Un recente rapporto OCSE analizza l’efficienza dei sistemi sanitari dei Paesi membri, raggruppandoli sulla base di caratteristiche comuni in merito alla libertà di scelta dell’assicurazione di base, dei fornitori di servizi, dell’accesso alle cure specialistiche e ospedaliere, nonché delle eventuali coperture assicurative in aggiunta a quella pubblica di base. L’efficienza viene misurata confrontando il livello di spesa sanitaria rispetto al tasso di mortalità standardizzato. I risultati mostrano che non esiste un sistema complessivamente migliore. L’Italia si colloca in una posizione intermedia, leggermente sotto la media OCSE, ma migliora la sua performance se si considerano anche parametri strutturali, come posti letto e personale impiegato. Rispetto al precedente Rapporto (del 2010), il nostro Paese risulta meno efficiente, non per un arretramento dell’Italia, ma perché gli altri Paesi hanno migliorato più dell’Italia la loro performance. Per il nostro sistema restano i nodi dell'inadeguatezza degli incentivi all’efficienza e dei servizi sanitari territoriali, cioè tutti i servizi al di fuori dell'ospedale per i quali le Case e gli Ospedali della Comunità previsti dal PNRR dovrebbero offrire una risposta.
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Il 21 marzo scorso l’OCSE ha pubblicato un Rapporto dedicato all’efficienza dei sistemi sanitari dei Paesi membri.[1] Come tutte le voci di spesa pubblica, anche la sanità è soggetta a vincoli di bilancio che, in prospettiva, diventeranno sempre più stringenti per le pressioni al rialzo della spesa. È dunque fondamentale chiedersi quanto significativi possano essere i vantaggi di un uso più efficiente delle risorse a disposizione. Il rapporto ha due obiettivi: (i) identificare gruppi di Paesi con sistemi sanitari simili e (ii) valutarne le performance, allo scopo di individuare legami tra le caratteristiche dei sistemi e il loro grado di efficienza. Scopo di questa nota è presentare i risultati dell’esercizio dell’OCSE, sia in termini di classificazione, sia in termini di performance, con particolare attenzione al caso italiano.
Tipologie di sistemi sanitari a confronto
I confronti internazionali sono utili per valutare le performance dei sistemi sanitari e per individuare i rispettivi punti di forza e debolezza. In questi casi, i sistemi vengono classificati in gruppi (cluster) in modo che gli elementi di ciascun gruppo siano “simili” tra loro e sufficientemente diversi rispetto a quelli di altri gruppi, allo scopo di valutare quale gruppo performa meglio.
I sistemi sanitari possono differire in vari modi, per esempio nel modo in cui sono finanziati e nel modo in cui i servizi vengono erogati (attraverso un “servizio sanitario nazionale” o da strutture private).[2] In questo esercizio di benchmarking il rapporto OCSE differenzia i sistemi sanitari lungo cinque dimensioni: (1) libertà di scelta sulla copertura di base;[3] (2) peso della fornitura privata nell’assistenza primaria e specialistica ambulatoriale; (3) libertà di scelta del paziente dei fornitori di servizi; (4) ruolo delle assicurazioni come fonte secondaria di copertura; (5) ruolo dell'assistenza primaria (gate-keeping).[4] La Tav. 1 presenta gli indicatori più dettagliatamente.
Possiamo dire che l’esercizio OCSE si concentra sul grado di libertà riconosciuto ai pazienti in merito alla scelta della copertura di base, dei fornitori di servizi, dell’accesso alle cure specialistiche e ospedaliere, nonché delle eventuali coperture assicurative in aggiunta a quella pubblica di base. Il risultato di questa procedura è la suddivisione dei sistemi sanitari OCSE in otto gruppi:
- Germania, Israele, Paesi Bassi, Slovacchia e Svizzera: l’assistenza ambulatoriale e primaria vengono prevalentemente erogate in strutture private e la copertura di base è offerta da più assicuratori, con possibilità per gli utenti di scegliere tra questi.
- Australia, Belgio, Canada e Francia: la copertura di base è fornita da un unico assicuratore, le assicurazioni complementari svolgono un ruolo significativo e sono presenti forme di gate-keeping.
- Austria, Repubblica Ceca, Grecia, Giappone, Corea e Lussemburgo: la fornitura di servizi è prevalentemente privata, non ci sono sistemi di gate-keeping e il ruolo delle assicurazioni complementari è limitato.
- Cile, Colombia e Messico: hanno una fornitura mista (pubblica e privata) di servizi sanitari, copertura di base con più assicuratori e limitata possibilità di scelta dei fornitori.
- Estonia, Lettonia e Lituania: hanno una fornitura mista, copertura di base da parte di un unico assicuratore e libertà di scelta dei fornitori.
- Ungheria, Islanda e Turchia: prevedono ampia libertà nella scelta dei fornitori di servizi sanitari e non hanno sistemi di gate-keeping.
- Costa Rica, Finlandia, Portogallo e Spagna: hanno sistemi pubblici fortemente regolati, con limitata scelta dei fornitori e un importante ruolo del gate-keeping.
- Danimarca, Irlanda, Italia, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Regno Unito, Slovenia e Svezia: presentano sistemi pubblici regolati in cui il gate-keeping viene utilizzato per limitare l’accesso alle cure specialistiche, con libertà di scelta dei fornitori di servizi.
Esiste un sistema migliore degli altri?
La domanda che ci si pone dopo aver classificato i sistemi è se un gruppo sia indiscutibilmente più efficiente degli altri. Per misurare l’efficienza di un sistema sanitario è necessario scegliere quali indicatori utilizzare per valutarne la performance. La scelta dei ricercatori dell’OCSE è quella di considerare il consumo di risorse tramite la spesa sanitaria al fine di minimizzare la mortalità. Un sistema sanitario efficiente è quindi un sistema che, dato un certo livello di spesa sanitaria in percentuale al Pil (variabile input), registra un basso tasso di mortalità standardizzato (variabile output o, più propriamente, outcome).[5] I valori utilizzati delle variabili sono quelli del 2019, per escludere l’effetto sulla mortalità del Covid-19. Il tasso di mortalità standardizzato per età è definito come la media ponderata dei tassi di mortalità specifici per età, dove i pesi sono le proporzioni dei gruppi di età in una popolazione standard, e permette quindi di confrontare la mortalità di Paesi con strutture demografiche diverse.
La Fig. 1 riporta i punteggi di efficienza dei Paesi analizzati ed evidenzia come non vi sia un “cluster” complessivamente migliore. Paesi con alti livelli di efficienza sono infatti presenti in tutti i gruppi, un risultato che sottolinea come l’efficienza possa dipendere da variabili diverse rispetto a quelle usate per classificare i sistemi (ad esempio, la mortalità potrebbe essere legata a condizioni ambientali e a stili di vita molto diversi che non sono colti dalla standardizzazione per età).
L’efficienza media più alta si registra nel cluster 2 (Australia, Belgio, Canada e Francia), caratterizzato da una copertura pubblica di base integrata da assicurazioni private per la copertura secondaria e da sistemi di gate-keeping. La differenza di efficienza rispetto ad altri gruppi non è però significativa.[6] Sebbene non si individui un sistema migliore, quello meno efficiente sembra essere il gruppo dei Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania), caratterizzato da un mix tra fornitura pubblica e privata, un unico assicuratore che fornisce la copertura di base e ampia scelta dei fornitori di servizi. In generale, i livelli più elevati di efficienza si riscontrano nei Paesi con elevati livelli di Pil pro capite e istruzione e minori disuguaglianze economiche (misurate dall’indice Gini).[7]
Il sistema sanitario italiano
La Tav. 2 fornisce un quadro delle caratteristiche del sistema sanitario dell’Italia e di altri Paesi OCSE selezionati. Il sistema sanitario italiano si caratterizza per un ampio ricorso al gate-keeping, perché l’accesso a cure specialistiche richiede l’autorizzazione del medico di medicina generale, e per la possibilità per i pazienti di scegliere tra diversi fornitori di servizi.
Altre due caratteristiche distinguono il nostro sistema rispetto agli altri:
- Il basso livello di spesa per assicurazioni private volontarie in percentuale al totale della spesa sanitaria: solo la Svezia registra un valore più basso.[8]
- Il basso livello di fornitura privata di assistenza primaria e specialistica ambulatoriale. Soltanto Italia e Regno Unito riportano una fornitura di servizi prevalentemente pubblica.[9]
In termini di efficienza, l’Italia si colloca in una posizione intermedia tra i Paesi OCSE, con un punteggio (0,59) superiore a quello di alcuni Paesi, tra cui Belgio, Germania e Portogallo, ma inferiore rispetto alla media OCSE (0,61). Anche nel proprio gruppo, l’Italia fa meglio solo di Slovenia e Polonia. L’efficienza migliora quando si includono tra gli input, oltre alla spesa sanitaria, altri parametri strutturali, come il numero di posti letto ospedalieri o il personale impiegato in sanità ogni 1.000 abitanti (Tav. 3). Ciò suggerisce che, tenendo conto delle risorse assegnate, il nostro sistema genera risultati complessivamente buoni.
In chiave dinamica, nel confronto internazionale il sistema italiano risulta oggi meno efficiente rispetto a quanto rilevato nel Rapporto OCSE del 2010, che a differenza di questo utilizzava l’aspettativa di vita come variabile outcome.[10] In quel caso, l’Italia si collocava al settimo posto tra i Paesi OCSE, con un punteggio pari a 1,6 anni di guadagno potenziale nell’aspettativa di vita, a fronte di una media OCSE di 2,3 anni.[11] La minore efficienza non è però dovuta ad un peggioramento della performance italiana, quanto a un miglioramento di quella degli altri Paesi. Tra il 2010 e il 2019, sono infatti diminuiti sia la spesa sanitaria in percentuale al Pil che il tasso di mortalità (Tav. 4), condizioni che implicano un aumento di efficienza perché si riducono le risorse consumate (gli “input”) mentre migliorano i risultati di salute (gli “outcome”).
Il Rapporto mette in luce anche aspetti positivi del sistema italiano. Uno di questi è la bassa mortalità evitabile, cioè il numero di decessi che potrebbero essere evitati attraverso un’efficace prevenzione e trattamenti adeguati, pari a 52,4 decessi ogni 100.000 abitanti (media OCSE di 78). Buoni risultati anche per quanto riguarda le ospedalizzazioni evitabili per patologie (asma, broncopneumopatia cronica ostruttiva e insufficienza cardiaca congestizia) il cui trattamento appropriato in regime ambulatoriale permetterebbe di evitare il ricovero (183 ogni 100.000 abitanti contro una media OCSE di 334).
Tra i punti di debolezza dell’Italia viene segnalata la scarsa presenza di incentivi finanziari per migliorare la qualità dell’assistenza (pay-for-performance). Questi incentivi includono iniziative legate alla prevenzione, alla gestione delle malattie croniche da parte dei medici di medicina generale e all'utilizzo di piattaforme per il monitoraggio dei pazienti.
Un’altra possibile area di intervento riguarda la continuità delle cure, cioè la quota di popolazione che ha un medico a cui rivolgersi. Questo dato riflette i noti limiti dell’assistenza territoriale italiana. Vanno nella direzione di risolvere questi problemi i recenti progetti di trasformazione della sanità territoriale introdotti in seguito alla pandemia da Covid-19. Il più significativo riguarda l’introduzione delle "Case della Comunità", ambulatori polivalenti in cui i cittadini potranno accedere per visite, screening e trattamenti che non richiedono il ricovero.[12]
[1] Vedi OCSE/The Health Foundation, “How Do Health System Features Influence Health System Performance?”, OECD Publishing, 2025.
[2] Per un approfondimento vedi V. Paris, E. Hewlett, A. Auraaen, J. Alexa, L. Simon, “Health care coverage in OECD countries in 2012”, OECD Health Working Papers No. 88, 2016.
[3] Nei sistemi basati sulla residenza, tutti i residenti hanno diritto a servizi sanitari finanziati attraverso la tassazione generale (sistemi Beveridge). I sistemi basati sull'assicurazione sono invece finanziati attraverso forme di assicurazione obbligatoria (sistemi Bismarck).
[4] I valori degli indicatori sono stati ricavati dai dati dell’OECD data explorer e dalle risposte al questionario OCSE sulle caratteristiche dei sistemi sanitari (vedi link).
[5] L'efficienza con cui degli input vengono trasformati in output viene tipicamente misurata attraverso strumenti statistici come la Data Envelopment Analysis (DEA).
[6] La significatività statistica della differenza tra le medie dei cluster è stata valutata con il test di Tukey, utilizzando un livello di significatività del 95%. Questo metodo consente di confrontare le medie dei cluster tra loro a due a due.
[7] Tuttavia, un precedente lavoro del Fondo Monetario Internazionale rilevava livelli di efficienza superiori nei sistemi dei Paesi in via di sviluppo rispetto a quelli delle economie emergenti (vedi M. Garcia-Escribano, P. Juarros e T. Mogues, “Patterns and Drivers of Health Spending Efficiency”, IMF Working Papers, 2022).
[8] Le stime OCSE più recenti indicano che la spesa privata volontaria per assicurazioni era pari a circa il 3% della spesa sanitaria totale nel 2023 (per approfondire vedi AA. VV., “I consumi privati in sanità”, Rapporto OASI 2024, 2024, pp.237-274). Si tratta di una caratteristica nota del nostro sistema sanitario: la spesa sanitaria privata è infatti principalmente out-of-pocket. Sul punto si veda la nostra nota “Stiamo privatizzando la sanità?”, 11 ottobre 2024.
[9] L’OCSE definisce “prevalentemente pubblica” una fornitura di servizi ambulatoriali in cui almeno l’80% delle prestazioni è erogato da strutture pubbliche. Nel 2019, in Italia, l’87% delle strutture per le cure ambulatoriali era di natura pubblica (per approfondire vedi AA. VV., “Italy: Health system review”, Health Systems in Transition, 24(4), 2022, pp.1-203).
[10] Vedi I. Joumard, C. André e C. Nicq, “Health Care Systems: Efficiency and Institutions”, OECD Economics Department Working Paper No. 769, 2010. A differenza del Rapporto di quest’anno, quello del 2010 utilizzava l’aspettativa di vita come variabile di output.
[11] I guadagni potenziali nell’aspettativa di vita sono gli anni aggiuntivi di aspettativa di vita che si avrebbero se il sistema sanitario del Paese fosse efficiente.
[12] Vedi Decreto Ministeriale 77/2022 e la nostra precedente nota “Come cambia la sanità territoriale?”, 18 marzo 2025.