Sul sito “Italia Domani” è da poco comparsa la ripartizione tra i ministeri delle risorse messe a disposizione dalla Recovery and Resilence Facility (191,5 miliardi) per la realizzazione dei 142 progetti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Gran parte dei progetti e delle risorse saranno sotto la supervisione di un ristretto numero di ministeri, Infrastrutture e Transizione ecologica su tutti. Non tutti i 142 progetti graveranno però sui ministeri, visto che una parte consistente di questi verrà realizzata da Regioni ed Enti locali. Tuttavia, al momento non è chiaro né quanti né quali dei 142 progetti verranno concretamente realizzati dagli enti territoriali.
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Risorse e progetti affidate ai ministeri
Su “Italia Domani”, il sito ufficiale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) lanciato di recente dal Governo, è stata da poco pubblicata la ripartizione delle misure e delle risorse del Piano tra i diversi ministeri.[1] Da notare che l’intero importo dei finanziamenti della Recovery and Resilience Facility (191,5 miliardi erogati fino al 2026 per la realizzazione di 142 progetti) viene ripartito tra i ministeri, anche se in pratica diversi progetti faranno capo, in termini di esecuzione, agli enti territoriali (Tavola 1). I 142 progetti ripartiti non rappresentano inoltre l’intera portata del Piano, che si compone infatti di oltre 190 misure. Questo perché la ripartizione ha riguardato solamente i progetti che richiedono finanziamenti per essere realizzati, escludendo quindi gli altri interventi (in particolare le riforme).
I ministeri titolari di più progetti sono quelli delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili (MIMS) e della Transizione ecologica (MiTE). A loro sono assegnate anche maggiori risorse (75 miliardi). L’elevato numero di progetti e finanziamenti a loro attribuiti ha due spiegazioni. Primo, questi sono i ministeri che sono più responsabili, insieme a quello dell’Innovazione tecnologica (che ha 9 progetti e 13 miliardi), nelle aree in cui l’Europa ha richiesto maggiori interventi, ossia quelle della transizione climatica e digitale.[2] Secondo, questi ministeri sono anche titolari di alcuni dei progetti più costosi: il MiTE, ad esempio, sarà responsabile dell’erogazione di Ecobonus e Sismabonus (14 miliardi), mentre il MIMS della costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità (8,5 miliardi).
Non sempre a un maggior numero di progetti si associano maggiori risorse. La dimensione degli interventi affidati ai diversi dicasteri varia infatti notevolmente (terza colonna della Tavola 1). Il ministero dell’Interno, ad esempio, registra un costo medio per progetto di 2,5 miliardi, mentre quello delle Pari opportunità di appena 10 milioni. Sorprendentemente, il ministero dell’interno ha un costo per progetto superiore anche a quello di MIMS, MiTE e Salute. Considerevole è inoltre il numero di ministeri (10 su 21) che gestiranno meno di 5 progetti, peraltro di dimensione modesta, e che quindi avranno un ruolo più marginale nell’attuazione del PNRR. Tra questi figura anche il ministero dell’Economia (MEF), al quale è però affidato anche un compito di supervisione del Piano e di gestione dei rapporti con le istituzioni europee.
La ripartizione di traguardi e obiettivi
Ai vari progetti sono associate delle “condizioni” che devono essere rispettate per consentire l’erogazione dei fondi europei.[3] Si tratta dei noti “traguardi” qualitativi e “obiettivi” quantitativi che dovranno essere soddisfatti lungo la durata del Piano per ottenere i finanziamenti dall’Europa (ad eccezione del prefinanziamento da 25 miliardi erogato in agosto che è privo di condizionalità).
In linea di massima, il numero di traguardi e obiettivi che grava sui ministeri rispecchia il numero di progetti di cui ciascuno di esso è titolare (Figura 1). MIMS e MiTE, che sono i ministeri con più progetti e risorse, sono anche quelli con più condizioni (88 il primo e 57 il secondo). Ci sono tuttavia delle eccezioni: il MEF, ad esempio, pur se titolare di un solo progetto, è responsabile del soddisfacimento di oltre 40 condizioni. Questo perché il MEF, come anche altri ministeri, è titolare di molte misure che prevedono delle condizioni, ma che non richiedono spese per la loro attuazione (e non rientrano quindi nei 142 progetti).[4] In aggiunta, non tutti i progetti si articolano in uno stesso numero di condizioni da rispettare: alcuni ne prevedono di più, altri di meno. Per quasi tutti i ministeri, il numero degli obiettivi da rispettare eccede inoltre il numero dei traguardi. Gli unici due ministeri per cui avviene il contrario sono quelli della Pubblica amministrazione (13 traguardi e 5 obiettivi) e quello delle Disabilità (2 traguardi e nessun obiettivo).
Traguardi e obiettivi sono distribuiti temporalmente per ciascun ministero in modo abbastanza omogeneo lungo la durata del PNRR. (Tavola 2). Tuttavia, alcuni ministeri presentano dei “picchi” di condizioni da rispettare, in particolare negli ultimi anni di attuazione del Piano. Nel 2026, ad esempio, i ministeri di Innovazione tecnologica, Infrastrutture e Salute dovranno soddisfare rispettivamente 17, 18 e 9 condizioni, che rappresentano circa il 25, 32 e 35 per cento del totale dei loro traguardi e obiettivi. Nel 2025, invece, il ministero dello Sviluppo economico dovrà rispettarne 9 su 25 totali (il 36 per cento), mentre quello del Lavoro 6 su 21 (il 29 per cento). Alcuni picchi si presentano anche negli anni precedenti, ma in maniera decisamente più limitata e sporadica.[5]
Quale sarà il ruolo di Regioni ed Enti locali?
La ripartizione dei progetti fra i vari ministeri non implica comunque che saranno quest’ultimi a realizzarli. La ripartizione, infatti, definisce solamente la “titolarità” dei progetti, e non chi sarà concretamente l’attuatore degli stessi. Buona parte dei 142 progetti verrà infatti realizzata dalle amministrazioni territoriali. Come indicato dal MEF, i ministeri, e le altre amministrazioni centrali titolari dei progetti, potranno infatti agire in due modi: o come “soggetto attuatore” o come “intermediario di attuazione”. [6] Nel primo caso, sarà l’amministrazione centrale stessa che realizzerà direttamente il progetto. Nel secondo, invece, la misura verrà attuata dalle amministrazioni territoriali, e quella centrale svolgerà solo un ruolo di monitoraggio e controllo.[7]
Al momento non è però chiaro per quali progetti le amministrazioni centrali agiranno come “soggetti attuatori” e per quali come “intermediari di attuazione”. Tuttavia, è plausibile che la ripartizione dei progetti avverrà per competenza: le misure in ambito sanitario, ad esempio, che sono sotto la titolarità del ministero della Salute, saranno in buona parte affidate alle regioni, visto la loro competenza in materia di salute. In base a questo criterio, il centro studi di Camera e Senato ha elaborato una stima dei progetti che potrebbero essere realizzati dagli enti territoriali: si tratta di 34 interventi dal valore di 67 miliardi, circa il 35 per cento dei 191,5 miliardi complessivi messi a disposizione dall’Europa per l’Italia.[8]
[2] Secondo le regole della Recovery and Resiliance facility, almeno il 37 per cento delle risorse erogate dall’Europa deve essere destinato a progetti di transizione climatica, mentre almeno il 20 per cento a progetti di transizione digitale.
[3] Si tratta di 527 condizioni, di cui 213 traguardi e 314 obiettivi. In alcuni lavori recenti dell’Osservatorio CPI si è detto che le condizioni fossero 528. Questo perché tali lavori facevano riferimento alla decisione di giugno del Consiglio dell’Unione Europa relativa all’approvazione del PNRR italiano. Tale decisione è stata poi modificata a luglio e il numero di condizioni è stato ridotto a 527. Si segnala che sul sito ufficiale del Governo per il PNRR “Italia Domani” è comunque ancora presente la sola decisione di giugno del Consiglio e non di luglio.
[4] Ad esempio, il MEF è responsabile della misura “riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie”, che non rientra nei 142 progetti citati nel testo perché non richiede uscite per essere realizzata ma che prevede comunque il raggiungimento di un traguardo e di ben 16 obiettivi.
[5] Il ministero dell’Università e della ricerca ha ad esempio 7 condizioni da soddisfare nel 2022, pari a circa il 30 per cento delle 23 complessive.
[7] Quando un’amministrazione centrale opera come soggetto attuatore di un progetto, alla realizzazione di quest’ultimo possono comunque partecipare in via indiretta anche le amministrazioni territoriali. Questo può accadere ad esempio attraverso la partecipazione a bandi o avvisi emanati dai ministeri per la realizzazione della misura.