Università Cattolica del Sacro Cuore

Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati

Memoria sul Disegno di legge C. 2500 di conversione del DL. 34/2020 ("Decreto Rilancio")

dell'Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani

28 maggio 2020

* * *

Vorrei ringraziarvi per l’opportunità offerta all’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani di commentare il decreto “Rilancio” (D.L. 19 maggio 2020, n. 34)

L’eccezionalità della crisi attuale giustifica misure eccezionali. Non è solo la dimensione dello shock. È anche la sua natura, uno shock sanitario, esogeno quindi alla sfera economica e del tutto inatteso. Si può anche sperare che, vista la sua natura, lo shock sia anche temporaneo e che l’economia mondiale si riprenda rapidamente. Diventa allora essenziale evitare che lo shock, per quanto temporaneo, lasci conseguenze durature, conseguenze che inevitabilmente sarebbero più gravi per quelle economie che, già in partenza, erano strutturalmente meno resilienti.

Per quanto lo shock abbia una forte componente di offerta (le conseguenze del lockdown), gli effetti sulla domanda aggregata sono comunque di grande entità e richiedono politiche monetarie e fiscali molto espansive, anche in paesi, come il nostro, ad alto debito pubblico. Esistono rischi connessi all’aumento del debito, ma sono rischi che devono essere affrontati visti i maggiori rischi che deriverebbero dall’inazione delle politiche economiche. Se avessimo avuto un debito pubblico più basso in partenza, avremmo potuto affrontare questa crisi più facilmente. Ora dobbiamo contare sull’aiuto delle istituzioni europee, che sta fortunatamente arrivando anche se alcuni importanti aspetti sono ancora in corso di definizione. Superata la crisi, resterà importante ridurre gradualmente il nostro debito pubblico. Servirà un piano chiaro basato su riforme che portino alla crescita economica di medio termine: se si cresce, e si utilizza la crescita per rafforzare il bilancio dello stato, sarà possibile ridurre il debito senza austerità e senza forme di finanza straordinaria, quali la ristrutturazione del debito o una patrimoniale, che sarebbero molto dannose per il nostro paese.

  1. L’entità dell’aumento del deficit e del debito pubblico

Le misure espansive introdotte con il decreto Cura Italia, il decreto Liquidità e il decreto Rilancio ammontano a 75 miliardi di euro in termini di indebitamento netto (“deficit”) e a 470 miliardi in termini di garanzie. Si tratta di una manovra molto consistente, comparabile a quelle introdotte dagli altri principali paesi avanzati (Tav. 1).

Secondo il Documento di Economia e Finanza (DEF) dell’aprile scorso, il deficit dovrebbe salire a 173 miliardi nel 2020, il 10,4 per cento del Pil, e il debito pubblico dovrebbe aumentare di 21 punti percentuali, il secondo aumento più forte in un singolo anno dall’Unità d’Italia.[1] Il fabbisogno lordo di finanziamento, che comprende oltre al deficit il rinnovo di titoli in scadenza, coerente con queste cifre è stimabile a quasi 500 miliardi.[2] A fronte di questo fabbisogno, le operazioni di quantitative easing della Banca Centrale Europea potrebbero comportare acquisti di titoli di stato italiani per circa 220 miliardi (inclusa una stima di 50 miliardi di titoli in scadenza detenuti dalla stessa BCE che verrebbero rinnovati), cui vanno aggiunti possibili finanziamenti tra SURE e MES “sanitario” per circa 50-55 miliardi. Il resto dovrebbe essere finanziato dal mercato, assumendo che i fondi del Recovery Fund siano disponibili solo a partire dal 2021.

Il fatto che una quota comunque elevata del fabbisogno lordo, e l’intero importo del deficit, siano finanziati dalla BCE riduce i rischi immediati di sostenibilità legati all’aumento del debito. Nel medio periodo, tali rischi potrebbero più facilmente materializzarsi se la BCE dovesse, una volta terminata la recessione e per motivi di politica monetaria, riassorbire la base monetaria che viene attualmente creata a fronte dell’acquisto di titoli italiani ed esteri. Anche se la prossimità di questo rischio resta difficile da valutare, occorre tenerlo presente: sarebbe per questo opportuno, come più volte sottolineato dalla passata e dalla presente leadership della BCE, evitare che il peso del finanziamento del fabbisogno pubblico europeo ricada in modo eccessivo sulla BCE.

  1. La complessità del decreto Rilancio

Il decreto Rilancio è lungo circa 110.000 parole, tre volte in più del Cares Act statunitense. Contiene centinaia di provvedimenti, circa quattro volte tanto quelli contenuti nel Cares Act. L’attuazione richiederà un’ottantina di decreti, che dovranno sbloccare quasi la metà delle risorse da erogare. Il decreto è quindi lungo e complesso. Il suo incipit è adeguato a quanto segue: la prima frase dell’articolo 1, lunga 9 righe, è difficile da leggere senza prendere fiato almeno un paio di volte.

Talvolta non basta alla comprensione piena del decreto l’aiuto delle 400 pagine delle relazioni illustrativa e tecnica, che non saranno comunque disponibili per facilitare la lettura del provvedimento nella sua versione finale, dopo l’approvazione parlamentare. Occorre fare riferimento a numerosi altri provvedimenti legislativi precedenti citati dal decreto. Tutto ciò conferma la persistente difficoltà che abbiamo a scrivere leggi facilmente comprensibili e applicabili. Il che contribuisce ai ritardi nell’implementazione dei provvedimenti stessi. Tra l’altro, in alcuni casi l’accesso ai benefici previsti da alcuni provvedimenti sarà frenato da procedure particolarmente complesse. Non è la prima volta che, in questa fase di emergenza, ci troviamo di fronte a questo problema.

Infine, il decreto ridonda di micro-misure e di interventi ad hoc che non solo hanno poco a che fare con la crisi attuale, ma che hanno dubbi effetti espansivi.[3] In alcuni casi, queste misure bene illustrano il “micro-management” istituzionale che caratterizza l’interazione tra governo e Parlamento. Per esempio, è difficile capire perché sia necessario richiedere al Parlamento di approvare appositamente uno stanziamento di soli 100.000 euro per consentire al Ministero dell’economia e delle finanze di “affidare, con apposito disciplinare, un incarico di studio, consulenza, valutazione e assistenza” relativo alle attività connesse alla creazione del “Patrimonio destinato” presso la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) (Art. 27, c. 16). Cifre di tale importo dovrebbero essere soddisfatte da fondi assegnati a inizio anno e nella disponibilità del ministro.

  1. Tre caratteristiche che le misure dovrebbero avere 

Vista la natura della crisi, le misure prese dovrebbero avere tre caratteristiche.

(i) Misure temporanee

La prima riguarda l’estensione temporale delle misure prese. Vista la natura temporanea dello shock, e anche alla luce della necessità di facilitarne il finanziamento in deficit, le misure prese dovrebbero avere effetti prevalentemente temporanei. Dovrebbero cioè comportare un aumento temporaneo del deficit, di durata proporzionale alla durata dello shock. Aumenti persistenti del deficit pubblico avrebbero probabilmente pesanti effetti macroeconomici, anche perché non si può pensare che la disponibilità di fondi da parte delle istituzioni europee, inclusa la BCE, possa continuare per sempre nelle dimensioni attuali. La natura temporanea delle misure è giustificata anche dalla necessità di evitare l’alimentazione di una cultura del sussidio per famiglie e imprese. Un intervento dello stato che cercasse di eliminare in modo duraturo il vincolo di bilancio per famiglie e imprese comporterebbe necessariamente un serio problema di efficienza economica. Per semplificare: se lo stato mi sussidia, perché avrei bisogno di lavorare?

La maggior parte delle misure del decreto rispettano il criterio della temporaneità. L’impatto sull’indebitamento netto, di 55 miliardi nel 2020, si riduce infatti a poco più di 5 miliardi l’anno nel biennio 2021-22, al netto dell’eliminazione delle clausole di salvaguardia. Misure durevoli riguardano, tra le altre, l’aumento delle spese sanitarie e per la pubblica istruzione e ricerca. Naturalmente l’eliminazione delle clausole di salvaguardia peggiora in modo permanente l’andamento dei nostri conti pubblici, e di questo occorrerà tenere conto in futuro, ma il valore immediato di tali clausole, come garanzia della tenuta dei nostri conti, era ormai praticamente nullo, visto che esse, in passato, erano state regolarmente disinnescate in gran parte in deficit. Anche la Commissione Europea da alcuni anni non le considerava più rilevanti per valutare il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita.

Ciò detto, alcuni provvedimenti risulteranno avere, probabilmente, una natura eccessivamente temporanea, a meno di una rapida uscita dalla crisi attuale. I finanziamenti aggiuntivi per la cassa integrazione si estendono solo fino ad agosto, i bonus per gli autonomi fino a maggio, il reddito di emergenza per sole due mensilità. Sarà quindi probabilmente necessario intervenire con ulteriori misure che gonfieranno il deficit pubblico al di là di quanto attualmente previsto nel DEF (vedi sotto).

(ii) Misure propulsive

Le misure introdotte nel decreto Rilancio sono nella maggior parte (per quasi quattro quinti) costituite da provvedimenti volti ad attenuare le perdite di reddito causate dalla crisi (misure “difensive”) o comunque trasferimenti di reddito, anche in forma di eliminazione temporanea di tasse. Queste misure sono necessarie, soprattutto se ben mirate (vedi punto successivo), ma, in quanto misure essenzialmente volte a compensare in parte una perdita di reddito, non sono di per sé in grado di portare il paese al di fuori della crisi.[4] Nel clima di forte incertezza che stiamo attraversando, famiglie e imprese tenderanno a essere prudenti nella spesa dei trasferimenti ricevuti, che spesso non compenseranno neppure la perdita registrata. Guardando in avanti, serviranno probabilmente vere misure propulsive, ossia misure che portino spese che non avrebbero avuto luogo in assenza della crisi e che, quindi, compenserebbero la naturale tendenza a spendere meno nell’attuale fase.

Tra le misure propulsive attualmente adottate rientrano le maggiori spese sanitarie, quelle per pubblica istruzione e ricerca, l’ecobonus, il bonus vacanze, il bonus mobilità, ma queste rappresentano solo poco più di un quinto del totale. Tra le misure propulsive che potrebbero essere adottate in futuro, due tipi di interventi meritano di essere considerati con maggiore attenzione perché, probabilmente, a “moltiplicatore” più elevato:

  • Un grande programma di investimenti pubblici addizionali nei prossimi anni, ma con un’accelerazione già quest’anno: in questa fase di forte incertezza una spesa diretta per investimenti da parte delle pubbliche amministrazioni avrebbe un elevato impatto sulla domanda aggregata. Lascerebbe inoltre un’eredità positiva alle generazioni future e consentirebbe di recuperare in parte il gap creatosi negli ultimi anni per effetto dei tagli all’investimento, compreso nel Mezzogiorno. In proposito, meno del 15 per cento delle misure del decreto Rilancio è costituito da misure classificate in conto capitale. L’ostacolo principale a una accelerazione degli investimenti è costituito dalla lentezza con cui in passato ci si è mossi anche quando le risorse erano disponibili. Uno snellimento delle procedure è quindi prioritario. Il completamento delle opere già in corso dovrebbe consentire un maggiore impatto della spesa già quest’anno.
  • Una detassazione temporanea dei consumi: servono misure che incentivino i consumi. In una situazione di elevata incertezza, una “helicopter drop of money” (trasferimenti a tutte le famiglie), da alcuni proposta, corre il rischio di essere risparmiata. Un taglio temporaneo delle tasse sui consumi, o sussidi diretti agli acquisti (come l’ecobonus), avrebbero invece il vantaggio di comportare un beneficio solo in presenza di un aumento della spesa. Il rischio però da un taglio generalizzato della tassazione sui consumi è che non sia traslato sui prezzi, oppure che vada in importazioni. Uno stimolo attraverso investimenti pubblici sarebbe allora forse preferibile.

(iii) Misure mirate

In un momento di crisi è necessario indirizzare le risorse destinate a trasferimenti verso chi ne ha maggior bisogno, anche perché questo renderebbe più facile che le risorse messe a disposizione siano effettivamente spese e non risparmiate. Nel decreto Rilancio circa il 60 per cento delle risorse destinate a misure di trasferimento sono distribuite in modo sufficientemente mirato a chi ha subito una forte perdita di reddito. L’approccio seguito è comunque spesso quello di introdurre misure volte a sostenere certe categorie o settori, piuttosto che a sostenere famiglie e imprese che, indipendentemente dal settore in cui operano, si trovano in difficoltà. Questo vale anche per alcune misure di carattere propulsivo, per esempio il sussidio di 500 euro per le vacanze. Questo sussidio è volto a sostenere un settore (il turismo) che è certamente stato colpito in modo più forte dalla crisi, ma imprese di altri settori potrebbero trovarsi in condizioni ugualmente difficili e non ricevere un sostegno alla domanda per i prodotti che vendono. L’inevitabile rischio è anche quello di escludere alcune categorie, come nel caso dei professionisti iscritti alle casse previdenziali che, in base all’art. 86, non potranno ricevere indennizzi dopo quello ricevuto a marzo.

  1. Commenti su misure specifiche

La complessità del Decreto Rilancio richiede una selettività nei commenti relativi a misure specifiche.

(i) L’intervento dello stato nella proprietà delle imprese

Un ingresso temporaneo dello stato nella proprietà delle imprese momentaneamente in crisi è del tutto appropriato. Questa è anche la tendenza di molti altri paesi, nella presente e in passate crisi. Tuttavia, un aumento permanente della presenza dello stato nella gestione di attività produttive, dove lo stato stesso non abbia un vantaggio comparato rispetto al settore privato, rimane ingiustificato. Lo stato deve far bene tante cose: garantire una pubblica istruzione e una sanità di alta qualità, una giustizia che funzioni rapidamente, investimenti in infrastrutture, e tante altre cose, ma non è chiaro perché lo stato dovrebbe fare l’imprenditore nei più svariati settori, se non temporaneamente.

L’ingresso dello stato nella proprietà delle grandi imprese è previsto dall’articolo 27 sulla creazione di un “Patrimonio Destinato” presso la Cassa Depositi e Prestiti, di importo pari a 44 miliardi. Il comma 14 del predetto articolo prevede però una lunga durata del Patrimonio Destinato, dodici anni. Inoltre, tale comma indica che la durata può essere estesa con semplice delibera del consiglio di amministrazione della Cassa Depositi e Prestiti, su richiesta del Ministero dell’Economia e, quindi, senza alcun coinvolgimento del Parlamento. Si noti che il Patrimonio Destinato potrà rafforzare le proprie risorse emettendo obbligazioni o altri strumenti di debito, garantite dallo stato, in deroga ai limiti quantitativi previsti dall’articolo 2412 del codice civile. La sua capacità di intervento potrebbe quindi raggiungere dimensioni, come ordine di grandezza, comparabili a quelle raggiunte in passato dai vari enti che gestivano le partecipazioni statali. Dopo anni in cui si è criticato il capitalismo degli enti locali—da molti esponenti politici definiti “poltronifici”— dovrebbe essere chiarito perché si ritenga ora che il capitalismo statale sia la strada giusta per lo sviluppo economico italiano. Inoltre, una presenza prolungata e di ampie dimensioni del “Patrimonio Destinato” renderebbe più difficile lo sviluppo di iniziative simili gestite dal settore privato.

(ii) Alitalia e settore aereo

Notevoli perplessità suscita l’art. 202 relativo al trasporto aereo. Non si discute dell’opportunità di aiutare un settore che è in gravi difficoltà ovunque nel mondo e anche in Italia. Ma gli aiuti dovrebbero andare al settore, non a una specifica compagnia. Colpisce inoltre l’entità della cifra che viene stanziata (3.350 milioni, di cui 3.000 solo in questo decreto). Questa cifra non viene erogata sulla base di un piano industriale che si ritiene convincente. Semplicemente si dice che la compagnia dovrà formulare un piano industriale, il che appare francamente poco accettabile.

Vi sono poi una serie di norme che sono chiaramente volte a espellere dal mercato possibili concorrenti, compreso l’obbligo di applicare anche a compagnie estere i minimi salariali del contratto nazionale del trasporto aereo, il cui contraente pressoché unico è Alitalia (art. 203). Ci riferiamo anche al punto 4 ter del comma 1 dell’art. 202, relativo alla continuità territoriale, in cui si configura un affidamento senza gara di tratte che vengono considerate “servizi pubblici essenziali di rilevanza sociale”; in sostanza lo stato stipulerebbe contratti di servizio con la stessa compagnia e quindi darebbe a essa altre risorse del contribuente italiano. Al riguardo va considerato che il Temporary Framework della Commissione Europea limita la possibilità di erogare aiuti di Stato a imprese che erano in grave perdita ben prima dello scoppio dell’epidemia.

(ii) L’ampio ricorso al credito d’imposta come strumento espansivo

Come è stato notato anche durante l’audizione del Ministro Gualtieri, diversi provvedimenti utilizzano il meccanismo del credito d’imposta per incentivare la spesa. Questo strumento è stato potenziato attraverso la possibilità della cessione del credito stesso, anche a un istituto bancario, riducendo, anche se non annullando completamente, il rischio che la mancanza di capienza fiscale ne impedisca l’utilizzo da parte del potenziale beneficiario. L’apparente vantaggio del credito d’imposta per i conti pubblici è che consentirebbe un’azione espansiva rinviandone però l’impatto sul deficit pubblico agli anni successivi. L’efficacia di questo meccanismo resta comunque da verificare rispetto a quella che si sarebbe realizzata attraverso strumenti che avessero comportato un immediato aumento del deficit. La liquidità di un certificato rappresentante un credito di imposta non potrà mai essere pari a quella del contante. Non è chiaro, per esempio, a quale tasso una banca sarebbe disposta a scontarlo. Peraltro, l’uso ripetuto dello strumento del credito di imposta, non solo in questo decreto ma in svariati provvedimenti negli anni passati, complica notevolmente l’amministrazione della tassazione, già straordinariamente complessa nel nostro paese. Infine, il totale dei crediti di imposta in circolazione rappresenta un debito pubblico nascosto. Visto il loro crescente ammontare, sarebbe utile se il Ministero dell’Economia e delle Finanze fornisse informazioni aggregate sulla loro consistenza ed evoluzione nel tempo.

  1. Considerazioni conclusive

Sulla base di quanto sopra, un ulteriore intervento espansivo nei prossimi mesi potrebbe essere necessario per prolungare nel tempo le misure difensive e per introdurre misure propulsive, in particolare con il rafforzamento degli investimenti pubblici. Inoltre è possibile che il Pil, e quindi le entrate dello stato, possano scendere quest’anno più di quanto ipotizzato nel DEF (8 per cento). Conseguentemente, il deficit pubblico potrebbe eccedere in modo significativo quello incluso nel quadro programmatico (10,4 per cento).

Resta quindi essenziale, per ridurre i rischi di instabilità finanziaria che rimangono consistenti, assicurare la disponibilità di adeguate fonti di finanziamento. Gli acquisti di titoli da parte della BCE forniscono attualmente la principale fonte di finanziamento alternativa al mercato finanziario. Potranno utilmente essere integrate quest’anno dalle risorse disponibili col meccanismo SURE e con la linea di credito “sanitaria” presso il MES; dal prossimo anno anche dalle risorse erogate attraverso gli strumenti del piano Next Generation EU proposto dalla Commissione Europea. Ulteriori sforzi, dopo il successo dell’emissione del BTP Italia, dovrebbero anche essere fatti per collocare direttamente titoli di stato presso le famiglie italiane.

Il raggiungimento degli obiettivi di rafforzare nell’immediato le fonti di finanziamento delle pubbliche amministrazioni, compreso attraverso il sostegno del Recovery Fund, e di garantire il mantenimento nel tempo della sostenibilità del nostro debito pubblico sarebbe enormemente facilitato dalla rimozione, resa anche più urgente dall’attuale crisi, degli ostacoli che hanno impedito all’Italia di mantenere durante l’ultimo quarto di secolo il passo degli altri paesi europei in termini di crescita. Le recenti raccomandazioni della Commissione Europea nell’ambito del Semestre Europeo sono giustamente centrate su tali ostacoli. Tra queste, oltre alla necessità di rafforzare il capitale reale e umano attraverso investimenti fissi e spese per pubblica istruzione e ricerca, rimangono prioritari il miglioramento nell’efficacia della pubblica amministrazione, un taglio drastico della burocrazia e una riduzione della durata dei processi civili, penali e amministrativi.

 

Tav. 1: Misure economiche approvate per il 2020

(Valori in percentuale di Pil 2019)

 

Misure con effetto sul deficit

Garanzie e prestiti

Australia 1

9,9

1,0

Austria

6,8

2,3

Belgio 2

1,4

11,3

Canada

5,7

3,1

Cipro 2

4,3

?

Danimarca

3,9

3,0

Estonia

3,5

3,5

Finlandia

3,3

5,3

Francia 3

1,7

12,9

Germania

4,2

28,0

Giappone 2,4

5,4

10,1

Grecia 2,5

5,3

1,0

Hong Kong

7,2

0,7

Irlanda 2

2,0

?

Islanda 2,6

6,5

3,3

Israele 7

3,0

3,1

Italia 8

4,2

26,4

Lussemburgo

3,6

5,6

Malta

4,0

6,0

Norvegia 2

3,9

3,3

Nuova Zelanda 1,2

7,7

2,1

Paesi Bassi

2,5

?

Portogallo

1,5

1,9

Regno Unito 4

4,2

14,9

Rep. Ceca 2

4,7

9,2

Singapore

8,9

4,1

Slovenia 2

7,2

5,4

Spagna

2,8

9,0

Sud Corea 2

1,5

10,5

Svezia 2

4,3

4,7

Svizzera 2

3,4

5,9

USA

10,4

2,1

Media paesi avanzati

4,7

6,9

Media paesi UE

3,7

8,5

1 Nel caso di Australia e Nuova Zelanda, il totale delle misure comprende anche costi da sostenere dopo il 2020 (di cui manca il dettaglio); la maggior parte di queste risorse dovrebbe però riferirsi all'anno 2020.

2 Per questi paesi, le misure comprendono anche ogni rinvio di imposte e contributi. Se la durata del rinvio, su cui mancano informazioni precise, comportasse comunque un pagamento entro la fine dell'anno, l'impatto sul deficit sarebbe sovrastimato.

3 Del pacchetto di misure da 110 miliardi di euro, solo 42 miliardi si riferiscono a misure con un impatto sul deficit del 2020.

4 In Giappone e Regno Unito l'anno fiscale inizia il 1° aprile. In questa Tavola si considerano solo tre quarti del valore totale delle misure approvate, ipotizzando che un quarto ricada sul 2021.

5 Una parte delle misure comprese nella prima colonna è riprogrammazione di fondi europei pre-esistenti.

6 Si conosce il valore complessivo delle misure approvate (misure con impatto sul deficit + garanzie), ma non sono disponibili informazioni sul valore specifico delle garanzie. Si ipotizza quindi che un terzo del pacchetto totale sia costituito da garanzie sui prestiti.

7 Il valore della seconda colonna include non solo le garanzie sui prestiti, ma anche i prestiti diretti alle imprese e il rinvio del pagamento di alcune imposte.

8 Le garanzie includono i 400 miliardi previsti dal Decreto Liquidità e i 70 previsti dal Decreto Cura Italia.

Fonte: elaborazione Osservatorio CPI su dati FMI, HCFP, OBR e CRFB (dati aggiornati al 22 maggio 2020)


[1] Solo nel 1919 l’aumento fu più forte, per effetto peraltro della svalutazione della lira che aveva gonfiato il debito contratto in valuta estera durante la guerra.

[2] Si vedano per questa stima e per le seguenti relative agli interventi della BCE le note dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani ai link: https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-un-aggiornamento-sulle-prospettive-per-i-conti-pubblici-nel-2020; e https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-le-prospettive-per-i-conti-pubblici-nel-2020. Nelle stime del fabbisogno lordo, seguendo la pratica internazionale, i titoli di durata inferiore all’anno sono considerati solo una volta.

[3] Vedi in proposito l’articolo di Tito Boeri e Roberto Perotti “Emergenza Covid e Decreto Rilancio: chi soffre merita di più”, pubblicato su Repubblica il 21 maggio 2020.

[4] Si tratta spesso (usando un termine tecnico) di “stabilizzatori” seppure non automatici, ma introdotti in modo discrezionale.

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