Le sanzioni imposte dai principali paesi occidentali contro la Russia colpiscono pesantemente le principali banche, i singoli oligarchi e l’intera economia. Nel seguito, si considerano: 1) le sanzioni finanziarie (contro le banche commerciali, gli enti pubblici, la banca centrale, gli oligarchi); 2) le sanzioni commerciali (nei confronti delle esportazioni verso la Russia); 3) altre sanzioni (come l’esclusione della Russia da eventi sportivi e musicali).
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1. Sanzioni finanziarie
1.1. Sanzioni contro banche commerciali e altri istituti
Sono state bloccate quasi tutte le operazioni finanziarie con la Russia da parte di persone fisiche e giuridiche residenti in Europa e negli Stati Uniti. Nel dettaglio, queste operazioni finanziarie riguardano: l’acquisto, la vendita, la prestazione di servizi d’investimento, l’assistenza all’emissione o qualsiasi altra negoziazione su titoli obbligazionari, di capitale e di altri strumenti finanziari e del mercato monetario.[1] Le sanzioni riguardano le tre principali banche russe (Sberbank, VTB Bank, Gazprombank, Fig.1). Oltre a queste banche ne sono state sanzionate altre, tra le quali: Alfa Bank, Vnesheconombank (VEB), Rosselkhozbank, Promsvyazbank, Otkritie, Sovcombank. Inoltre, sono stati congelati gli asset detenuti negli Stati Uniti dalla seconda banca russa (VTB Bank) e da altre minori.
Per la sola Sberbank, la principale banca russa, le istituzioni e gli individui residenti negli Stati Uniti dovranno chiudere entro fine marzo qualsiasi conto; sarà vietata qualsiasi transazione con essa o con le sue sussidiarie estere.
Nell’Unione Europea, è fatto divieto alle banche di accettare depositi da parte di soggetti russi superiori a 100.000 euro.[2]
Le sanzioni descritte colpiscono circa il 70 per cento circa del settore bancario russo, in termini di quota di attivi detenuta).
1.2. Esclusione dal sistema di pagamenti
Il 26 febbraio, Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Unione Europea hanno annunciato l’esclusione di alcune banche russe da SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication), il sistema di comunicazione che consente di effettuare pagamenti transfrontalieri tra banche diverse. L’esclusione da SWIFT limita la capacità di banche e imprese russe di ricevere/effettuare pagamenti da/verso l’estero, in particolare per (i) importazione ed esportazione di beni e servizi; (ii) rimborso di debiti; (iii) investimenti esteri. Le banche escluse da SWIFT sono: Bank Otkritie, Novikombank, Promsvyazbank, Bank Rossiya, Sovcombank, Vnesheconombank (VEB) e VTB Bank.[3] La sanzione colpisce il 27 per cento del sistema bancario russo; infatti, Sberbank e Gazprombank (la prima e la terza banca per dimensione) sono al momento esentate dalla sanzione. Allo stato attuale, un soggetto europeo o americano potrebbe rivolgersi a queste banche per effettuare transazioni con soggetti russi. In particolare, tramite questi due istituti si svolgono i pagamenti per le importazioni di gas e petrolio russo. Pertanto, in Russia dovrebbero continuare ad affluire proventi in valuta estera per le esportazioni di combustibili energetici, stimati in 1,5 miliardi di dollari al giorno (che la banca centrale obbliga a convertire in rubli, vedi paragrafo 1.4).[4]
Dalla crisi in Crimea del 2014, la Russia ha sviluppato un proprio sistema di comunicazione, ma la connessione di quest’ultimo con il sistema finanziario internazionale è rimasta molto limitata. In linea di massima, un’alternativa a SWIFT potrebbe essere il sistema di pagamenti sviluppato dalla Cina (Cross-Border Interbank Payment System, CIPS): tuttavia, tale meccanismo regola transizioni solo in yuan (che pesa il 2,7 per cento sul commercio internazionale) e vi sono evidenti limiti operativi, come le tempistiche necessarie alle banche non partecipanti al sistema cinese per passare da SWIFT a CIPS. [5]
1.3. Sanzioni nei confronti degli enti pubblici
Gli Stati Uniti hanno vietato a istituzioni e individui di acquistare strumenti di debito pubblico russo sul mercato secondario; gli acquisti sul mercato primario erano già vietati in precedenza.[6]
Inoltre, è stato vietato di investire nel Russian Direct Investment Fund (RDIF) e nelle sue due sussidiarie: la Joint Stock Company “Management Company” e il “Limited Liability Company”. Il RDIF è un fondo con 10 miliardi di dollari in gestione che ha attratto 40 miliardi di capitali stranieri dal 2011 ad oggi per finanziare lo sviluppo di settori ad alto potenziale di crescita (ad esempio l’energetico o il farmaceutico). Sono inoltre congelati tutti gli asset che il fondo possiede negli Stati Uniti.
L’Unione Europea ha preso provvedimenti simili: dal 26 febbraio, ha vietato i finanziamenti pubblici o l’assistenza finanziaria pubblica per gli scambi con la Russia o per gli investimenti in tale paese.[7]
Per cogliere l’importanza delle sanzioni statunitensi, bisogna ricordare che colpiscono qualunque soggetto, anche non statunitense, che abbia relazioni con banche o altri intermediari residenti negli Stati Uniti. Ad esempio, a una banca di un paese terzo che acquisti un titolo in rubli viene impedito di fare operazioni con residenti statunitensi. Dato che il dollaro rimane la valuta più utilizzata al mondo, sia per le transazioni commerciali sia come riserva, queste sanzioni di fatto impediscono l’operatività del soggetto che svolge operazioni vietate. In questo modo, tali sanzioni hanno una portata che va ben oltre i confini nazionali. In linea di principio, questo vale anche per le sanzioni europee, salvo che l’euro ha una diffusione molto inferiore a quella del dollaro.
1.4. Sanzioni valutarie e contro la banca centrale
Il blocco delle operazioni finanziarie e dei depositi (1.1) e l’esclusione dai pagamenti (1.2) dovrebbero (i) fermare l’afflusso e (ii) innescare un deflusso di capitale in valuta estera. Ciò indurrebbe a una crisi sulla bilancia dei pagamenti, con una svalutazione della valuta domestica (secondo il rapporto dell’International Institute of Finance).[8]
In presenza di una forte esposizione debitoria in valuta estera, una svalutazione del rublo riduce la capacità di ripagare il debito, aumentando la probabilità di insolvenza. Nonostante la diminuzione del debito (pubblico e privato) in valuta estera avvenuto dopo la crisi in Crimea del 2014, quest’ultimo ammontava a 353 miliardi di dollari nel 2021, ossia il 21 per cento del Pil (Fig. 2). L’esposizione debitoria riguarda per oltre il 60 per cento imprese e famiglie, ma è evidente che situazioni di default da parte di soggetti privati possono innescare crisi bancarie. Inoltre, l’aspettativa di una svalutazione del rublo induce alla “corsa agli sportelli”, rafforzando il rischio di crisi del sistema bancario. Tali effetti possono essere particolarmente rilevanti, poiché il sistema finanziario russo è fortemente banco-centrico.[9]
In una crisi valutaria, la banca centrale può intervenire liquidando le riserve ufficiali per limitare la svalutazione della valuta domestica. Per evitare ciò, gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno vietato alle istituzioni residenti qualsiasi operazione relativa alla gestione di riserve e attività della Banca Centrale della Federazione Russa (BCR). Dalla crisi in Crimea, la BCR ha aumentato l’esposizione in oro detenuto in Russia (Fig.3); al contempo, ha ridotto l’esposizione delle riserve in dollari detenute all’estero, mentre ha aumentato quella in valuta cinese. Nonostante ciò, nel 2021, circa la metà delle riserve della BCR (che ammontano complessivamente a 630 miliardi) erano detenute nei paesi occidentali che hanno deciso di impedirne la liquidazione. Inoltre, l’oro – che ammonta a più del 20 per cento delle riserve – è difficilmente liquidabile dato che il sistema russo è ora isolato dai mercati finanziari.
La combinazione tra le sanzioni e i limiti all’utilizzo delle riserve ufficiali sembra aver avuto dei primi effetti. Dall’annuncio delle sanzioni (24 febbraio) ad oggi, il Rublo ha perso circa il 20 per cento rispetto al dollaro. Poiché forti svalutazioni della valuta domestica inducono spirali inflazionistiche, la BCR ha aumentato i tassi di riferimento dal 9,5 al 20 per cento. Questo aumento avrà conseguenze negative sulla già fragile economia russa.
Con le riserve di fatto “bloccate”, la BCR ha attivato due strumenti per sostenere il rublo: (i) forme di controllo dei capitali detenute dai residenti, ad esempio vietando il disinvestimento di attività finanziarie; (ii) obbligo di conversione in valuta domestica dell’80 per cento dei proventi delle esportazioni (che sono in valuta estera).
1.5. Sanzioni individuali
Sia UE che Stati Uniti hanno imposto, con effetto immediato, il congelamento dei beni degli oligarchi più vicini a Putin e hanno vietato loro di entrare o transitare nei territori sotto la propria giurisdizione.
Si tratta di misure importanti anche perché si stima che la ricchezza detenuta all’estero da tali oligarchi, incrementata dal 1990 al 2015, rappresenti una cifra astronomica, nell’ordine dell’85 per cento del reddito nazionale russo (nel 2015), di cui una buona parte stimata essere in paradisi fiscali.[10]
2. Sanzioni commerciali
È stato deciso, e nel caso statunitense esteso, il blocco delle esportazioni verso la Russia di beni e tecnologie a: i) duplice uso (militare e civile), ii) uso militare; iii) impiego nella raffinazione del petrolio.[11] Rispetto all'UE, gli Stati Uniti hanno maggiore capacità di attuare controlli di vasta portata su questi tipi di esportazioni data la propria leadership in settori strategici (es. microelettronica). Tuttavia, l’allineamento delle misure di controllo delle esportazioni tra USA e UE è fondamentale in quanto nessun singolo Paese detiene la leadership indiscussa in alcuna tecnologia. Il coordinamento fra l’UE e gli USA rende molto difficile alla Russia il rifornimento di questi beni in Cina o in altri paesi terzi.
3. Altre sanzioni
La Federazione Russa è stata isolata anche dal mondo dello sport e dello spettacolo. Ad esempio, la finale di Champions League 2022 è stata spostata da San Pietroburgo a Parigi, la tappa a Sochi della Formula 1 prevista per fine settembre è stata cancellata e la Russia è stata esclusa dall’Eurovision Song Contest 2022.
Queste tipologie di sanzioni hanno uno scarso impatto economico, ma possono avere un valore segnaletico e simbolico di grande rilievo per l’opinione pubblica russa.
[2] La misura non viene applicata se: 1) il cittadino russo ha la residenza anche in uno Stato membro 2) il cittadino ha un permesso di soggiorno temporaneo o permanente in uno Stato membro 3) si tratta di depositi necessari per gli scambi transfrontalieri non vietati di beni e servizi tra l'Unione e la Russia 4) le autorità competenti non lo ritengono necessario. (vedi link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:L:2022:048:FULL&from=IT pag. 16)
[7] Il divieto non si applica: a) per finanziamenti fino a 10 milioni di euro verso piccole e medie imprese stabilite nell'Unione; b) per gli scambi di prodotti alimentari, e per scopi agricoli, medici o umanitari.
[8] Vedi: Hilgenstock, B., Lowery, C., Meisels, G., Renier, J. & Ribakova, E. (2022). “Russia Sanctions: Climbing the escalation ladder”. Institute of International Finance.
[9] Gli istituti bancari detengono due terzi degli attivi totali e il finanziamento delle imprese avviene prevalentemente tramite il canale bancario. Inoltre, il sistema bancario è concentrato in poche grosse banche russe controllate prevalentemente dallo Stato.