Lavoro

Le difficoltà di assunzione nelle imprese

11 novembre 2025

Facile

Le difficoltà di assunzione nelle imprese

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Nel 2024, le imprese italiane dichiaravano difficoltà a coprire quasi la metà delle assunzioni programmate, un fenomeno in crescita da molti anni. L’aumento è dovuto, in misura preponderante e crescente, non tanto all’inadeguatezza delle competenze, ma proprio alla carenza di candidati. Le difficoltà sono maggiori nei settori delle costruzioni, della metalmeccanica e del tessile, e, geograficamente, nelle imprese del Nord. Rispetto alla dimensione delle imprese, sono quelle di piccole dimensioni ad avere maggiori difficoltà. Le figure “introvabili” sono gli operai specializzati e i diplomati degli Istituti Tecnici Superiori, per i quali si riscontra anche un’inadeguatezza delle competenze dei candidati disponibili. Le cause dell’aumento delle difficoltà sono sia congiunturali, dovute alla ripresa post-pandemica e all’erosione delle retribuzioni reali, sia strutturali, connesse al calo della popolazione in età lavorativa e all’invecchiamento demografico.

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Il Documento Programmatico di Finanza Pubblica (DPFP) pubblicato a ottobre contiene un focus sulle difficoltà di assunzione delle imprese.[1] Lo scorso anno, le imprese italiane dichiaravano difficoltà a coprire quasi la metà delle assunzioni programmate, confermando una tendenza in corso da molti anni.[2] Tra il 2017 e il 2024, la percentuale di assunzioni difficoltose di personale è infatti passata dal 21,7% al 48,2%, con un’accelerazione negli ultimi tre anni (Fig. 1). Tale aumento è quasi interamente dovuto alle crescenti difficoltà che le imprese riscontrano nel trovare candidati disponibili a essere assunti per le posizioni richieste (labour shortage), mentre la difficoltà dovuta all’inadeguatezza delle competenze (skills gap) è cresciuta poco.

Se è possibile intervenire sull’inadeguatezza delle competenze con percorsi di formazione o riqualificazione, risolvere il problema della carenza di candidati disponibili a lavorare richiede di affrontare difficili problemi demografici (calo della natalità, complessità di organizzare flussi migratori regolari).

Dove le imprese incontrano più difficoltà?

La difficoltà ad assumere è particolarmente forte nel settore delle costruzioni, in quello della metalmeccanica ed elettronica e nel tessile (Fig. 2). Questi tre settori sono anche al primo posto guardando alle difficoltà dovute puramente alla carenza di personale.

In particolare, il settore delle costruzioni ha mostrato un peggioramento nel tempo più significativo del totale delle imprese: la quota di assunzioni per le quali le imprese dichiarano difficoltà è quasi triplicata tra il 2017 e il 2024 (Fig. 3), a causa della crescente mancanza di candidati. In questo caso, l’aumento del 2022 potrebbe in parte riflettere la crescita della domanda di lavoro dovuta ai bonus edilizi, anche se la scarsità permane nel 2024.

Le imprese del Nord hanno difficoltà superiori alla media nazionale (Fig. 4). Il motivo principale è la maggior carenza di candidati rispetto al resto del Paese, mentre la quota delle altre motivazioni per le difficoltà di assunzione è simile tra le regioni. Il divario è in parte dovuto alle caratteristiche del mercato del lavoro settentrionale, caratterizzato da minore disoccupazione e un numero maggiore di posti vacanti rispetto al resto del Paese.[3] Tuttavia, la crescente carenza di candidati non riguarda solo il Nord: in tutte le macroaree la quota di assunzioni caratterizzate da tale difficoltà è aumentata di circa 20 punti percentuali tra il 2019 e il 2024 (Fig. 5)-

Le imprese di piccole dimensioni (fino a 50 dipendenti) trovano più difficoltà a coprire le assunzioni previste (Fig. 6). La differenza rispetto alle aziende medie e grandi è dovuta in questo caso all’inadeguatezza delle competenze, mentre la quota per mancanza di candidati è simile. Una possibile spiegazione è che le grandi aziende dispongono di più risorse per formare i nuovi assunti quando le competenze non sono pienamente adeguate alle mansioni da svolgere.

I profili che mancano di più alle imprese sono i diplomati degli istituti tecnici superiori (ITS), con il 62% delle assunzioni di difficile reperimento, e gli operai specializzati (il 64% è difficile da reperire). In entrambi i casi a mancare non sono solo i candidati, ma anche le competenze: lo skills gap è infatti pari al 23% per i diplomati ITS e al 20% per gli operai specializzati (Tav. 1). La quota di laureati è invece simile a quella dei diplomati professionali.

Infine, le imprese hanno più difficoltà ad assumere uomini rispetto alle donne. Ciò che incide su queste quote è il settore di attività: per la maggior parte delle assunzioni previste di operai specializzati, le figure più difficili da reperire, le imprese prevedono di assumere un uomo. Viceversa, per le professioni impiegatizie, caratterizzate da bassa carenza di personale, le imprese dichiarano più spesso di prevedere l’assunzione di una donna.

A cosa è dovuto l’aumento?

L’aumento delle difficoltà ad assumere riflette fattori congiunturali e strutturali.[4]

Tra le cause congiunturali c’è la crescita dell’economia, spinta dalla ripresa post-Covid, e il taglio delle retribuzioni reali (erose dall’inflazione del 2021-22), che ha reso più conveniente l’impiego del lavoro.[5] In generale, le imprese hanno più difficoltà a trovare personale quando l’economia cresce, il tasso di disoccupazione diminuisce e i posti vacanti aumentano (Fig. 7).[6]

La crescita economica dell’ultimo triennio può spiegare le maggiori difficoltà ad assumere dal 2022, ma non l’aumento tendenziale che prosegue almeno dal 2018 (Fig. 1), nonostante nel 2018-2019 la crescita reale sia stata in media dello 0,6% e che bassi tassi di crescita si siano registrati anche nel 2023-24. Questo suggerisce che abbiano operato anche fattori strutturali.

I fattori strutturali includono i cambiamenti demografici legati all’invecchiamento della popolazione e alle dinamiche migratorie. Tra il 2017 e il 2024, la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) è scesa di circa 980mila unità.[7] Questo calo dal lato dell’offerta sarebbe stato anche maggiore senza il contributo dei flussi migratori: il saldo migratorio con l’estero, dato dalla differenza tra immigrazioni e emigrazioni, è stato infatti in media di 187mila unità nel 2017-2023.[8] L’invecchiamento della popolazione provoca carenze di manodopera perché un numero sempre minore di giovani entra nel mercato del lavoro per sostituire chi va in pensione.

Particolarmente difficile è sostituire i lavoratori a bassa specializzazione, perché la forza lavoro giovane è mediamente più qualificata del passato.[9] Nonostante, infatti, le assunzioni difficoltose di personale poco qualificato rappresentino una percentuale relativamente bassa (34,9%, Tav. 1), questa quota è aumentata significativamente negli ultimi anni (nel 2019 era l’11%).

 


[2] I dati utilizzati si riferiscono alle assunzioni programmate di lavoratori dipendenti e derivano dalle indagini Excelsior, realizzate da Unioncamere in accordo con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, su circa 300.000 imprese. Alle imprese viene chiesto di indicare il numero di assunzioni previste nel trimestre successivo, le caratteristiche dei profili ricercati e la percentuale di assunzioni per le quali prevedono di incontrare difficoltà di reperimento.

[3] Tra tasso di disoccupazione e numero di posti vacanti esiste normalmente una relazione inversa nota come Curva di Beveridge. La curva descrive l’efficienza del mercato del lavoro: in un sistema efficiente di incontro tra domanda e offerta di lavoro la curva è spostata verso l’origine perché, a parità di tasso di disoccupazione, si osservano meno posti vacanti.

[4] Per un approfondimento vedi anche M. Groiss, D. Sondermann, “Help wanted: the drivers and implications of labour shortages”, ECB Working Paper Series 2863, 2023.

[5] Vedi E. Ciani, S. Lattanzio, G. Mendicino, E. Viviano, “L’occupazione tra congiuntura e trasformazioni strutturali”, lavoce.info, 2 ottobre 2025. Per un approfondimento sulla crescita dell’occupazione nel 2022-2024 vedi la nostra precedente nota, “Perché l’occupazione in Italia è cresciuta molto nonostante la bassa crescita del Pil?”, 11 aprile 2025.

[6] I posti vacanti sono i posti di lavoro per cui l'impresa ha effettuato azioni concrete di ricerca di candidati idonei ed è pronta a compierne ulteriori se necessario. Il tasso di posti vacanti è dato dal rapporto tra il numero di posti vacanti e la somma tra posti vacanti e occupati.

[7] Vedi Indicatori demografici Istat, struttura della popolazione.

[8] I dati sulle immigrazioni provengono da Eurostat (vedi dataset) e sono disponibili fino al 2023. I dati sulle emigrazioni Istat (vedi dataset).

[9] Vedi Cassa Depositi e Prestiti, “Dinamiche demografiche e forza lavoro”, 23 giugno 2023. Con lavoratori a bassa specializzazione si intendono i lavoratori delle professioni non qualificate come definite da Istat (vedi link).

Un articolo di

Enrico Franzetti

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