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Rapporto Health at a Glance 2025: medici e infermieri in Italia nel confronto OCSE

12 dicembre 2025

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Rapporto Health at a Glance 2025: medici e infermieri in Italia nel confronto OCSE

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Il rapporto “Health at a Glance 2025” dell’OCSE è una miniera di dati per il confronto internazionale dei sistemi sanitari, anche sul fronte dell’occupazione nel settore. Il rapporto mostra che in Italia la quota di occupati in sanità è l’8,8% del totale, un dato inferiore alla media OCSE del 10,9% e lontano dai valori di altri Paesi europei di oltre il 20%. Il sistema sanitario italiano si conferma caratterizzato da una presenza relativamente ampia di medici, sopra la media OCSE, mentre la dotazione di infermieri è decisamente più bassa della media. I dati mostrano un aumento nel numero di laureati in medicina, che consentirà di rispondere ai pensionamenti attesi. Tra le note negative, si registra un calo dei laureati in Scienze Infermieristiche, le figure delle quali abbiamo maggiore bisogno. Il ricorso a personale formato all’estero rimane contenuto: circa l’1% dei medici e un infermiere su 20 hanno una formazione estera, valori inferiori alla media OCSE. Questa difficoltà ad attrarre personale dall’estero desta preoccupazioni viste le scelte dei giovani diplomati italiani.

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Il rapporto annuale “Health at a Glance 2025” dell’OCSE,[1] appena pubblicato, offre un’utile fotografia comparata della situazione dei sistemi sanitari dei vari Paesi membri; i dati dell’ultima edizione si fermano al 2023. Tra i temi trattati nel rapporto, questa nota si concentra sulla forza lavoro impiegata nel settore sanitario, definita dall’OCSE considerando sia il settore pubblico che quello privato, includendo tutti i fornitori di servizi sanitari: ospedali, studi medici, cliniche specialistiche, centri di riabilitazione, laboratori diagnostici e servizi di assistenza domiciliare, nonché tutte le attività volte a promuovere, ripristinare o mantenere la salute della popolazione.

Le due figure professionali principali impiegate nel settore sono i medici e gli infermieri.[2] L’Italia ha un numero di medici più elevato della media OCSE, ma con una percentuale di over 55 tra le più alte dei Paesi membri. Per gli infermieri, la situazione è critica: vi sono forti carenze già oggi (con un numero di professionisti inferiore alla media) e la situazione non è destinata a migliorare nel prossimo futuro, visto che i nuovi infermieri ogni 100mila abitanti sono tra i più bassi tra i Paesi considerati e i giovani diplomati non lo considerano un lavoro attrattivo.

A livello generale, tra 2013 e 2023, gli occupati in ambito sanitario sul totale degli occupati in Italia sono aumentati di 0,8 punti percentuali, dall’8% all’8,8% (Tav. 1). Il livello dell’occupazione nel settore è due punti percentuali inferiore rispetto alla media OCSE (10,9%). Buona parte degli altri Paesi europei supera la media OCSE e in alcuni casi mostra valori doppi rispetto all’Italia, come Norvegia (21,2%) e Olanda (17,2%).

L’ospedale rimane una delle strutture fondamentali per la produzione di servizi sanitari. La forza lavoro ospedaliera totale in Italia è di 11,7 persone ogni 1000 abitanti (Fig. 1),[3] ampiamente sotto la media OCSE (15,5). Gli altri grandi Paesi europei registrano valori maggiori rispetto a quelli italiani: il Regno Unito è oltre il doppio del valore italiano, con 27 lavoratori ogni 1000 abitanti; Francia (20,2), Germania (18,4) e Olanda (16,6) sono sopra la media, mentre la Spagna è sotto la media ma al di sopra del valore italiano (14,3).

L’ospedale è però solo uno dei tanti produttori di servizi sanitari. La Tav. 2 mostra il rapporto tra la forza lavoro ospedaliera e l’intera forza lavoro sociosanitaria: in Italia poco più di un lavoratore su 5 è impiegato in ospedale, poco al di sotto della media OCSE del 22%. Tra i Paesi con percentuale più alta, si trovano i Paesi anglosassoni (Regno Unito e Stati Uniti, rispettivamente al 32,5 e 24%), mentre Paesi del Nord Europa, come Belgio e Olanda, si fermano al 15%.

Medici

I medici attualmente impiegati in Italia sono 5,4 ogni 1000 abitanti (Fig. 2), al quarto posto tra i Paesi OCSE, e largamente sopra la media (3,9); tra i grandi Paesi, l’Italia risulta dietro a Grecia e Portogallo, mentre è superiore rispetto a Germania (4,7), Spagna (4,4) e Francia (3,9).

Considerando anche il livello regionale, si evidenziano delle differenze significative (Fig. 3): le regioni con maggiore densità sono Lazio (5 medici ogni 1000 abitanti), Sardegna (4,9), Toscana e Liguria (4,8); d’altro canto, le regioni con valori più bassi sono Piemonte (3,8), Veneto (3,7), Valle d’Aosta (3,6), Basilicata (3,5) e Trentino-Alto Adige (3,4).

Se il numero di medici è elevato, elevate saranno anche le necessità di ricambio, perché l’età media dei medici italiani è tra le più alte. Il 44% dei medici italiani è over 55 (Fig. 4), la quota maggiore tra i Paesi più grandi.[4] La media OCSE è del 32%; tra gli altri Paesi sopra questa media, vi sono gli USA, al 40%, Francia, Spagna e Germania, intorno al 33-35%. Sotto la media vi è il Regno Unito, al 14%.

Per far fronte a queste necessità di ricambio, i governi hanno aumentato i posti disponibili a medicina. In Italia, tra 2001 e 2024 sono quasi triplicati, superando le 20mila unità, come sono triplicati i candidati ai test di ammissione. La recente introduzione del “semestre filtro” è ricalcata sul sistema francese e ne andrà testata la capacità di selezionare i candidati migliori.[5]

I nuovi laureati in medicina in Italia risultano essere 16,6 ogni 100mila abitanti, sopra la media OCSE (14,3, Fig. 4). Questo numero è in forte aumento rispetto a 10 anni fa (11,1, uguale alla precedente media OCSE). Gli altri Paesi europei hanno valori compresi tra 11 e 13, mentre USA, Giappone e Canada sono sotto la soglia dei 9 laureati ogni 100mila abitanti.

Alcuni Paesi sono molto bravi ad attirare medici con formazione estera. In media, nei Paesi OCSE un medico su 5 risulta avere una formazione in un Paese differente rispetto a quello dove lavora, in aumento rispetto al 2010 (16%); in Italia, questa percentuale è l’1%, ultima in classifica (Fig. 6). Come termine di paragone, in Francia è 11%, in Germania 15%, negli USA è 25%, nel Regno Unito 38%, tutti in crescita rispetto al 2010. Nella competizione globale per la forza lavoro specializzata, questo dato deve fare riflettere.

Il report OCSE mostra anche le retribuzioni dei medici specialisti, confrontando i Paesi a parità di potere di acquisto (Fig. 7). Emerge come l’Italia ha valori superiori alla media OCSE (142mila dollari), sopra la Spagna e la Francia, mentre il salario è inferiore a Paesi come Svizzera (248mila dollari), Germania (208mila dollari) e Regno Unito (162mila dollari).[6]

Infermieri

Il numero di infermieri ogni 1000 abitanti in Italia è pari a 6,9 nel 2023 (Fig. 8), in aumento rispetto al 2013 (5,1), ma largamente sotto alla media OCSE (9,2). Solo la Spagna tra i Paesi più grandi ha un numero minore (5,9). Tra i Paesi con numeri maggiori, vi sono USA (12,4) e Germania (12,2).

A livello regionale italiano (Fig. 9), il Molise è leader con 8,5 infermieri ogni 1000 abitanti, seguito da Liguria (7,9) e Trentino-Alto Adige (7,8); sul fondo della classifica si trovano Sicilia (5,8), Lombardia (5,7) e Calabria, fanalino di coda con 5,6 infermieri ogni 1000 abitanti.

Per quanto riguarda il rapporto tra infermieri e medici, il valore italiano è 1,3 nel 2023 (Tav. 3), al pari della Spagna, e la metà della media OCSE (2,5). I Paesi con questo rapporto più alto superano il 4, come Giappone e Stati Uniti; gli altri grandi Paesi europei sono attorno alla media OCSE, tra 2,3 (Francia) e 2,8 (Olanda). Dalla Fig. 10 si conferma una relazione positiva tra occupazione nel settore socio-sanitario e rapporto tra infermieri e medici: è presumibile che nei Paesi con un maggior numero di occupati nel settore siano più sviluppati i servizi di assistenza e di cura territoriale, dove gli infermieri hanno maggiore importanza.

Per gli infermieri in Italia, anche dal punto di vista retributivo le cose non vanno meglio: in media, gli infermieri dei Paesi OCSE guadagnano il 20% in più rispetto alla media di tutti i salari,[7] mentre in Italia lo stipendio medio è inferiore del 10% rispetto alla media salariale (Fig. 11); solo il Regno Unito, tra i Paesi più grandi, risulta essere al di sotto della media.

In termini monetari, misurati in $ PPP, lo stipendio medio italiano è di 48mila dollari, pari alla Francia, ma inferiore rispetto al Regno Unito (53mila), alla media OCSE (61mila), a Spagna e Germania (73mila) e all’Olanda (82mila).

In termini reali (Fig. 12), tra 2013 e 2023 i salari degli infermieri sono aumentati del 9% in Francia, Germania e Stati Uniti, del 4% in Spagna, mentre in Italia sono calati del 16%, e nel Regno Unito del 3,5%. Nei Paesi dove il salario reale è aumentato, il report imputa l’aumento anche ai bonus ricevuti dai lavoratori durante il Covid tra 2020 e 2021, un premio per il ruolo chiave avuto in prima linea contro la pandemia, mentre per gli altri Paesi il ruolo dell’ondata inflattiva del 2022 è evidente.

I nuovi laureati in Scienze Infermieristiche in Italia sono 17 ogni 100mila abitanti (Fig. 11), in calo rispetto al 2013 (21,7 ogni 100mila persone) e largamente inferiore alla media OCSE di 43, il valore più basso tra i maggiori Paesi OCSE. Per un confronto più chiaro, in Francia lo stesso indice è 41, nel Regno Unito 43, in Germania 44, in Olanda 63, negli USA 73 e in Svizzera 110, 6 volte in più rispetto all’Italia.

Il calo dei laureati è presente nonostante i posti banditi (20.699) siano aumentati del 95% rispetto al 2001 (10.614), mentre il numero di laureati triennali ha raggiunto il picco nel 2015 (13.058), per poi calare fino ai 10.631 del 2023.[8]

Per il caso italiano, non si vedono all’orizzonte spiragli di miglioramento: nell’anno accademico 2025-2026 le domande di accesso ai corsi di laurea in Scienze Infermieristiche sono state inferiori ai posti disponibili, registrando un calo dell’11% tra 2023 e 2025, a fronte di un numero di posti costante.[9]

Da giovani, il mestiere dell’infermiere non risulta attrattivo (Tav. 4): dal report emerge che meno di uno studente diplomato su 100 ambisce a diventare infermiere nel suo futuro, mentre la media OCSE è 2,1, in calo rispetto al 2,3 del 2018.[10] Altri Paesi sviluppati come Giappone e Stati Uniti hanno valori di 6-7 studenti ogni 100 che sognano di diventare infermieri.

Una possibile soluzione alla carenza di infermieri è quella di attrarli dall’estero, attraverso politiche migratorie mirate, verificandone la formazione rispetto agli standard nazionali.[11] Ad oggi, un infermiere su 20 in Italia ha una formazione estera (Fig. 14), la metà della media OCSE (9%), inferiore rispetto a Paesi come Regno Unito (23%) e Germania (10%), ma sopra Francia (3%) e Olanda (2%). Rispetto al 2010, la percentuale italiana è in calo (5,8%), mentre in tutti gli altri Paesi considerati la percentuale è in aumento.

 


[1] Per il testo completo del report, vedi Full Report: Health at a Glance 2025 | OECD.

[2] Per medici si intendono i medici praticanti, che forniscono assistenza direttamente ai pazienti, e che sono abilitati all’esercizio dell’attività, mentre gli infermieri comprendono coloro che prestano servizi direttamente ai pazienti (“praticanti”) e, in alcuni casi, anche coloro che lavorano come dirigenti, educatori o ricercatori. I dati includono sia gli infermieri professionisti che hanno un livello di istruzione più elevato, sia gli infermieri associati che hanno un livello di istruzione inferiore ma sono comunque riconosciuti come infermieri. Sono esclusi gli assistenti sanitari (o ausiliari infermieristici) che non sono riconosciuti come infermieri e le ostetriche.

[3] Per l’OCSE, la forza lavoro ospedaliera è composta da medici, infermieri e ostetriche, assistenti sanitari, altri fornitori di servizi sanitari e altro personale (personale amministrativo, logistico e supporto tecnico). La definizione di ospedale comprende strutture autorizzate che si occupano principalmente di fornire servizi medici, diagnostici e terapeutici, tra cui assistenza medica, infermieristica, strutture per la riabilitazione e la lungodegenza e altri servizi sanitari ai pazienti ricoverati, nonché i servizi di alloggio specializzati richiesti dai pazienti ricoverati.

[4] Considerando tutti i Paesi OCSE, l’Italia è quarta, dietro Bulgaria (55%), Estonia e Lettonia (46%).

[5] Vedi Medici si diventa: ecco come in Italia e Francia, lavoce.info, 11 novembre 2024.

[6] Il report mostra lo stipendio medio degli infermieri e degli specialisti, mentre per l’Italia manca il dato relativo ai medici.

[7] Il salario medio è considerato come il reddito lordo medio annuale, compresi i contributi previdenziali e le imposte sul reddito a carico del dipendente.

[8] In forte aumento risultano, invece, i laureati magistrali. La Laurea Magistrale è stata introdotta nei primi anni Duemila. Nel 2023 risultano 1.386 laureati, il doppio del 2011 (682). Per maggiori informazioni al riguardo, vedi Rapporto Professioni Infermieristiche, FNOPI-Scuola Superiore Sant’Anna.

[10] OCSE usa come fonte di questi dati il report PISA 2023.

[11] Vedi la nostra precedente nota “Infermieri, l’anello critico della sanità”, 10 ottobre 2025.

Un articolo di

Alessandro Valfrè, Gilberto Turati

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