Università Cattolica del Sacro Cuore

Il MES: cos’è e come potrebbe essere utilizzato nell’attuale emergenza

di Alessandro Cascavilla e Giampaolo Galli

26 marzo 2020

In questa nota si illustrano il funzionamento e gli strumenti di intervento del MES (il “Fondo salva-Stati” europeo). Si ragiona poi di come il MES potrebbe essere utile nell’affrontare l’emergenza economica in Europa e in Italia. Si analizza infine la possibilità che l’emergenza del Coronavirus porti ad un utilizzo non convenzionale del MES, cambiando la natura del fondo stesso.

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Cos’è il MES

Con il famoso “Whatever it takes” dell’ex presidente della BCE Mario Draghi, nell’estate del 2012, la politica monetaria europea si è dotata di un nuovo strumento di natura non convenzionale, fino ad ora mai utilizzato: le OMT, Outright Monetary Transactions. Con le OMT, a determinate condizioni, la BCE può diventare prestatore di ultima istanza per gli Stati Membri dell’Eurozona sottoscrivendone i titoli anche sul mercato primario e in misura illimitata. Per accedere a questo strumento, però, lo Stato in difficoltà deve rivolgersi preventivamente al MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, concordando un programma economico.[1] Il MES nasce nel settembre 2012 durante la crisi dei debiti sovrani con la finalità di fornire assistenza finanziaria ad uno Stato Membro, la cui crisi potrebbe mettere a rischio l’intera Area Euro. Il MES sostituisce altre istituzioni già esistenti, ovvero il Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF) e il Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (EFSM), e si pone come strumento di solidarietà europea nella stabilizzazione finanziaria dell’Area Euro. Oltre agli aiuti agli Stati in crisi, il MES prevede i prestiti precauzionali, ossia interventi a favore di quei Paesi che, nonostante siano in condizioni macroeconomiche solide, potrebbero aver bisogno di aiuto.

Per quanto riguarda il profilo istituzionale, il MES è regolato da un trattato internazionale e non rientra nel perimetro istituzionale dell’Unione Europea. Esso è governato da tre organi principali: il Board of Governors, al quale partecipano i ministri delle finanze di ogni Stato e che è presieduto dal presidente dell’Eurogruppo; il Board of Directors, i cui membri sono dotati di elevata competenza in campo economico e finanziario e sono nominati, insieme ad un supplente, da ciascun membro del Board of Governors;[2] il Direttore Generale, che dura in carica per 5 anni ed è nominato dal Board of Governors. Spetta al Board of Governors prendere la maggior parte delle decisioni cruciali, come ad esempio l’approvazione di una richiesta di adesione al MES, la concessione del sostegno finanziario e la modifica degli strumenti di intervento.[3]

Funzionamento del MES

Il MES offre sostegno agli Stati Membri attraverso prestiti o con l’attivazione di linee di credito che sono garantite dal capitale sottoscritto dai paesi membri. Il capitale sottoscritto (704 miliardi di euro) differisce dal capitale effettivamente versato (80,5 miliardi di euro) in quanto il primo definisce l’ammontare massimo che potrebbe essere richiesto agli Stati Membri in caso di insolvenza di uno Stato debitore. Analogamente a quanto avviene nelle società per azioni, gli Stati azionisti del Fondo hanno una responsabilità limitata, che è definita dal capitale sottoscritto. Il capitale è suddiviso in quote distribuite sulla base del modello delle quote di capitale detenute nella BCE da parte delle banche centrali nazionali. L’Italia possiede il 17,79 per cento delle quote ed è il terzo paese per dimensione, dopo Germania e Francia.[4] Come già accade per il FMI, il MES si pone come un creditore “privilegiato”, rispetto al quale gli altri creditori sono subordinati. Alla luce dei principi generali definiti nell’articolo 12 del trattato, il MES può intervenire attraverso diversi strumenti quando ciò è necessario per salvaguardare la stabilità finanziaria della Zona Euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri. Il MES si attiva solo su richiesta dello Stato interessato che, nel formulare la richiesta, indica lo strumento finanziario o gli strumenti finanziari da considerare per tale intervento.[5] Una volta ricevuta la domanda di assistenza, il presidente del Consiglio dei Governatori del MES autorizza la Commissione Europea e la BCE a fare una valutazione di tre variabili principali:

  • l’esistenza di un rischio per il paese o per la stabilità dell’intera Zona Euro;
  • la sostenibilità del debito pubblico del paese che ha formulato la richiesta di aiuto;
  • le esigenze economiche di tale paese.

Una volta terminate le valutazioni, in caso di accettazione della richiesta, il Consiglio dei Governatori affida alla Commissione Europea, alla BCE e, laddove possibile, al FMI, il compito di negoziare con il membro del MES interessato un protocollo d’intesa (Memorandum of Understanding, MoU), nel quale sono indicate le condizioni per fornire l’assistenza finanziaria, la gravità della situazione economica e il tipo di strumento necessario per l’intervento di assistenza finanziaria. Come per qualunque istituzione che eroga prestiti e analogamente a quanto avviene per il FMI, tutti gli strumenti di sostegno offerti dal MES sono caratterizzati da un certo grado di condizionalità, ossia dall’obbligo di rispettare alcune condizioni affinché si possa accedere allo strumento di sostegno e lo si possa mantenere nel corso del tempo. Queste condizioni non sono standardizzate, ma possono spaziare da un programma di correzione macroeconomica, al rispetto di condizioni di ammissibilità predefinite, secondo le necessità di un paese. Il compito di monitorare il rispetto delle condizioni prestabilite è affidato alla Commissione Europea, alla BCE e al FMI.[6]

Strumenti di intervento

Come già anticipato, tra gli strumenti di intervento MES vi sono i prestiti a paesi in crisi – di cui all’articolo 16 del Trattato – e le cosiddette “linee di credito precauzionali”, di cui all’articolo 14. I prestiti ex art. 16 richiedono programmi di aggiustamento macroeconomico; sono approvati dal Consiglio dei Governatori, ma è il Consiglio di Amministrazione a valutare le modalità di applicazione e ad approvare il versamento delle ulteriori rate successive alla prima. Le linee di credito ex art. 14 sono di due tipi: una linea precauzionale in senso stretto, PCCL (Precautionary Conditioned Credit Line), e una rafforzata, ECCL (Enhanced Conditions Credit Line). La PCCL richiede una condizionalità molto attenuata; anch’essa richiede la sottoscrizione di un MoU (mentre nella proposta di riforma che era stata approvata in linea di principio dal Consiglio UE del giugno 2019 richiederebbe la semplice sottoscrizione di una lettera di intenti). La linea rafforzata richiede una condizionalità maggiore e dunque un MoU più impegnativo. Per questo motivo, alcuni paesi potrebbero risultare riluttanti nel chiedere un aiuto al MES, nonostante si trovino in stato di difficoltà finanziaria. In entrambi i casi, le linee di credito precauzionali danno accesso alle già citate OMT, ovvero operazioni illimitate della BCE.  Attraverso prestiti e linee di credito, nel rispetto dei principi esposti nell’articolo 12 del Trattato, il MES può intervenire in aiuto degli Stati attraverso diversi canali, come il sostegno sul mercato primario (articolo 17), sul mercato secondario (articolo 18) e può ricapitalizzare le istituzioni finanziarie degli Stati in difficoltà (articolo 15).

Cosa potrebbe cambiare con la riforma del MES

Dal 2018 è in corso una discussione sulla riforma del MES sulla quale l’Osservatorio CPI ha espresso qualche perplessità.[7] Il problema non era tanto in ciò che è esplicitamente previsto nel testo della bozza di riforma, che in effetti era molto simile al testo vigente per quello che riguarda i prestiti ex art. 16 a paesi in crisi e non prevedeva in alcun modo una ristrutturazione automatica del debito pubblico del paese che richiede assistenza (che anzi viene considerata come appropriata solo in circostanze eccezionali). Il problema era che le pur piccole modifiche che si vorrebbero apportare suggerivano una possibile maggiore inclinazione, da parte di alcuni paesi membri, alla ristrutturazione del debito come condizione per accedere ai prestiti del MES.[8]

Prima dello scoppio della pandemia, il tema per l’Italia era quello di un possibile ricorso al prestito ex art. 16. Oggi la situazione è molto diversa perché il tema semmai è quello di un accesso ad una linea di credito precauzionale al fine di poter avere l’intervento delle OMT della banca centrale. Da questo punto di vista, la riforma apporta alcuni chiarimenti che sarebbero utili. Con la modifica del Trattato si intende rendere più facile l’accesso degli Stati alle linee di credito precauzionali. Si chiarisce in particolare che il MES può andare in aiuto a Stati che sono colpiti da uno “shock esogeno al di fuori del loro controllo”, come potrebbe essere per il caso dell’emergenza Covid-19.[9] Con la modifica del trattato si chiarisce anche la differenza fra le due linee di credito precauzionali. L’accesso alla PCCL è riservato a quei paesi che hanno rispettato alcune condizioni quantitative nei due anni precedenti alla richiesta di assistenza al MES, le quali sono piuttosto stringenti e in linea con quelle del Patto di Stabilità e Crescita. Se un Paese rispetta i requisiti, allora potrà accedere alla linea di credito precauzionale siglando una semplice “Lettera di intenti”.  La linea di credito rafforzata (ECCL) va a paesi che non rispettano i requisiti per la PCCL. L’unica condizione è che abbiano un debito che sia ritenuto sostenibile e siano ritenuti in grado di restituire il prestito. Secondo l’articolo 13 del testo del nuovo trattato sul MES, lo Stato che richiede assistenza al MES con l’ECCL deve sottoscrivere un “Memorandum of Understanding”, ovvero il protocollo di intesa che è già previsto nella versione originaria del trattato, negoziando i termini della condizionalità del prestito con il MES, con la Commissione Europea, con la BCE e, dove necessario, con il FMI. Come si è detto, il MoU comporta una condizionalità più stringente della lettera di intenti.

Il punto che qui interessa è che nell’allegato III, a cui il Trattato rimanda per la definizione dei requisiti necessari per l’accesso alle diverse tipologie di prestiti, si dedicano solo tre righe alla linea ECCL per dire che possono accedervi i paesi che “non hanno i requisiti per accedere alla line PCCL, ma la cui situazione economica e finanziaria rimane solida e il cui debito è sostenibile”. Viene quindi lasciata ampia discrezionalità al Board of Governors per decidere, in base all’art. 14, quando e a quali condizioni un paese può avere accesso alla ECCL.

Possibili scenari per l’Italia

Sulla base del trattato vigente, l’Italia potrebbe probabilmente avere accesso agli aiuti del MES tramite l’accensione di una linea di credito precauzionale rafforzata (ECCL). In base alle regole delle BCE, ciò sarebbe sufficiente per avere accesso agli interventi illimitati della BCE tramite le OMT. La condizionalità non potrebbe che essere coerente con l’emergenza che stiamo vivendo. Nell’ultima riunione dell’Eurogruppo si è detto che, data l’eccezionalità e la natura esogena dell’epidemia in corso, la condizionalità degli interventi sarebbe molto ridotta: “Le caratteristiche di questo strumento (ECCL) dovrebbero essere coerenti con la natura esterna e simmetrica dello shock COVID-19. Questo vale anche per qualsiasi condizionalità associata. Nel breve termine, l’intervento sarà mirato alla risposta del coronavirus e, nel lungo termine, si prevede che i paesi tornino alla stabilità".[10]

Date le circostanze, un MoU con il MES, a nostro giudizio, dovrebbe principalmente prevedere che le risorse stanziate per far fronte all’emergenza siano spese bene. L’obiettivo dovrebbe essere quello di garantire che gli interventi a sostegno dell’economia siano tempestivi, mirati e siano temporanei, cioè non comportino aggravi permanenti dei conti pubblici.[11] Un piano di rientro dal debito dovrebbe essere attivato solo dopo la fine dell’emergenza e, date le profonde ferite sociali prevedibili a seguito della recessione da pandemia, non potrebbero che prevedere un aggiustamento graduale.

Da Fondo salva-Stati a Fondo salva-Europa

Come noto vari leader europei, compreso il nostro Presidente del Consiglio, hanno ipotizzato cambiamenti nella natura e nelle funzioni del MES.[12]

L’idea è quella di utilizzare il MES per emettere i cosiddetti “Coronabonds”, ovvero titoli di debito garantiti dai vari paesi UE. Si tratterebbe in sostanza di Eurobonds, titoli che rappresentano un debito comune dei paesi europei, non debiti dei singoli Stati. L’uso di Eurobonds era stato in passato invocato per sostituire il debito pubblico esistente accumulato dai singoli paesi, magari per effetto di politiche poco responsabili, cosa che era sempre stata ritenuta inaccettabile dai paesi del Nord Europa. Questi Eurobonds sarebbero invece volti a finanziare nuove iniziative di spesa ritenute legittime a livello europeo. Data questa differenza, e le circostanze eccezionali che l’Europa sta affrontando, si può ipotizzare che entro limiti da definirsi e con utilizzi limitati, uno strumento del genere possa essere attivato. Va peraltro ricordato che il Piano Juncker, ora divenuto piano InvestEU, già prevede l’emissione di titoli europei da parte della BEI, la Banca europea per gli investimenti, il cui capitale sottoscritto dagli Stati Membri è a garanzia dei creditori. Gli utilizzi dei proventi delle emissioni non potrebbero che essere circoscritti e ben definiti ex-ante, dal momento che il MES o l’Unione Europea sarebbero i debitori, ma avrebbero un controllo limitato su come i singoli Stati spenderebbero i soldi. Queste limitazioni potrebbero essere attenuate nel caso in cui tali proventi venissero destinati per intraprendere politiche di bilancio a livello comunitario, di cui tutti i paesi membri potrebbero beneficiare, come un sussidio di disoccupazione o un programma di investimenti europeo.

Detto questo, tali politiche potrebbero essere viste da alcuni come un primo salto qualitativo verso un assetto federale che al momento non sembra negli auspici di nessun governo, e men che meno di quei paesi ad alto debito che invocano gli Eurobonds, ma sono attraversati da pulsioni sovraniste che si oppongono a cessioni di sovranità a favore dell’Unione.

Va anche considerato che i paesi con basso debito non hanno problemi ad affrontare l’emergenza con mezzi propri e non è chiaro se siano in grado di far accettare ai loro elettorati proposte di mutualizzazione anche parziale del debito, che andrebbero principalmente a beneficio dei paesi con alto debito.

Un gruppo di autorevoli economisti europei ha avanzato, in un articolo su VOXEU, la proposta di creare nell’ambito del MES la “CCL”, Covid Credit Line, al fine di fornire una linea di credito ai paesi colpiti dallo shock del Coronavirus, da erogare sotto forma di prestiti di lunga durata senza condizionalità di accesso, sulla base dei costi sopportati da ogni economia.[13] I prestiti erogati sarebbero a lunga scadenza e le spese coperte tramite questi prestiti dovrebbero essere esclusivamente quelle collegate all’emergenza Covid-19.

Sebbene in una situazione straordinaria come quella attuale tutto può apparire possibile, non si può sottacere che proposte di questa natura non sono coerenti con l’attuale natura del MES e comporterebbero una radicale modifica del Trattato. Ciò richiederebbe l’unanimità degli Stati Membri dell’Eurozona, si tradurrebbe in elevati tempi di coordinamento tra paesi e tempi molto lunghi per la ratifica da parte dei Parlamenti nazionali. Si tratta quindi di una proposta che rischia di richiedere tempi non compatibili con l’emergenza che stiamo attraversando.


[1] Caratteristiche tecniche delle OMT: https://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2012/html/pr120906_1.en.html "Una condizione necessaria per le Transazioni monetarie definitive è la condizionalità rigorosa ed effettiva allegata a un programma europeo di stabilità finanziaria / meccanismo europeo di stabilità (EFSF / ESM) adeguato. Tali programmi possono assumere la forma di un programma completo di aggiustamento macroeconomico EFSF / ESM o di un programma precauzionale (linea di credito per condizioni rafforzate), a condizione che includano la possibilità di acquisti sul mercato primario EFSF / ESM. Si dovrà inoltre cercare il coinvolgimento dell'FMI per l'elaborazione della condizionalità specifica per paese e il monitoraggio di tale programma."

[2] I membri del Board of Directors sono i direttori generali del Tesoro, o figura analoghe a seconda di diversi ordinamenti.

[3] Articolo 5 Trattato MES.

[4] Allegato I e II del Trattato del MES e https://www.esm.europa.eu/efsf-governance.

[5] Articolo 13 Trattato MES.

[6] Articolo 13.7 Trattato MES.

[8] Si veda ad esempio: M.Guzman, J.E. Stiglitz (2016) “Creating a Framework for Sovereign Debt Restructuring That Works” e anche Bénassy-Quéré, A., M. Brunnermeier, H. Enderlein, E. Farhi, M. Fratzscher, C. Fuest, P.O. Gourinchas, P. Martin, J. Pisani-Ferry, H. Rey, I. Schnabel, N. Véron, B. Weder di Mauro e J. Zettelmeyer (2018), Reconciling risk sharing with market discipline: A constructive approach to euro area reform, CEPR Policy Insight, No. 91, Centre for Economic Policy Research, London, 2018, pp. 1-23.

[9] Articolo 14 della bozza sul nuovo Trattato MES.

[11] Blanchard, Dell’Ariccia, and Mauro, (2010) “Rethinking Macroeconomic Policy” (IMF Staff Position Note, International Monetary Fund, Washington, DC).

[12] Dichiarazione firmata da nove capi di governo europei, tra cui Italia e Francia: http://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/letter_michel_20200325_eng.pdf.

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