Perché l’intensità della crisi economica è tanto diversa fra paesi simili?
di Giampaolo Galli, Giulio Gottardo
10 settembre 2020
L’epidemia di covid-19 ha causato una crisi economica senza precedenti a livello globale. Vi sono tuttavia notevolissime differenze fra paesi. Quali fattori hanno determinato queste differenze? Perché in sei mesi il PIL della Germania è caduto “solo” dell’11,5 percento, mentre quello della Spagna quasi del 23 per cento? Ciò che meglio spiega questo fenomeno è la combinazione tra intensità dei lockdown, composizione settoriale delle varie economie e paura dell’epidemia. In particolare, quest’ultimo fattore ha spinto le persone nei paesi più colpiti a ridurre le proprie attività ancora di più di quanto non fosse previsto dalle norme sui lockdown, aggravando in modo rilevante la caduta del PIL. La presenza di un “effetto paura” relativamente forte sulla crescita del PIL rende il trade-off tra misure anti-covid-19 e salvaguardia dell’economia più complesso. I lockdown hanno inevitabilmente contribuito alla recessione ma, salvando vite, hanno anche contribuito ad attenuare la paura delle persone. Occorre quindi trovare una giusta via di mezzo: convivere col virus con adeguata prudenza.
*La nota è stata ripresa da Il Sole 24 ore in questo articolo del 10 settembre 2020 e da We Wealth in questo articolo dell'11 settembre 2020.
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Le recessioni nei paesi avanzati
Nelle economie avanzate la recessione causata dall’epidemia di Covid-19 è stata a tutti gli effetti senza precedenti: oltre alla drammatica perdita di vite umane, in meno di sei mesi molti paesi sono tornati ai livelli di produzione (PIL) di circa 20 anni fa. Tuttavia, così come l’epidemia ha colpito alcuni paesi più gravemente di altri, allo stesso modo le conseguenze economiche sono state tutt’altro che omogenee. Gli elementi in comune tra i vari paesi sono stati la diffusione del virus e l’attuazione tra marzo e aprile di misure anti-contagio, quali chiusure, divieti e lockdown. Oltre alle differenze nelle tempistiche dell’epidemia e delle contromisure, l’intensità dei lockdown è stata molto eterogenea tra paesi, così come l’impatto sui diversi settori. La gravità delle recessioni conseguenti è stata altrettanto eterogenea (Fig. 1). Che cosa può spiegare le differenze di performance economica tra i paesi avanzati? Com’è possibile che la recessione sia stata così grave in Spagna e nel Regno Unito rispetto a Germania, Australia o Finlandia?
Effetto dei lockdown
La spiegazione più immediata per le differenze di performance economica sono i lockdown: alcuni paesi (ad es. Spagna e Italia) hanno implementato lockdown lunghi e severi, che prevedevano la chiusura di moltissime attività produttive, mentre altri, prima fra tutti la Svezia, hanno seguito un approccio più leggero, anche grazie alla minore gravità dell’epidemia. Una misura della reale intensità dei lockdown può essere la diminuzione media del traffico automobilistico nel periodo febbraio-giugno rispetto a gennaio. Infatti, sia le norme anti-contagio che il rischio di ammalarsi hanno spinto le persone a modificare le loro abitudini, generalmente limitando i movimenti ed evitando alcune attività. La correlazione tra l’intensità del lockdown e la caduta del PIL è evidente (Fig. 2): nei paesi in cui le persone sono “rimaste a casa” più a lungo e con più divieti la recessione è stata peggiore.
La limitazione delle attività e del movimento dei cittadini dipende innanzitutto dalle norme implementate: una misura della loro intensità è l’Oxford COVID-19 Government Response Tracker (OxCGRT), un indice elaborato all’Università di Oxford che misura appunto la severità delle norme anti-contagio adottate da ciascun paese fino ad oggi[1]. I paesi con le politiche più stringenti e durature nel periodo febbraio-giugno secondo questo indice sono circa gli stessi in cui il calo del traffico automobilistico è stato più marcato.
Effetto della paura
Le persone potrebbero decidere spontaneamente di limitare spostamenti e attività se impaurite dalla prospettiva di ammalarsi. Questo fenomeno è stato già osservato negli Stati Uniti, in cui il confronto tra gli abitanti di zone limitrofe appartenenti a stati federali diversi ha fatto emergere come i cittadini degli stati meno stringenti tendessero a limitare comunque gli spostamenti, quasi quanto coloro per i quali vigevano norme più restrittive. In altre parole, la percezione della gravità della situazione circostante può avere un effetto sulle decisioni individuali simile alle limitazioni imposte dalle norme (Goolsbee, A. e Syverson, C., 2020, “Fear, Lockdown, and Diversion: Comparing Drivers of Pandemic Economic Decline 2020”, NBER Working Paper 27432). Per esempio, il numero di morti per milione di abitanti può essere considerato una misura dell’effettiva gravità della pandemia e quindi anche un indicatore della possibile paura delle persone. Così come l’intensità dei lockdown, anche il numero di morti per milione di abitanti è estremamente eterogeneo tra i paesi avanzati (Fig. 3).
L’effetto della composizione settoriale
A questi due fattori, per spiegare le differenze tra le recessioni, si possono aggiungere le caratteristiche strutturali delle economie colpite. Alcuni settori hanno sofferto e continuano a soffrire più di altri: l’esempio più evidente è il turismo e, più in generale, tutte le attività di “alloggi e ristorazione” (hotel, ristoranti, bar ecc.), fruite dai clienti quasi esclusivamente “in presenza”. Infatti, le economie in cui questo settore rappresenta una maggiore quota del PIL hanno sofferto in genere di più (la Fig. 4 mostra questa correlazione). Altri settori molto colpiti sono stati l’istruzione, i servizi alla persona, l’edilizia e la fabbricazione automobili e altri mezzi di trasporto[1]. Un fattore qui non considerato ma potenzialmente rilevante è la dipendenza dal commercio internazionale, che con la pandemia è stato enormemente ridimensionato. Tuttavia, poiché i paesi considerati sono economie avanzate con un elevato grado di integrazione nelle catene del valore globali, è probabile la che dipendenza dal commercio possa spiegare solo in piccola parte le differenze tra paesi.
Cosa spiega meglio l’intensità delle recessioni?
Riassumendo: i fattori principali che possono aver determinato le differenze di crescita del PIL dei paesi avanzati durante il primo semestre 2020 sono le politiche di lockdown, la paura delle persone e le caratteristiche settoriali delle diverse economie. Per verificare quest’ipotesi si può costruire un semplice modello in cui la performance del PIL da gennaio a giugno 2020 è determinata dalla severità delle restrizioni (l’indice OxCGRT), dal numero di morti per milione di abitanti e dal peso di due tra i settori più colpiti (ovvero “alloggi e ristorazione” e “fabbricazione di mezzi di trasporto”). Per tenere conto delle differenze pre-covid-19 nella crescita dei vari paesi, la performance del PIL consiste nella perdita di prodotto avvenuta nel primo semestre 2020 rispetto ad uno scenario in cui ciascun paese sarebbe continuato a crescere allo stesso tasso del 2019. Inoltre, si può includere la crescita del 2019 tra le variabili esplicative del modello, in modo da escludere eventuali benefici derivanti dalla situazione economica precedente, concentrandosi sugli effetti delle variabili d’interesse. I risultati di questo esercizio sono riportati nella Tavola 1.
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La Tavola 1 mostra che il modello descritto è in grado di “spiegare” più dell’80 percento delle differenze tra le recessioni dei paesi in questione. In particolare, i fattori statisticamente più significativi sono il peso dei settori più colpiti sul PIL, il numero di morti per milione di abitanti e, infine, la severità delle politiche implementate. È interessante notare come i morti contribuiscano negativamente alla performance economica anche “a parità di restrizioni”, poiché l’effetto delle norme è già catturato dalla variabile sulla severità del lockdown. In altre parole, a prescindere dalle restrizioni, un maggior numero di morti si associa ad una recessione peggiore. Questo risultato è coerente con la tesi secondo cui l’epidemia ha influenzato il comportamento delle persone al di là dei lockdown. Infatti, nei paesi più colpiti c’è stato un calo della produzione maggiore di quanto fosse prevedibile in base agli eventuali divieti, verosimilmente a causa di un “effetto paura” che ha incentivato le persone a rimanere a casa e anche a ridurre i consumi, per il timore di una caduta del reddito dovuta alla possibile perdita del posto di lavoro e alla contrazione del volume di affari.
Stima dell’impatto dell’“effetto paura”
Questo effetto, grazie al modello appena presentato, può essere stimato, e corrisponde ai punti di PIL persi da ciascun paese associabili esclusivamente alla mortalità del virus (e non agli altri fattori analizzati). La Figura 5 riassume il contributo dell’“effetto paura” alla caduta del PIL nei paesi analizzati. Chiaramente, i paesi in cui l’impatto del virus è stato più grave sono anche quelli in cui la paura ha contribuito di più alla recessione. In cima alla lista compaiono sia paesi molto colpiti con lockdown duri (Belgio, Spagna, Regno Unito e Italia), sia paesi con lockdown lievi e più tardivi, ma comunque con parecchi morti (Svezia e Stati Uniti in primis). In ogni caso, questo effetto “spiega” più di 4 dei punti percentuali di PIL persi da grandi paesi quali Spagna, Regno Unito, Italia e Francia.
Conclusione
Le differenze tra paesi in termini di effetti economici della pandemia sono riconducibili a tre fattori principali: la durezza delle politiche di contrasto alla diffusione del virus, l’effetto della paura del contagio sul comportamento delle persone e la composizione settoriale delle economie stesse. La presenza di un “effetto paura” relativamente forte sulla crescita del PIL rende il trade-off tra misure anti-covid-19 e salvaguardia dell’economia più complesso. I lockdown hanno inevitabilmente contribuito alla recessione ma, salvando vite, hanno anche contribuito ad attenuare la paura delle persone. Occorre quindi trovare una giusta via di mezzo: convivere col virus con adeguata prudenza. Infine, le nostre stime suggeriscono che gli effetti settoriali siano stati importanti, giustificando le misure da hoc che sono state prese in vari paesi a sostegno dei settori più colpiti, a cominciare dalla filiera del turismo.
[1] L’indice in questione misura comparativamente da 0 a 100 la severità delle politiche adottate nei seguenti ambiti: chiusura delle scuole, chiusura dei luoghi di lavoro, cancellazioni di eventi pubblici, norme sugli assembramenti, chiusura dei trasporti pubblici, quarantena dei cittadini, limitazioni ai viaggi internazionali, misure economiche, campagne di informazione, politica su tamponi e test sierologici, tracciamento degli infetti, risorse aggiuntive per la sanità e risorse per il vaccino (Hale, T., Angrist, N., Cameron-Blake E., Hallas, L., Kira, B., Majumdar, S., Petherick, A., Phillips, T., Tatlow, H., Webster, S., 2020, “Variation in government responeses to COVID-19”, BSG-WP-2020/032, https://www.bsg.ox.ac.uk/research/research-projects/coronavirus-government-response-tracker )
[2] Per esempio, il rapporto dell’Office for National Statistics (ONS) britannico riporta quanto ciascun settore ha contribuito alla caduta del PIL nel secondo trimestre, evidenziando queste differenze (Office for National Statistics, 2020, “GDP first quarterly estimate, UK: April to June 2020”, https://www.ons.gov.uk/economy/grossdomesticproductgdp/bulletins/gdpfirstquarterlyestimateuk/apriltojune2020 ).
[3] I paesi inclusi sono Australia, Austria, Belgio, Rep. Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Giappone, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna, Svizzera e Regno Unito, ovvero le economie avanzate dell’OCSE per le quali sono disponibili tutti i dati necessari. Purtroppo per Canada, Grecia, Israele, Lussemburgo, Nuova Zelanda, Polonia, Slovenia e Stati Uniti non sono disponibili dati settoriali comparabili e recenti.