Pubblica amministrazione

Come sono distribuite le Forze dell’Ordine sul territorio nazionale?

22 dicembre 2025

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Come sono distribuite le Forze dell’Ordine sul territorio nazionale?

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Questa nota conclude che la distribuzione territoriale delle Forze dell’Ordine in Italia sembra riflettere più le differenze nelle retribuzioni reali (che tengono conto del diverso costo della vita nelle varie regioni) che il diverso tasso di criminalità.

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Come evidenziato in precedenza, l’Italia è settima in Europa per numero di agenti di polizia per 100.000 abitanti, al 30% sopra la media.[1] Come sono distribuiti gli agenti sul territorio nazionale? E questa distribuzione risponde davvero ai bisogni di sicurezza?

Distribuzione territoriale degli agenti e del crimine

La distribuzione degli agenti sul territorio nazionale non è uniforme: il numero di agenti ogni 100.000 abitanti varia da poco più di 200 in Lombardia a oltre 660 nel Lazio (Fig. 1), considerando la Polizia di Stato e i Carabinieri. Al di là di fattori specifici, come quelli che spiegano l’elevato numero di agenti nel Lazio, uno dei principali motivi di questa allocazione non uniforme potrebbe essere la diversa intensità e composizione del crimine tra le aree del Paese.

Un punto di partenza per verificare questa ipotesi è confrontare il numero di agenti pro capite con il tasso di criminalità delle varie regioni: il numero di agenti dovrebbe essere maggiore dove il tasso di criminalità è più elevato. Tuttavia, il crimine osservato, misurato tramite le denunce, non coincide necessariamente con quello reale e la sottostima potrebbe variare da una regione all’altra: un numero ridotto di denunce potrebbe non indicare meno reati, bensì una minore propensione a denunciarli, influenzata da fattori territoriali quali il diverso grado di fiducia nelle istituzioni e il rapporto con le Forze dell’Ordine.[2] Inoltre, la percentuale di mancate denunce dipende dal tipo di reato (è difficile che quelli più gravi, come gli omicidi, passino inosservati) e dalla distribuzione dei reati per gravità, che varia da regione a regione.[3]

Per risolvere questi problemi, l’indice di criminalità regionale utilizzato nel seguito distingue i reati in tre categorie (vedi Appendice):

  • I reati di tipo predatorio (come rapine, furti e borseggi), che sono corretti in base ai sondaggi di vittimizzazione Istat sulle mancate denunce.
  • I reati per cui le statistiche non richiedono correzione, poiché la sottostima regionale è probabilmente trascurabile, in quanto particolarmente gravi (omicidi, attentati, sequestri di persona). Includiamo in questo gruppo anche reati che, pur essendo gravi (come l’associazione per delinquere e di tipo mafioso e il traffico di stupefacenti), potrebbero non essere denunciati, ma per i quali si assume che l’underreporting affligga in modo uniforme l’intero Paese.
  • I reati come truffe e delitti informatici, esclusi dall’indice poiché non regionalizzabili, in quanto la denuncia avviene spesso lontano dal luogo in cui opera l’autore.

Il rapporto tra la numerosità delle Forze dell’Ordine e l’indice di criminalità così costruito (che corregge per l’underreporting) è molto diverso tra le regioni (Tav. 1, colonna 6), il che suggerisce che la non uniformità nella distribuzione degli agenti non sia dovuta alla diversa incidenza della criminalità. Dove questo rapporto è più alto, come in Molise, Calabria e Sardegna, vi è un eccesso di agenti rispetto al crimine. Le regioni tradizionalmente associate alla criminalità organizzata, come la Campania (0,22) e la Sicilia (0,36), presentano densità di agenti, in proporzione al crimine riscontrato, vicine alla media nazionale. Al contrario, le regioni del Nord (Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana) presentano poche Forze dell’Ordine rispetto al crimine (rapporto < 0,20).[4]

Analizzando la relazione tra l’indice di criminalità e il numero di agenti a livello regionale, emerge una correlazione negativa: dove il tasso di criminalità è alto, il numero di agenti per 100.000 abitanti è basso (Fig. 2).[5]

È un risultato anomalo, dato che nella letteratura questa correlazione è solitamente positiva, o al massimo nulla: gli agenti vengono allocati dove il crimine è più elevato.[6] Il fatto che in Italia la relazione sia negativa potrebbe indicare l’efficacia della deterrenza, ossia che una maggiore presenza di agenti riduca il tasso di criminalità. Tuttavia, la pendenza della retta di regressione nella Fig. 2 è troppo elevata per essere spiegata solo dall’impatto della presenza delle Forze dell’Ordine in determinate regioni. Il coefficiente stimato implica un’elasticità dei reati al numero di agenti di circa −0,6: un aumento del 10% delle Forze dell’Ordine sarebbe associato a una riduzione del 6% della criminalità.[7] È un valore troppo alto rispetto alle stime medie della letteratura, che, per i reati violenti, riportano un’elasticità di –0,4 e, per la criminalità complessiva, valori ancora più bassi.[8]

Questo suggerisce che la relazione negativa osservata derivi, almeno in parte, da un problema di cattiva allocazione delle forze di polizia, che sono presenti in misura elevata in determinate regioni per motivi che vanno oltre la frequenza della criminalità e nonostante il basso tasso di quest’ultima in alcuni casi. Ne consegue che il legame tra il crimine e la presenza delle Forze dell’Ordine è influenzato anche da altri fattori che contribuiscono a spiegare la distribuzione osservata.

Il fattore economico

La distribuzione territoriale degli agenti di Polizia di Stato e dei Carabinieri è il risultato sia di regole formali (concorsi nazionali, assegnazioni e trasferimenti centralizzati, disponibilità organiche) sia di decisioni individuali. Gli agenti in graduatoria, infatti, possono esprimere una preferenza per la sede di assegnazione; questa dipende anche da fattori socioeconomici, tra cui il costo della vita che determina il potere d’acquisto dello stipendio.

In proposito, in Italia le retribuzioni delle Forze dell’Ordine sono regolate da contratti nazionali che non prevedono adeguamenti territoriali al costo della vita.[9] Un agente percepisce lo stesso stipendio in euro a Milano e a Potenza, ma il suo potere d’acquisto varia in modo significativo, vista la diversità nel costo della vita per area geografica e per dimensione del centro abitato (Fig. 3). Questo crea una preferenza per prestare servizio nelle regioni del Sud, talvolta in piccole città; la tendenza è poi accentuata dal fatto che la maggior parte del reclutamento (il 66% nel 2022) attinge storicamente da tali regioni, dove la disoccupazione, il precariato, il lavoro a nero e un tessuto industriale più rarefatto spingono verso il posto fisso nel settore pubblico, tra cui l’arruolamento nelle Forze dell’Ordine.[10]

Per questi motivi, i capoluoghi delle regioni del Nord presentano anche una composizione delle forze squilibrata, con un numero di giovani poco esperti che attendono il trasferimento verso il Sud e un elevato turnover. Infatti, buona parte degli agenti, maturati i requisiti di servizio fuori regione, richiede il trasferimento verso le regioni d’origine e le meno costose, lasciando le zone a rischio di sicurezza (le più costose) con un deficit di agenti rispetto alle esigenze.[11] Infatti, l’età media degli agenti è più bassa nelle questure del Nord, come Milano (38 anni), Torino (40), Bologna (41), Firenze (42), mentre è più alta a Bari (48 anni) e a Cosenza, Chieti, Teramo, Matera e Lecce (tutte a 52 anni).[12]

In una regressione tra numero di agenti (ogni 100.000 abitanti) per regione e salario reale regionale, si osserva una relazione positiva: dove le retribuzioni delle Forze dell’Ordine sono più elevate in termini reali (a causa del più basso costo della vita), il numero di agenti aumenta (Fig. 4). Nello specifico, un aumento di 10€ del salario reale è associato, in media, a circa 6 agenti in più ogni 100.000 abitanti (Vedi Tav. 2 in Appendice). Anche la regressione tra il rapporto Forze dell’Ordine/indice di criminalità e il salario reale restituisce un coefficiente positivo e significativo: un aumento del 10% del salario reale è associato a un aumento del 25% del rapporto Forze dell’Ordine/crimine (Fig. 5).

In conclusione, sembrerebbe che parte dell’allocazione degli agenti non segua la domanda di sicurezza, bensì gli incentivi salariali reali. Dunque, oltre alle manovre di rafforzamento del personale, un approccio più naturale per colmare le carenze di agenti in determinate aree potrebbe consistere nel riallocare le forze in base alle necessità territoriali, incentivando tale riallocazione tramite l’indicizzazione dei salari al costo della vita regionale.

Appendice

L’indice di criminalità per regione riportato nel testo di questa nota utilizza le statistiche sui reati denunciati all’Autorità Giudiziaria dalle forze di polizia.[13]

Per i reati più gravi (omicidi, sequestri di persona) il numero di denunce è un buon proxy del numero di eventi effettivi. Si tratta di reati facilmente rilevati in flagranza, tramite registri sanitari e giudiziari, oppure, con buona probabilità, denunciati. Ipotizziamo anche che alcuni reati molto gravi (come quelli commessi per associazione a delinquere o di tipo mafioso) presentino un underreporting uniforme a livello regionale. Per questa classe di reati, dunque, si utilizzano le statistiche ufficiali senza apportarvi correzioni.

Per alcuni reati (furti, rapine, borseggi, violenze sessuali, lesioni dolose, minacce) il tasso di denuncia è sensibilmente inferiore al 100%. Per questi reati, i dati delle denunce sono corretti utilizzando i tassi di vittimizzazione e di denuncia rilevati dall’indagine campionaria “La sicurezza dei cittadini” dell’Istat, per macroarea geografica e per tipo di reato.[14]

Infine, i reati come truffe e delitti informatici sono esclusi dall’indice poiché non regionalizzabili, dato che il luogo della denuncia non sempre coincide con il luogo da cui opera l’autore.

Il tasso di criminalità totale è poi ottenuto come somma dei numeri dei singoli reati ed è espresso per 100.000 abitanti. Non si utilizza alcun sistema di ponderazione per catturare la diversa gravità dei reati (es. sanzione minima prevista dalla legge, sanzione media, peso morale) e, di conseguenza, per la diversa intensità di presidio che ciascun reato potrebbe richiedere alle Forze dell’Ordine. Non esiste infatti un consenso su come effettuare una ponderazione del genere.[15]

L’equazione della retta di regressione lineare riportata nella Figura 2 del testo è:

Dove criminei è il tasso di criminalità calcolato nel modo sopra descritto, e poliziai è il numero di agenti ogni 100.000 abitanti. Il coefficiente β misura quanto un agente in più, ogni 100.000 abitanti, riduca in media il numero di reati ogni 100.000 abitanti. La stima OLS dà:

Quindi, la riduzione è di circa 2 reati per ogni nuovo agente. Il coefficiente della regressione in livelli può essere trasformato in elasticità (che coincide con il coefficiente che si otterrebbe in una regressione log-log):

L’elasticità al punto medio del campione è pari a -6,1%, come riportato nel testo.

La regressione citata nel testo per valutare l’effetto del salario sull’allocazione regionale delle Forze dell’Ordine è:

dove salarioi è lo stipendio mensile corretto per il costo della vita regionale. Quest’ultimo è stato calcolato, in assenza di ulteriori informazioni, sulla base delle soglie di povertà regionali del 2023 (Istat, 2023). Il salario dell’agente di polizia corrisponde alla retribuzione mensile netta dopo 4-5 anni di servizio (circa 1670€), ossia quanto percepisce nel momento in cui può scegliere un’eventuale ricollocazione regionale. Z include variabili di controllo, come il numero di turisti per 100.000 abitanti, la densità abitativa (abitanti per km²) e l’età media della popolazione residente.

I risultati delle stime OLS sono riportati in Tav. 2a: le righe della prima colonna riportano le variabili indipendenti, mentre le colonne (1)-(3) corrispondono a diverse specificazioni con differenti variabili dipendenti. La colonna (1) Crimine conferma che, in una regressione bivariata, la numerosità delle forze di polizia presenta una relazione lineare negativa con la frequenza dei reati. La colonna (2) Polizia indica che il salario reale è la principale variabile esplicativa della distribuzione regionale delle Forze dell’Ordine, con un coefficiente positivo e statisticamente significativo. In questa specificazione, il crimine entra con segno positivo (più crimine = più agenti, come ci si aspetterebbe), ma il coefficiente non risulta significativo. I coefficienti delle variabili di controllo non sono riportati in tabella e non risultano significativi. La regressione è stimata escludendo Lazio e Toscana, due evidenti outlier, come già accennato nel testo.

 


[1] Vedi la nostra precedente nota: “Abbiamo più o meno agenti di polizia degli altri Paesi UE?”, 5 dicembre 2025.

[2] Negli indicatori sulla fiducia nei confronti delle Forze dell’Ordine e sull’efficienza istituzionale, le regioni presentano dati molto eterogenei (vedi Rapporto Bes 2024: il benessere equo e sostenibile in Italia, Istat).

[3] Un’altra questione, di cui però non si tiene conto per mancanza di informazioni adeguate, è che non tutti i reati richiedono un pari coinvolgimento delle forze di polizia: combattere il crimine di strada potrebbe richiedere meno agenti e con funzioni diverse rispetto, per esempio, al contrasto del crimine organizzato.

[4] Il fatto che il tasso di criminalità sia più elevato al Nord, forse per la presenza di maggiori aggregati urbani, è noto (vedi, per esempio, Le mappe della criminalità in Italia, Pagella Politica) e non è un artificio delle correzioni apportate ai dati sulle denunce, come descritto in Appendice.

[5] I dati sul numero di agenti per regione provengono dal Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato. Il Lazio è un outlier sia in termini di presenza delle Forze dell’Ordine (vista la localizzazione a Roma delle massime istituzioni dello Stato, dei comandi generali di Polizia e Carabinieri, delle principali ambasciate e organizzazioni internazionali) sia in termini di numerosità dei reati, dato l’elevato turismo e i crimini ad esso legati, come furti e borseggi. Per questo stesso motivo è elevato anche il tasso di criminalità in Toscana.

[6] Questo apparente “paradosso” è descritto, ad esempio, da Levitt, S. D. (1997). Using Electoral Cycles in Police Hiring to Estimate the Effect of Police on Crime, The American Economic Review, 87(3), 270–290; e da Cameron, S. (1988) The Economics of Crime Deterrence: A Survey of Theory and Evidence, Kyklos, 41, 301-323.

[7] Questa elasticità è calcolata sulla base della regressione lineare descritta in Appendice e riportata nella Fig. 2, per valori medi di agenti e di crimini.

[8] Vedi Chalfin, A., & McCrary, J. (2017). Criminal deterrence: A review of the literature, Journal of Economic Literature, 55(1), 5–48.

[9] Sul tema, vedi la nostra precedente nota: Le vere “gabbie salariali”, 10 ottobre 2025.

[10] Vedi il Rapporto “La selezione di personale per le Pubbliche Amministrazioni”, FormezPA, 2022.

[11] Esiste un principio per cui, alla prima assegnazione, l’agente non deve prestare servizio nella regione di origine, di residenza o limitrofe. L’obbligo discende dal potere direttivo del Comando Generale (art. 976 C.O.M.) e dalle norme sull’Incompatibilità ambientale (art. 390 T.U.O.M.) che precludono l’assegnazione alla Legione di origine. Dal 2024, per gli agenti della Polizia di Stato, la preclusione per la sede di assegnazione riguarda non più la regione ma la provincia di nascita e di residenza; vedi il principio applicato al seguente bando.

[12] Dati forniti dal SILP-CGIL nel 2021.

[13] Dati disponibili qui presso Ufficio Centrale di Statistica.

[14] I tassi di vittimizzazione sono tratti da: Indagini sulla vittimizzazione: Numero Oscuro (Istat); “Rapporto BES” (Istat), sezione sulla Sicurezza 2023 e 2024; Rapporto “Reati contro la persona e la proprietà: vittime ed eventi”, 2016 e 2023 (Istat); “La sicurezza dei cittadini. Reati, vittime, percezione della sicurezza e sistemi di protezione”. La correzione viene effettuata dividendo il numero di denunce per il tasso di denuncia derivato dai sondaggi. Ad esempio, nel 2023 in Lombardia ci sono state circa 31.400 denunce di furti in abitazione; con un tasso di denuncia del 68%, il numero effettivo di furti sale a circa 46.200 (uguale a 31.400 diviso per 0,68).

[15] Un lavoro di Bernardo, Brunetti, Pinar e Stengos del 2020 (“Measuring the presence of organized crime across Italian provinces: A sensitivity analysis”) pubblicato su European Journal of Law and Economics, 51(1), 31–95, conclude che la distribuzione regionale e provinciale del crimine organizzato in Italia è estremamente sensibile alle scelte arbitrarie dei pesi e agli indicatori utilizzati.

Un articolo di

Valerio Ferraro

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