Un disegno di legge promosso dal Ministro Zangrillo vuole migliorare la qualità e l’efficienza della PA, riformando la valutazione dei dipendenti pubblici e l’avanzamento di carriera. Nell’attuale sistema di valutazione gli obiettivi assegnati sono poco ambiziosi e gli indicatori di performance inadeguati. Di conseguenza, il 98% del personale riceve il punteggio massimo, e il processo diventa una formalità. La riforma vuole limitare al 20% le valutazioni massime per i dirigenti e far valutare i dipendenti a più soggetti rispetto a ora, oltre a introdurre una procedura per le promozioni alternativa al concorso. Tuttavia, i dettagli saranno stabiliti da norme aggiuntive, che dovranno essere scritte in maniera attenta e precisa. Inoltre, le resistenze ad attuare in pratica la riforma e far accettare il principio del merito saranno enormi. Per questo è necessario un forte sostegno politico del Governo, di cui però per ora non ci sono segni evidenti.
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Un disegno di legge (ddl) approvato il 13 marzo dal Consiglio dei Ministri mira a migliorare il sistema di valutazione dei dipendenti pubblici e le procedure di avanzamento di carriera nella Pubblica Amministrazione (PA).[1] Potenzialmente, si tratta di una riforma fondamentale: la gestione del personale è la cosa più importante in ogni azienda, compresa la PA. Ma, in pratica, cosa comporta il ddl?
La valutazione dei dipendenti pubblici
La valutazione dei dipendenti pubblici, che riguarda non solo i dirigenti ma tutto il personale, avviene tramite il “ciclo di gestione della performance”, basato su due documenti, elaborati per ogni Amministrazione dal cosiddetto “organo di indirizzo politico-amministrativo” (il Ministro per i Ministeri, il Sindaco per i Comuni e così via), insieme ai vertici dell'amministrazione. Il primo è un piano programmatico, che definisce obiettivi e indicatori di misurazione della performance, sia generali che per i singoli dirigenti; il secondo è una relazione di fine anno che confronta i risultati, organizzativi e individuali, con gli obiettivi.[2]
La relazione finale viene validata dall’“Organismo Indipendente di Valutazione” (OIV) di ogni Amministrazione, che deve verificare “il funzionamento complessivo del sistema della valutazione” e la “trasparenza e integrità dei controlli interni”, elaborando anche una relazione annuale a riguardo. I suoi componenti sono nominati dall’organo di indirizzo politico-amministrativo, traendo da un elenco tenuto dal Governo nel quale l’iscrizione avviene “sulla base di criteri selettivi che favoriscono il merito e le conoscenze specialistiche”.
Il problema finora è stato che gli obiettivi sono determinati da chi deve raggiungerli (i dirigenti) e da chi sceglie i componenti degli OIV (l’organo di indirizzo). La conseguenza è che gli obiettivi sono spesso poco ambiziosi e, secondo la Corte dei Conti, autoreferenziali, e gli indicatori di performance ai quali sono collegate le valutazioni sono spesso vaghi e riferiti più alle risorse utilizzate che al risultato.[3]
Le valutazioni, sia per i dirigenti che per gli altri dipendenti, sono sbilanciate verso l’alto, rendendo il processo una formalità: secondo il Ministro della PA Zangrillo il 98% del personale ottiene il punteggio massimo, e nonostante vengano riscontrati ritardi e criticità gli OIV validano la relazione, anche nei casi in cui manca la valutazione di alcuni dipendenti.[4]
La Corte dei Conti, data la scarsa qualità della valutazione, ha raccomandato al Governo di verificare competenza, esperienza e integrità dei membri degli OIV e di coinvolgere adeguatamente utenti esterni alla PA, attualmente esclusi.[5]
Il ddl del 13 marzo (denominato dal Governo decreto Merito) vuole assicurare “l’efficacia e l’utilità dei sistemi attualmente in uso per la valutazione della performance”. Le novità principali sono:
- La valutazione dei dipendenti coinvolgerà più soggetti: sarà in parte “collegiale tra dirigenti”, prevedendo “specifiche fasi, preventive e successive” e in parte effettuata da “utenti esterni di riferimento”, se possibile. Il parere degli OIV non sarà più vincolante, e per i dirigenti di vertice la valutazione sarà effettuata dall’organo di indirizzo politico-amministrativo. Tuttavia, la precisa modalità di valutazione e i criteri che assicurino l’oggettività della valutazione sono rimandati a un decreto del Ministro della Pubblica Amministrazione da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge.
- Per i dirigenti, ma non per gli altri dipendenti, le valutazioni massime non potranno superare il 30% del totale e il “riconoscimento delle eccellenze” il 20%.[6] Le somme risparmiate come risultato della riforma (visto che meno valutazioni massime significa meno premi) saranno destinate all’aumento dei premi del personale non dirigenziale. Sebbene il principio sia valido, il rischio è affrontare il sintomo (valutazioni gonfiate) senza risolvere il problema di obiettivi poco ambiziosi e indicatori inadeguati.
- La valutazione, per tutto il personale, sarà collegata anche al livello di formazione e alle soft skill, come lavoro di squadra e flessibilità organizzativa. Gli obiettivi individuali rifletteranno l’importanza e la complessità dell’incarico e quelli assegnati ai dirigenti dovranno essere definiti entro il primo trimestre di ogni anno. Ma questi ultimi sono contenuti nel piano programmatico, che deve essere presentato entro il 31 gennaio, quindi una scadenza esiste già.
Infine, vengono posti i principi per una riforma degli OIV, che però è rimandata a decreti che il Governo dovrebbe attuare entro 6 mesi dall’approvazione della legge. La riforma dovrebbe rafforzare la loro effettiva indipendenza: tra i principi fissati dal ddl ci sono la rotazione degli incarichi, l’estrazione a sorte dei membri (tranne uno nominato dall’autorità politica), e una definizione più rigorosa dei requisiti di professionalità ed esperienza.
Lo sviluppo di carriera
Per le promozioni dei dirigenti che hanno maturato un certo numero di anni di servizio nella PA viene introdotta una procedura alternativa al concorso. Questa coprirà il 30% dei posti per i dirigenti di seconda fascia e il 50% per quelli di prima, e prevede dei vincoli rigorosi per garantire oggettività e trasparenza.
La selezione avverrà tramite una “prova esperienziale” scritta e orale e una “valutazione comparativa della performance individuale, dei titoli posseduti, dei comportamenti organizzativi e delle attitudini”. I candidati saranno giudicati da una commissione indipendente, estratta a sorte, che terrà conto anche di una relazione annuale in cui ogni dirigente segnala il personale idoneo alla promozione.[7] Per chi verrà promosso con questa modalità ci sarà un periodo di prova: l’incarico rimane temporaneo per 4 anni (5 per la prima fascia), nei quali il dirigente è valutato in base ai risultati conseguiti. Alla fine di questo periodo c’è una valutazione finale da parte di un’altra commissione, composta secondo gli stessi criteri, che, se positiva, conferisce l’incarico.
Il ddl specifica che verranno definiti tramite ulteriore legislazione i criteri per entrare nella lista da cui i membri della commissione saranno estratti, la struttura della prova esperienziale e i criteri per l’assegnazione degli obiettivi e la valutazione del dirigente, durante e alla fine del periodo di prova.
Funzionerà?
I principi della riforma sono validi e, se applicati, potrebbero migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi della PA, anche se alcuni aspetti della riforma potrebbero essere migliorati: per esempio, perché il tetto alle valutazioni massime viene applicato solo ai dirigenti? Tuttavia, anche la riforma Brunetta appariva sulla carta efficace. Il problema resta nell'implementazione: per esempio, è fondamentale che la nuova modalità di valutazione del personale sia normata in modo appropriato, senza incentivi a dare valutazioni alte ingiustificate. I dettagli devono essere definiti in modo preciso.
Più in generale, una riforma di questo tipo affronta ostacoli enormi. Si tratta di cambiare la mentalità e i comportamenti, di far accettare il principio del merito in pratica e non solo in teoria. In passato (vedi riforma della Buona Scuola del Governo Renzi) il settore pubblico ha rigettato l’introduzione di valutazioni effettive della performance. Gli stessi sindacati sembrano preferire una distribuzione uniforme dei premi. Sono sorte spesso obiezioni del tipo: “come possiamo sperare che il giudizio dei dirigenti sia oggettivo e che non ci siano favoritismi?”, che probabilmente si ripresenteranno. L’intero ciclo della performance potrebbe allora rivelarsi ancora una volta una perdita di tempo.
Affinché la riforma non rimanga soltanto formale, servirà quindi un forte investimento di capitale politico. La riforma dovrebbe diventare una delle principali priorità del Governo. La partenza, da questo punto di vista, è stata deludente: solo il ministro Zangrillo “ci ha messo la faccia”, mentre la Presidente del Consiglio non ha speso parole a sostegno della riforma, che è passata in sordina in quasi tutti i media.
[1] Il testo modifica e integra alcuni articoli della “riforma Brunetta” (d.lgs n.150, 27 ottobre 2009) per quanto riguarda la valutazione della performance, e del Testo unico del pubblico impiego (d.lgs n. 165, 30 marzo 2001) per gli avanzamenti di carriera.
[2] I criteri alla base degli obiettivi generali sono definiti dal d.lgs 150/2009, art.5, mentre il passaggio dagli obiettivi generali a quelli individuali dei dirigenti è definito dalle linee guida per il piano della performance, emanate dal Dipartimento della Funzione Pubblica. Dovrebbero essere specifiche per ogni tipo di amministrazione, ma sono disponibili soltanto le linee guida n.1/2017, relative ai Ministeri, che in assenza delle altre si applicano anche alle altre Amministrazioni. La misurazione e la valutazione della performance dei dipendenti non dirigenti è definita dalle linee guida n.5/2019; queste indicano che di solito la valutazione del personale viene effettuata da parte del superiore, suggerendo di aggiungere anche procedure alternative come la valutazione dal basso, tra pari o da soggetti esterni.
[3] La Corte scrive che “è risultata diffusa l’indicazione di obiettivi bassi e autoreferenziali. Autoreferenzialità che deriva, anzitutto, dalla rimessione a monte della definizione degli obiettivi agli stessi dirigenti, che di quegli obiettivi sono i destinatari”. Vedi Corte dei Conti, "Segnalazioni inviate alla Corte dei Conti dagli OIV e istituti di premialità riconosciuti al personale dipendente", p.72, 20 maggio 2024. Questo va chiaramente contro i principi dettati dal d.lgs 150/2009, art.5, secondo cui gli obiettivi dovrebbero essere “tali da determinare un significativo miglioramento della qualità dei servizi erogati e degli interventi”.
[4] La relazione annuale può essere validata pienamente, validata con osservazioni oppure respinta. In quest’ultimo caso i premi connessi alla performance non vengono erogati. Per i Ministeri, nel triennio 2020-2022 nessuna relazione è stata mai respinta, ma diverse sono state validate con osservazioni che evidenziavano criticità importanti, tra cui alcune valutazioni non pervenute perché il processo sarebbe ancora in corso. Gli OIV devono segnalare le criticità alla Corte dei Conti, ma non sempre questo avviene. Vedi Corte dei Conti, "Segnalazioni inviate alla Corte dei Conti dagli OIV e istituti di premialità riconosciuti al personale dipendente", 20 maggio 2024. Per le dichiarazioni di Zangrillo, vedi Marro E., "Dirigenti senza concorso, Zangrillo: «Saper studiare non significa saper fare». Cosa c’è dietro la riforma del pubblico impiego", Corriere della Sera, 18 marzo 2025.
[5] Per un approfondimento sui problemi di attuazione del ciclo della performance vedi le nostre precedenti note "La valutazione della performance della PA: alcuni spunti di riflessione", 14 settembre 2020 e "La riforma della PA: cosa manca nel PNRR", 4 giugno 2021.
[6] Non è chiaro se il “riconoscimento delle eccellenze” sia il “bonus annuale delle eccellenze” normato nel d.lgs 150/2009, art. 21. Si tratta di un premio di retribuzione “al quale concorre il personale, dirigenziale e non, cui è attribuita una valutazione di eccellenza”, per il quale né il decreto né le linee guida prevedono un limite specifico di beneficiari.
[7] La commissione è composta da 4 dirigenti dell’amministrazione che indice il bando, 2 esperti esterni nella selezione del personale e un dirigente di un’altra amministrazione, che presiede la commissione.