Previsioni su deficit, debito pubblico e aiuti europei nel 2021
di Carlo Cottarelli e Giulio Gottardo
26 marzo 2021
La seconda e la terza ondata di Covid-19 hanno peggiorato le prospettive per l’economia italiana e per i conti pubblici nel 2021. La crescita del Pil potrebbe fermarsi al 3,5 per cento e il deficit raggiungere il 10,2 per cento del Pil (175 miliardi), sia a causa dei nuovi ristori (DL Sostegni), sia della ripresa rallentata. Di conseguenza, il debito pubblico sfiorerebbe il 160 per cento del Pil a fine 2021. Fortunatamente, anche quest’anno le istituzioni europee coprirebbero interamente il deficit e assorbirebbero quasi metà del fabbisogno lordo di finanziamento, principalmente grazie agli acquisti di titoli di Stato da parte della BCE.
La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 27 marzo 2021.
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La recrudescenza dell’epidemia, con la seconda e terza ondata, ha provocato un peggioramento delle prospettive di crescita economica per il 2021 rispetto alle previsioni del governo formulate lo scorso settembre, su cui era basata la legge di bilancio. Secondo la Banca d’Italia, quest’anno il Pil reale crescerà soltanto del 3,5 per cento, contro il 6,0 per cento previsto dal governo (Tav. 1). Le stime recenti di altre istituzioni (OCSE, FMI, Commissione UE) confermano una crescita tra il 3,5 e il 4,1 per cento.[1]
L’inasprimento della crisi e delle chiusure ha avuto un impatto negativo anche sui conti pubblici. Anche se nel 2020 il deficit è stato sotto le aspettative (157 miliardi e 9,5 per cento del Pil, contro previsioni tra il 10 e l’11 per cento), le prospettive per il 2021 sono peggiorate. La Legge di Bilancio prevedeva un deficit di 123 miliardi (7,0 per cento del Pil). In seguito, a gennaio era stato approvato uno scostamento di bilancio di 32 miliardi, ora già completamente utilizzato dal DL Sostegni. A questo il Presidente Draghi ha annunciato che si aggiungerà un ulteriore scostamento, che potrebbe essere nell’ordine di 20 miliardi.[2] Quindi, il deficit nel 2021 sarebbe di 175 miliardi (123+32+20). Inoltre, il peggioramento della crescita dal 6,0 al 3,5 per cento potrebbe aumentare ulteriormente il rapporto deficit-Pil a causa delle minori entrate conseguenti. D’altra parte, questo rapporto è stato più basso di circa 1 punto percentuale nel 2020, per maggiori entrate e/o per minori spese rispetto alle previsioni. Ipotizziamo che il minor deficit del 2020 possa compensare la perdita di entrate dovuta al rallentamento in corso. Con un deficit a 175 miliardi, il rapporto deficit-Pil sarebbe del 10,2 percento nel 2021, in leggero aumento rispetto al 2020 (Tav. 1). Questo deficit sarebbe di circa 50 miliardi e 3,2 punti percentuali superiore rispetto alle previsioni della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2020 (NADEF 2020, pubblicata in settembre).[3]
Il rallentamento della crescita e l’aumento del deficit si rifletterebbero anche sul livello del debito pubblico. Questo a fine 2020 aveva raggiunto 2.569 miliardi, cioè il 155,6 per cento del Pil, il livello maggiore dalla prima guerra mondiale, seppur leggermente inferiore alle previsioni. Le stime della NADEF 2020 indicavano che già nel 2021 la crescita del rapporto debito-Pil si sarebbe arrestata grazie alla ripresa. Il mix di minor crescita e maggior deficit si tradurrebbe invece in un aumento del debito a quasi 2.750 miliardi, che corrisponderebbero al 159,6 per cento del Pil (Tav. 1 e Fig. 1).
La buona notizia è però che, come nel 2020, anche nel 2021 il fabbisogno di risorse dello Stato italiano sarà coperto quasi per metà dalle istituzioni europee: su una stima di 539 miliardi tra titoli in scadenza (364 miliardi) e deficit (175 miliardi), le istituzioni europee coprirebbero circa 252 miliardi, circa il 47 per cento. Tra esse, la Banca Centrale Europe (BCE) farebbe ancora la parte del leone, acquistando approssimativamente 230 miliardi di titoli di Stato, di cui si può ipotizzare che oltre 70 miliardi saranno destinati al rinnovo di titoli in scadenza e 160 a nuovi acquisti. Dall’Unione Europea dovrebbero arrivare poi 11 miliardi di prestiti a tassi negativi corrispondenti alle ultime due erogazioni del programma SURE e altri 11 miliardi di prestiti del programma NGEU (Recovery Fund), oltre ai 14 miliardi a fondo perduto che copriranno spese non incluse nel deficit (Tav. 1).[4] Inoltre, nel 2021 come nel 2020, la somma di nuovi acquisti della BCE (160 miliardi) e prestiti SURE e NGEU (22 miliardi) coprirebbe l’intero deficit (175 miliardi).
Grazie al sostegno delle istituzioni europee, nel 2021 la quota di debito pubblico detenuta dai mercati finanziari dovrebbe diminuire dal 120,9 al 115,6 per cento del Pil, contro il 112,0 di fine 2019 (Fig. 1). Di conseguenza, nonostante l’incremento complessivo del debito, l’esposizione dell’Italia verso i mercati finanziari si ridurrebbe, traducendosi, anche grazie alla politica monetaria espansiva, in un minor costo del debito. Di conseguenza, a fine 2021 il 27 per cento circa del debito pubblico italiano sarebbe detenuto dalle istituzioni europee.