Materie prime

L’impatto dei prezzi delle materie prime sul costo delle importazioni italiane

25 febbraio 2022

Intermedio

L’impatto dei prezzi delle materie prime sul costo delle importazioni italiane

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Quale è l’effetto sul costo delle importazioni italiane del recente aumento dei prezzi internazionali di energia ma anche di altre materie prime e prodotti alimentari? Questo effetto equivale a una maggiore “tassa” che l’economia italiana paga al resto del mondo e che, come ogni tassa, genera un rallentamento dell’attività economica. Considerando uno scenario in cui i prezzi restano al livello raggiunto all’inizio dell’invasione dell’Ucraina, nel 2022 questa maggiore tassa ammonterebbe a circa 66 miliardi (3,5 per cento del Pil del 2022) rispetto al 2019. Tale valore scenderebbe a 57 miliardi (3 per cento del Pil del 2022) in uno scenario di aumenti di prezzo più moderati.

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 26 febbraio 2022.

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I prezzi delle materie prime e dei prodotti alimentari non lavorati hanno subito forti oscillazioni dal 2019 (Fig. 1). Dopo una discesa durante la fase iniziale della pandemia, sono poi cresciuti rapidamente, con punte particolarmente forti per gli idrocarburi, soprattutto il gas naturale (in Europa). Che impatto hanno avuto queste oscillazioni sulle nostre importazioni di materie prime?

Il costo delle principali importazioni di materie prime e alimentari non lavorati è riportato nella Tav. 1.[1] Queste importazioni rappresentavano, nel 2019, il 16 per cento del totale delle importazioni italiane. Gli ultimi dati Istat (per quanto ancora provvisori) sono relativi al 2020, anno peraltro in cui i volumi importati erano particolarmente bassi (anche rispetto al Pil) a causa della recessione da Covid-19 e della forte caduta del commercio internazionale. Per stimare la spesa per queste importazioni nel 2021 e nel 2022 siamo quindi partiti dal 2019, incrementando le importazioni in tale anno per l’aumento dei prezzi (espressi in euro) avvenuto tra il 2019 e il 2021-22.[2] Inoltre, si è tenuto conto che il Pil reale italiano nel 2021 era ancora del 3 per cento al di sotto del livello del 2019, mentre nel 2022 è previsto essere leggermente al di sopra.[3]


Il costo totale sostenuto dall’Italia per le importazioni in questione, dopo essere sceso da 68,9 miliardi nel 2019 a 46,9 miliardi nel 2020, sarebbe salito a 84 miliardi nel 2021 (Tav.1). In particolare, l’import di gas nel 2021 è stimato in circa 22 miliardi, con un aumento del 143 per cento rispetto al 2020 e del 56 per cento rispetto al 2019.[4] Nello stesso anno il valore delle importazioni di petrolio (e prodotti derivati) è stato lievemente più alto (35,8 miliardi), recuperando il livello di due anni prima: questo perché il prezzo del petrolio al 2021 era ritornato ai livelli pre-pandemici (+62 per cento rispetto al 2020).

Per il 2022, abbiamo considerato due scenari. Nel primo, si considerano i prezzi delle materie prime al 24 febbraio 2022, ossia quelli del giorno dell’attacco russo all’Ucraina (scenario “prezzi conflitto” nella Tav. 1). Il secondo scenario considera un aumento più modesto che, in media nel 2022, porti i prezzi all’importazione a livelli più contenuti, pari alla media tra quelli dello scenario “prezzi conflitto” e quelli del giorno prima dello scoppio delle ostilità (scenario “prezzi medi”). Il costo totale delle importazioni delle merci considerate salirebbe ulteriormente da 84 miliardi nel 2021 a 135,2 miliardi nel 2022 nello scenario “prezzi conflitto” e a 125,9 miliardi nello scenario “prezzi medi”.

Focalizzandoci sullo scenario “prezzi conflitto”, la spesa aggiuntiva per importazioni sarebbe di 66,4 miliardi rispetto al 2019 (3,5 per cento del Pil del 2022; Tav. 2, scenario “prezzi conflitto”). Di questi, circa 35 miliardi riguardano il gas naturale e 16 miliardi il petrolio. Il resto (circa 15 miliardi) è dovuto prevalentemente all’aumento di prezzo dell’alluminio, rame e cereali.


Analizzando lo scenario “prezzi medi”, invece, il costo aggiuntivo, sempre rispetto al 2019, sarebbe di circa 57 miliardi (3 per cento del Pil del 2022). I 9 miliardi di euro “risparmiati” rispetto allo “scenario conflitto” sono quasi totalmente imputabili al diverso prezzo del gas naturale, le cui oscillazioni future avranno un ruolo cruciale nel determinare l’ammontare finale della tassa implicita che l’Italia pagherà al resto del mondo nel 2022.

 

[1] Per i valori delle importazioni dal 2018 al 2020 la fonte è l’Annuario del Commercio Internazionale Istat 2021.

[2] Per i prezzi internazionali mensili delle materie prime e alimentari la fonte è World Bank (ultimo dato di gennaio 2022, con valori poi estesi al febbraio 2022 sulla base degli ultimi aumenti riportati nei mercati). I prezzi sono stati convertiti da dollari in euro utilizzando i tassi di cambio euro-dollaro medi annuali 2018-2022 pubblicati da Investing.com.

[3] Il livello del Pil reale nel 2022 resta particolarmente incerto, dati i recenti sviluppi geopolitici. Nelle previsioni utilizziamo un tasso di crescita reale del 3,7 per cento rispetto al 2021.

[4] Dalle informazioni disponibili, i contratti di fornitura di lungo periodo di gas risultano indicizzati pesando per un terzo il prezzo del gas e per due terzi il prezzo del petrolio. Dunque, tale indicizzazione è stata tenuta in conto ed utilizzata ai fini della nota.

Un articolo di

Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani

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