Il vertice NATO dell’Aia ha avuto come principale risultato la fissazione di un nuovo obiettivo di spesa per la difesa: entro il 2035, questa dovrà raggiungere in ognuno dei Paesi membri il 5% del Pil, di cui almeno un 3,5% per “core military spending” e fino all’1,5% in “defence and security-related spending”. Questa nota analizza la storia del rapporto spesa militare-Pil dalla fondazione della NATO ad oggi: è dal 1954 che l’Italia non ha un rapporto tra spesa per la difesa e Pil di almeno il 3,5%.
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Al vertice NATO dell’Aia del 24-25 giugno, i rappresentanti dei 32 Paesi membri hanno deciso di aumentare la spesa per la difesa al 5% del Pil entro il 2035, di cui almeno un 3,5% per spese per la difesa nell’attuale definizione (riassunta con il termine “core military spending”), soglia molto più alta del 2% fissata nelle precedenti linee guida NATO, e fino all’ 1,5% per “defence and security-related spending”. La definizione specifica di queste non è chiarita se non dicendo che si tratterà di spese per, inter alia, “proteggere le nostre infrastrutture critiche, difendere le nostre reti, garantire la nostra preparazione e resilienza civile, liberare l'innovazione e rafforzare la nostra base industriale di difesa”.[1] Visto che la definizione delle spese rientranti nell’1,5% non è ancora chiara, nel seguito ci concentriamo sulla spesa “core”.
Il nuovo obiettivo del 3,5% rappresenta una svolta storica per l’Italia: la nostra spesa per la difesa è stata per gran parte del dopoguerra molto più bassa. La serie storica della nostra spesa per la difesa, nella definizione NATO, è riportata nella Fig.1, per riferimento, insieme a quella pubblicata dal SIPRI (Stockholm Institute Peace Research Institute), cui molti fanno riferimento, ma da cui differisce per la definizione di cosa costituisce spesa per la difesa e per i valori del Pil in alcuni anni.[2]
Dal 1949 (anno del Trattato di Washington che fondò la NATO), la spesa italiana è scesa tendenzialmente. Il valore massimo fu raggiunto nel 1952 (4,1% del Pil). L’ultimo anno con una spesa di almeno il 3,5% fu il 1954 (3,6%).
Dagli anni ‘60, il rapporto non ha mai superato il 3%, continuando il trend decrescente iniziato dai primi anni ’50. Si resta però sopra al 2% fino al 1989, anno del crollo del Muro di Berlino. Durante questo trentennio, il rapporto è aumentato solo in pochi anni (1966, 1972, 1987).
Dal 1990 in poi, il calo continua, fino a raggiungere un minimo nel 2015 (1,06%), per poi aumentare dopo il vertice NATO di Cardiff del 2014, dove venne ribadito, con maggiore enfasi alla luce dell’invasione della Crimea, il rispetto della soglia del 2% di spese militari, già fissato precedentemente. Nel 2020 il rapporto raggiunge l’1,6%, non per un aumento della spesa, ma per la caduta del Pil dovuta alla pandemia Covid. Nel 2024, la spesa militare su Pil ha raggiunto l’1,5% (più precisamente l’1,46% del Pil).[3]
Cosa sappiamo sul 2025? Lo scorso novembre, in un’audizione parlamentare, il ministro Crosetto ha indicato che, grazie ai nuovi stanziamenti nella legge di bilancio, la spesa per la difesa sarebbe cresciuta all’1,6% del Pil per il triennio 2025-27.[4] Tuttavia, più di recente Crosetto ha indicato quanto segue, presumibilmente come conseguenze di una reinterpretazione di come vadano classificate certe nostre spese militari secondo la definizione NATO: “abbiamo trasmesso oggi i nostri dati di bilancio alla NATO, certificando questo raggiungimento (del 2%, ndr). Sappiamo benissimo che le richieste che ci saranno al vertice di giugno rendono questo un punto di partenza”.[5] Occorrerà verificare se questa riclassificazione di certe spese come spese per la difesa sarà accettata dalla NATO.
In conclusione, il livello della spesa militare italiana negli ultimi settant’anni è distante rispetto ai nuovi obiettivi fissati in sede NATO. Mentre l’Italia ha oscillato negli anni attorno all’1,5% del Pil, il nuovo obiettivo del 3,5% rappresenta un salto sostanziale, con implicazioni finanziarie rilevanti. Tradotto in cifre, e considerando il Pil del 2024, significherebbe passare da una spesa attuale di circa 32 miliardi di euro secondo stime NATO a oltre 76 miliardi: questo aumento di 44 miliardi corrisponde,[6] per dare un termine di paragone concreto, al 57% della spesa pubblica per l’istruzione. A queste spese si devono aggiungere quelle, presumibilmente almeno in parte aggiuntive, per arrivare all’1,5% di "defence-and-security related spending”.
Appendice – La definizione NATO della spesa “core” per la difesa
La dichiarazione firmata dai Paesi NATO al termine del Summit dell’Aia indica che la spesa per la difesa dovrà salire ad almeno il 3.5% del Pil “sulla base della definizione concordata dalla NATO di spese per la difesa”. Qual è questa definizione? Riportiamo nel seguito la definizione ufficiale di spesa per la difesa tratta dal sito NATO.[7]
NATO has a common definition of defence expenditure since the early 1950s. The definition is agreed by all NATO Allies.
Defence expenditure is defined by NATO as payments made by a national government (excluding regional, local and municipal authorities) specifically to meet the needs of its armed forces, those of Allies or of the Alliance. For the purposes of this definition, the needs of the Alliance are considered to consist of NATO common funding and NATO-managed trust funds. The list of eligible NATO trust funds is approved by all Allies.
A major component of defence expenditure is payments for Armed Forces financed from within the Ministry of Defence budget. Armed Forces include land, maritime and air forces as well as joint formations, such as Administration and Command, Special Operations Forces, Medical Service, Logistic Command, Space Command, Cyber Command. They might also include parts of other forces such as Ministry of Interior troops, national police forces, coast guards etc. In such cases, expenditure is included only in proportion to the forces that are trained in military tactics, are equipped as a military force, can operate under direct military authority in deployed operations, and can, realistically, be deployed outside national territory in support of a military force. Expenditure on other forces financed through the budgets of ministries other than the Ministry of Defence is also included in defence expenditure.
Retirement pensions made directly by the government to retired military and civilian employees of military departments and for active personnel is included in the NATO defence expenditure definition.
Expenditures for stockpiling of war reserves of finished military equipment or supplies for use directly by the armed forces are included.
If expenditures for operations, missions, engagements, and other activities are appropriated under the defence budget, they are included in the NATO definition. Expenditure for peacekeeping and humanitarian operations, paid by the Ministry of Defence or other ministries, the destruction of weapons, equipment and ammunition, and the costs associated with inspection and control of equipment destruction are included in defence expenditure.
Expenditure for the military component of mixed civilian-military activities is included, but only when the military component can be specifically accounted for or estimated. For example, these include airfields, meteorological services, aids to navigation, joint procurement services, research and development.
Research and development (R&D) costs are included in defence expenditure. R&D costs also include expenditure for those projects that do not successfully lead to production of equipment.
Military and financial assistance by one Ally to another, specifically to support the defence effort of the recipient, should be included in the defence expenditure of the donor nation and not in that of the recipient.
With respect to military and financial assistance to a partner country, Allies can report their contributions to eligible NATO-managed trust funds related to defence projects. Military equipment and weapons donated from national stocks to a partner country, as well as assistance by military personnel in training are already included. Money provided by other government departments than the Ministry of Defence, through other international organisations, or in the form of direct military aid, is not eligible.
Expenditure on NATO common infrastructure is included in the total defence expenditure of each Ally only to the extent of that country’s net contribution. War damage payments and spending on civil defence are both excluded from the NATO definition of defence expenditure.
NATO uses United States dollars (USD) as the common currency denominator. The exchange rate applied to each Ally is the average annual rate published by the International Monetary Fund.
[1] Per i precedenti accordi NATO vedi Vilnius Summit Communiqué issued by NATO Heads of State and Government, NATO, 2023, e Wales Summit Declaration issued by NATO Heads of State and Government, NATO, 2014. Per l’accordo dell’Aia vedi, Official text: The Hague Summit Declaration issued by NATO Heads of State and Government, NATO, 25 giugno 2025. La definizione NATO di spese per la difesa include: spese per gli armamenti delle forze armate (esercito, marina, aviazione e comandi speciali), per il personale (comprese pensioni e stipendi), per l’accumulo di riserve belliche, per operazioni militari, missioni di peacekeeping e operazioni umanitarie, nonché ricerca e sviluppo militare. Rientrano anche l’assistenza militare e finanziaria a un altro alleato (il Comunicato dell’Aia ribadisce che il sostegno all’Ucraina rientra in questa categoria), le infrastrutture per la difesa (es. aeroporti militari) e le componenti militari di attività miste civile-militare, purché quantificabili. Non sono comprese, in questa definizione “core”, le spese per la difesa civile, i pagamenti per danni di guerra, né gli aiuti militari diretti a Paesi non alleati se non tramite fondi NATO riconosciuti. Per maggiori informazioni, Defence expenditures and NATO’s 2% guideline, NATO, aggiornato il 17 giugno 2025. Vedi Appendice per la completa definizione NATO di spesa per la difesa.
[2] I nostri dati sulla spesa in termini monetari provengono dalle pubblicazioni NATO, mentre per il Pil vengono usati i più recenti dati di contabilità nazionale riportati dall’Istat dal 1995 e, per il periodo precedente, dalla banca dati della Commissione Europea (AMECO). Per maggiori informazioni, sulle definizioni SIPRI vedi Sources and methods | SIPRI.
[3] La più recente pubblicazione della NATO riporta l’1.49%, ma la serie del Pil utilizzata non include la revisione quinquennale della serie del Pil operata dall’Istat lo scorso febbraio.
[4] Vedi la nota OCPI La spesa italiana per la difesa: quanto lontani siamo dal requisito del 2% del Pil, 29 novembre 2024.
[5] Vedi Crosetto: "Il raggiungimento del 2% e' un risultato importante", Ansa, 15 maggio 2025.
[6] Questo aumento di 44 miliardi sarebbe quello necessario se l’obiettivo del 3,5% fosse raggiunto nel 2025 partendo da una spesa dell’1,5% del Pil nel 2024. Questo risultato deve essere qualificato in due modi. Primo, l’obiettivo deve essere raggiunto nel 2035, non ora. Ipotizzando una crescita del PIL pari all’1% annuo (e facendo il calcolo “a prezzi 2025”), l’incremento della spesa richiesto per il 2035, rispetto a uno scenario in cui la spesa restasse all’1,5%, ammonterebbe a circa 52 miliardi. Secondo, se venisse riconosciuto che la nostra spesa militare è già intorno al 2% (come suggerito da Crosetto), l’aumento di spesa dovrebbe essere di circa 10 miliardi più basso di quanto sopra indicato.