Lavoro

Non è un paese per giovani

03 dicembre 2021

Intermedio

Non è un paese per giovani

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Dal 2010, le cancellazioni anagrafiche per l’estero da parte di cittadini residenti in Italia sono in costante aumento. Molte di queste cancellazioni riflettono l’emigrazione di giovani laureati. La presente nota esamina alcune delle motivazioni economiche che spingono i giovani italiani a emigrare all’estero. Nei paesi di destinazione (principalmente Regno Unito, Germania e Francia) c’è più lavoro, sia per i giovani che per le altre fasce d’età, le retribuzioni sono più alte e il rendimento dell’istruzione universitaria è maggiore.

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In Italia, le cancellazioni anagrafiche per l’estero sono state circa 180mila nel 2019, effettuate prevalentemente da persone con cittadinanza italiana. Rispetto al 2018 (in cui erano 157mila), queste sono cresciute del 14,4 per cento. Il trend è in aumento dal 2010 e sono circa 900mila gli italiani trasferiti all’estero negli ultimi dieci anni (Fig. 1).[1]

Il Regno Unito, la Germania e la Francia rappresentano le mete europee più ambite: secondo i dati di fine 2019 dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), sui ben 5,5 milioni di italiani residenti all’estero circa 1,6 milioni risiede in uno di questi tre paesi.[2] Molti di questi sono giovani laureati che emigrano con la speranza di trovare un lavoro e di essere valorizzati per le loro competenze. Dal 2010, sono infatti 208mila gli italiani in possesso di una laurea ad essersi trasferiti all’estero (circa il 23 per cento dei 900mila totali).[3]

È indubbio che spesso la decisione di lasciare il proprio paese è influenzata da motivazioni personali o familiari. Tuttavia, molte possono essere le ragioni di natura economica che guidano questa scelta.

(i) Il minor tasso di occupazione

In primo luogo, vi è la maggiore possibilità di trovare lavoro nei paesi di destinazione. Secondo i dati OCSE suddivisi per fascia di età (relativi al 2018), in Italia il tasso di occupazione è al 69,8 per cento per gli adulti (25-54 anni) e al 17,7 per cento per chi ha meno di 24 anni (Fig. 2). I corrispondenti valori per la media europea sono 79,9 per cento e 32,8 per cento.[4]

Con riferimento ai soli laureati (in tutte le fasce di età), il tasso di disoccupazione è pari al 5,8 per cento, a fronte del 4,0 per cento della media europea (Tav. 1).[5]

(ii) Lo sfavorevole divario salariale

Un secondo fattore che spinge i giovani a trasferirsi all’estero è il compenso economico. Per analizzare meglio questa determinante, si è effettuato un confronto con le retribuzioni medie nette di alcuni paesi europei (Tav. 2).[6]

In Italia, la retribuzione media è di circa 21,5mila euro, valore inferiore rispetto sia alla media dei paesi selezionati (29mila), sia a quello della media europea (24mila). In particolare, il gap è forte rispetto a paesi come Germania (32mila) e Regno Unito (36mila). La differenza è anche pronunciata con la Francia (28mila).

Tuttavia, per una visione più completa delle differenze retributive tra paesi, occorre considerare anche il diverso costo della vita. A questo scopo, Eurostat fornisce la retribuzione annua espressa in euro a parità di potere d’acquisto (€ PPA), ossia una valuta artificiale che permette di acquistare la stessa quantità di beni e servizi in ogni paese.[7] Il dato italiano non si discosta molto dai valori in euro, ma quello degli altri paesi sì: l’esempio più evidente è quello del Regno Unito, dove l’elevato costo della vita ha un impatto cruciale sulla retribuzione reale. In generale, le discrepanze retributive tra l’Italia e i maggiori paesi europei se confrontate a parità di poter d’acquisto si riducono, ma rimangono consistenti (Tav. 2; colonna B).

(iii) La bassa progressione retributiva

L’OECD fornisce, inoltre, una misura del gap retributivo per fasce d’età (giovani: 15-24, adulti: 25-54, senior: 55-64), all’interno dello stesso paese.[8] Da questi dati, si evidenziano due trend:

  1. In Italia, la differenza tra quanto guadagna un adulto e un giovane (Tav.3; colonna A e Fig. 4) è la più bassa tra i paesi selezionati (25,4 per cento contro una media di quasi dieci punti percentuali in più);
  2. In media, gli over 64 italiani guadagnano il 18,5 per cento in più rispetto ai connazionali adulti. Al contrario, la media dei paesi selezionati si attesta a circa tre punti percentuali in meno (15,4 per cento) e quella che considera tutti i paesi UE addirittura al 6,6 per cento (Tav.3; colonna B).

In sintesi, rispetto agli altri paesi gli italiani migliorano il proprio tenore di vita in età avanzata, oltre i 55 anni. Le carriere sono dunque molto lente, il che è un forte disincentivo per i giovani. Questo non accade negli altri paesi europei: i giovani guadagnano sin da subito e, di conseguenza, si attraggono sempre più talenti stranieri (Fig. 4).

(iv) La scarsa gratificazione dei titoli di studio

Non sono solamente le migliori opportunità di lavoro e l’eterogenea progressione retributiva a incidere sulla decisione di emigrare all’estero, ma anche la scarsa valorizzazione dei titoli di studio in Italia.[9] Uno studio dell’OCSE stima il guadagno netto nel corso dell’intera vita lavorativa di un laureato rispetto a chi consegue solamente un titolo di scuola superiore.[10] Tra i paesi europei considerati, un giovane laureato italiano ha il minor vantaggio economico (circa 198mila dollari a parità di potere d’acquisto). Al contrario, nei paesi dove più italiani hanno spostato la propria residenza, il guadagno derivante da una laurea si attesta a valori molto più alti. Ad esempio, in Germania e Francia tali numeri sono pari a circa 280mila e 300mila dollari, quasi il 50 per cento in più rispetto al dato italiano. Anche nel confronto con altri paesi europei dove la quota di italiani emigrati è più bassa, una laurea assicura comunque un guadagno maggiore rispetto a un equivalente titolo di studio italiano (Fig. 5).


[1] Il numero effettivo sarà sicuramente più elevato, a causa degli italiani emigrati che non cambiano la propria residenza e che quindi non risultano essere iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE).

[6] Il dato si riferisce al salario netto di una persona singola senza figli. Dati Eurostat 2020 (Percorso: Population and social conditions, labour market (labour), earnings, net earnings and net taxes, annual net earnings).

[9] Il tema è stato ben trattato nel quarto capitolo del libro “Exit Only” di Giulia Pastorella.

[10] Vedi: https://www.oecd-ilibrary.org/education/education-at-a-glance-2021_b35a14e5-en. Per guadagno netto futuro si intende la differenza algebrica tra benefici (salario netto) e costi (istruzione e mancati guadagni nel periodo universitario) stimati e successivamente attualizzati con un tasso di sconto pari al 2 per cento. In aggiunta, un’analisi di sensitività sul tasso di sconto è presente in Tabella A5.a di pagina 109 dello stesso documento.

Un articolo di

Giampaolo Galli, Luca Favero e Giacomo Ricciardi

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