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La crescita economica del Portogallo dopo il 2013

18 aprile 2025

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La crescita economica del Portogallo dopo il 2013

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Dopo la crisi del 2010 e il programma di aggiustamento macroeconomico concordato con la Troika, il Pil del Portogallo è cresciuto dell’1,9% annuo, superando l’1,4% dell’Eurozona, e il debito pubblico è calato rapidamente. Il differenziale di crescita rispetto all’Eurozona è stato anche più netto negli ultimi cinque anni (1,6% contro 0,9%). Il programma prevedeva ampie riforme strutturali per rendere il mercato del lavoro più flessibile, migliorare l’istruzione e la formazione, aumentare la concorrenza e ridurre la burocrazia. Quelle sul lavoro e sull’istruzione/formazione sono state implementate in pieno, e negli anni seguenti l’occupazione è cresciuta molto, con un maggiore aumento dei contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli temporanei. Le riforme su concorrenza e burocrazia sono state implementate in modo meno efficace, anche se è migliorato il contesto in cui operano le imprese, compresa l’interazione tra queste e la pubblica amministrazione, e si sono ridotti i tempi della giustizia. La concorrenza è aumentata soprattutto nel turismo, con forti aumenti negli afflussi dall’estero.

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Dal 2013 al 2024, il Pil del Portogallo è cresciuto in media dell’1,9% annuo, superando l’1,4% dell’area Euro e lo 0,9% dell’Italia (Fig.1). Nello stesso periodo, il debito pubblico è sceso dal 131% al 95% del Pil, grazie a un bilancio in pareggio o in surplus (esclusi gli anni del Covid).[1] Il differenziale di crescita rispetto all’Eurozona è stato anche più netto negli ultimi cinque anni (1,6% contro 0,9%).

Prima del 2013, il Portogallo veniva da un decennio di bassa crescita e debito pubblico in aumento. Le crisi del 2008 e del 2010 avevano causato una forte recessione, il Pil era tornato nel 2013 al livello del 2000 (come avvenuto, peraltro, anche per l’Italia) e il rapporto debito/Pil è esploso. Ciò ha portato all’adozione di un programma di aggiustamento macroeconomico triennale (2011-2014), concordato con la Commissione Europea, la BCE e il FMI (la c.d. “Troika”), che includeva ampie riforme strutturali per aumentare la concorrenza e l’efficienza del settore produttivo.[2]

Le riforme

Come riportano la Commissione Europea nel suo rapporto di valutazione ex-post del programma e uno studio del FMI a riguardo, i problemi del Portogallo non erano limitati a pochi settori, ma riguardavano l’intera economia.[3] Il programma includeva quindi misure ampie, riguardanti sia il lavoro che la deregolamentazione di molti mercati e la riduzione della burocrazia. Tuttavia, le riforme attuate con maggiore impatto sono state quelle sul lavoro, più facili da implementare perché in parte già concordate tra governo, imprese e sindacati due mesi prima dell’avvio del programma. Delle riforme su concorrenza e burocrazia, alcune sono state applicate almeno parzialmente, altre sono rimaste inattuate. Secondo la Commissione, hanno ostacolato queste riforme la loro maggiore complessità amministrativa, la presenza di gruppi di pressione e lobby che sarebbero state danneggiate da una maggiore concorrenza e la priorità data al consolidamento fiscale e alle riforme del lavoro.

Le riforme effettuate sul mercato del lavoro sono:

  • Disincentivazione dei contratti temporanei: l’alta buonuscita prevista dai contratti a tempo indeterminato e i vincoli ai licenziamenti rendevano i contratti temporanei (la cui regolamentazione era semplificata) più convenienti per le imprese. Le buonuscite sono state ridotte e ora sono minori che nei contratti a tempo determinato, mentre i vincoli ai licenziamenti sono stati parzialmente allentati, anche se non quanto il piano prevedeva.
  • Riforma dei sussidi alla disoccupazione: questi coprivano solo una parte della popolazione, principalmente anziana, ed erano troppo generosi, disincentivando la ricerca di un lavoro. Ne è stata ampliata la copertura, ma ridotta la durata.
  • Maggiore flessibilità nell’orario di lavoro e riduzione del costo degli straordinari: questi ultimi, tra i più alti in Europa, sono stati dimezzati, rendendo più facile alle imprese fronteggiare periodi di alta domanda.

Secondo un sondaggio alle imprese effettuato dal FMI sull’impatto delle riforme, le sopracitate hanno tutte avuto un impatto significativo, con in testa la maggiore flessibilità oraria.[4] Inoltre, i dati occupazionali suggeriscono un possibile effetto positivo sulla stabilità dei contratti. Dal 2013 la disoccupazione è scesa dal 17% (rispetto al 12% dell’Eurozona) al 6,3% del 2024 (in linea con l’Eurozona, 6,2%), e i contratti a tempo indeterminato sono aumentati più di quelli a tempo determinato (Fig.2). La quota di occupati a tempo determinato sul totale (14%) rimane più alta che nell’Eurozona (12%), ma il divario si è ridotto.

Il programma prevedeva anche interventi sull’istruzione: il sistema di valutazione delle politiche scolastiche e l’istruzione superiore sono state riformate, aumentando gli incentivi agli insegnanti, dando più autonomia alle singole scuole con una valutazione esterna e orientando i programmi scolastici alle esigenze delle imprese. Il livello di istruzione dei lavoratori è cresciuto molto: la quota con al massimo il diploma di primo grado è scesa da oltre la metà al 32%, pur restando superiore alla media dell’Eurozona (17%, Fig.3).

Le altre principali riforme attuate sono:

  • Concorrenza: rafforzamento dell’autorità antitrust, istituzione di un tribunale speciale e introduzione di nuovi regolamenti volti a ridurre le barriere all’entrata nelle telecomunicazioni, nell’edilizia, nella vendita all’ingrosso e in alberghi e ristoranti. Inoltre, sono stati ridotti i vincoli all’accesso a professioni regolamentate (in termini di qualifiche specifiche o iscrizione ad albi per avvocati, architetti, commercialisti ecc.).
  • Giustizia: eliminazione dei vecchi casi arretrati, riorganizzazione dei tribunali, introduzione di un nuovo codice di procedura civile e potenziamento degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. Negli ultimi anni, la lunghezza dei processi è diminuita (Fig.4).
  • Leggi sugli appalti pubblici: maggiore trasparenza ed equità e potenziamento dei controlli della Corte dei Conti. Prima alcune istituzioni potevano assegnare i contratti senza una gara, e c’erano favoritismi per le imprese portoghesi.
  • Altre semplificazioni burocratiche: riduzione degli oneri amministrativi delle imprese, semplificazione della concessione di licenze in diversi settori e dei rimborsi dell’IVA per le esportazioni, e introduzione di una regola secondo cui nessuna nuova regolamentazione può essere introdotta senza che un'altra venga eliminata per un importo almeno equivalente.

Il punteggio del Portogallo nell’indice “Ease of Doing Business” (“facilità di fare impresa”) della Banca Mondiale è migliorato dopo il programma. Anche se Commissione e FMI hanno individuato dei ritardi nell’implementazione delle riforme, in alcuni casi, come nella giustizia, sono stati ottenuti dei risultati.[5] Nel sondaggio del FMI le imprese hanno valutato come positivi i miglioramenti ottenuti nel mercato del lavoro, nell’interazione con la pubblica amministrazione e nei rapporti con il mondo finanziario, giudicando più negativamente quelli sulla concorrenza. Secondo uno studio accademico, il mark-up (la differenza tra prezzo di vendita e costo di produzione) delle imprese in 190 mercati è rimasto globalmente stabile dal 2012 al 2016, diminuendo solo in alcuni settori, come turismo ed edilizia, dove la concorrenza è aumentata.[6]

L’OCSE misura la regolamentazione dei mercati attraverso un indice, nel quale dal 2008 al 2013 il Portogallo è migliorato. Tuttavia, non possiamo confrontare i dati con quelli successivi perché è cambiata la metodologia, e nel 2023 il punteggio è stato peggiore della media dell’Eurozona. Le aree dove il Paese ha performato meglio della media Euro sono le barriere agli investimenti e al commercio estero, e il coinvolgimento dello Stato nell'attività d’impresa (attraverso controlli ai prezzi, forti obblighi regolatori o appalti pubblici poco trasparenti). Gli oneri amministrativi sulle imprese sono leggermente maggiori rispetto alla media dell’Eurozona, mentre la performance è particolarmente debole nella valutazione degli effetti sulla concorrenza delle nuove norme e nella trasparenza del processo normativo, in termini di regole su lobbying e conflitti di interesse.[7]

Le sfide future

Uno studio della Commissione del 2020 afferma che le riforme hanno contribuito a “modernizzare il Paese e rendere i mercati più efficienti”.[8] Secondo le valutazioni ex-post di Commissione Europea e FMI, che però risalgono al 2016, il programma ha aumentato la competitività con l’estero: effettivamente le esportazioni rispetto al Pil sono aumentate dal 39% del 2013 al 47% del 2024 (Fig. 5). L’incremento ha riguardato i servizi, soprattutto il turismo (dal 5,4% del Pil nel 2013 al 9,5% nel 2024), uno dei settori dove la concorrenza è aumentata.[9]

Sul lato dell’offerta, il principale motore della crescita è stato l’aumento dell’occupazione, visto che la produttività del lavoro è cresciuta poco: dal 2013, il Pil per ora lavorata è cresciuto dello 0,4% annuo (0,5% nell’area Euro), attestandosi al 71% della media dell’Eurozona, circa lo stesso livello del 2000.[10] Il maggior contributo alla crescita del Pil in termini di valore aggiunto è arrivato dai servizi tradizionali, come il commercio al dettaglio e il turismo, e non da settori ad alta produttività e innovazione, come l’industria manifatturiera (Fig.6). Il tessuto produttivo è composto principalmente da micro-imprese (il 96% del totale), mentre la spesa in ricerca e sviluppo, aumentata dall’1,3% del 2013 all’1,7% del 2023, resta sotto la media dell’Eurozona (2,25%).[11]

OCSE, FMI e Commissione Europea sottolineano la necessità di ulteriori riforme per stimolare l’innovazione.[12] Il Piano di Ripresa e Resilienza ne prevede alcune: il Portogallo è il quinto Paese per fondi ricevuti in rapporto al Pil, ma l’implementazione, come altrove, procede a rilento.[13]


[1] Per un approfondimento sul debito portoghese, vedi la nostra precedente nota "Una questione di credibilità: il successo del Portogallo nella riduzione del debito", 22 febbraio 2024.

[2] Per un approfondimento sull’impatto delle riforme sulle economie avanzate, vedi Campos N.F., De Grauwe P., Yuemei J., "Structural Reforms and Economic Performance: The Experience of Advanced Economies", Journal of Economic Literature, 2025, vol. 63, no. 1, pp. 111-63.

[3] Vedi European Commission, Ex-Post Evaluation of the Economic Adjustment Programme. Portugal, 2011-2014, Institutional Paper 40, 21 novembre 2016 e Gershenson, D., Jaeger A., Lall S., "From Crisis to Convergence: Charting a Course for Portugal", IMF Departmental Paper, 25 marzo 2016.

[4] Vedi il rapporto del FMI sopracitato, cap.7.

[5] Vedi la sopracitata valutazione ex-post della Commissione e quella del FMI, "Portugal: Ex Post Evaluation of Exceptional Access Under the 2011 Extended Arrangement-Press Release; Staff Report; and Authorities Views", Country Report, 22 settembre 2016.

[6] Vedi Figueira C., Pinheiro-Alves R., "Evolution of price-cost margins during the troika intervention", Portuguese Economic Journal, 2023, vol. 22, pp. 315–351.

[7] Per la descrizione degli indicatori vedi OCSE, "Description of the components of the OECD PMR economy-wide indicator". Per il dataset, vedi questo link.

[8] Vedi Weise C., "Portugal's Performance after the Macroeconomic Adjustment Programme", Economic Briefs 058, 9 ottobre 2020.

[9] Il dato riportato è la voce “Travel” nelle entrate della bilancia dei pagamenti. Vedi il dataset OCSE.

[10] Per un approfondimento sulla scomposizione della crescita portoghese, vedi Vinhas de Souza L., Diaz D., "Growth and Convergence in Portugal: Historical and Policy Experiences at National and Metropolitan Level", Notas Economicas, dicembre 2024.

[11] Per dare un termine di paragone sulla dimensione delle imprese, negli USA le micro-imprese (con meno di 10 dipendenti e meno di 2 milioni di fatturato) sono il 79% del totale. Le grandi (con più di 250 dipendenti e più di 50 milioni di fatturato) sono l’1,4%, contro lo 0,1% in Portogallo. Vedi l’articolo sopracitato. Per la spesa in R&S, vedi il database Eurostat.

[13] Il Portogallo ha ricevuto circa il 50% dei fondi assegnati. Dei fondi ricevuti, ne ha spesi il 29,6%. Vedi la nostra precedente nota "PNRR, un confronto con il resto dell’Eurozona", 10 gennaio 2025.

Un articolo di

Gianmaria Olmastroni

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