole primarie di primo livello la media italiana sale a 21 studenti, mentre la media OCSE è di 23 studenti (Fig. 5). In realtà, gli insegnanti italiani hanno un livello iniziale di istruzione elevato rispetto agli alti paesi: considerando ad esempio gli insegnanti delle scuole secondarie di primo grado, il 78,8 per cento ha una laurea magistrale contro una media OCSE del 44,2 per cento. Le risorse destinate alle scuole primarie nel 2017 infatti ammontavano al 2 per cento della spesa pubblica complessiva, quelle destinate alla scuola secondaria al 3,8 per cento, mentre quelle destinate all’Università all’1 per cento (Fig. 7), per un totale del 6,8 per cento. La differenza con gli altri paesi permane anche considerando: la spesa in percentuale al Pil (3,6 per cento considerando scuola primaria, secondaria e terziaria contro una media OCSE del 4,4 per cento); la spesa per studente (9.178 dollari per studente, contro una media OCSE di 9.524 dollari).
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La sostenibilità del debito pubblico non è solo una questione di crescita
A parità di saldo primario, contare unicamente sull’effetto “denominatore” (l’aumento del PIL) porta a un calo molto lento del rapporto di debito. Nel 2020 le finanze delle economie avanzate hanno registrato un forte aumento del rapporto debito pubblico/Pil, dovuto sia ad un incremento del deficit - che nel 2020 ha raggiunto in media il 10,4 percento del Pil - sia ad un marcato calo del denominatore. Nel secondo, la crescita del PIL aumenta di un punto percentuale e le entrate aggiuntive che derivano dalla maggiore crescita vengono risparmiate (scenario 2). Scenario 1 (Baseline) Questo scenario è statico: si parte con un rapporto debito/Pil del 160 per cento e si ipotizzano un livello del deficit (2,4 per cento del PIL) e della crescita nominale (1,5 per cento) tali da mantenere il rapporto costante nel tempo per i 15 anni considerati (linea piatta nella fig.1). Scenario 3 Nel terzo scenario la crescita rimane al 2,5 per cento, ma la spesa primaria cresce in linea con il Pil, mantenendo lo stesso rapporto dello scenario 1. In questo caso, lo Stato non risparmia le maggiori entrate derivanti dalla crescita e il rapporto debito/Pil diminuisce di appena 23,6 punti percentuali in 15 anni (circa un terzo dello scenario 2; linea tratteggiata nella fig.1). È però evidente che una strategia mirata a ridurre il rapporto debito/Pil non può fare leva unicamente sulla crescita del denominatore del rapporto Pil se l’obiettivo è ridurre il rapporto a una velocità sufficientemente sostenuta.
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Chiedi all’Osservatorio
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Il test della multa: le risposte delle prefetture
Per circa un terzo delle prefetture la risposta è stata rapida e corretta, ma per oltre un terzo non è stato possibile avere una risposta. La nota è stata ripresa da questo articolo di Repubblica del 24 aprile 2021 * * * Abbiamo chiamato le 106 prefetture d’Italia chiedendo: (i) quali sono i termini per presentare ricorso al prefetto contro una multa per violazione del codice della strada; e (ii) quali sono le modalità per inoltrare tale ricorso. Il ricorso deve essere inoltrato alla prefettura del luogo dove è avvenuta la violazione entro 60 giorni dalla contestazione o notificazione per tramite di una raccomandata con ricevuta di ritorno, di posta elettronica certificata (PEC) o recandosi di persona in prefettura. Si è scelto di contattare gli URP perché questi dovrebbero essere, stando a quanto riportato nei siti internet delle prefetture, il punto di incontro con i cittadini, per guidarli e facilitarli nell’accesso ai servizi offerti, fornendo loro direttamente prestazioni e informazioni o indirizzandoli verso gli uffici preposti a farlo. Gli URP (o i centralini) di ciascuna prefettura sono stati chiamati per un massimo di tre volte, registrando l’informazione del numero di chiamate necessarie prima di avere una risposta. Un esempio di risposta imprecisa è indicare in 30 giorni, invece di 60, il termine di presentazione per il ricorso (questo è il termine per il ricorso al Giudice di Pace), oppure suggerire una sola tra raccomandata e PEC come possibile modalità di inoltro. Tra le 37 prefetture da cui non è stato possibile avere una risposta, per 11 il telefono è squillato a vuoto, per 5 è risultato sempre occupato, per 21 le chiamate hanno dato vita a una serie di inoltri del tutto inconcludenti.
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Cura Italia: interventi diretti a sostegno delle imprese
Va ricordato che il Fondo opera a favore dei professionisti e delle PMI, ossia imprese con meno di 250 addetti, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. La garanzia copre una quota pari al 33 per cento (a) del maggior credito utilizzato tra la data dell’entrata in vigore del decreto e il 30 settembre 2020; (b) dei prestiti in scadenza che hanno beneficiato di un allungamento della durata; (c) delle singole rate oggetto di sospensione. Prevede la corresponsione del 50 per cento delle spese per la sanificazione degli ambienti e l’acquisto di strumenti di lavoro a favore degli esercenti attività di impresa e professionisti fino ad un massimo di 20 mila euro per ciascun beneficiario ed entro il limite complessivo di 50 milioni. Per quanto riguarda le misure trasversali, l’articolo 72 istituisce un fondo per la promozione delle esportazioni con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per il 2020; tali risorse serviranno per adottare misure di comunicazione, potenziare la promozione del Made in Italy e a cofinanziare iniziative di promozione dei mercati esteri. L’articolo stabilisce un contributo in favore di taxi e servizi di Noleggio con Conducente, per l’acquisto di divisori atti a separare il posto guida dai sedili riservati alla clientela attraverso l’istituzione di un apposito fondo con dotazione di 2 milioni di euro. Viene riconosciuta un’indennità a favore di collaboratori di società e associazioni sportive dilettantistiche pari a 600 euro per il mese di marzo 2020, entro un limite massimo di 50 milioni di euro. Per quanto riguarda il settore del trasporto aereo, l’articolo prevede una misura di sostegno a fronte dei danni subiti attraverso l’incremento del fondo di solidarietà pari a 200 milioni di euro, di cui 120 andranno ad incrementare il deficit 2020.
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La questione degli asili nido del PNRR
L’intervento presenta però tre criticità: (i) l’obiettivo è modesto considerata l’attuale situazione italiana; (ii) i vincoli posti alla realizzazione del piano nel PNRR sono definiti in modo poco stringente; (iii) mancano i dettagli circa l’allocazione dei nuovi posti sul territorio nazionale. La nota è stata ripresa da questo articolo di La Stampa del 15 maggio 2021 * * * Nella missione 4, componente 1, del PNRR è incluso un piano per gli asili nido, scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia. L’investimento, come specificato nel PNRR, si propone di costruire, rinnovare e mettere in sicurezza asili nido e scuole allo scopo di sostenere la natalità, investire nell’educazione e nel benessere dei bambini, e incoraggiare la partecipazione femminile al mondo del lavoro. Il PNRR presentato il 30 aprile alla Commissione Europea indicava l’intenzione di creare 228.000 nuovi posti per asili nido e scuola dell’infanzia, con un costo di 4,6 miliardi, senza però fare distinzione tra le due scuole. La distinzione è però fondamentale: mentre la disponibilità di posti in Italia è nella media europea per le scuole dell’infanzia, siamo molto indietro per gli asili nido: la copertura è al 25,5 per cento. Come indicato, nel testo delle schede si parla di 152.000 posti destinati esclusivamente agli asili nido, ma quello che conta per l’erogazione delle risorse (e, quindi, il vero vincolo) è quello che viene riportato come target e quest’ultimo non contiene nulla di specifico sugli asili nido. Come si è detto, la copertura a livello nazionale è del 25,5 per cento, ma in Calabria è solo del 10 per cento, mentre in Valle d’Aosta è del 47 per cento.
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Le proposte della Commissione Europea per ridurre l’elusione fiscale delle multinazionali
Queste proposte, concepite in parallelo a quella americana di una tassa minima globale sui profitti delle imprese, potrebbero però essere efficaci anche qualora la proposta americana fallisse. Il principale ostacolo sarà – come in passato – l’opposizione dei paesi comunitari che beneficiano dello status quo. In precedenza, la Commissione aveva esplorato la possibilità di superare eventuali veti di questo tipo con l’art. Pochi giorni fa la Commissione Europea ha pubblicato un documento che descrive gli obiettivi e le caratteristiche generali delle sue proposte di riforma della tassazione delle imprese. Secondo la Commissione gli sviluppi degli ultimi anni rendono urgente l’introduzione di una base imponibile europea (ossia di una definizione unica dei profitti tassabili). Il gettito totale nella UE derivante da questa base imponibile, anche se fosse tassata con aliquote diverse dai vari paesi, verrebbe poi suddiviso tra i paesi membri in base alla distribuzione delle effettive attività di ciascuna società sul territorio europeo (misurata dal volume delle vendite e altri indicatori). Una prima ipotesi – considerata dalla precedente Commissione ma meno percorribile – è quella di implementare un nuovo processo decisionale che coinvolga di più il Parlamento, oppure che richieda soltanto una maggioranza qualificata, per esempio attraverso la cosiddetta “passerella”. Più nello specifico e per quanto riguarda la tassazione delle società, secondo la Commissione la nuova definizione europea della base imponibile dovrebbe anche incentivare le imprese a servirsi maggiormente di equity (azioni) come strumento di finanziamento degli investimenti, invece del debito verso le banche.
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Documentazione ufficiale
Documenti Next Generation EU Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) Download. Documenti Programmatici di Bilancio Documento Programmatico di Bilancio 2023 - Versione aggiornata Download Documento Programmatico di Bilancio 2023 Download Documento Programmatico di Bilancio 2022 Download Documento Programmatico di Bilancio 2021 Download Documento Programmatico di Bilancio 2020 Download Documento Programmatico di Bilancio 2019 Download. Article IV - IMF Staff reports 2023 Article IV - IMF Staff report - Italy Download 2022 Article IV - IMF Staff report - Italy Download 2021 Article IV - IMF Staff report - Italy Download 2020 Article IV - IMF Staff report - Italy Download 2018 Article IV - IMF Staff report - Italy Download. European Semester: Country Reports 2023 European Semester: Country Report - Italy Download 2022 European Semester: Country Report - Italy Download 2020 European Semester: Country Report - Italy Download 2019 European Semester: Country Report - Italy Download 2018 European Semester: Country Report - Italy Download.
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Pachidermi e pappagalli
Questa rubrica, curata da Tortuga, il primo think tank italiano di studenti di economia e giovani professionisti, cerca di smitizzare alcuni luoghi comuni sull’economia italiana che non trovano fondamento nella realtà, spiegandone la natura e analizzandone il contenuto in modo analitico e critico. Per avere veri “punti fermi e saldi”, come canta Francesco Gabbani nella canzone che dà il nome alla rubrica, e lasciare campo aperto alle diverse opinioni e interpretazioni, ma senza confondere la realtà dei fatti, nell’era della post-verità. Tortuga è un think-tank di studenti di economia nato nel 2015. Attualmente conta 42 membri, sparsi tra Italia, Francia, Belgio, Inghilterra, Germania, Austria, Senegal e Stati Uniti. Scrive articoli su temi di economia, politica e riforme, e offre alle istituzioni un supporto professionale alle loro attività di ricerca o policy-making – www.tortugaecon.eu.
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Banche Dati
Scarica la guida PDF Per facilitare l’analisi dei conti pubblici, in questa pagina elenchiamo le principali banche dati che presentano dati di finanza pubblica. Bureau Van Dijk (AIDA, AIDA PA, ORBIS, Bankfocus) Altri (Parlamento EU, ONU, WTO, FEEM-KPMG, Thompson Reuters, Datastream, Bloomberg, Statista, Gallup, Cerved, Transparency International, Altri) Per suggerimenti, informazioni o segnalazioni di banche dati mancanti, scriveteci una mail a questo indirizzo . Grazie! * * * Istat Istat Nella colonna di sinistra, alla voce “Conti Nazionali”, si possono trovare le statistiche sui conti e aggregati economici della PA, mentre nella voce “Salute e sanità” si trovano i dati sul sistema assistenziale e di previdenza. Ameco È una banca dati annuale della Commissione europea sui dati macroeconomici. Banche Centrali BCE: Statistical Data Warehouse È la banca dati della BCE. Sulla colonna di sinistra, selezionare “Macroeconomic and sectoral statistics” o “Balance of payments and other external statistics” per accedere alle principali informazioni di finanza pubblica. World Integrated Trade Solution (WITS) È una banca dati che include tutti i database di Banca Mondiale, WTO, UNSD, UNCTAD e International Trade Center per i dati relativi al commercio. È molto comodo sia per reperire dati finanziari (es. privatizzazioni), sia di finanza pubblica (es. scadenze titoli di Stato e rendimenti), sia dati macroeconomici.
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Congedi parentali e di maternità/paternità: chi si prende cura dei minori?
Durante il periodo c’è però stato un miglioramento: la percentuale di uomini sul totale dei beneficiari è aumentata dal 15 per cento nel 2015 al 21 per cento nel 2019 (fig.1). Inoltre, vengono utilizzati dalle donne per periodi più lunghi: nel 2015, in media, una lavoratrice in congedo ha beneficiato di 70 giorni di congedo contro i 30 giorni per un lavoratore (fig.2). È però probabile che queste misure siano state utilizzate in grande maggioranza dalle madri lavoratrici, come suggerito dal fatto che, soprattutto nelle prime settimane dallo scoppio dell’emergenza, il numero di dimissioni volontarie è aumentato di più per le donne che per gli uomini. Il congedo di paternità è stato introdotto in Italia nel 2012, sotto la spinta della Direttiva Europea 2010/18/UE. Inizialmente era stato previsto un congedo di solo un giorno, ma negli anni è stato progressivamente allungato, fino a 10 giorni per il 2021 con l’ultima legge di bilancio. Il congedo parentale consente ai genitori di astenersi dal lavoro, per ogni figlio/figlia, per un periodo di 6 mesi l’uno, ma con un massimo di 10 mesi per la famiglia (11 se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato di almeno tre mesi). Nei primi 6 anni dalla nascita, i genitori in congedo ricevono il 30 per cento del salario; dai 6 agli 8 anni, l’indennità è del 30 per cento del salario solo se il loro reddito non eccede 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione. In Italia esiste anche la possibilità per i padri di prendersi un ulteriore giorno di “congedo facoltativo” nel caso in cui la madre decida di non fruire di tale giorno di congedo di maternità e di trasferirlo al padre.
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Il piano Yellen di tassazione minima dei profitti societari
L’abbassamento delle aliquote di tassazione, soprattutto in alcuni piccoli paesi, ha anche incentivato il fenomeno del cd. profit shifting, ovvero la strategia di elusione fiscale adottata da quelle multinazionali che spostano i loro redditi negli stati dove vige il regime fiscale più vantaggioso. Secondo i ricercatori delle Università di Berkeley e Copenaghen, oltre il 40 per cento dei profitti delle multinazionali vengono spostati in maniera fittizia nei paradisi fiscali, generando una perdita di introiti fiscali sui redditi di società pari a 200 miliardi di dollari all’anno. Altri approcci sono stati considerati per giungere a una più realistica allocazione dei profitti (per esempio sulla base di formule relative alla localizzazione del personale o delle vendite, il cosiddetto “formulaic approach” usato anche negli Stati Uniti per allocare i profitti tra diversi stati). In termini più generali, le nuove aliquote sui redditi societari sono anche finalizzate a bilanciare la composizione degli introiti fiscali: gli Stati Uniti sono infatti tra i Paesi OCSE con le entrate fiscali dai profitti societari in rapporto al PIL più bassi (Fig. 2). Secondo, l’aumento della tassazione sui redditi societari statunitensi è accompagnata da una stretta sulle attività estere delle multinazionali statunitensi: il piano Yellen prevede l’abolizione delle esenzioni fiscali sui profitti delle attività estere - che ammontano attualmente al 10 percento – e un aumento delle aliquote sugli stessi dal 10,5 al 21 percento. Terzo, viene proposto che i paesi OCSE si impegnino ad avere una aliquota di tassazione minima del 21 per cento, più bassa di quella americana per i profitti interni, ma in linea con quella che verrà introdotta negli Stati Uniti sui profitti esteri. È noto, per esempio che Irlanda e Olanda sono tra i paesi che hanno accolto il maggior numero di ricollocazioni di società statunitensi e un’imposta minima globale comporterebbe un’ingente perdita di gettito fiscale per questi stati europei.
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Le risorse del PNRR per la ricerca non sono sufficienti
La nota è stata ripresa in questo articolo di Repubblica del 4 maggio 2021 * * * In Italia la spesa per ricerca e sviluppo è gravemente carente rispetto alle principali economie avanzate, con conseguenze negative sulla produttività e sulla crescita economica (Fig. 1). Per raggiungere il livello francese di spesa in R&;S l’Italia avrebbe bisogno da parte pubblica di circa 5 miliardi addizionali annui (e quindi strutturali). Il PNRR presentato nei giorni scorsi dal governo indica un finanziamento di 12,9 miliardi su sei anni destinati alla Componente “dalla Ricerca all’Impresa”, incluse le risorse provenienti dal programma React EU dell’Unione Europea e dal cosiddetto “Fondo Complementare” finanziato con risorse italiane (vedi p. 22 del PNRR). Altri progetti inclusi in questa Componente avranno un effetto positivo sulla spesa per ricerca in Italia, ma solo indirettamente: si tratta principalmente di misure di infrastrutturali e organizzative (ad esempio il potenziamento dei centri di trasferimento tecnologico) o di incentivi indiretti (ad esempio alle start-up). In realtà, il divario non si ridurrebbe neppure alla luce delle risorse che Francia e Germania destineranno alla R&;S con i loro PNRR: il piano francese assegna alla ricerca tra 5 e 7,5 miliardi (su un totale di 100), mentre quello tedesco prevede oltre 4 miliardi (su poco più di 30). Questi 5 miliardi non chiuderebbero completamente il divario, che è dovuto anche ai minori investimenti privati in R&;S. [3] Dei 12,9 miliardi complessivi, 11,4 provengono dal PNRR, 0,5 miliardi dal React EU e 1 miliardo dal Fondo Complementare. Le informazioni rese disponibili dal Governo consentono una suddivisione del totale delle risorse tra R&;S e altri tipi di spesa per tutte le componenti tranne il mezzo miliardo del React EU, da qui l’intervallo 5,9-6,5 miliardi.