Materie prime

Il piano europeo per l’energia

30 settembre 2022

Intermedio

Il piano europeo per l’energia

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La Commissione ha presentato un primo intervento strutturato per fronteggiare il caro energia e la spinta inflazionistica legata alla crisi ucraina sul quale è stato raggiunto l’accordo politico all’interno del Consiglio UE. Per attuare tale piano, l’UE propone una riduzione dei consumi del 10 per cento rispetto allo scorso inverno e un tetto ai ricavi per i produttori di energia “green” che stanno aumentando i loro margini per via della crescita dei prezzi delle energie da fonti fossili. Inoltre, la proposta prevede l’introduzione di un “contributo di solidarietà” da parte delle aziende del settore dei combustibili fossili per finanziare sostegni a famiglie vulnerabili e imprese. L’impianto dell’intervento manca probabilmente dell’incisività richiesta dal momento storico e dall’arrivo di una probabile recessione nel 2023. Tuttavia, le proposte di decoupling e price cap sono ancora in fase di discussione a livello europeo e dovranno essere studiate nel prossimo mese per fornire una risposta efficace alla crisi energetica. Il decoupling potrebbe essere una soluzione efficace nel breve e nel lungo periodo per ridurre i prezzi e incentivare allo stesso tempo la transizione verso le fonti rinnovabili.

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo dell'1 ottobre 2022.

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La Commissione europea ha formulato un piano di contrasto all’aumento del costo dell’energia e di sostegni a imprese e famiglie. La proposta, sotto forma di regolamento, è stata presentata il 14 settembre al Consiglio dell’UE che ne ha discusso in due successive riunioni. Tale regolamento verrà probabilmente approvato in breve tempo, visto che l’accordo politico era già stato raggiunto nel Consiglio dei ministri dell’ambiente e dell’energia del 30 settembre. La proposta si compone di 4 nuclei principali:

  1. Riduzione del consumo lordo di energia, con particolare riferimento alle ore di picco in cui il prezzo è più elevato;
  2. Introduzione di un tetto per i ricavi dei produttori di energia da fonti meno costose e prelievo della parte eccedente il massimale;
  3. Redistribuzione del surplus così ottenuto per sostenere piccole e medie imprese e famiglie più vulnerabili;
  4. Introduzione di un contributo di solidarietà temporaneo a carico delle imprese che operano nei settori legati ai combustibili fossili.

Questo intervento europeo continua nel solco del piano “REPowerEU” presentato in estate con lo scopo di rendere indipendente dal punto di vista energetico l’UE ben prima del precedente termine fissato al 2030.

 

Le misure proposte

  1. Riduzione del consumo. Per quanto riguarda il lato della domanda, la Commissione vuole introdurre un target del 10 per cento di riduzione volontaria del consumo lordo mensile tra i mesi di dicembre 2022 e marzo 2023, prendendo come base di riferimento la media dei rispettivi mesi degli ultimi cinque inverni. Tale obiettivo comprende anche una riduzione obbligatoria del consumo giornaliero nelle ore di picco di almeno il 5 per cento rispetto alle previsioni degli operatori del settore. Secondo dati ARERA, in Italia le ore di maggiore consumo energetico sono le 4 ore comprese tra le 9 e le 12. I governi degli stati membri dovranno agire nei limiti previsti dalla Commissione per quanto riguarda la distorsione della concorrenza e la non esclusione di alcuni gruppi di consumatori con lo scopo di raggiungere i target obbligatori.
  1. Tetto ai ricavi delle imprese infra-marginali. La seconda sezione della proposta contiene le misure riguardanti i profitti dei produttori di energia da fonti quali eolico, solare, geotermica, nucleare e lignite. Tali imprese stanno beneficiando dell’aumento generale del prezzo dell’energia elettrica in quanto riescono a produrre ad un costo nettamente inferiore del prezzo marginale dell’industria nel suo complesso.  Il prezzo sul mercato energetico a livello europeo è definito dal prezzo dell’ultima unità di energia scambiata. Per quanto riguarda l’Italia, il prezzo nazionale è determinato dall’ultima unità immessa sulla Borsa elettrica italiana per soddisfare il fabbisogno previsto giornaliero. Il meccanismo prevede, quindi, lo scambio di energia a partire dalle unità prodotte con fonti meno costose (attualmente le fonti rinnovabili e il nucleare) per poi salire di prezzo fino alle ultime unità immesse sul mercato che sono prodotte con combustibili fossili (gas e petrolio). Raggiunto il limite fissato dal fabbisogno nazionale, tutta l’energia scambiata viene pagata al prezzo dell’ultima unità proveniente dalle fonti attualmente più costose. Pertanto, si possono classificare le imprese del mercato elettrico in “marginali” (tutte le imprese che producono ad un costo vicino al prezzo finale), e “infra-marginali” (tutte le imprese che producono ad un costo minore del prezzo marginale giornaliero). Queste ultime saranno soggette ad un massimale di ricavi imposto dalla Commissione per il finanziamento delle misure di aiuto e sostegno alle famiglie e alle imprese. Tali produttori, quindi, potranno trattenere i ricavi fino a 180 €/MWh e la parte eccedente tale soglia dovrebbe essere utilizzata dallo Stato sottoforma di redistribuzione verso PMI e famiglie vulnerabili. Considerando il mercato italiano, ad esempio, la quotazione del Prezzo Unico Nazionale (PUN) al 15 settembre si attestava intorno ai 447 €/MWh, mentre al 26 settembre era scesa a 373,79 €/MWh.

Per fare una stima dei proventi dall’implementazione di tale misura in Italia, nella Tav. 1 vengono riportati alcuni scenari sulla base dei prezzi e del quantitativo di volumi scambiati in un mese. Le stime sono basate sui volumi venduti durante l’inverno e la primavera 2021-2022 e sul PUN medio dell’anno in corso (327,82 €/MWh). Inoltre, ARERA stima che circa il 40 per cento dell’energia prodotta e scambiata sulla Borsa elettrica italiana sia proveniente da fonti rinnovabili o, comunque, infra-marginali. Se il regolamento dovesse entrare in vigore come proposto, l’articolo 6, riguardante il massimale sui ricavi, si applicherebbe da dicembre 2022 a giugno 2023; pertanto, le stime riportate in tabella fanno riferimento ai soli mesi d’applicazione.

La prima colonna della tabella riporta i dati di produzione effettiva di energia durante l’inverno scorso. La seconda riporta la stima della produzione di rinnovabili (il 40 per cento della prima colonna). La terza e la quarta riportano i ricavi che si ottengono moltiplicando i dati della seconda colonna per il PUN medio dell’anno in corso (€327,82) e per il tetto che vorrebbe fissare la Commissione (€180), rispettivamente. La differenza fra i due rappresenta la stima dei proventi per lo Stato.

 

  1. Redistribuzione del surplus. Tali maggiori proventi (circa 10 miliardi di euro fra dicembre e giugno) dovrebbero essere redistribuiti sotto forma di incentivi o trasferimenti diretti ai consumatori finali di energia elettrica, sia imprese che famiglie, e agli operatori del mercato elettrico che potrebbero incorrere in perdite derivanti dall’applicazione del regolamento. Infatti, l’articolo 12 introduce una novità assoluta per l’UE in quanto per la prima volta viene autorizzata la fissazione di un prezzo calmierato per i consumatori finali[1] per la fornitura di energia al di sotto del livello di costo, a patto che ci sia una compensazione equa per i fornitori da parte dello Stato. Il sostegno diretto alle PMI introdotto con questa proposta non può eccedere l’80 per cento del consumo totale dei 5 esercizi passati e deve essere collegato ad una riduzione del consumo per i prossimi mesi in linea con i target nazionali.
  2. Extra-profitti. L’ultimo pilastro dell’intervento assomiglia all’impianto della tassazione sugli extra-profitti del governo Draghi, ma con un meccanismo molto diverso. La Commissione propone di tassare i profitti che eccedono il 120 per cento della base imponibile media degli ultimi tre anni per le attività relative ai settori dei combustibili fossili (i produttori marginali) ad un’aliquota minima del 33 per cento. Il gettito derivante da tale misura, denominata “contributo di solidarietà temporaneo”, verrà utilizzato per fornire aiuto alle famiglie più vulnerabili, alle imprese energivore, per la riduzione del consumo su base volontaria e per la realizzazione delle opere legate al piano REPowerEU a livello transnazionale.

 

I prezzi dell’energia del 2022

Questa proposta arriva più di sei mesi dopo l’invasione dell’Ucraina e i conseguenti effetti sul mercato del gas e dell’energia. I prezzi attuali del gas sul mercato TTF di Amsterdam hanno raggiunto dei record storici facendo lievitare anche il prezzo dell’energia elettrica prodotta in Europa. I punti di svolta nell’ultimo anno sono stati due: l’aggressione da parte di Putin il 24 febbraio e l’inizio dei tagli alle forniture da parte della Russia il 15 giugno. Nello storico dei prezzi sui future scambiati sul mercato di Amsterdam vengono riflesse anche le attese sull’andamento dei prezzi fino ad ottobre prossimo e l’intervento della Commissione ha convinto i mercati che l’impegno delle istituzioni frenerà la corsa dei prezzi. Per questo si nota una netta flessione nelle prime due settimane di settembre quando le prime bozze della proposta hanno iniziato a circolare.

L’andamento dei prezzi in Fig. 1 viene riflesso anche dalla serie storica dell’indice PUN, illustrato in Fig. 2, che incorpora anche i costi di produzione oltre a quello delle materie prime.

La significativa fluttuazione dei prezzi illustrati nei due grafici ha spinto la maggioranza degli stati membri a richiedere l’introduzione di un price cap sul gas russo e il decoupling, o distacco, del prezzo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. La prima misura non è stata inserita nella proposta di regolamento da parte della Commissione per l’opposizione di alcuni stati più dipendenti dal gas russo che temevano delle ritorsioni da parte di Putin. Una soluzione alternativa proposta da alcuni ministri dell’energia nell’ultimo Consiglio UE in materia prevedeva l’introduzione di un price cap generalizzato sul gas per non incentivare la Russia a cambiare mercato di esportazione. Il cosiddetto decoupling, invece, prevederebbe la riforma del processo di formazione del prezzo sul mercato dell’energia. Infatti, come menzionato in precedenza, l’energia prodotta da fonti fossili alza il prezzo di tutte le unità scambiate sui mercati nazionali e stabilisce il prezzo marginale ad una quotazione quasi otto volte più alta del costo di produzione delle rinnovabili.


Un commento

L’impianto dell’intervento manca probabilmente dell’incisività richiesta dal momento storico e dall’arrivo di una probabile recessione economica nel 2023. La mancanza del tetto al prezzo del gas o altre misure per limitare gli effetti del costo dell’energia potrebbero non generare gli effetti sperati. La riduzione dei consumi è significativa ma, tuttavia, inferiore alle aspettative della comunità internazionale e dei mercati e l’assenza di un tetto al prezzo del gas russo ha mostrato la debolezza dell’accordo politico tra gli stati membri. Comunque, il price cap sul gas russo non è stato accantonato del tutto e verrà riproposto dalla Commissione. La proposta verrà affiancata da un piano di emergenza nel caso vengano tagliate le forniture con l’imposizione di un massimale sul costo di importazione al gas russo, in modo da cercare di convincere i paesi più dipendenti dal metano importato dai gasdotti controllati da Putin.

Altro punto di discussione sarà la rideterminazione del peso delle fonti fossili sul prezzo generale dell’energia: verrà probabilmente proposto il decoupling per ridurre gli extra profitti delle aziende produttrici infra-marginali. Come si è detto, il distacco del prezzo dell’energia rinnovabile da quello da combustibili fossili mitigherebbe il problema che la Commissione cerca di affrontare  introducendo il tetto massimo ai ricavi.

Il decoupling non è una facile soluzione al problema. Se non si introducono specifici vincoli al mercato, le imprese che comprano al prezzo marginale dovrebbero essere compensate dallo stato perché il prezzo a cui venderebbero l’energia elettrica prodotta sarebbe inferiore al costo.  Secondo una proposta di Michael Liebreich, ripresa in una recente brief dell’autorevole think tank Bruegel, il mercato energetico all’ingrosso verrebbe diviso in due rami: uno su cui scambiare volumi di energia prodotti da fonti fossili e uno per i volumi “puliti”.[2] Tale separazione dovrebbe essere accompagnata dall’introduzione di un tetto al prezzo delle rinnovabili perché sia efficace. Se i prezzi fossero lasciati al mercato, i grossisti aumenterebbero la propria domanda sul mercato delle rinnovabili fino a quando il prezzo non eguagliasse quello dell’energia “sporca”. Un price cap assicurerebbe che larga parte dei volumi totali venga scambiata all’ingrosso a un prezzo più basso, riducendo di conseguenza il prezzo medio di fornitura per il consumatore finale. Sicuramente il tetto di prezzo deve essere fissato al di sopra del costo marginale in modo da mantenere gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili e facilitare la transizione energetica.

Il decoupling è stato proposto anche a livello nazionale come soluzione di breve termine per il caro bollette. Non sembra che ci siano nome europee che lo impediscano. Tale intervento, però, produrrebbe gravi squilibri dal punto di vista degli incentivi di mercato. Infatti, se l’Italia da sola imponesse il distacco del prezzo delle rinnovabili dal gas, i produttori di energia italiani vedrebbero azzerarsi i propri extra profitti sul mercato energetico domestico. Pertanto, si creerebbe un forte incentivo a vendere l’energia prodotta da fonti infra-marginali su altri mercati europei dove non è stato ancora implementato il decoupling e il prezzo è ancora fissato dal costo per le imprese marginali. Inoltre, le imprese infra-marginali straniere abbandonerebbero il mercato italiano per vendere a prezzi maggiori in altre nazioni e mantenere alti i profitti.

 

[1] Il prezzo calmierato differisce dal price cap in quanto il primo regola il prezzo di vendita alle famiglie e alle imprese che consumano energia mentre il secondo imporrebbe un tetto massimo al prezzo di acquisto del gas come materia prima per i produttori di energia.

[2] Liebreich, M. (2022) ‘UK energy crisis - time to split the power market?’ LinkedIn, 18 August, al link:

https://www.linkedin.com/pulse/uk-energy-crisis-time-split-power-market-michael-liebreich/

Conall Heussaff, Simone Tagliapietra, Georg Zachmann, Jeromin Zettelmeyer (2022), An assessment of Europe’s options for addressing the crisis in energy markets, Bruegel Policy contribution, settembre.

Un articolo di

Federico Neri

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