Di recente, il governo Draghi ha avviato un negoziato esclusivo con il fondo Certares per la cessione della quota di maggioranza di ITA Airways, la più recente reincarnazione di Alitalia. La nota presenta un aggiornamento dell’analisi dell’Osservatorio sul costo sostenuto dal contribuente negli ultimi 20 anni per mantenere in piedi una compagnia che ha quasi sempre presentato perdite di esercizio di cui si è fatto carico il bilancio pubblico. La scelta di Certares, rispetto a quella alternativa di Lufthansa, offre vantaggi, quali il mantenimento di una più ampia quota azionaria da parte del MEF e dunque della possibilità di incidere sulla governance della futura compagnia, ma anche rischi, in primis quella di dover continuare a ripianare, almeno in parte, le perdite future della compagnia. E almeno finora il mantenimento di un ruolo del settore pubblico nella gestione dell’aviolinea non è servita a difenderne le quote di mercato che si sono drammaticamente ridotte.
La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 9 ottobre 2022.
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La lunga storia dell’ormai ex compagnia di bandiera italiana, ora ITA Airways, potrebbe essere giunta ad una svolta definitiva con l’accordo raggiunto per la vendita della compagnia tra il governo e Certares, un fondo di investimenti americano (ma con una sussidiaria europea che sarebbe direttamente coinvolta nell’operazione per tener conto dei vincoli legali sulla proprietà per poter servire il mercato europeo). L’offerta avanzata dal fondo in collaborazione con due grandi vettori come Delta Airlines Inc. e Air France-KLM S.A. è stata ritenuta “maggiormente rispondente agli obiettivi fissati” dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Ciò ha portato all’avvio di un negoziato esclusivo tra il governo e Certares, lasciando così fuori la cordata alternativa Msc-Lufthansa che pure in qualche momento era stata data come più favorita dalla stampa.
Per comprendere le ragioni della privatizzazione e della scelta del governo, è opportuno ricostruire brevemente la storia della compagnia di bandiera italiana e il costo sostenuto dallo Stato nel corso degli anni per evitarne il fallimento.
I risultati di Alitalia dal 2000 ad oggi
Durante la storia di Alitalia e delle sue successive trasformazioni, riassunta brevemente nella Tav. 1, lo Stato italiano è risultato a più riprese cruciale per tenere in piedi la compagnia. Ci concentreremo principalmente sugli eventi del nuovo millennio, riassumendo così il percorso di Alitalia - ITA Airways dalla prima privatizzazione voluta dal primo governo Prodi nel ’98 ad oggi.
Come abbiamo già osservato in una precedente Nota,[1] dal 2000 ad oggi la compagnia di bandiera ha quasi sempre riportato perdite. Nella Fig. 1 sono riportati i risultati finanziari netti della compagnia nelle sue varie denominazioni a partire dal 2000 a valori monetari correnti (luglio 2022).[2] A fine 2021, le perdite cumulate del nuovo millennio ammontano più di 14 miliardi di euro (Fig. 2).[3] I dati cumulati dal 2017 ad oggi indicano che la perdita complessiva dell’aviolinea nel periodo di amministrazione straordinaria si aggiri intorno ai 3 miliardi di euro.[4]
Le perdite accumulate negli anni non sono state interamente coperte da fondi pubblici ma, in parte, anche dai soci privati che si sono alternati nel capitale azionario della società; nel 2017, tuttavia, l’Osservatorio stimava l’onere cumulato netto a carico dei contribuenti intorno a 9,4 miliardi di euro, che corrispondono a 10,4 miliardi aggiornati ai prezzi di luglio 2022. A questi vanno aggiunti gli ulteriori fondi stanziati sotto forma di prestito ponte dal governo Gentiloni nel 2017 per il rilancio di Alitalia SAI. Il finanziamento a titolo oneroso era inizialmente di 600 milioni da restituire entro la fine dell’esercizio 2017, ma i provvedimenti successivi hanno portato l’ammontare complessivo a 1,3 miliardi nel 2019 che sono stati erosi completamente dalle perdite generate tra il 2018 e il 2021. A questi, vanno anche sommati gli interessi non corrisposti entro i termini stabiliti, per un totale a carico dei contribuenti di 1,6 miliardi euro. Tale debito con lo Stato non rimarrà a carico della NewCo ITA Airways e dovrà essere restituito da Alitalia SAI S.p.A. tramite la ripartizione dell’attivo dell’amministrazione straordinaria.[5] Come proprietario della totalità delle quote di ITA Airways, il MEF si fa anche carico di coprire le perdite del vettore aereo che alla chiusura dello scorso esercizio ammontavano già a 149 milioni di euro (per il solo periodo 15 ottobre - 31 dicembre).
In vista del rilancio definitivo di ITA Airways, nel 2021 il governo Draghi ha definito insieme alla Commissione europea il tetto massimo degli investimenti pubblici sotto forma di aumento di capitale: 1,35 miliardi per l’insieme dei 3 anni successivi. Di questi, 700 milioni sono già stati versati dallo Stato italiano, mentre i restanti dovrebbero essere versati tra la fine del 2022 e il 2023. Tali investimenti sono vincolati però all’inserimento della compagnia in un’alleanza internazionale e alla progressiva privatizzazione del vettore. Questi termini, insieme con le norme previste dal D.P.C.M. di marzo scorso[6] sulle modalità di privatizzazione, vincolano il governo, ancorché oggi dimissionario, alla prosecuzione della trattativa con Certares, Delta e Air France con lo scopo di alienare la quota di maggioranza di ITA.[7]
Dopo la caduta del governo Draghi nel luglio 2022, alcuni partiti hanno sollevato obiezioni sulla stipula delle condizioni concordate in quanto assunte da un governo non operante con i “pieni poteri”. In realtà, come ha poi chiarito Sabino Cassese nel suo parere pro veritate alla compagnia aerea, il governo uscente avrebbe violato la legge se non avesse portato a termine la trattativa, in quanto pienamente definita dalla normativa vigente.
Le offerte presentate al MEF
Nel 2022 sono state presentate due offerte al MEF per l’acquisizione della quota di maggioranza della NewCo statale da parte di Certares e dalla cordata Lufthansa-Msc. La prima è stata ritenuta migliore per gli obiettivi del governo e ha di fatto avviato un processo di formale privatizzazione della ex compagnia di bandiera. L’offerta prevede l’acquisto del 50 per cento più un’azione da parte della cordata guidata da Certares, per ottenere il controllo della società di trasporto aereo, lasciando dunque una partecipazione sostanziale allo Stato italiano. Il MEF rimarrebbe titolare della quota di minoranza e questo consentirebbe al governo di influenzare le scelte del Cda (due membri su cinque e il presidente sarebbero nominati dal governo) e di vigilare sull’applicazione delle misure presentate nel piano industriale della nuova ITA.
Al contrario, l’offerta di Lufthansa-Msc avrebbe comportato un’effettiva privatizzazione dell’aviolinea con un acquisto iniziale dell’80 per cento del capitale e un accordo preventivo sulla restante parte delle azioni da acquisire in seguito. Questo avrebbe portato il MEF fuori dalla compagine azionaria nel giro di due anni e la governance di ITA sarebbe stata affidata totalmente a Lufthansa.
I dettagli della trattativa tra il MEF e Certares non sono ancora di pubblico dominio in quanto riservata; circolano solo alcune indiscrezioni giornalistiche sui contenuti dell’offerta.[8] In particolare, non è ancora chiaro quali saranno gli sviluppi successivi, in particolare se ci sarà un ulteriore incremento di capitale (oltre a quello già preventivato dall’accordo con Bruxelles, anche a copertura delle ulteriori perdite accumulate dalla compagnia nel frattempo).
I rischi di una privatizzazione parziale
Ma anche senza avere a disposizione i dettagli precisi, è chiaro che la scelta di Certares invece che di Lufthansa da parte del governo, se da una parte offre un maggior ruolo al settore pubblico nelle scelte future della compagnia, dall’altro comporta anche maggiori rischi, in primis di dover continuare a partecipare alla copertura delle perdite di ITA nei prossimi mesi e, eventualmente, anni. Si è già ricordato che dal momento in cui la compagnia aerea è diventata operativa, il 15 ottobre 2021 e la fine dell’anno, questa ha riportato perdite pari a 149 milioni di euro. Con l’aumento dei prezzi dei carburanti e la riduzione dei voli di lungo raggio (molto più profittevoli dei voli domestici), il 2022 si prospetta come un altro anno particolarmente delicato per le finanze di ITA e, di conseguenza, per l’azionista unico statale.
Come monito per il futuro, è anche utile ricordare che dietro le perdite riportate nella Fig. 1, c’è stata soprattutto la volontà da parte dei governi italiani nel corso degli anni di mantenere sotto il controllo pubblico la compagnia di bandiera, oppure comunque di preservarne l’”italianità” affidandola a investitori nazionali, con lo scopo dichiarato di incentivare i flussi commerciali e turistici nei confronti del Paese, che sarebbero viceversa stati sacrificati da un vettore straniero. Se è così, va detto che questo obiettivo è stato mancato. Il mercato dei voli italiani è ricco (il quarto in Europa), ma è sempre meno servito da Alitalia e dalle sue successive incarnazioni. A riprova, la Tav. 1 riporta le quote di mercato nazionale servite dalla compagnia. Si osserva che da una quota iniziale del 60 per cento nel 2000, si è ora passati a poco più del 18 per cento. Il considerevole sforzo finanziario sopportato dal contribuente italiano nel corso degli anni non è dunque servito a garantire un ruolo rilevante alla compagnia, neppure sul mercato nazionale.
[2] Per il 2021, i dati presentati da Alitalia in amministrazione straordinaria si fermano al primo trimestre mentre l’operatività di ITA Airways inizia il 15 ottobre, ossia nel quarto trimestre inoltrato. Per il secondo e terzo trimestre, i dati sono ottenuti come differenza tra la perdita totale di Alitalia in amministrazione straordinaria (circa 3 miliardi di euro) e le perdite note nel quadriennio 2017-2021. Per il 2008 non è stato possibile ricostruire un dato unico a causa della discontinuità aziendale tra Alitalia S.p.A. e CAI - Compagnia Aerea Italiana S.p.A. e la mancanza di dati di bilancio univoci.
[3] La differenza tra i valori riportati ai prezzi correnti e quelli riportati nella precedente nota sullo stesso argomento aggiornata ai prezzi 2017 è dovuta anche all’alto livello d’inflazione degli ultimi mesi.
[4] I commissari straordinari non sono tenuti per legge a redigere e pubblicare il bilancio e, pertanto, i dati 2017-2021 sono ricostruzioni di vari documenti presentati in audizione presso le Commissioni Trasporti di Camera e Senato.
[6] Per un approfondimento, vedi Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 11 febbraio 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 marzo 2022.
[7] Per un approfondimento, vedi Sabino Cassese, La Repubblica, 5 settembre 2022.
[8] Per approfondimenti, vedi: Leonard Berberi, Il Corriere della Sera, 31 agosto e 15 settembre 2022; “Il Tesoro scegli Air France-KLM con Certares e Delta. Fuori Msc-Lufthansa”, Il Sole 24 Ore, 31 agosto 2022.