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Chi detiene il debito federale americano?

05 settembre 2025

Intermedio

Chi detiene il debito federale americano?

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A giugno 2025 un quarto del debito federale USA era detenuto da non residenti. Si tratta di una quota molto più bassa di quella detenuta una decina di anni fa, quando più di un terzo dei titoli federali erano in mano estera. Tuttavia, dopo un lungo declino, da fine 2023 la quota è tornata a crescere e, sorprendentemente, l’aumento è proseguito anche nella prima parte del 2025, nonostante le tensioni sul mercato dei titoli federali seguite all’introduzione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump. Non sembra, quindi, che la vendita di titoli americani sia stata usata come strumento di pressione sul governo USA. Semmai alcuni Paesi potrebbero avere aumentato la propria detenzione di titoli per ottenere un migliore trattamento da parte statunitense. Colpisce, per esempio, che gli aumenti più forti nei primi sei mesi di quest’anno siano stati registrati per Canada e Regno Unito, due Paesi al centro delle discussioni con l’amministrazione Trump, seppure solo il secondo con esiti particolarmente positivi. Negli ultimi quindici anni, la Cina ha molto ridotto la propria esposizione ai titoli federali, mentre è aumentata la quota di Unione Europea e Regno Unito.

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Di recente, il debito federale degli Stati Uniti è tornato a destare qualche preoccupazione, vista la sua tendenziale crescita rafforzata dall’approvazione del cosiddetto Big Beautiful Bill di Trump. Molti commentatori si sono poi chiesti se la “guerra dei dazi” non avrebbe portato a una ritorsione da parte dei Paesi coinvolti in termini di investimenti in titoli di Stato americani. Tutto questo rende utile guardare a quali Paesi attualmente detengano titoli del Tesoro americano e come la loro composizione sia variata nel tempo.

L’evoluzione del debito federale detenuto all’estero

A giugno 2025, il debito federale americano detenuto da non residenti (“debito estero” nel seguito) ammontava a 9.128 mld di dollari, il 25% del totale (36,2 mila miliardi alla stessa data).[1]

Negli ultimi 25 anni la quota di debito federale detenuta da non residenti ha attraversato tre periodi:

  • Tra il 2000 e il 2014, la quota quasi raddoppia, passando dal 19% di marzo 2000 al 34% di dicembre 2014 (Fig. 1, linea blu). In questo periodo, il debito estero aumenta di quasi sei volte (linea rossa). L’aumento è stato particolarmente forte dal 2008: in passato, infatti, nei periodi di crisi, aumentava la domanda di titoli considerati sicuri, come i titoli del Tesoro americano.
  • Tra il 2014 e il 2023 la quota è calata di quasi 10 punti percentuali, raggiungendo il 22% a fine 2023. In questo secondo periodo il debito estero è rimasto più o meno costante rispetto al Pil americano, mentre il debito federale totale è salito dal 100% al 120% del Pil (Fig. 2).[2]
  • Nel 2024 c’è stato un piccolo recupero della quota estera, che è continuato anche durante i primi sei mesi della seconda presidenza Trump. La quota estera è risalita al 24% a fine 2024 e al 25% nello scorso giugno, nonostante l’iniziale incertezza diffusasi sul mercato dei titoli di Stato americani in seguito all’annuncio dei “dazi reciproci” a inizio aprile.

Chi detiene il debito estero degli Stati Uniti?

I dati sopra riportati sul debito federale estero sono raccolti dal Tesoro americano attraverso questionari inviati dalla Fed di New York a intermediari finanziari americani e stranieri relativamente alla detenzione a una certa data dei titoli americani. Si tratta dunque di stime, sottoposte a un certo margine di errore. Un problema particolarmente significativo, segnalato dagli stessi documenti del Tesoro, riguarda titoli che sono detenuti da banche di un certo Paese per conto di residenti di altri Paesi. In questo caso i titoli sono attribuiti al Paese della banca invece che al Paese del proprietario finale.

Con questo caveat, consideriamo ora il debito estero americano detenuto dai vari Paesi, in percentuale del debito federale totale e del debito estero complessivo (Tav. 1, rispettivamente seconda e terza colonna).

La detenzione del debito federale appare piuttosto frammentata tra i diversi Paesi. Al primo posto c’è il Giappone con poco più del 3% del debito totale e il 12,6% del debito estero (Tav. 1). Segue il Regno Unito (2,4% del debito totale; 9,4% dell’estero), che a inizio anno ha superato la Cina, seppur di poco, anche se la sua quota potrebbe essere sottostimata.[3] L’Italia, con 61 miliardi di dollari (0,2% del debito totale; 0,7% dell’estero) non compare tra i primi quindici Paesi. I 27 Paesi dell’Unione Europea detengono però nel complesso quasi 2.000 mld di dollari, il 5,5% del totale e poco più di un quinto di quello estero.

Sempre per i motivi indicati, alcuni Paesi hanno quote sproporzionate rispetto alle loro dimensioni, come le Isole Cayman (1,2% del totale, al quarto posto), il Lussemburgo (1,1%) e la Svizzera (0,8%). Sono Paesi in cui hanno sede società finanziarie attraverso cui transitano molti dei capitali investiti in titoli USA.

I dati sopra riportati sono relativi alla detenzione di titoli americani sia da parte di privati, sia da parte di pubbliche istituzioni. La distinzione è importante in relazione all’ipotesi che vendite e acquisti di titoli federali riflettano anche motivazioni politiche, potenzialmente più rilevanti per istituzioni pubbliche, come governi e banche centrali. Il Tesoro americano riporta il totale dei titoli detenuti da detentori ufficiali, ma non la spaccatura Paese per Paese. Da questa fonte sappiamo che i detentori ufficiali a dicembre 2024 detenevano 3.783 mld di debito federale, il 10% del debito federale e il 44% del debito federale estero.

La Tav. 2 riporta però una stima limitata alla detenzione da parte delle banche centrali (purtroppo la Cina non è disponibile anche se probabilmente la quota ufficiale è elevata).[4] La percentuale detenuta dalla banca centrale dei titoli USA rispetto al totale detenuto dal Paese è particolarmente bassa (4,2%) per il Regno Unito (in quanto grande centro finanziario dove predominano le banche private). Per l’Italia, invece, il peso della componente ufficiale è in linea con quello complessivo, al 44%. Un valore particolarmente alto è quello del Giappone dove più di tre quarti dei titoli federali sono detenuti dalla banca centrale giapponese.

Com’è cambiata nel tempo la composizione tra Paesi dei detentori di titoli federali?

La composizione dei detentori del debito estero americano è cambiata nel tempo in modo significativo (Fig. 3). Il cambiamento più forte è relativo alla Cina che ha ridotto notevolmente la sua quota sul totale del debito federale estero, passando dal 26% all’8,3% tra settembre 2011 e lo scorso giugno, forse perché ha ritenuto che detenere una quota significativa di debito di un rivale geopolitico fosse rischioso. Nello stesso periodo, è aumentata corrispondentemente la detenzione da parte dei Paesi dell’Unione Europea (21,8% nel giugno 2025) e Regno Unito (9,4% nel giugno 2025).

Nei primi sei mesi del 2025, i Paesi che hanno aumentato maggiormente la propria detenzione di titoli federali sono stati, sorprendentemente, alcuni tra i più coinvolti nella guerra dei dazi, Regno Unito (19%) e Canada (16%), seguiti da Belgio (15%) e Francia (13%), mentre per la Cina si è registrata solo una piccola riduzione (-0,3%).


[1] I dati del debito federale USA provengono dal Dipartimento del Tesoro americano (vedi link). Il debito federale è quello del governo centrale e differisce dalla definizione di debito comunemente utilizzata dalle organizzazioni internazionali, quali il Fondo Monetario Internazionale, che, riferendosi al “General Government” (“pubbliche amministrazioni”) include, oltre al debito centrale, anche quello di livelli inferiori di governo (nel caso degli Stati Uniti anche il debito degli Stati e degli enti locali).

[2] Per un approfondimento dell’evoluzione del debito pubblico degli Stati Uniti si veda la nostra precedente nota “Il crescente debito pubblico americano”, 6 maggio 2025.

[3] Alcuni analisti ritengono che la Cina detenga titoli americani anche tramite depositari terzi (vedi caveat riportato nel testo), tra cui Euroclear in Belgio e Clearstream in Lussemburgo. Tra il 2011 e il 2025, la quota di partecipazioni in titoli del Tesoro americano di Lussemburgo e Belgio è passata dal 5,3% al 9,2%, in parallelo alla riduzione della quota detenuta dalla Cina (vedi Alim A. N., Ko H., “UK overtakes China as second-largest US Treasury holder”, Financial Times, maggio 2025).

[4] Le stime sono ricavate dai dati sulle riserve in valuta estera denominate in dollari, che sono di norma quasi interamente investite in titoli federali, riportate da F. H. Laser, A. Mihailov e J. Weidner, “Currency compositions of international reserves - recent developments.” BOFIT Policy Brief, maggio 2024 (link). Le consistenze in dollari sono ottenute moltiplicando tali quote per i dati sulle riserve totali dei vari Paesi riportate dal Fondo Monetario Internazionale (link).

Un articolo di

Enrico Franzetti

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