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Riforma del processo penale: come la valuterà l’Europa

21 settembre 2021

Intermedio

Riforma del processo penale: come la valuterà l’Europa

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Con il voto favorevole del Senato, è entrata in vigore la legge delega per la riforma del processo penale. Questa è una delle condizioni del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che doveva essere soddisfatta entro il 2021 per ricevere la prima tranche di finanziamenti dall’Europa (dopo il primo anticipo che non richiedeva condizioni). Pertanto, la riforma dovrà ora essere analizzata dalla Commissione Europea, che valuterà se il testo approvato rispetta le condizioni contenute nel programma concordato con Bruxelles. È probabile che la valutazione sarà positiva, visto che l’intervento legislativo rispetta tutte le condizioni previste. Tuttavia, questo dice ben poco sulla qualità della riforma nel suo complesso: le condizioni poste dall’accordo sono infatti definite in maniera vaga, lasciando ampi margini di discrezionalità su come rispettarle. La qualità effettiva della riforma verrà invece valutata soltanto nel 2026, quando la Commissione verificherà se è stato raggiunto l’obiettivo di riduzione del 25 per cento della durata dei processi penali. La verifica è posta così in là nel tempo a causa dei tempi di attuazione della riforma, che diventerà infatti pienamente operativa soltanto a inizio 2024.

* * *

Le condizioni dell’Allegato e il loro recepimento nella riforma

La legge delega per la riforma del processo penale è entrata definitivamente in vigore dopo il voto favorevole del Senato questa settimana, che ha seguito quello della Camera pronunciato in agosto. La riforma verrà ora analizzata dalla Commissione Europea e dal Consiglio Europeo, che verificheranno il rispetto di sette condizioni contenute nell’Allegato alla decisione presa dal Consiglio sulla richiesta di finanziamento dalla Recovery and Resilience Facility presentata dall’Italia (da qui in avanti l’Allegato).[1] Tali indicazioni, e il loro recepimento nel testo della riforma, sono:

  1. “Una revisione del sistema di notifica”. Non è chiaro in che senso debba avvenire tale revisione, ma l’aspetto più rilevante della riforma riguarda le notificazioni all’imputato non detenuto. In pratica, la riforma stabilisce che le notificazioni successive alla prima, se non riguardano atti di citazione in giudizio, devono essere effettuate al difensore e non all’imputato (articolo 1, comma 6).[2]
  2. “Un uso più diffuso di procedure semplificate”. Anche qui non è chiaro a quali “procedure semplificate” l’Allegato faccia riferimento. Tuttavia, è probabile che esso si riferisca sia al rito processuale ordinario che alle procedure alternative. La legge delega interviene in entrambe le aree, con l’intento di accelerare i tempi di svolgimento del primo e di accrescere l’utilizzo dei secondi. Per esempio, rispetto alle procedure alternative, la riforma interviene su patteggiamento, giudizio abbreviato subordinato ad integrazione probatoria, giudizio immediato e procedimento per decreto (articolo 1, comma 10). Sul procedimento ordinario è invece rilevante l’intervento su ricorso in appello e Cassazione (articolo 1, comma 13).
  3. “Un uso più diffuso del deposito elettronico dei documenti”. Non è chiaro quanto ampio debba essere il maggiore uso del deposito elettronico, ma la riforma è certamente in linea con questa condizione, prevedendo non solo che, per tutti i procedimenti penali, il deposito di atti e documenti debba avvenire con modalità telematiche, ma anche che comunicazioni e notificazioni debbano avvenire in tal modo (articolo 1, comma 5).[3]
  4. “Norme semplificate in materia di prove”. Anche in questo caso non è chiara quanta semplificazione sia ritenuta sufficiente, ma il comma 11 dell’articolo 1 introduce diverse novità in quest’area, anche se spesso non si tratta di radicali semplificazioni.[4]
  5. “La fissazione di termini per la durata dell'indagine preliminare e misure per evitare la stagnazione nella fase investigativa”. La prima parte di questa condizione (“la previsione di termini”) è abbastanza specifica: in realtà questi termini già esistono e la riforma si limita soltanto a rimodularli. La seconda parte della condizione (“misure per evitare la stagnazione”) resta generica (quali misure e quanto pregnanti?). La riforma prevede comunque diversi passi in quest’area, come per esempio la possibilità per il Pubblico Ministero di richiedere l’archiviazione delle indagini se gli elementi acquisiti sono inidonei a consentire una ragionevole previsione di condanna (e non a sostenere l’accusa come avviene attualmente), il dovere per il Pubblico Ministero di decidere entro un certo termine se esercitare l’azione penale o l’archiviazione una volta concluse le indagini e criteri più stringenti per decretare la riapertura delle indagini dopo la pronuncia di archiviazione (articolo 1, comma 9).
  6. “L'estensione della possibilità di estinguere il reato in caso di risarcimento del danno”. Questa condizione è abbastanza specifica ed è un’utile norma di semplificazione. Su questo fronte, la riforma prevede un ampliamento della possibilità che già esiste per l’imputato, per alcune contravvenzioni, di estinguere un reato già durante le indagini preliminari attraverso l’adempimento di specifiche prescrizioni e il pagamento di una somma di denaro (articolo 1, comma 23).
  7. “L’introduzione di un sistema di monitoraggio a livello di tribunale e l'aumento della produttività dei tribunali penali mediante incentivi per garantire una durata ragionevole dei procedimenti e l'uniformità delle prestazioni in tutti i tribunali”. Questa condizione è importante per una gestione più manageriale dei nostri tribunali. Anche in questo caso non è però chiaro quanto estesi debbano essere gli incentivi. In ogni caso, per il recepimento di questa condizione, la riforma interviene in due modi. Primo, attraverso l’istituzione di un comitato tecnico-scientifico, al quale viene assegnata un’attività di consulenza e supporto per la valutazione periodica in merito al raggiungimento degli obiettivi di accelerazione e semplificazione del procedimento penale (articolo 2, comma 16). Secondo, viene rafforzato il ruolo dell’ufficio per il processo penale (articolo 1, comma 26), già istituito nel 2014 per garantire la ragionevole durata dei processi e un impiego più efficiente delle tecnologie. La riforma definisce i requisiti professionali che il personale deve possedere e i compiti che lo stesso deve svolgere (prevalentemente di supporto ai magistrati). Inoltre, la riforma istituisce gli uffici per il processo penale anche presso la Corte di Cassazione e presso la Procura generale della Corte di Cassazione. 

Quale sarà il giudizio dell’Europa?

La riforma del processo penale interviene dunque su tutte e sette le condizioni contenute nell’Allegato. Di conseguenza, è molto probabile che la Commissione, e in ultima analisi il Consiglio Europeo, valuteranno positivamente la riforma.[5] Al di là del giudizio che si può dare della riforma (vedi sotto), le condizioni fissate dall’Allegato sono caratterizzate da una estrema vaghezza. Si pensi, ad esempio, a quanto previsto in tema di notificazione, dove l’Allegato si limita a richiedere una revisione della disciplina senza specificare in che senso tale revisione debba avvenire, oppure alle condizioni che richiedono un “uso più diffuso di...” e che non specificano in che modo la maggior diffusione debba essere favorita. La documentazione presentata dalle autorità italiane in occasione della richiesta dei finanziamenti (le 2.500 pagine delle “schede tecniche”) potranno forse essere utilizzate come indicative delle intenzioni originali del governo italiano, ma quello che fa testo è quanto sta scritto nell’Allegato.

Nella sostanza, la riforma introduce senza dubbio diversi passi che, se realizzati in modo puntuale, potranno portare a una riduzione della durata dei processi penali e ad altri importanti miglioramenti rispetto all’attuale situazione, che vanno al di là di quanto richiesto dall’Allegato. Si pensi solo alla questione che ha attirato maggiori attenzioni in Italia, ossia la riforma della prescrizione, non prevista dall’Allegato.[6]

La questione resta comunque la lunghezza dei tempi di implementazione della riforma: il Governo avrà infatti tempo fino al 2022 per adottare i decreti legislativi (ossia gli atti di attuazione della delega) e fino al 2023 per adottare quelli attuativi (ossia gli atti per dare concreta efficacia ai decreti legislativi). Se questo cronoprogramma, riflesso nelle condizioni dell’Allegato, fosse rispettato, la riforma sarebbe pienamente operativa solo a partire dal 2024. Soltanto per il secondo trimestre del 2026, l’Allegato prevede invece un obiettivo specifico sui risultati della riforma, ossia la riduzione del 25 per cento della durata dei procedimenti penali rispetto al 2019.

 

[1] I finanziamenti della “Recovery and Resilence Facility” dell’Unione Europea sono subordinati al rispetto di condizioni che sono definite in un documento dal titolo “Annex to the Proposal for a Council Implementing Decision on the approval of the assessment of the recovery and resilience plan for Italy” (vedi: https://ec.europa.eu/info/files/annex-proposal-council-implementing-decision-approval-assessment-recovery-and-resilience-plan-italy_en ). Il testo della legge delega sulla riforma del processo penale è disponibile al link: http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01306936.pdf

[2] Il comma 6 dell’articolo 1 riporta altri interventi minori. Ad esempio, la disposizione prevede, tra gli altri, l’obbligo per l’imputato di indicare al difensore un recapito per effettuare le comunicazioni e di comunicargli ogni eventuale cambiamento del recapito.

[3] Il deposito telematico era stato in realtà già reso obbligatorio con il DL 137/2020, ma solo temporaneamente per fronteggiare l’emergenza Covid. Il comma 5 dell’articolo 1 riporta inoltre altri vari interventi minori, che di fatto sono di contorno alla disposizione descritta nel testo. Ad esempio, il comma 5 prevede, tra gli altri, una disciplina per la formazione e conservazione degli atti depositati in formato digitale.

[4] Per esempio, si prevede che le parti chiamate in giudizio illustrino, e non più indichino, le loro richieste di prova per verificarne l’ammissibilità, seppur nei limiti strettamente necessari a tal fine.

[5] Si noti che in sede di valutazione può avere valenza anche il giudizio degli altri Stati membri, che, qualora ritengano che vi siano gravi scostamenti dal conseguimento di traguardi e obiettivi previsti dalle schede tecniche, possono sollevare la questione al Consiglio Europeo.

[6] La riforma interviene anche su: processo in assenza (art. 1, comma 7); procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica (art. 1, comma 12); condizioni di procedibilità (art. 1, comma 15); esecuzione delle pene pecuniarie (art. 1, comma 16); sanzioni sostitutive delle pene brevi (art. 1, comma 17); giustizia riparativa (art. 1, commi 18-20); disposizioni in materia di ragionevole durata dei giudizi di impugnazione (art. 2, commi 2-6).

Un articolo di

Giorgio Musso

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