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La lista della spesa del PD

02 settembre 2022

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La lista della spesa del PD

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Il programma presentato dal Partito Democratico - Italia Democratica e Progressista per le elezioni del 25 settembre si compone di un centinaio di proposte suddivise in 8 indirizzi di spesa. Poco più di un terzo delle misure contenute nel programma sono in linea con gli obiettivi vincolanti del PNRR; le restanti proposte trattano sia di riforme legislative a costo zero, sia di ingenti investimenti. Tra le misure slegate dal finanziamento comunitario, la maggior parte delle proposte sono definite in maniera vaga e non consentono una previsione dell’impatto sul fabbisogno finanziario dello stato. Solamente per le cinque voci di spesa più rivelanti per le quali è possibile una quantificazione, stimiamo un aumento di spesa compreso tra i 29 e i 58 miliardi di euro all’anno.

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Il programma elettorale del Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista (dove dopo il trattino indica la presenza di Articolo Uno, Partito Socialista Italiano, DemoS, Movimento Repubblicani Europei, Volt, ma non di +Europa che ha un suo programma separato) prevede più di cento proposte suddivise in 8 indirizzi di spesa.[1] La metà degli interventi sono contenuti nelle linee guida relative alle transizioni digitali e tecnologiche (“Accelerare e gestire le transizioni: strumenti e leve per la crescita”) e al potenziamento degli investimenti nelle scuole ed altri servizi educativi (“Conoscere è potere: istruzione, cultura, socializzazione”). (Fig.1) Nel dettaglio, la prima sezione comprende voci di spesa in larga parte rientranti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) in quanto promuove l’avvio e il completamento di interventi legati alla transizione ecologica e digitale; la sezione dedicata all’istruzione e alla cultura mira ad estendere l’offerta dei servizi educativi su tutto il territorio nazionale, con una particolare attenzione agli asili nido e alle mense scolastiche.

Le restanti voci sono suddivise nelle seguenti categorie:

  1. “Lavoro, pensioni, disuguaglianze: restituire dignità e forza alle persone”: tra le proposte contenute in questa sezione vanno sottolineate l’introduzione del salario minimo contrattuale e una maggior flessibilità nell’accesso alla pensione;
  2. “La salute pubblica dopo il Covid: cura delle persone e medicina di prossimità”, che prevede un piano di rafforzamento del Servizio Sanitario Nazionale;
  3. “Diritti e cittadinanza: nessun destino è già scritto” in cui vengono elencati investimenti per aumentare l’offerta di edilizia popolare, assieme alla riforma per acquisire la cittadinanza italiana (cd. Ius Scholae);
  4. “L’Italia dei Sindaci e delle Sindache: buona amministrazione e valorizzazione dei territori e degli enti locali” in cui viene richiamato il completamento del federalismo fiscale;
  5. “Giustizia, legalità, sicurezza: la certezza del diritto al servizio di cittadini e imprese” il cui principale tema riguarda la riduzione dei tempi dei processi;
  6. “Un Paese a misura di donne e giovani”, il cui elemento programmatico più rilevante riguarda la dotazione di 10.000 euro, erogata al compimento dei 18 anni sulla base dell’ISEE familiare.

Italia 2027 ed i vincoli del PNRR

Il programma del Partito Democratico richiama in maniera esplicita il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che viene menzionato 15 volte all’interno del documento. Quante sono le misure del programma del PD che sono in linea con gli impegni vincolanti sottoscritti con l’Unione Europea? Secondo i nostri calcoli, delle 102 misure contenute nel programma del Partito Democratico, 35 sono espressamente riconducibili a traguardi e obiettivi che il nostro paese dovrebbe comunque conseguire entro la fine del 2026.

Il maggior grado di sovrapposizione tra PNRR e Piano Italia 2027 si trova nelle sezioni relative alle transizioni ecologiche e digitali, agli investimenti in istruzione e al rafforzamento della sanità pubblica (Tav. 1). Ciò non stupisce: il PNRR prevede 108 e 93 interventi rispettivamente per la transizione ecologica e digitale, e gli interventi proposti dal Partito Democratico riprendono le linee d’intervento stabilite con la Commissione Europea e per le quali sono già state stanziate le coperture.[2] Ad esempio, il completamento delle linee ferroviarie ad Alta Velocità, il “Piano nazionale per l’acqua, la siccità e il dissesto idrogeologico” e la “sostituzione del parco circolante del trasporto pubblico locale” sono alcuni dei punti del programma realizzabili con i fondi del PNRR. Per quattro ulteriori interventi in questa categoria il programma elettorale del PD pone obiettivi più stringenti di quelli del PNRR: ad esempio, il Piano nazionale per il risparmio energetico prevede un obiettivo più elevato in termini di produzione energetica da fonti rinnovabili.[3] Allo stesso modo, la “Riforma fiscale verde” prevede la stabilizzazione delle misure previste dal programma Transizione 4.0 che comporterà un aumento di spesa permanente.

Gli obiettivi programmatici in linea con il PNRR possono quindi essere di tre tipi: obiettivi che non richiedono coperture aggiuntive rispetto agli stanziamenti comunitari (24), obiettivi che comportano un aumento di spesa di tipo temporaneo (2), obiettivi che comportano un aumento di spesa tipo permanente (9). La Tav. 2 mostra i dettagli delle misure connesse al PNRR che, se attuate, dovrebbero richiedere ulteriori coperture al momento non indicate nel programma.

 

Italia 2027: le altre misure

Oltre alle misure che ricalcano l’impostazione del PNRR, il PD propone, insieme con i suoi alleati, una serie di interventi mirati alla risoluzione del problema del carovita e dell’inflazione da una parte e riforme di tipo più strutturale dall’altra.

Alcune di queste proposte (33%) non prevedono, secondo le nostre analisi, un effettivo aumento di spesa in quanto concernenti interventi di riorganizzazione dell’apparato statale o introduzione di diritti civili quali lo Ius Scholae e il DDL Zan.

Riamane il fatto che le misure che invece comportano maggiori spese non presentano coperture finanziarie reperibili tramite fondi comunitari (PNRR, fondi di coesione e strutturali) e, di conseguenza, necessitano di un aumento di budget statale. Tali misure ammontano a più di 60. Altre proposte del programma (in numero di 3) prevedono un aumento di spesa temporaneo o anche una tantum, non entrando così nel bilancio statale come spese permanenti.

Tra le misure del programma che non sono già previste dal PNRR, le più onerose sono:

  • la costruzione di 500.000 alloggi popolari in 10 anni;
  • la gratuità dei servizi di trasporto pubblico locale (tpl) per giovani e anziani e la maggior parte delle misure contenute nella sezione “Conoscere è potere”;
  • la rimodulazione del sistema pensionistico (con un generico riferimento all’innalzamento della pensione minima e un accesso più flessibile al prepensionamento);
  • azzeramento dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato dei giovani fino a 35 anni[4];
  • fisco “più leggero” per i professionisti, “giù le tasse sul lavoro”;
  •  apertura di 1.000 bar ed edicole multifunzione in 1.000 piccoli comuni”.

La spesa associata alla maggior parte di queste e altre proposte è difficile da quantificare anche in termini approssimativi data l’assenza di specificità per quanto riguarda i beneficiari di tali interventi o il sistema di implementazione delle misure proposte nel documento.

Nel seguito, proponiamo delle stime del costo previsto per l’attuazione di cinque misure fra quelle proposte dal PD, con l’avvertenza che le spese elencate qui sopra non sono comprese e potrebbero comportare costi notevoli: ad esempio, il costo della flessibilità pensionistica e del part-time pienamente retribuito potrebbe essere superiore a quello delle cinque voci qui elencate. L’attenzione alle sole voci quantificabili è in parte giustificata, oltre che dalla difficoltà di fare diversamente, anche dalla considerazione che queste voci sono elencate con una certa precisione perché sono “misure bandiera” alle quali difficilmente il PD potrebbe rinunciare.

Le voci di spesa che analizziamo sono riassunte nella Tav. 3.

Andando con ordine, la voce del programma che va sotto il nome di “Dote ai diciottenni” è inclusa nella Parte III del documento, più precisamente nella sezione “Un Paese per giovani”. Nel testo non si trovano riferimenti specifici ai requisiti per accedere a tale dotazione e, pertanto, nella tabella riepilogativa è riportato un intervallo di stima dovuto all’incertezza sul numero dei percettori di tale trasferimento. Infatti, nella proposta del PD viene riportato che la dote verrà erogata “al compimento dei 18 anni sulla base dell’ISEE”, quindi al variare di tale parametro la misura oscilla tra il limite minimo e il limite massimo riportati nella Tav. 3. L’aumento di spesa collegato all’implementazione di tale proposta verrebbe coperto, secondo il programma, da un aumento dello 0,2 per cento dell’aliquota d’imposta sulle successioni e donazioni al di sopra dei 5 milioni di euro. Delle cinque misure discusse più nel dettaglio, questa è l’unica a presentare un piano di finanziamento per l’eventuale attuazione che ne coprirebbe l’onere aggiuntivo.

La seconda voce della Tav. 3 riguarda l’introduzione di una franchigia di 1.000 euro sui contributi INPS per i lavoratori dipendenti e assimilati. Questa voce, insieme all’aumento della platea dei pensionati percettori della “quattordicesima”, può essere interpretata come risposta all’aumento dei prezzi e del costo dell’energia. Tuttavia, da come viene esposta nel documento, la misura sembra avere carattere permanente e dovrebbe essere finanziata tramite le maggiori entrate derivanti dal contrasto all’evasione fiscale previsto dal PNRR, ossia tramite la riduzione del tax gap di circa 14 miliardi di euro all’anno. Quest’ultime, tuttavia, hanno per definizione natura incerta mentre la spesa legata all’aumento degli stipendi sarà definita e potrebbe non essere interamente coperta dal recupero dell’evasione fiscale. La spesa è di 20,614 miliardi se l’obiettivo è quello di dare una mensilità da 1.000 euro netti in più a tutti i lavoratori dipendenti e assimilati. Infatti, dal rapporto INPS sul lavoro dipendente e indipendente del 2021,[5] il numero di lavoratori dipendenti (comprendente operai agricoli, lavoratori domestici e collaboratori coordinati e continuativi) ammonta a 20,614 milioni di unità. Si riduce a 16,5 miliardi se si tratta di una franchigia in senso stretto il che comporta che i lavoratori con stipendi molto bassi o saltuari abbiano un bonus inferiore a 1.000 euro perché nell’anno pagano meno di 1.000 euro di contributi.[6] Come evidente dalle stime riportate, la riduzione del tax gap non coprirebbe interamente la spesa minima per l’introduzione della misura in questione.

Il progetto “Luce sociale” viene presentato nella sezione “Accelerare e gestire le transizioni: strumenti e leve per la crescita” e ha come obiettivo la riduzione della spesa familiare per le bollette elettriche nel medio periodo. Infatti, la misura assume i termini di un sostegno diretto alle famiglie con redditi medi e bassi e prevede la fornitura di gratuita di energia elettrica da fonti rinnovabili per il 50 percento del consumo medio annuale (1.350 KWh) e il controllo dei prezzi per i consumi che eccedono tale soglia. Data la struttura attuale del prezzo dell’energia, una stima conservativa dell’onere aggiuntivo legato a questo progetto è riportata nella Tav.3 e i due limiti differiscono per il costo di fornitura dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e il Prezzo Unico Nazionale (PUN).

La questione dell’adeguamento dello stipendio degli insegnanti italiani alla media europea è presentata come primo punto della sezione dedicata all’istruzione e alla cultura. Anche in questo caso non viene specificata la platea che beneficerebbe di tale intervento, ma, basandosi sui dati presentati dalla Commissione Europea e dall’OCSE in materia di retribuzione dei docenti in Europa, le nostre stime portano ai risultati riportati nella tavola riassuntiva. La misura minima è quella in cui si aumentano solo gli stipendi degli insegnanti delle scuole primarie e secondarie, che scontano uno scarto significativo in termini salariali rispetto alla media europea. In particolare, i docenti delle scuole superiori di secondo grado percepiscono in media 12.500 euro in meno all’anno rispetto ai loro corrispettivi europei.  La misura massima è tratta dal programma in cui si parla di un piano da 10 miliardi per il rilancio del comparto scuola che dovrebbe coprire l’aumento di stipendio degli insegnanti, gli interventi di risanamento dell’edilizia scolastica e l’offerta di mense e mezzi pubblici a titolo gratuito per gli studenti con ISEE più basso. Parte di questi interventi, in particolare quelli legati all’edilizia scolastica, sono collegati alle missioni del PNRR e, pertanto, hanno già coperture, anche se parziali, fino al 2027.

L’ultima misura riportata nella Tav. 3 riguarda il bonus affitto per gli under 35, proposto dalla coalizione di centrosinistra nella sezione dedicata ai giovani. Tale proposta prevede l’erogazione di un bonus di 2.000 euro annui per gli studenti e i lavoratori under 35 che vivono in affitto in base al reddito. Seguendo questa impostazione generale, i nostri calcoli porterebbero ad una spesa aggiuntiva che oscilla nell’intervallo riportato in tabella, dipendente anche in questo caso dalla fascia di reddito che beneficerebbe eventualmente dell’introduzione di tale proposta.

Nel complesso, la spesa totale associata all’implementazione di queste misure si dovrebbe aggirare tra i 29 e i 58 miliardi di euro all’anno, cifra in piccola parte coperta dalle entrate aggiuntive indicate nel piano, e, per la restante parte, da finanziare con coperture non definite. Nel programma sono presenti alcune coperture (contrasto all’evasione, aumento dell’imposta di successione, revisione delle agevolazioni fiscali e riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi) che potrebbero, se applicate correttamente, coprire una parte delle spese non rientranti nel PNRR. Tali coperture, però, ad oggi non sono definite in maniera puntuale: risulta quindi complesso stabilire se queste voci potrebbero effettivamente sopperire all’aumento di spesa legato all’introduzione delle misure. Va anche detto che questo è un programma di legislatura e in vari punti si afferma che le misure verranno attuate con gradualità.

Ricordiamo peraltro nuovamente che la valutazione fatta in questa nota non tiene conto di varie voci che potrebbero far lievitare notevolmente il costo. In particolare, possono essere molto costose, a seconda di come vengono congegnate, l’aumento delle pensioni minime e la flessibilità pensionistica.     


[1] Nel resto della nota useremo la dicitura PD per far riferimento alla lista unitaria “Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista”.

[3] Nel dettaglio, il PNRR indica l’identificazione di siti per la produzione di 50GW entro il primo trimestre del 2024, mentre il programma del PD prevede l’espansione a 85 GW entro il 2030. La presenza di requisiti più stringenti comporta stanziamenti aggiuntivi.

[4] Questa misura non può essere valutata perché non è specificato per quanto tempo valga l’azzeramento dei contributi sui nuovi assunti. La misura attualmente in vigore è stata approvata nella legge di bilancio 2021 ed ha un costo valutato dal MEF in 679 milioni per il 2021 e 774 milioni per il 2022: la misura prevede una contribuzione pari a zero per 36 mesi per tutte le assunzioni del 2021 e 2022. Il costo è piuttosto basso perché la decontribuzione ha un tetto massimo di 6.000 euro ed è concessa a quei datori di lavoro che non abbiano fatto ricorso a licenziamenti per motivi economici nei precedenti 6 mesi e non vi facciano ricorso per i successivi 9 mesi.

[5] Vedi Rapporto Osservatorio lavoratori dipendenti e indipendenti, INPS, dicembre 2021

[6] Vedi Tito Boeri e Roberto Perotti, La Repubblica, 29 agosto 2022.  

Un articolo di

Luca Brugnara e Federico Neri

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