La spesa per la difesa italiana è al centro del dibattito politico, soprattutto in relazione al requisito NATO di destinare il 2% del Pil a tale settore entro il 2028. Il disegno di legge di Bilancio per il 2025 prevede un aumento degli stanziamenti, ma l’Italia rimane lontana dall’obiettivo, con una spesa che è prevista salire dall’1,5% del Pil nel 2024 (con un divario rispetto al requisito di 11,2 miliardi) all’1,6% nel 2025-2027 (con un divario medio di 9,6 miliardi).
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Il disegno di legge di Bilancio 2025, in discussione in Parlamento, ha previsto un aumento degli stanziamenti per le spese di difesa, con l’obiettivo di avvicinarsi al requisito NATO di destinare il 2% del Pil a tali spese entro il 2028. Tuttavia, nonostante i nuovi stanziamenti previsti, resteremmo lontani dall’obiettivo e nuovi interventi saranno probabilmente necessari.
Le definizioni di spese per la difesa
Il bilancio ordinario del Ministero della difesa include tre settori di spesa strettamente legati alla difesa del Paese (“funzione difesa”):
- Personale, che comprende le retribuzioni del personale (militare e civile), in servizio, con e senza rapporto continuativo d’impiego;
- Esercizio, che comprende le attività di addestramento e formazione, piccola manutenzione dei mezzi e delle infrastrutture, mantenimento delle scorte e voci correlate a garantire funzionalità ed efficienza militare;
- Investimento, che comprende le spese per ammodernamento e rinnovamento dello strumento militare e al suo sostegno (ricostituzione scorte e grandi manutenzioni) e le spese di ricerca.
Oltre a queste ci sono altre voci non relative alla difesa in senso stretto: la sicurezza del territorio (le spese dell’Arma dei Carabinieri), le funzioni esterne e le pensioni provvisorie del personale in ausiliaria.
Per arrivare alla definizione utilizzata dalla NATO per verificare il raggiungimento del sopracitato obiettivo del 2% del Pil, occorre da un lato sottrarre al bilancio del Ministero della Difesa le spese non relative alla funzione difesa e dall’altro aggiungere le spese per la difesa incluse nel bilancio di altri ministeri. Inoltre, la definizione NATO include le pensioni del personale militare e civile che fa parte della funzione difesa militare. Più precisamente, le spese del Ministero vengono corrette:[1]
- sottraendo la spesa per l’Arma dei Carabinieri, considerata spesa per un servizio di polizia, tranne la quota di tale spesa per i carabinieri impegnati in Teatri Operativi “Fuori Area” (missioni internazionali);
- detraendo dalle Pensioni Provvisorie del Personale in Ausiliaria l’importo per l’Arma dei Carabinieri (ad esclusione di quelle relative ai carabinieri in Teatri Operativi);
- aggiungendo l’importo delle pensioni INPS per personale militare e civile della Difesa, escluso la quota per l’Arma dei Carabinieri (l’importo è dell’ordine di 4-4,5 miliardi l’anno);
- aggiungendo le spese incluse nel bilancio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) a sostegno del settore investimento della difesa (essenzialmente alcune spese per armamenti dell’ordine di 3 miliardi l’anno) e nel bilancio del Ministero dell’Economia e delle Finanze (eventuali risorse previste dal PNRR, le risorse destinate a missioni sovranazionali (si tratta di un po’ più di un miliardo l’anno), operazioni in collaborazione con organizzazioni come l’Unione europea e la NATO, e programmi di investimento strategico per mantenere l’interoperabilità con i partner globali).
La spesa per la difesa nella definizione NATO nel 2024
La spesa per la difesa dell’Italia nella definizione e nelle previsioni NATO è pari a 32 miliardi di euro nel 2024, ossia l’1,5% del Pil, ben al di sotto del requisito del 2%, nonostante l’aumento rispetto a dieci anni fa (Fig. 1).[2] L’Italia si colloca così tra gli 8 Paesi NATO che non sono ancora in linea con gli impegni presi. Di questi, 6 Paesi, tra cui l’Italia, non hanno una spesa superiore all’1,5% (Canada 1,4%; Belgio, Lussemburgo, Slovenia e Spagna 1,3%). Per raggiungere il 2% richiesto, l’Italia avrebbe dovuto spendere 11,2 miliardi in più nel 2024.
Oltre a una questione di livello c’è per l’Italia una questione di composizione della spesa. Nella definizione NATO, gran parte del bilancio per la difesa è infatti destinata alle spese per il personale, che nel 2024 rappresentano il 59,4% del totale, mentre solo il 22% è riservato agli investimenti in equipaggiamenti militari e solo il 18,6% all’esercizio.[3]
Le previsioni effettuate dal Ministero della Difesa nel Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2024-2026 pubblicato nel giugno scorso indicava che, in assenza di interventi, la spesa nella definizione NATO sarebbe scesa leggermente, arrivando all’1,44% nel 2025 e 2026. Su questo quadro tendenziale si è inserita il disegno di legge di Bilancio per il 2025.
La spesa NATO alla luce del disegno di legge di Bilancio 2025
Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha indicato che per effetto della Legge di Bilancio la spesa NATO salirebbe all’1,54% del Pil nel 2024, all’1,57% nel 2025, all’1,58% nel 2026 e all’1,61% nel 2027.[4] Questo corrisponde a circa 2 miliardi in più all’anno rispetto al tendenziale sopra riportato e la spesa prevista per il 2024.
Nonostante la diversa natura delle spese (quelle NATO si riferiscono alla spesa effettiva, quelle della Legge di Bilancio si riferiscono a stanziamenti; inoltre, come discusso sopra, le definizioni di spesa sono diverse tra Ministero e NATO), l’aumento implicito nelle previsioni citate dal Ministro è coerente con l’aumento degli stanziamenti previsti nella Legge di Bilancio per il Ministero della Difesa. Per il 2025 gli stanziamenti salgono, rispetto alla precedente Legge di Bilancio, da 28,9 miliardi a 31,3 miliardi (+2,4 miliardi); quelle per il 2026 salgono da 28,7 miliardi a 31,2 miliardi (+2,5 miliardi).
Non è facile identificare a cosa corrispondono le maggiori spese previste per i prossimi anni. La Legge di Bilancio 2025 contiene solo due articoli relativi alla difesa: l’articolo 90, che stanzia 240 milioni per ciascun anno del triennio per le Forze Armate e le Forze di Polizia per “Strade Sicure” e “Stazioni Sicure” (non propriamente spesa per la difesa), e l’articolo 91, che rifinanzia la partecipazione italiana al NATO Innovation Fund (ma si tratta di soli 7,7 milioni di euro annui dal 2025 al 2027, con l’obiettivo di promuovere l’innovazione tecnologica nel settore della difesa). L’aumento riflette comunque in parte la maggior spesa per il personale relativa ai rinnovi contrattuali e a un aumento della spesa per nuovi armamenti che, secondo alcune stime, arriverebbe a 13 miliardi nel 2025.[5]
Sia come sia, anche dopo la Legge di Bilancio, la spesa per la difesa resterebbe lontana dal 2% del Pil. Il divario in miliardi sarebbe nella media 2025-2027 pari a 9,6 miliardi. Ulteriori interventi saranno quindi necessari nei prossimi anni.
[1] Le stime degli importi di correzione sotto riportate sono coerenti con quelle stimate nel documento dell’Osservatorio Mil€x, “Esplosione per le spese militari italiane: nel 2025 a 32 miliardi (di cui 13 per nuove armi)”, 30 ottobre 2024.
[2] Vedi Defence Expenditure of NATO countries (2014-2024). Questa previsione coincide con quella inclusa nel Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa 2024-26.
[3] Per un approfondimento, vedi il paper di Carlo Cottarelli e Leoluca Virgadamo “Defence expenditure in EU countries”, 9 luglio 2024.
[4] Vedi “Audizione del Ministro Crosetto sul Documento Programmatico Pluriennale”, Ministero della Difesa, 7 novembre 2024.
[5] Vedi il documento dell’Osservatorio Mil€x già citato nella nota 1.