La spesa pubblica per la sanità rispetto al Pil in Italia e negli altri Paesi avanzati è aumentata tendenzialmente tra gli anni Sessanta e i primi anni Duemila (salvo una contrazione temporanea negli anni Novanta per rispettare i parametri di Maastricht), principalmente per effetto del cambiamento tecnologico, che ha permesso cure migliori ma più costose, e di vincoli di bilancio poco stringenti per le regioni. Negli ultimi quindici anni il rapporto spesa/Pil è calato, al netto del picco pandemico. Secondo le nuove previsioni di medio-lungo termine della RGS, dal 2030 la spesa sanitaria in Italia dovrebbe riprendere a crescere almeno fino al 2055-2060: in questo caso, l’aumento riflette, per ipotesi, solo la crescente domanda di cure sostenuta dall’invecchiamento demografico. La quota di spesa per gli ultraottantenni raddoppierà, mentre calerà per le altre fasce di età. Tuttavia, le previsioni non considerano altri fattori, come le spese per adeguare i servizi sanitari forniti agli sviluppi tecnologici e i possibili effetti del cambiamento climatico sulla domanda di cure.
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La spesa pubblica per la sanità in Italia è stata del 6,3% del Pil nel 2024 (137,9 miliardi di euro), ritornando sul livello del 2019 dopo un aumento durante la pandemia.[1]
Il rapporto tra spesa sanitaria pubblica e Pil dipende in primo luogo dalla scelta politica di quante risorse destinare alla sanità, basata in teoria sul numero e sul tipo di prestazioni necessarie (quindi sulla struttura demografica e sullo stato di salute della popolazione) e sul loro costo (influenzato dalle innovazioni tecnologiche, dall’assetto istituzionale del sistema sanitario e dalle politiche retributive e di reclutamento). Rispetto alla domanda di cure, l’incidenza delle malattie (e quindi la spesa sanitaria pro capite) è più alta tra i neonati, le donne durante la maternità ed è crescente rispetto all’età dopo i 50 anni, specialmente fra gli uomini. Inoltre, la spesa tende a crescere più rapidamente del reddito nazionale (Pil) perché i servizi sanitari sono un bene superiore (cioè l’elasticità della domanda al reddito è maggiore di 1).[2] Dal lato dell’offerta, l’innovazione in ambito sanitario potrebbe generare sia un risparmio (nuove tecnologie più efficienti a parità di prestazioni) che un maggiore costo, con l’introduzione di nuove cure (è il caso prevalente negli ultimi decenni nei Paesi avanzati).
A dicembre 2024, la Ragioneria generale dello Stato (RGS) ha aggiornato le previsioni sul rapporto tra la spesa sanitaria e il Pil fino al 2070. Questa nota analizza quali fattori le influenzano e le differenze rispetto alle precedenti previsioni di dicembre 2023.[3] Ma prima di guardare al futuro, è utile considerare l’andamento passato della spesa a partire dalla seconda metà del secolo scorso.
Uno sguardo di lungo periodo
Dall’inizio degli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta, la spesa sanitaria pubblica in Italia è quasi raddoppiata rispetto al Pil, raggiungendo il 6% (Fig. 1). Questo aumento (pur con un basso livello di partenza) è comune a tutti i Paesi avanzati,[4] e si deve principalmente al cambiamento tecnologico, che ha portato a numerose innovazioni nel settore sanitario, permettendo di offrire cure di qualità migliore ma anche generalmente più costose (sia per i macchinari che per i processi).[5] Nel caso italiano ha contribuito anche il “soft budget constraint”, ossia la tendenza da parte del governo ad accomodare spese decise dalle regioni in eccesso ai finanziamenti che ricevevano (secondo l’impianto decentrato del Sistema Sanitario Nazionale, istituito nel 1978). In quel periodo, i fattori di domanda (l’invecchiamento demografico e la crescita del reddito) e l’aumento del costo del lavoro legato al differenziale di produttività tra la sanità e altri settori (cd. “effetto Baumol”) erano presenti ma meno rilevanti.
Negli anni Novanta – in particolare tra il 1992 e il 1997 – la tendenza è stata momentaneamente invertita, data la necessità di rispettare i criteri di Maastricht per l’ingresso nell’euro. Questa necessità richiese al governo di rimuovere il “soft budget constraint”, persuadendo le regioni che non avrebbe ripianato, come di frequente era accaduto, eventuali eccessi di spesa.[6]
Dal 1997 la spesa ha ripreso a crescere anche perché, una volta entrati nell’euro (nel gennaio 1999), il calo nella spesa per interessi e una generale percezione che la riduzione del debito pubblico non fosse più prioritaria spinse a un aumento generalizzato della spesa pubblica. Il picco fu toccato nel 2010, in parte dovuto alla contrazione del Pil dopo la grande crisi finanziaria. Successivamente, il rapporto spesa/Pil è calato fino al 2019, viste le necessità di bilancio e il contesto di rallentamento della spesa sanitaria, come in altri Paesi avanzati, dovuto a nuove misure di efficientamento (per esempio tempi di ricovero più brevi e limiti alla spesa per il personale). Infine, dopo il balzo nel 2020 allo scoppio della pandemia, la spesa è tornata rapidamente sui livelli del 2019 (vedi la Tav. A1 in Appendice per i dati annuali).[7]
Le previsioni
Le previsioni della RGS si basano sulla legislazione vigente e su quattro ipotesi:[8]
- la domanda di cure verrà sempre soddisfatta tramite un adeguamento dell’offerta dei servizi sanitari;
- dato un aumento dell’aspettativa di vita, metà degli anni aggiuntivi saranno trascorsi in buona salute;
- il costo unitario delle prestazioni sanitarie è legato al Pil pro capite, tranne che per la componente di long term care per cui si utilizza il Pil per ora lavorata (vedi sotto). Legare il costo delle prestazioni a una misura del reddito (invece che all’indice dei prezzi) è più realistico, perché in questo modo “si assume che la spesa sanitaria sia trainata prevalentemente dai costi di produzione legati direttamente o indirettamente al fattore lavoro” (RGS, cit., giugno 2024);
- l’elasticità del costo delle prestazioni al Pil pro capite/per ora lavorata è superiore all’unità (1,1), coerentemente con l’ipotesi che i servizi sanitari siano un “bene superiore” (vedi sopra), anche se converge a 1 nel lungo periodo.
Le previsioni della RGS più recenti includono gli stanziamenti per la sanità previsti nella legge di bilancio per il 2024, ma non quelli della legge di bilancio per il 2025. Considerando anche questi, la spesa sanitaria dovrebbe aumentare leggermente fino al 6,4% del Pil nel 2026-2027 (Fig. 1, linea tratteggiata blu).
Nel periodo successivo, ipotizzando che gli stanziamenti siano adeguati a soddisfare la domanda, la spesa dovrebbe aumentare di un punto in trent’anni (2030-2060) e stabilizzarsi fino al 2070, più o meno in linea con le passate previsioni (Fig. 1, linea tratteggiata gialla).
La tendenza è chiara: la domanda di cure crescerà almeno fino al 2055-2060, e per soddisfarla la spesa sanitaria dovrà crescere più che proporzionalmente rispetto al Pil. Mentre l’aumento passato si deve, come detto, principalmente al cambiamento tecnologico, il fattore decisivo di questa dinamica è, per ipotesi, la demografia, con la quota di popolazione ultraottantenne che crescerà dall’attuale 8% al 10% nel 2040 e al 14% nel 2070. La quota della spesa sanitaria destinata alle cure degli ultraottantenni raddoppierà (da 1,3% a 2,5% del Pil, raggiungendo un terzo del totale), mentre calerà per la popolazione più giovane (0-64 anni) e rimarrà stabile per i 65-79enni (Fig. 2).
Circa il 90% della spesa continuerà a finanziare la cura delle cosiddette “patologie acute” (acute care), che in realtà comprende le cure per tutte le patologie, anche non gravi; sono escluse le spese per i servizi di long term care (LTC), comprendenti invece “l’insieme delle prestazioni sanitarie erogate a persone non autosufficienti che […] necessitano di assistenza continuativa” e rivolti per oltre metà agli ultraottantenni.[9] Questa componente di spesa, pur restando bassa, aumenta più rapidamente del resto della spesa.
La spesa nelle previsioni RGS è sottostimata?
Come sottolineato, le previsioni di crescita della spesa sanitaria della RGS riflettono essenzialmente fattori demografici. Le previsioni dell’OCSE, che incorporano anche altri fattori (compresa la possibile futura evoluzione tecnologica) suggeriscono un aumento della spesa più marcato, almeno nella media dei Paesi membri. L’OCSE stima che la spesa sanitaria sul Pil dovrebbe crescere mediamente di 1,2 punti percentuali tra il 2019 e il 2040 nei Paesi OCSE-UE: una crescita quadrupla di quella prevista per l’Italia dalla RGS nello stesso periodo (+0,3 p.p.).[10]
In generale, come sottolineato nell’Ageing Report della Commissione europea, i sistemi sanitari dovranno diventare sempre più resilienti, cioè capaci di rispondere agli shock, e per questo bisognerebbe attendersi ulteriori investimenti in personale, innovazione dei processi e digitalizzazione.[11]
Inoltre, è possibile che anche il cambiamento climatico abbia delle conseguenze sulla spesa sanitaria, per quanto incerte e difficilmente quantificabili: le persone anziane (già quota rilevante della popolazione, vedi la Tav. 1) sono più vulnerabili sia agli effetti diretti (morti/infortuni a seguito di eventi estremi) che indiretti (patologie legate a ondate di calore, siccità, salute mentale, ecc.) del fenomeno.
Infine, come evidenziato in una nostra recente nota, il quadro macroeconomico sottostante le ultime previsioni della RGS sembra molto ottimistico, specialmente rispetto alla dinamica della produttività nel lungo periodo.[12]
Appendice
Di seguito la Tav. A1 con i dati della spesa sanitaria pubblica in percentuale al Pil per tutti gli anni disponibili.
[1] Vedi la nostra nota “La spesa pubblica per la sanità è ai massimi o ai minimi storici? Chi ha ragione tra Meloni e Schlein?”, 20 dicembre 2024. La cifra include, oltre ai finanziamenti del Servizio Sanitario Nazionale, anche voci minori: la più grande è data dalle entrate da ticket per prestazioni sanitarie.
[2] Vedi R.E. Hall e C.I. Jones, “The Value of Life and the Rise in Health Spending”, The Quarterly Journal of Economics, 122(1), 2007, pp. 39-72; per una trattazione più ampia U. Gerdtham, B. Jönsson, “International Comparisons of Health Expenditure: Theory, Data and Econometric Analysis”, in Handbook of Health Economics, a cura di A.J. Culyer e J.P. Newhouse, 2000, vol. 1, cap. 1, pp. 11-53.
[3] Vedi i rapporti della Ragioneria generale dello Stato, “Le tendenze di medio-lungo periodo della spesa pensionistica e socio-sanitaria”, nn. 24 e 25, nota di aggiornamento, dicembre 2023 e dicembre 2024. L’aggiornamento più recente è basato sul quadro macroeconomico del Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine (settembre 2024) e sulle previsioni demografiche dell’Istat in base 2023, mentre quello meno recente sul quadro macro della Nadef 2023 e sulle previsioni Istat in base 2022.
[4] L’aumento riguarda l’intera spesa sanitaria, sia pubblica che privata. Vedi M. Huber, “Health Expenditure Trends in OECD Countries, 1970-1997”, Healthcare Financing Review, 21(2), 1999; e la nostra nota “L’andamento della spesa sanitaria per i paesi del G7 negli ultimi cinquant’anni”, 14 gennaio 2022.
[5] Alcuni esempi sono la risonanza magnetica, la dialisi renale, le articolazioni artificiali, l’endoscopia. Per un’argomentazione puntuale, seppur descrittiva, vedi J.P. Newhouse, “Medical Care Costs: How Much Welfare Loss?”, Journal of Economic Perspectives, 6(3), 1992, pp. 3-21.
[6] Vedi M. Bordignon, G. Turati, “Bailing out expectations and public health expenditure”, Journal of Health Economics, 28, 2009, pp. 305-321, e G. Turati, “L’evoluzione della spesa, del finanziamento, dei disavanzi e degli interventi di ripiano nelle gestioni della sanità regionale italiana”, Politiche Sanitarie, 4(2), 2003, pp. 31-50.
[7] Per un’analisi più dettagliata della dinamica dell’ultimo decennio, vedi la nostra nota “L’evoluzione dei finanziamenti alla sanità in Italia”, 16 maggio 2024.
[8] In questa nota, ci riferiamo alle previsioni fatte con la metodologia del “reference scenario”, adottata anche nell’Ageing Report 2024 della Commissione europea, che considera dei profili dinamici di spesa sanitaria per fascia di età (anziché dei profili costanti, come nel “pure ageing scenario”).
[9] In base alla classificazione OCSE, la spesa sanitaria si articola nelle due componenti di acute care e long term care. I servizi di cura a lungo termine (LTC) comprendono anche una componente sanitaria, l’unica considerata in questa nota. Vedi OECD, “A System of Health Accounts”, 2011.
[10] Vedi OCSE, “Fiscal Sustainability of Health Systems”, gennaio 2024, pagina 69. Le previsioni dell’OCSE sono comparabili a quelle dell’Ageing Report della Commissione, che stima un aumento medio di 1,5 punti percentuali di Pil della spesa sanitaria tra il 21019 e il 2040 per i 23 Paesi membri dell’OCSE e dell’UE.
[11] Vedi il rapporto “2024 Ageing Report. Economic and Budgetary Projections for the EU Member States”, Commissione europea, aprile 2024.
[12] Vedi “Le nuove previsioni di lungo termine della spesa pensionistica”, 11 febbraio 2025.