Le conseguenze della crisi sulla finanza pubblica: un confronto tra economie avanzate
di Matilde Casamonti e Giulio Gottardo
16 aprile 2021
L’intensità delle recessioni dovute alla crisi del Covid è stata molto diversa tra paesi e altrettanto eterogene sono state le politiche fiscali di risposta. In genere, i paesi anglosassoni hanno registrato deficit maggiori, anche a parità di contrazione del Pil. Nell’Europa continentale, i paesi più colpiti (Spagna, Italia) hanno dovuto incrementare il deficit di più rispetto agli altri (Germania e paesi nordici). Inoltre, dato che la crisi è stata più grave nell’Europa meridionale, il debito pubblico dei questi paesi è aumentato di più rispetto a quello dei paesi del Nord Europa. Questo fenomeno ha accelerato la divergenza tra le finanze pubbliche dei paesi europei. Secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, già dall’anno prossimo la differenza fra il debito dell’Italia e quello della Germania supererà 90 punti di Pil.
La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 17 aprile 2021.
* * *
La crisi economica causata dalla pandemia ha provocato cadute del Pil senza precedenti.[1] Per fornire sostegno alle attività più colpite e sostenere la ripresa, i governi hanno reagito incrementando i deficit pubblici che, tra misure discrezionali e stabilizzatori automatici, hanno raggiunto i livelli più alti dalla Seconda Guerra mondiale.[2] Le politiche fiscali dei vari paesi non sono state omogenee. Concentrandosi sulle principali economie avanzate, nel 2020 i rapporti deficit/Pil erano compresi tra valori relativamente contenuti, come il 4,2 per cento della Germania, e livelli davvero inediti, come il 15,8 per cento degli Stati Uniti. Queste differenze non sono completamente riconducibili alla diversa gravità della crisi economica. Per esempio, a fronte di una caduta del Pil reale di quasi 5 punti, la Germania ha reagito con un’espansione fiscale del 5,5 per cento del Pil, il Giappone del 9,1 per cento (Fig .1).[3]
I grandi paesi dell’Eurozona hanno approvato espansioni fiscali più contenute rispetto a quelli anglosassoni, anche a parità di caduta del Pil. All’interno dell’Eurozona, i paesi colpiti da recessioni più gravi (Spagna, Italia) hanno incrementato maggiormente il deficit rispetto a quelli meno colpiti (Germania, ma anche Paesi Bassi e Finlandia).
Secondo le previsioni del Fondo Monetario, anche nel 2021 i paesi avanzati manterranno deficit elevati, sia per sostenere attività e famiglie colpite dalla crisi, sia per sostenere la ripresa (Fig. 2).[4]
Le differenze nei deficit pubblici e nelle cadute del Pil si traducono necessariamente in differenze molto marcate nella dinamica del rapporto debito-Pil. I paesi dell’Europa meridionale sono stati penalizzati sia dalle recessioni più gravi, sia dal maggior livello del debito pubblico prima della crisi (Fig. 3).[5]
Per quanto riguarda l’incremento del debito pubblico, nonostante i deficit elevati, i paesi anglosassoni non hanno registrato gli aumenti maggiori, grazie a contrazioni del Pil nominale più contenute.[6] Similmente, i paesi dell’Europa settentrionale, Germania in testa, hanno beneficiato di un incremento del debito contenuto, dovuto sia a deficit minori, sia alle cadute del prodotto relativamente modeste. Infine, i debiti dei paesi come Italia e Spagna, a causa delle recessioni profonde e dei deficit elevati, hanno registrato gli aumenti maggiori. Questa dinamica ha quindi consolidato la divergenza tra i livelli dei debiti pubblici di Nord e Sud Europa.
Per cogliere questo fenomeno si può guardare la serie storica della differenza tra il rapporto debito-Pil italiano e quello tedesco. Questo dato, già in rapida crescita dal 2011, cioè dalla crisi dei debiti sovrani, con la crisi attuale ha raggiunto il massimo storico dalla Seconda Guerra mondiale, cioè quasi 90 punti. Inoltre, secondo le stime del FMI, non diminuirebbe nemmeno nei prossimi anni, arrivando a circa 94 punti nel 2026, poiché la Germania sarebbe su un sentiero di riduzione del debito più rapido (Fig. 4).
È probabile che divergenze di questa entità creino nuove tensioni all’interno dell’Unione Europea. L’anno prossimo dovrebbero tornare in vigore le regole sui bilanci pubblici e non sarà facile trovare delle formule che possano contemperare situazioni tanto diverse. Soprattutto, qualora l’inflazione dovesse aumentare, per esempio a causa di una ripresa sostenuta a pandemia finita, la BCE non potrebbe continuare l’attuale politica monetaria espansiva. Di conseguenza, in queste condizioni potrebbero nascere nuove tensioni sia sul fronte politico che su quello finanziario.
[3] Le dimensioni dell’espansione fiscale non coincidono con il deficit, ma sono calcolate come l’incremento del deficit rispetto all’anno precedente rapportato al Pil dell’anno precedente (e non di quello corrente).
[4] I deficit attualmente previsti per il 2021 non tengono sempre conto di eventuali misure discrezionali ulteriori, che potrebbero aggiungersi a quelle già approvate. Ad esempio, le stime dell’FMI per l’Italia non includono il decreto Sostegni (32 miliardi) e il successivo decreto già annunciato (probabilmente di entità simile o maggiore).
[5] La scomposizione della crescita del rapporto debito-Pil è la seguente:
dove D è il debito, Y il Pil nominale, d il deficit, g tasso di crescita di Y, ε l’aggiustamento stock-flow, t il tempo.
[6] Mentre Stati Uniti e Australia hanno beneficiato di recessioni molto meno gravi di quelle europee meridionali, nel Regno Unito, nonostante una caduta simile a quella spagnola del Pil reale, il Pil nominale si è contratto solo del 4,7 per cento, contro il 7,8 per cento dell’Italia e il 10,0 per cento della Spagna. Questa differenza potrebbe essere spiegata dal diverso metodo di calcolo del Pil reale per quanto riguarda l’output dei servizi nel Regno Unito. In ogni caso, questo si traduce in un aumento minore del rapporto debito-Pil nel Regno Unito, dovuto alla diminuzione più contenuta del Pil nominale. Vedi: https://iea.org.uk/the-relatively-large-fall-in-uk-gdp-partly-reflects-better-data/.