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Carenza di medici di base in Italia: un confronto europeo e nazionale

12 novembre 2021

Intermedio

Carenza di medici di base in Italia: un confronto europeo e nazionale

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Con oltre 1.400 abitanti per medico di base, l’Italia soffre di una carenza di assistenza primaria nel territorio rispetto ai maggiori paesi europei. Inoltre, esistono notevoli differenze tra regioni: in quelle del Nord i medici di base hanno un carico di assistiti più elevato di quelle del Sud. Guardando in avanti, il numero di medici di base che andrà in pensione nei prossimi 7 anni eccede quello in entrata: pur considerando ulteriori 900 borse annuali per la formazione dei medici di medicina generale, dovremmo perdere tra i 9.200 e 12.400 medici di base dal 2022 al 2028. Questa perdita riflette in parte un’inadeguata programmazione dell’offerta di servizi medici, ma la sua principale causa è riconducibile al crollo demografico, problema strutturale del nostro paese.

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 13 novembre 2021.

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Contesto europeo

Con 1.408 abitanti per medico di base nel 2019, l’Italia si attesta leggermente al di sotto della media europea (1.430), la quale però è influenzata negativamente da un alto valore di questo indice nei paesi dell’Est Europa. I paesi dell’Europa Occidentale, con cui dovremmo confrontarci, hanno invece valori molto più bassi (Fig. 1). La situazione si è aggravata negli ultimi anni con il numero di medici di base che è passato da circa 45.500 nel 2012 a 42.420 nel 2019 (Fig. 2).

 

 

 

Contesto nazionale

Secondo gli accordi collettivi nazionali, un medico di base può assistere fino a 1.500 pazienti, anche se alcune regioni hanno aumentato notevolmente questo limite.[1] La media nazionale è di 1.224 ma il valore è più alto al Nord (1.326), rispetto al Centro (1.159) e al Sud (1.102) (Fig.3 e Tav. 1).[2] In dettaglio, le regioni con il maggior numero di assisiti per medico di base sono: Trentino-Alto Adige (1.454), Lombardia (1.408) e Veneto (1.365) mentre le ultime sono Calabria (1.055), Basilicata (1.052) e Umbria (1.049).

Il deficit di medici di base al Nord ha portato a richieste di maggior finanziamento per borse di studio per completare il percorso formativo dei medici di base e di anticipare la fine del corso di formazione per la specializzazione in medicina generale.[3]

Squilibrio tra medici in entrata e in uscita

Un insufficiente numero di borse di formazione in medicina generale acuisce il problema della mancanza dei medici di base nell’intero territorio nazionale, con l’eccezione di Molise e Valle d’Aosta che nei prossimi 7 anni registreranno più medici di base in entrata che in uscita. Infatti, tra il 2022 e il 2028 si stima che la differenza tra medici di base in uscita e in entrata sia tra 15.500 e 18.700 unità (Tav. 2). Gran parte dello squilibrio emergerebbe nei prossimi 3 anni con un saldo tra 10.400 e 16.300 unità.[5]
Va quindi nella direzione giusta l’annunciato finanziamento, con fondi stanziati per la Missione 6 del PNRR, di 900 borse per la formazione dei medici di medicina generale sin da quest’anno per tre anni di fila, da sommarsi ai finanziamenti ordinari. Tuttavia, tale intervento non sarebbe sufficiente a colmare il divario tra medici di base in uscita e in entrata: la differenza sarebbe tra 7.700 e 13.600 unità dal 2022 al 2024 e tra 9.200 e 12.400 dal 2022 al 2028.

Nonostante queste criticità nella programmazione del fabbisogno nazionale di medici di base, la carenza di medici di base deve essere interpretata nel contesto del crollo demografico che ha colpito l’Italia negli ultimi decenni e che purtroppo rende problematico il rimpiazzo di tutti i lavoratori, non solo dei medici, che vanno in pensione. Fino alla fine degli anni ’80, ogni anno raggiungevano l’età lavorativa quasi un milione di persone l’anno. Nel 2022 raggiungeranno i 20 anni i nati nel 2002 che erano soltanto 520 mila. Raggiungeranno i 68 anni (tranne ovviamente chi è deceduto prima di tale età) i nati del 1954, che erano circa 820 mila.

Questo comporta una difficoltà di rimpiazzare non solo i medici, ma ogni altra categoria professionale. Per illustrare questo punto la fig. 4 riporta il potenziale numero di medici di base che inizierebbe a praticare e quella che smetterebbe di farlo ogni anno se la quota di medici di base sul totale dei nuovi lavoratori fosse costante nel tempo (e pari allo 0,14 per cento): il calo persiste dal 1990.
Questo implica un insufficiente ricambio generazionale nella popolazione medica (Fig. 4).[6]

 

[1] Eventuali deroghe al massimale di 1.500 possono essere autorizzate dalla Regione per particolari situazioni locali e per non oltre 6 mesi ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica del 28 luglio 2000, n. 270, art 25.

Ad esempio, in Veneto il limite può essere portato a 1800 assistiti. Vedi link: https://salute.regione.veneto.it/c/document_library/get_file?uuid=89897ab5-737b-4114-b13c-a40271b28e22&groupId=543512 - :~:text=Il massimale base è di,precisazioni indicate nelle note operative.

[2] Il dato differisce dal rapporto tra popolazione e numero di medici di base riportato nella sezione precedente perché i bambini residenti sono assistiti da pediatri e non dai medici di base e perché alcuni residenti potrebbero non aver scelto un medico di base. La carenza di medici di base al Nord è stata evidenziata anche dal Sole 24 ore: https://www.ilsole24ore.com/art/medici-base-allarme-carenza-15-milioni-italiani-sono-senza-AE9gWwg; e dal Ministero della Salute nell’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale:https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3073_allegato.pdf pg 17

[3] Si vedano, per esempio, le mozioni 622 e 628 presentate al consiglio regionale della Lombardia a luglio di quest’anno dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle. (https://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato2834927.pdf)

[4] Le colonne (Da 1 a 50, da 51 a 500…) indicano il numero di medici di base per numero di pazienti assistiti. Per esempio, in Trentino-Alto Adige ci sono 8 medici di base che assistono da 1 a 50 pazienti

[5] Stime effettuate in collaborazione con la Federazione Italiana dei Medici di Famiglia. Il range in cui sono espressi i risultati dipende da diverse assunzioni sull’ età di uscita (da 68 a 70 anni), mentre l’età di entrata è convenzionalmente fissata a 26 anni.

[6] La stima del numero di nuovi medici di base ogni anno è ottenuta, ad esempio per il 2020, dalla moltiplicazione dei nati nel 1994 (che entreranno quindi nella professione medica nel 2020) per 0,14 per cento (il rapporto costante tra nuovi medici di base e nuovi nati). Quest’ultimo rapporto è pari alla media degli specializzati in medicina generale nati tra il 1952 e il 1980 su nuovi nati. La stima del numero di medici di base in uscita è ottenuta dalla moltiplicazione, ad esempio sempre per il 2020, dalla moltiplicazione dei nati ne 1952 (che andranno in pensione all’età di 68 anni nel 2020) per 0,14 per cento
Fonte dati: Ista, Miur, ALMALAUREA

Un articolo di

Luca Favero

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