La lentezza della giustizia civile rappresenta uno dei problemi strutturali italiani. L’ultimo rapporto della Commissione per l'efficacia della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ) basato sui dati del 2018 ribadiva come l’Italia fosse tra i peggiori paesi europei per quanto riguarda i tempi delle controversie civili. La chiusura dei tribunali dovuta alla pandemia ha inoltre vanificato i lievi progressi registrati nel periodo 2014-2019: il 2020 ha registrato un significativo peggioramento del disposition time, la misura utilizzata dal CEPEJ per valutare in maniera comparata la rapidità dei sistemi giudiziari nell’Unione Europea. Per rispettare gli obiettivi imposti dal PNRR, che prevedono una riduzione complessiva del disposition time del 40 per cento, servirà una marcata inversione di tendenza. Ad oggi, infatti, nessun tribunale di primo o secondo grado rispetta i target calcolati dal Ministero di Giustizia sulla base degli accordi previsti dal PNRR.
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Le principali organizzazioni internazionali hanno più volte sottolineato la necessità di profonde riforme della giustizia nel nostro paese: la lentezza dei processi e la diffusa inefficienza della giustizia ha contribuito – secondo il Fondo Monetario Internazionale – a ridurre gli investimenti nel nostro paese e ha creato maggiori ostacoli per l’attività d’impresa.[1] I rapporti della “Commissione per l'efficienza della giustizia del Consiglio d'Europa” hanno inoltre confermato lo stato allarmante della giustizia Italiana in relazione agli altri paesi europei: l’ ultimo rapporto – pubblicato nel 2020 e basato sui dati del 2018 – posiziona l’Italia all’ultimo posto per quanto riguarda i tempi dei procedimenti civili. Tale studio si basa su un indice chiamato disposition time, che serve per stimare la durata dei processi: esso si calcola usando il rapporto tra i procedimenti pendenti e quelli definiti alla fine anno e si moltiplica per 365 (i giorni di un anno). Questo indice rappresenta la durata media, in giorni, necessaria per la definizione di un procedimento, considerando costante la capacità di smaltimento dell’ufficio giudiziario responsabile. Nel 2019 il disposition time medio in Italia era di 588 giorni per i tribunali e di 654 giorni per le Corti d’Appello: per definire un procedimento servivano dunque in media circa 19 mesi in primo grado e 21 in secondo.
In una precedente nota avevamo discusso come questo indice assumesse valori molto diversi nei singoli tribunali italiani. In questa nota, analizziamo come la pandemia ha intaccato le performance dei tribunali italiani e i risultati da raggiungere per soddisfare gli obiettivi di riduzione dei tempi della giustizia imposti dal PNRR.
I tempi della giustizia civile dopo il Covid
Le chiusure di tribunali ed uffici giudiziari provocati dalla pandemia hanno interrotto i miglioramenti che stavano caratterizzando le tempistiche dei tribunali italiani. Sia i Tribunali che le Corti d’Appello Italiane avevano ininterrottamente ridotto il loro disposition time nel periodo 2014/2019 (Fig.1).
Nella Fig. 2 si può osservare l’andamento del disposition time nei tribunali per le tipologie di procedimento. In generale la tendenza dal 2014 al 2019 era di tendenziale miglioramento nella maggioranza di sottocategorie. Nel 2020 invece vi è stato un netto peggioramento, principalmente dovuto all’impatto del Covid: il numero di procedimenti sopravvenuti è complessivamente calato del 22 per cento, mentre lo stock di procedimenti pendenti è rimasto pressoché costante. (Tav.1) Il calo dei procedimenti sopravvenuti è stato quindi accompagnato da un calo nei procedimenti definiti di entità pressoché identica, che non ha permesso la riduzione dello stock di arretrato pendente. Di conseguenza questo ha fatto aumentare in maniera sensibile il disposition time per l’anno 2020.
Va inoltre notato come tra i procedimenti civili esista una notevole eterogeneità: ad esempio, i procedimenti relativi al lavoro e previdenza impiegano circa la metà del tempo per arrivare alla sentenza di primo grado rispetto ai procedimenti civili ordinari (464 giorni contro 881 nel 2020). (Fig.2)
Nelle Tavole che seguono sono riportati i disposition time nel periodo 2019-2021 di alcuni Uffici in primo e secondo grado di giudizio[2]. Nel 2020 si osserva un incremento generalizzato del disposition time: quest’ultimo aumenta in 131 tribunali (su 140) e in 27 Corti d’Appello (su 29). Gli aumenti si sono verificati su tutto il territorio nazionale e molto spesso in misura proporzionale alle performance pre-pandemia: sebbene anche i tribunali che nel 2019 erano più efficienti abbiano peggiorato le loro tempistiche (con l’eccezione del tribunale ferrarese), le già grandi disparità territoriali esistenti fra i tribunali sono state aggravate dalla pandemia (Tav.2). Gli aumenti più consistenti sono stati osservati nei tribunali del Mezzogiorno e delle Isole: un esempio è il tribunale di Vallo della Lucania, già il più lento nel 2019, il cui disposition time è più che triplicato nel 2020.
Per quanto riguarda il secondo grado di giudizio, il peggioramento più evidente nel 2020 si è verificato nella Corte di Roma, che con quasi 4 anni di tempo di smaltimento supera Taranto diventando di fatto la più lenta d’Italia.
Esempi virtuosi di miglioramento del disposition time sono stati osservati nel 2020, seppure solo in 9 tribunali su 140. Fra questi spicca il Tribunale di Macerata, che ha ridotto il suo disposition time di 75 giorni dal 2019 al 2020. Nel 2021 si osserva invece un netto miglioramento nei tempi di smaltimento delle procedure rispetto al primo anno di pandemia: solo 20 tribunali italiani hanno peggiorato le loro tempistiche nel 2021, mentre tutti gli altri hanno recuperato, sebbene non sempre ritornando ai tempi di smaltimento osservati nel 2019.
Gli obiettivi e le risorse del PNRR
Per accelerare i procedimenti, il PNRR prevede una riforma della Giustizia che modifichi le modalità di svolgimento del processo civile e penale. L’approvazione delle leggi delega sulla riforma del processo civile e penale, avvenuta nel 2021, rappresenta tuttavia solo il primo passo per il riordino della giustizia civile e penale. Entro giugno 2023, infatti, andranno adottati tutti i decreti attuativi ed eventuali regolamenti, mentre nel giugno 2026 dovranno essere raggiunti degli obiettivi quantitativi in termini di risultato: per quanto riguarda i procedimenti civili, viene prescritta la riduzione “del 40 per cento dei tempi di trattazione dei procedimenti dei contenziosi civili e commerciali rispetto al valore del 2019”.
Una circolare del ministero di Giustizia ha poi chiarito come questo traguardo quantitativo verrà misurato tramite il disposition time. Tale documento riporta anche i dati baseline del 2019 e la conseguente ripartizione dettagliata per grado di giudizio necessaria per raggiungere la riduzione del 40 per cento del disposition time relativo ai processi civili, che dovrebbe portare la durata complessiva dei processi dai 2.512 giorni del 2019 all’obiettivo di 1.507 da raggiungere a metà 2026. (Fig. 3) [3]
Per raggiungere gli obiettivi del PNRR entro il 2026, non si farà leva solamente sulla maggiore efficacia degli uffici giudiziari osservata negli ultimi otto anni, ma anche sulle risorse messe in campo dal PNRR stesso. In particolare, verranno investiti 2,26 miliardi di euro in assunzioni a tempo determinato di figure professionali (16.500) e staff tecnico-amministrativo (5.350) per supportare i giudici nell’evasione di pratiche pendenti, specialmente quelle in arretrato. L’obiettivo di questo ingente investimento è quello di rafforzare l’Ufficio del Processo e superare le disparità tra tribunali. Questo aumento di capitale umano negli uffici giudiziari potrebbe essere infatti determinante non solo per il raggiungimento degli obiettivi del PNRR in sé, ma soprattutto per colmare le evidenti disparità territoriali nei tempi di smaltimento dei Tribunali italiani. Va però detto che la assunzioni – da effettuarsi entro giugno 2024 -sono a carattere temporaneo; il che comporta che lo sforzo iniziale dovrà servire per migliorare strutturalmente l’efficienza della gestione dei tribunali.
[1] Vedi: https://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2014/wp1432.pdf
[2] I dati del 2021 per il primo grado di giudizio sono ancora provvisori nel periodo che va dal secondo trimestre in poi. I dati sui procedimenti in secondo grado non sono ancora stati rilasciati per il 2021.
[3] Vedi: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_8_1.page?contentId=SDC354365&previsiousPage=mg_1_8.
L’obiettivo è definito su un aggregato che non include tutti i procedimenti civili, ma solo i cosiddetti “procedimenti contenziosi” o “civil and commercial litigious cases” come definiti dalla CEPEJ. Da questo indice sono escluse – ad esempio – le procedure di esecuzione civile e di fallimento, e procedimenti civili non ordinari quali quelli di volontaria giurisdizione, gli speciali sommari e con giudice tutelare. Anche alcune pratiche in materia di diritto civile ordinario (o contenzioso civile) non sono state considerate nell’aggregato relativo agli obiettivi del PNRR: i divorzi congiunti e le separazioni consensuali.