La “fuga di cervelli” è da anni al centro del dibattito pubblico italiano, con media e politici che ogni volta citano numeri diversi. Secondo i dati ufficiali Istat, basati sulle iscrizioni all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE), i cittadini di nazionalità italiana che hanno spostato la residenza all’estero (gli espatri) sono stati, al netto dei rientri (i rimpatri), 56mila l’anno tra il 2013 e il 2023. Il 57% di questi aveva tra i 18 e i 34 anni e il 26% era laureato, quota in aumento negli ultimi anni. Dopo un calo nel 2021-2022, i deflussi hanno ripreso a crescere, e il dato provvisorio del 2024 segna un record di oltre 100mila espatri netti. Questo boom, tuttavia, è stato probabilmente influenzato dalle penalità introdotte per chi non si iscrive all’AIRE. Questo balzo conferma che i dati precedenti sottostimavano i veri espatri. Secondo le nostre stime, gli espatri netti effettivi nel 2013-2023 sarebbero stati almeno 80mila l’anno, 24mila in più dei dati ufficiali.
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La “fuga dei cervelli” è da anni un problema centrale del dibattito pubblico italiano e sono state introdotte varie misure, principalmente sgravi fiscali, volte a incentivare i rientri. [1] Le statistiche sugli espatri sono però variegate: a volte i numeri sono riportati al lordo dei rientri, altre al netto; in alcuni casi si riferiscono soltanto ai giovani, la cui definizione varia a seconda del commentatore; in altri ancora vengono confusi i residenti in Italia con i cittadini italiani.[2] Questa nota chiarisce come stanno le cose, come i dati vengono ricavati e quali sono le loro limitazioni.
I dati Istat
Per “italiani emigrati” o “espatriati” in un certo anno si intendono i cittadini di nazionalità italiana che spostano la residenza dall’Italia all’estero. Secondo i dati Istat, basati sulle iscrizioni all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), nel 2023 circa 114mila italiani hanno lasciato il Paese e circa 61mila sono rimpatriati (cancellando l’iscrizione all’AIRE), con un saldo negativo di 53mila unità (Fig.1). Ad andarsene sono stati soprattutto i giovani tra i 18 e i 34 anni: 55mila partenze (il 48% del totale) contro 17mila ritorni (il 32% del totale), per una perdita netta di 38mila unità (il 73% del totale).
Dal 2013 al 2023, in media, ogni anno l’Italia ha perso 56mila italiani in termini netti, di cui più della metà (32mila, il 57% del totale) tra i 18 e i 34 anni.[3] Prima della crisi economica del 2011-12, il dato era molto inferiore (19mila l’anno nel 2008-2012), suggerendo che la crisi sia stata determinante nell’incentivare i deflussi.[4] Non a caso, gli espatri netti sono diminuiti nel 2021-22, il biennio in cui l’Italia è cresciuta più del resto dell’Eurozona, per poi riprendere.
I deflussi sono stati rilevanti anche per i laureati: dal 2013 al 2023 l’Italia ne ha persi in termini netti circa 15mila l’anno (il 26% degli espatriati netti totali), di cui 12mila con meno di 40 anni (Fig. 2). La percentuale di laureati sui deflussi è cresciuta molto negli ultimi anni: dal 23% del 2013-2021 al 46% del biennio 2022-2023. Considerando soltanto gli espatriati netti tra i 25 e i 39 anni, nel 2022-2023 il 51% era laureato, a fronte del 32% del 2013-2021.
Il dato (ancora provvisorio) del 2024 segna un record assoluto, con 156mila espatri complessivi e 52mila rimpatri, per un saldo netto di oltre 100mila, di cui il 70% tra i 18 e i 39 anni. Tuttavia, potrebbe esserci un effetto statistico: dal 1° gennaio 2024 si sono inasprite le sanzioni per la mancata iscrizione all’AIRE, che ora vanno da 200 a 1000 euro per ciascun anno di mancata iscrizione.[5] Questo potrebbe aver spinto diversi italiani, di fatto residenti all’estero ma non iscritti all’AIRE, a mettersi in regola, suggerendo che i dati degli anni precedenti siano sottostimati.
La sottostima
I dati Istat, basati su iscrizioni e cancellazioni all’AIRE, probabilmente sottostimavano gli espatri effettivi, dato che molti “espatriati di fatto” non si iscrivevano all’AIRE per inerzia o perché, a fronte di vantaggi come il voto all’estero e l’accesso ai servizi consolari, l’iscrizione comporta la perdita dell’assistenza sanitaria italiana.[6]
Tuttavia, è probabile che la nuova residenza venga segnalata nel Paese d’arrivo, perché può essere necessaria per firmare contratti di affitto, lavoro o utenze di gas e luce.[7] Infatti, il rapporto tra numero di immigrati italiani segnalato dai Paesi di destinazione e quello degli espatriati verso gli stessi Paesi registrato dall’Italia è ampiamente superiore a uno in ciascuna delle nove nazioni europee dove l’Istat segnala più espatri (Tav.2).[8] Tra il 2008 e il 2023, ad esempio, nei Paesi Bassi gli immigrati italiani risultano in media quasi tre volte gli espatriati verso i Paesi Bassi registrati dall’Istat.
Pesando la media di ciascun Paese con il numero di emigrati corrispondente, otteniamo una media complessiva di 1,8: a 100 espatri registrati dall’Istat corrisponderebbero quindi 180 espatri “effettivi”. Tuttavia, tra gli immigrati italiani segnalati da altri Paesi è compreso anche chi non arriva dall’Italia (per esempio un cittadino italiano che dalla Germania si sposta in Spagna). Ipotizzando, cautamente, che il 20% non arrivi dall’Italia, la media scende a 1,45: per ogni 100 espatriati registrati ce ne sarebbero in realtà 145.[9] Dato che i Paesi del campione costituiscono il 65% degli espatri totali nel periodo 2008-2023, possiamo applicare la stima agli espatri complessivi, che nel 2023 sarebbero stati 166mila.
Per stimare il saldo netto effettivo è necessario considerare che gli espatriati non iscritti all’AIRE non risultano neanche nel dato dei rimpatri, perché formalmente la loro residenza rimane in Italia. Dato che nel periodo 2008-2023 i rimpatri sono stati la metà degli espatri, ipotizziamo che, del 45% aggiuntivo di espatriati, la metà rientri in Italia. Gli espatri netti da noi stimati nel 2023 sarebbero così 79mila, 26mila in più rispetto al dato Istat. Complessivamente, il saldo netto sarebbe stato di 80mila l’anno nel 2013-2023, invece dei 56mila ufficiali (Tav.2). Il picco osservato nel 2024 sembra indicare un aggiustamento straordinario dovuto alla regolarizzazione di emigrati non ancora iscritti. Se così fosse, il deflusso netto del 2025, ora più veritiero, potrebbe diminuire rispetto al record dell’anno precedente.
[1] Per l’efficacia di alcune delle misure introdotte, vedi la nostra precedente nota "Fuga di cervelli: le agevolazioni fiscali sono efficaci?", 29 aprile 2022.
[2] Per esempio, vedi l’intervento di Maria Elena Boschi (Italia Viva) in Parlamento (link), che parla di 191mila italiani che vanno all’estero: si tratta del dato Istat del 2024, ma 191mila sono i residenti in Italia che vanno all’estero, non gli italiani (ossia cittadini di nazionalità italiana), che sono 156mila. Lo stesso errore è stato commesso nell’editoriale di Giulia Pastorella (Azione) per Il Foglio (2 aprile 2025). Inoltre, in quest’ultimo per “giovani” si intendono quelli tra i 25 e i 34 anni; in altri articoli di giornale (vedi Sole24Ore, 12 febbraio 2025, Corriere della Sera, 24 ottobre 2024 e 9 marzo 2025, Il Fatto Quotidiano, 12 marzo 2024) i “giovani” sono quelli tra i 18 e i 34 anni. Talvolta è stato riportato, erroneamente, come numero di “giovani italiani” il numero di emigrati italiani di tutte le età (vedi Corriere della Sera, 1 aprile 2025).
[3] Questi dati contribuiscono direttamente al calcolo della popolazione attraverso il bilancio demografico annuale e sono quindi coerenti con quest’ultimo e con le altre statistiche demografiche.
[4] Sulle cause del deflusso, specie dei giovani, vedi la nostra precedente nota "Non è un paese per giovani", 3 dicembre 2021.
[6] Vedi Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale - Trasferirsi all'estero.
[7] Vedi Fondazione Nord Est, "Lies, Damned Lies, and Statistics: un’indagine per comprendere le reali dimensioni della diaspora dei giovani italiani", ottobre 2023.
[8] I dati sugli immigrati provengono da Eurostat (vedi dataset), che aggrega i dati delle agenzie di statistica nazionali, comparabili tra loro. I dati sugli emigrati provengono dal dataset Istat a riguardo, che è appunto coerente con le definizioni Eurostat. Le nazioni extra-europee con i maggiori espatri nel 2023 sono Stati Uniti, Brasile, Australia e Argentina, ma questi Paesi usano concetti diversi di immigrazione rispetto a quelli europei, per cui non sono state considerate.
[9] La stessa tecnica è stata utilizzata nello studio della Fondazione Nord Est citato in nota 6, che riporta una media complessiva del rapporto di 3,19. I risultati differiscono dal nostro in quanto: 1) il campione utilizzato è molto diverso: non sono incluse Francia e Regno Unito, che nel nostro campione hanno valori bassi e quindi abbassano la media, mentre il dato tedesco da loro utilizzato proviene da fonti nazionali ed è più alto di quello Eurostat; 2) i pesi della media ponderata si riferiscono al numero di immigrati registrati dai Paesi di destinazione, non agli emigrati segnalati dall’Istat come nel nostro; 3) non è stato tenuto conto del fatto che negli immigrati italiani è compreso anche chi non arriva dall’Italia, ma da altri Paesi; 4) lo studio si riferisce soltanto ai cittadini tra i 20 e i 39 anni.