Deficit pubblico nel 2020: come in guerra
di Carlo Cottarelli e Stefano Olivari
22 gennaio 2021
Il livello di deficit pubblico raggiunto nel 2020 se confrontato col passato tenendo conto del diverso tasso di inflazione (come dovrebbe essere fatto per valutarne l’impatto “reale” sulla finanza pubblica) è molto più elevato di quello osservato negli anni ’70 e ’80 ed è confrontabile solo con i deficit osservati nel corso della prima e della seconda guerra mondiale. Il Covid ha avuto quindi un impatto sui conti pubblici paragonabile a quello dei conflitti mondiali.
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Nel 2020 il rapporto tra deficit pubblico e Pil ha raggiunto livelli molto elevati. Sulla base delle informazioni disponibili il deficit nel 2020 dovrebbe attestarsi intorno ai 180 miliardi, ossia 10,8 per cento del Pil.[1] Nel 2021 il deficit, tenendo conto del recente scostamento di bilancio e anche assumendo che questo sia l’ultimo, come indicato da esponenti del governo, potrebbe scendere a 155 miliardi, l’8,8 per cento del Pil (Tav.1).
Tavola 1: Ipotesi OCPI su debito, deficit e “operational deficit”.
Qualcuno, guardando la serie storica del deficit, potrà notare che comunque in passato abbiamo già avuto periodi relativamente recenti con livelli percentuali di deficit così elevati, per esempio negli anni ’80 (Fig.1). Vero, ma all’epoca l’inflazione era elevata e gonfiava artificialmente il deficit al di là di quanto fosse in termini reali. Infatti, il deficit, come convenzionalmente definito, non tiene conto della cosiddetta “inflation tax”, ossia dell’erosione causata dall’inflazione sul valore del capitale investito in titoli di stato in circolazione. Questa tassa da inflazione frena comunque la crescita del rapporto tra debito pubblico e Pil e dovrebbe quindi essere considerata in una definizione “economica” di deficit. Tale definizione è quella considerata dal cosiddetto “operational deficit” (o deficit operativo), cioè il deficit corretto per effetti derivanti dall’erosione del capitale investito in titoli di stato dovuta all’inflazione. Per calcolare il deficit operativo occorre aggiungere al deficit non corretto il prodotto tra il tasso di inflazione dell’anno in corso e lo stock di debito denominato in valuta domestica alla fine del periodo precedente.
Figura 1: Serie storica del deficit in percentuale di Pil.
Il deficit operativo è attualmente quasi uguale a quello misurato convenzionalmente perché l’inflazione è bassa. Nel 2020 il deficit non corretto per l’inflazione è stimato, come si è detto, al 10,8 per cento di Pil, mentre quello operativo sarebbe del 9,2 per cento. Per il 2021, il deficit operativo (corrispondente a un deficit non corretto dell’8,8 per cento del Pil) sarebbe del 7,6 per cento. Nell’ultimo trentennio dello scorso secolo, però, il deficit operativo era molto più basso di quanto apparisse (Fig.2). Per trovare un deficit vicino a quello del 2020 si deve tornare all’inizio degli anni ’40 (8,7 percento del Pil nel 1940). In altri termini, lo shock ai conti pubblici subito nel 2020 è simile (anzi leggermente superiore) a quello dovuto alla seconda guerra mondiale.
Figura 2: Serie storica dell’”operational deficit” in percentuale di Pil.
Deficit operativi molto elevati furono osservati anche negli anni 1931-1933. Tuttavia, quel periodo fu caratterizzato da una profonda deflazione, iniziata nel 1927 e durata fino al 1933, con un tasso medio del -7,3 per cento. Di conseguenza il deficit anziché erodersi per l’inflazione, subiva un incremento.
Nel 1922 l’”operational deficit” raggiunse un picco di 11,9 per cento di Pil, sempre a causa della deflazione, che aggravava il problema. In quel periodo tra l’altro, il rapporto debito pubblico su Pil raggiungeva uno dei suoi picchi più elevati a causa della svalutazione della lira che fece esplodere la componente di titoli pubblici detenuti in valuta estera.
Ancora più indietro nel tempo, il massimo assoluto dell’”operational deficit” fu raggiunto nel 1915, 14,9 per cento di Pil, quando si iniziò a spendere per finanziare i costi della prima guerra mondiale.
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