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Conviene diventare classe media? La forte progressività dell’IRPEF in Italia

12 dicembre 2025

Intermedio

Conviene diventare classe media? La forte progressività dell’IRPEF in Italia

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La classe media italiana è più tassata che in altri Paesi? L’aliquota marginale massima IRPEF (43%) scatta a 50.000 euro, mentre a questo livello di reddito l’aliquota marginale è più bassa nei principali partner europei. Correggendo la soglia per il diverso reddito medio tra Paesi, l'aliquota marginale resta più alta in Italia rispetto a Spagna e Francia, pur risultando simile a quella tedesca. Questa nota mostra anche che la tassazione media effettiva (comprensiva di IRPEF, addizionali, contributi, deduzioni, detrazioni e sussidi) sul reddito medio in Italia (circa 35.600 euro) è del 30%, più che in Francia (28%) e Spagna (22%), anche se meno che in Germania (37%). Una peculiarità del sistema italiano è la forte progressività: il carico fiscale è leggero sui redditi bassi, sale velocemente al raggiungimento del reddito medio e in seguito cresce molto più rapidamente rispetto a Francia, Germania e Spagna.

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Il tema dell’alta tassazione del reddito da lavoro in Italia è ben noto. Una questione sollevata spesso da alcune forze politiche riguarda il carico fiscale sul reddito medio, specie il fatto che l’aliquota massima del 43% scatti per un reddito di soli 50.000 euro lordi (circa 2.500 al mese), mentre in altri Paesi la stessa aliquota scatterebbe su redditi molto più alti.[1] È vero? Per rispondere confrontiamo la tassazione del reddito italiana con quella francese, tedesca e spagnola.

Le aliquote  marginali

Effettivamente, l’aliquota marginale del 43% scatta in Italia a un livello di reddito più basso rispetto agli altri Paesi europei (Fig. 1).[2] L’aliquota marginale per un reddito di 50mila euro è infatti del 36% in Spagna e Germania, e del 30% in Francia. Imposizioni simili a quella italiana vengono raggiunte per più alti livelli di reddito: la Spagna applica il 43% a partire da 58mila euro, la Germania il 42% da 68mila euro, la Francia il 41% da 81mila euro.

In questi Paesi, però l’aliquota massima (che in Italia è il 43%) sale al 45% per livelli di reddito molto alti: in Francia a 178mila, in Germania a 279mila e in Spagna a 301mila. L’Italia quindi ha l’aliquota massima più bassa, ma si applica a partire dal livello di reddito più basso.

Il confronto tra aliquote marginali è però meno squilibrato se si tiene conto del diverso livello del reddito medio pro capite tra Paesi. In Italia un reddito di 50mila euro corrisponde al 140% del reddito medio (che nel 2024 era di circa 35.600 euro), mentre in Germania il 140% del reddito medio è 89mila euro, in Francia 63mila, in Spagna 44mila.[3] È quindi normale che la stessa cifra in euro sia tassata meno in Germania e in Francia che in Italia. La vera domanda è: qual è l’aliquota marginale negli altri Paesi per redditi che eccedono quello medio del 40%? In Germania è del 42%, quindi molto simile a quella italiana. Per Spagna e Francia le aliquote però restano più basse, anche correggendo per le diversità nel reddito medio: nella prima l’aliquota è del 36% e in Francia del 30%.

Le aliquote medie effettive

Le aliquote marginali non descrivono però adeguatamente cosa resta davvero in tasca ai cittadini a diversi livelli di reddito. Per capire il reale peso del fisco, dobbiamo infatti includere nel calcolo non solo le aliquote di imposizione, ma anche deduzioni e detrazioni, addizionali locali, contributi sociali e sussidi.[4] Inoltre, in un sistema a scaglioni, l’aliquota media pagata da chi ha un certo livello di reddito dipende da tutte le aliquote marginali esistenti fino a quel livello di reddito, e non soltanto da quella marginale. Fortunatamente, il rapporto OCSE “Taxing Wages”, seppure soltanto per i redditi da lavoro dipendente, riporta l’aliquota media effettiva (cioè il totale dell’importo pagato, al netto dei fattori sopra elencati, in rapporto al reddito totale) vigente nel 2024, per diversi livelli di reddito.

Consideriamo prima il caso di un single senza figli che ha un reddito lordo del 140% del reddito medio, che, come abbiamo visto, corrisponde in Italia a 50mila euro. Per questo tipo di contribuente, l’aliquota media è in Italia del 37%, meno della Germania (40%), ma molto più della Francia (32%) e, soprattutto, della Spagna (26%).

Guardando all’intera distribuzione del reddito, sempre per questo tipo di contribuente, l’Italia ha una curva di prelievo molto ripida, che parte bassa ma accelera più velocemente rispetto ai principali partner europei. Fino al 95% del reddito medio, la tassazione media italiana, pur crescendo rapidamente, si mantiene su livelli relativamente contenuti, risultando superiore solo a quella spagnola (Fig. 2). In corrispondenza del reddito medio avviene però uno scatto di tre punti percentuali (dal 27 al 30%), che determina il sorpasso sulla Francia.[5] Oltre i due terzi del reddito medio, un aumento di imposizione così forte e concentrato in un intervallo così breve non è presente in nessuno degli altri tre Paesi. Il carico fiscale sul reddito medio (i valori al 100% sull’asse orizzontale della figura) è inferiore a quello della Germania (37%), ma al crescere del reddito l’imposizione italiana sale molto più velocemente delle altre, cosicché il divario su Spagna e Francia si allarga, e quello con la Germania si riduce: a partire dal 216% del reddito medio la tassazione italiana diventa la più alta.

Il tratto distintivo del sistema italiano risiede dunque nella ripidità della curva di prelievo: si passa dal 12% per i redditi bassi (metà della media) al 44% per i redditi alti (2,5 volte la media).[6] Un’escursione così ampia non si riscontra altrove: nello stesso intervallo di reddito, la Francia passa dal 14% al 37%, la Spagna dal 6% al 32% e la Germania, che parte da una base molto più alta (29%), sale in modo più graduale fino al 43%.

Prendiamo ora il caso di una coppia sposata con due figli, in cui solo un membro della coppia percepisce un reddito. Anche in questo caso la tassazione italiana ha una curva più ripida degli altri Paesi (Fig. 3). Fino a poco sopra il reddito medio (105%) l’aliquota italiana è infatti la più bassa, ma in seguito cresce velocemente e diventa la più alta già al 133% del reddito medio, con il divario che poi continua ad allargarsi. Il forte distacco con Francia e Germania è spiegato dalla possibilità, presente in questi Paesi e non in Italia, di calcolare l’imposizione su base familiare: l’unico reddito viene suddiviso tra i due componenti, e quindi l’aliquota è più bassa.

 


[1] Vedi, per esempio, l’intervista all’On. Marattin in “Ma quali ricchi. Fare di più per il ceto medio”, IlSole24Ore, 8 novembre 2025.

[2] In Fig. 1, per questioni di leggibilità, oltre gli 85mila euro sono mostrate solo le soglie di reddito per le quali le aliquote cambiano. Le informazioni sulle aliquote di legge dei vari Paesi provengono dal rapporto OCSE “Taxing Wages 2025”, pubblicato il 30 aprile 2025. Dato che l’imposta sul reddito spagnola è all’incirca equamente divisa tra governo centrale e regioni autonome, le quali possono avere imposizioni diverse tra loro, alle aliquote del governo centrale sono state aggiunte quelle della Comunità Autonoma di Madrid, indicata nel rapporto OCSE come la più rappresentativa.

[3] Anche i dati sul reddito medio provengono dal rapporto OCSE citato nella nota precedente.

[4] Riguardo i contributi, l’aggiunta è motivata dal fatto che i Paesi finanziano il welfare utilizzando imposte e contributi in misure diverse: per esempio, in Germania il peso dei contributi è molto rilevante. Vengono considerati anche i sussidi in quanto il sostegno ai redditi medio-bassi non avviene solo tramite sconti fiscali ma anche attraverso trasferimenti monetari diretti. Le addizionali locali italiane considerate dall’OCSE sono la comunale di Roma e la regionale del Lazio. Il rapporto OCSE considera anche alcuni benefici legati all'ISEE. Per un approfondimento di questi, vedi la nostra precedente nota "La giungla dell’Irpef per i lavoratori dipendenti", 11 marzo 2025.

[5] Tale scatto è dovuto ai contributi, che nel 2024 balzavano dal 4% al 9,5% per il venir meno degli sgravi previsti per i redditi inferiori ai 35.000 euro. Nella Legge di Bilancio 2025 tali sgravi sono stati sostituiti con un meccanismo di bonus e detrazioni che si esauriscono in maniera più graduale, fino ad azzerarsi a 40.000€ (vedi Legge n. 207, 30 dicembre 2024, art. 1, commi 4-6). Il balzo è quindi meno forte alla soglia del 35.000 euro, ma la crescita dell’aliquota media è un po’ più alta di quanto appaia nella figura per i redditi tra i 35mila e i 40mila euro.

[6] Tale valore supera l’aliquota marginale massima IRPEF (43%) perché include, oltre a questa e alle addizionali locali, i contributi a carico del lavoratore (pari al 9,5% del lordo).

Un articolo di

Gianmaria Olmastroni

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