Pubblica amministrazione

Le retribuzioni pubbliche alla luce del nuovo contratto collettivo

04 febbraio 2022

Intermedio

Le retribuzioni pubbliche alla luce del nuovo contratto collettivo

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Il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per le amministrazioni centrali prevede aumenti del 4,8 per cento a partire dal 2022. Con questo rinnovo il rapporto tra retribuzioni pubbliche e private, fortemente ridottosi negli ultimi 15 anni, dovrebbe riavvicinarsi al suo valore medio degli ultimi tre decenni. Sulla base delle previsioni di inflazione formulate dalla Banca d’Italia, il potere d’acquisto delle retribuzioni pubbliche aumenterebbe nel 2022, ma, nelle more dell’approvazione del prossimo contratto, potrebbe contrarsi nei due anni successivi.

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 5 febbraio 2022.

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Il 5 gennaio è stata sottoscritta l’ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del Comparto Funzioni Centrali per il triennio 2019-2021.[1] Pur essendo stato stipulato in ritardo rispetto al periodo di riferimento, il contratto produce effetti dal momento in cui entrerà in vigore.[2] L’intesa è stata siglata dai principali sindacati e dall’Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) ed entrerà in vigore dopo l’approvazione della Corte dei conti.

Il nuovo contratto porterà un secondo consistente aumento nelle retribuzioni dei dipendenti pubblici dopo quello del 2018.[3] Va ricordato che fino al 2010 le retribuzioni dei lavoratori nel settore pubblico erano rapidamente aumentate, passando da circa 27.300 euro in media a inizio decennio a circa 35.000 euro (Fig. 1). Successivamente gli adeguamenti salariali dei lavoratori statali sono rimasti sostanzialmente fermi, per via del blocco attuato per risanare le finanze pubbliche. Dal 2016 le retribuzioni hanno ripreso a crescere e nel 2018 è stato registrato un primo aumento rilevante, pari al 3 per cento, dovuto all’approvazione del CCNL relativo al periodo 2016-2018. L’incremento complessivo dalla stipula dell’ultimo accordo ad oggi è stato del 4,1 per cento.

Le risorse stanziate consentono un aumento del 4,8 per cento dei fondi da destinare alle retribuzioni dei lavoratori della pubblica amministrazione. Questo aumento è la somma di diversi fattori; la maggior parte (3,8 per cento) è dovuto agli stanziamenti diretti nelle passate Leggi di Bilancio (LdB) per il rinnovo dei contratti collettivi. Nella LdB 2020 sono stati allocati 3.175 milioni di euro, a cui si aggiungono 400 milioni stanziati in LdB 2021. A questo vanno aggiunte varie voci, la più significativa delle quali (+0,6 per cento) è data dagli stanziamenti in LdB per la messa in atto del nuovo ordinamento professionale: introdotto per uniformare l’organizzazione delle aree professionali nei vari istituti statali, prevede una riorganizzazione della classificazione esistente con l’aggiunta della posizione delle “Elevate Professionalità”. Vi è poi uno 0,3 per cento spiegato dai fondi stanziati per coprire le indennità di vacanza contrattuale: secondo gli attuali accordi, per i periodi non coperti da un contratto collettivo nazionale, i dipendenti pubblici hanno diritto ad un aumento salariale che anticipi i benefici che verranno corrisposti con la nuova contrattazione, nei limiti di quanto stanziato dal Governo. L’intesa sul CCNL 2019-2021 riconosce che l’anticipazione venga elargita a partire da aprile 2022 per coprire la vacanza del CCNL 2022-2024. L’anticipazione si aggiunge agli stipendi ed è pari al 30 per cento dell’inflazione prevista dall’ISTAT, misurata dall’Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato (IPCA), al netto dei prezzi dei beni energetici importati. Il suo valore passa poi al 50 per cento dello stesso indice a partire da luglio 2022.[4]

In termini assoluti l’incremento medio delle retribuzioni lorde è stimato essere pari a 125 euro al mese per 13 mensilità.[5]

 

Gli andamenti delle retribuzioni reali nell’ultimo ventennio

La Figura 2 mostra che, nei primi anni di questo secolo, i lavoratori delle PA hanno fortemente incrementato il loro potere d’acquisto (+8 per cento fra il 2002 e il 2010). Il successivo blocco dei rinnovi contrattuali ha tenuto ferme le retribuzioni nominali e ne ha determinato una riduzione in termini reali a causa dell’aumento dei prezzi. Dal 2015 è iniziato un recupero del potere d’acquisto, culminato con gli aumenti stabiliti nel 2018 di cui si è detto sopra. Nel 2020 le retribuzioni reali si erano portate sul valore medio degli ultimi vent’anni, ma questi aumenti sono stati completamente erosi nel 2021, per via dei ritardi nel rinnovo del CCNL e della ripresa dell’inflazione.

Con la nuova intesa, la perdita viene arginata. Tuttavia, utilizzando le previsioni di inflazione della Banca d’Italia (3,5 per cento per il 2022, 1,6 per cento per il 2023 e 1,7 per cento per il 2024) e tenendo conto degli stanziamenti già approvati per gli indennizzi legati al periodo di vacanza contrattuale (310 milioni per il 2022 e 500 milioni a decorrere dal 2023), nelle more dell’approvazione del prossimo contratto, le retribuzioni reali risulterebbero in aumento nell’anno in corso e in riduzione nei successivi due anni.[6]

Un confronto con gli andamenti delle retribuzioni nel settore privato

Le retribuzioni nel settore pubblico sono generalmente più elevate rispetto a quelle nel settore privato (Fig.3). Il rapporto è cresciuto sino al 2006, quando ha raggiunto il massimo nel periodo considerato. Dal 2009 al 2015 è costantemente calato a causa del mancato adeguamento degli stipendi nel settore pubblico. Successivamente ha ripreso a crescere ed ha raggiunto un picco nel 2018, in concomitanza con l’approvazione del CCNL 2016-2018. Nonostante questo, è rimasto comunque al di sotto della media di lungo periodo. Il rapporto ha ripreso a scendere sino al 2021, a causa dei ritardi nell’approvazione del CCNL 2019-2021.

Nel 2022 ci dovrebbe essere un rialzo che lo riavvicinerebbe alla media; questa valutazione sconta l’ipotesi che, essendosi già chiusa la maggior parte dei contratti nel settore privato, non vi sia un generalizzato aumento delle retribuzioni in questo settore.


[2] L’articolo 2 sancisce il tacito rinnovo per ogni anno successivo al periodo di validità. Dunque, sarà valido dal 2022 fino a quando non verrà siglato un nuovo contratto.

[4] Vedi articolo 2 comma 6 dell’intesa sul CCNL 2019-2021.

[6] Le previsioni per l’inflazione sono tratte dal Bollettino Economico della Banca d’Italia n.1 del 2022: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/proiezioni-macroeconomiche/2022/en-estratto-boleco-1-2022.pdf?language_id=1.

Un articolo di

Giampaolo Galli e Edoardo Bella

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