Surplus nei conti con l’estero: la Germania viola i trattati europei?
di Sofia Bernardini
17 dicembre 2018
Ultimamente si è diffusa la tesi secondo cui la Germania, avendo un surplus nei conti con l’estero molto elevato, violerebbe i trattati europei. La verità è che, nonostante l’avanzo di partite correnti della bilancia dei pagamenti (ovvero la differenza tra esportazioni e importazioni di beni e servizi) sia molto elevato, non c’è alcun trattato dell’UE che stabilisca regole precise a questo proposito. La procedura relativa agli squilibri macroeconomici, introdotta nel 2011, identifica sì un tetto massimo per l’avanzo con l’estero, ma si tratta di un tetto indicativo. Infatti, questa procedura di macro-sorveglianza è caratterizzata da elementi discrezionali e i margini di valutazione da parte della Commissione sono più estesi di quelli relativi alle regole fiscali. Ciò detto, sarebbe utile alla stabilità dell’area euro se la Germania riducesse il proprio avanzo con l’estero.
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1. Le differenze legali tra le regole fiscali e i “tetti” della procedura di squilibrio macroeconomico
Nel 2011, La Commissione Europea, riconoscendo che gli squilibri macroeconomici esistenti anche al di là della sfera fiscale possono nuocere alla stabilità dell’UE, promosse una procedura apposita per sorvegliare l’emergere di tali squilibri e assicurare che gli Stati Membri adottassero politiche appropriate per ridurli. La procedura (Macroeconomic Imbalance Procedure, MIP) venne approvata dal Consiglio dell’Unione Europea e dal Parlamento Europeo, nelle sue linee generali, con le EU Regulation No 1176/2011 e No 1174/2011. I parametri che la Commissione utilizza per monitorare gli andamenti macroeconomici includono, tra le altre cose, che la media triennale del saldo delle partite correnti della bilancia dei pagamenti (la differenza tra esportazioni e importazioni di beni e di servizi) di un paese sia compreso tra il -4 e il 6 per cento del Pil. La media triennale del saldo delle partite correnti della Germania ha sempre superato il limite massimo dal 2012 a oggi (nel 2017 la media triennale del surplus è stata dell’8,4 per cento, 2,4 punti percentuali oltre la soglia definita dalla MIP. Si veda la Figura 1).
Nonostante la procedura preveda anche delle sanzioni, fino a questo momento la Commissione si è esclusivamente limitata a dei richiami formali nelle Country-Specific Recommendations, senza però aver mai aperto una formale Excessive Imbalance Procedure per la loro correzione, sia nei confronti della Germania sia nei confronti degli altri paesi.[1] Sappiamo invece che, nel caso di violazione della regole fiscali, sono state aperte in passato procedure formali di violazione, le quali avrebbero potuto, in linea di principio, portare a sanzioni (anche se in pratica nessun paese è stato mai sanzionato finora). Perché questa differenza?
La ragione risiede principalmente nella distinzione fondamentale tra il Patto di Stabilità e Crescita e la MIP: mentre il primo prevede un insieme di norme e criteri da applicare in modo abbastanza rigido, il secondo è uno strumento di macro-sorveglianza nato per facilitare il dialogo tra stati membri, Commissione Europea e Consiglio Europeo[2]. Nelle parole della Commissione:
“As compared with the SGP, which focuses on budgetary policy and is rules-based, the MIP has a broader focus and discretionary elements. Judgment plays a larger role in the MIP because there are no obvious rules-based criteria for the identification and assessment of macroeconomic imbalances. The drivers of macroeconomic instability are multi-dimensional phenomena, which need to be assessed together and account for country-specific features.”[3]
La MIP, quindi, non è fondata su regole precise per l’identificazione e la valutazione degli squilibri macroeconomici, ma la Commissione interpreta la situazione economica degli stati membri e suggerisce interventi correttivi in caso di deviazione degli indicatori.
Anche la base legale relativa agli squilibri macroeconomici è diversa rispetto a quelle delle regole fiscali. Queste ultime sono inserite nei trattati e nei regolamenti europei[4], mentre i parametri della procedura di squilibri macroeconomici non sono contenuti né nelle Regulations né nel TFEU. I cosiddetti scoreboard thresholds, infatti, vennero proposti dalla Commissione sulla base di valutazioni statistiche e discussi dal LIME e dall’EPC, che sono rispettivamente il gruppo di lavoro sulla metodologia per valutare le riforme strutturali collegate alla strategia di Lisbona e l’Economic Policy Committee.[5] Infine, gli indicatori furono presentati pubblicamente in un report della Commissione e nell’annesso statistico dell’Annual Mechanism Report nel 2012[6].
2. La questione sostanziale: sarebbe utile se la Germania riducesse il proprio avanzo commerciale
La Germania non è l’unico paese ad avere elevati avanzi di partite correnti: l’Olanda, la Danimarca e Malta hanno superato le soglie previste per l’avanzo nell’ultimo triennio (Figura 2).
Sebbene, come chiarito, elevati avanzi di partite correnti non costituiscano un’esplicita violazione dei trattati, essi rappresentano un ostacolo alla stabilità europea tanto quanto eccessive posizioni di disavanzo. Da una parte, un paese con un forte deficit verso l’estero può essere percepito dai mercati come un elemento di rischio, dato che questo potrebbe avere interesse ad uscire dall’unione monetaria per ristabilire la propria competitività nel commercio internazionale. D’altra parte, uno stato membro con forti avanzi di partite correnti ha indubbiamente una minor tentazione di uscire dall’unione monetaria per apprezzare il cambio, ma resta il fatto che, poiché la posizione con l’estero di tutta l’Eurozona è determinata da un unico tasso di cambio, questa situazione di surplus implica che altri paesi dell’area euro debbano avere una posizione di deficit. Per questo motivo si è introdotto un limite non solo per il deficit commerciale, ma anche per il surplus.
Alla luce di questi elementi, le Country-Specific Recommendations della Commissione hanno invitato negli ultimi anni la Germania ad aumentare la propria domanda interna, agendo sia sul risparmio dei privati che sugli investimenti pubblici. Ciò avrebbe delle ricadute positive anche sulla domanda e sulla crescita del PIL degli altri paesi dell’UE. Inoltre, se la maggiore domanda interna portasse a un aumento dell’inflazione in Germania, quest’ultima perderebbe competitività rispetto agli altri paesi dell’euro, favorendo il recupero di quote di mercato da parti di questi ultimi e facilitandone potenzialmente la crescita. Quest’azione da parte della Germania sarebbe un utile complemento alle politiche di riforma che gli altri paesi dovrebbero porre in atto per recuperare competitività e capacità di crescita.
Box 1: Le cause dello squilibrio commerciale tedesco
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All’inizio degli anni 2000, la bilancia commerciale della Germania passò da una posizione di disavanzo ad una di forte surplus (vedi Figura 3) a causa di vari fattori, tra i quali:
- la riforma del mercato del lavoro tedesco implementata tra il 2002 e il 2005, caratterizzata da una riduzione dei salari e finalizzata all’aumento della competitività della Germania nelle relazioni economiche internazionali;
- la convergenza dei tassi di interesse nei paesi europei che aderirono all’Euro verso quelli tedeschi durante la fase precedente all’introduzione della moneta unica, tra il 1995 e il 1998; questa convergenza fece crescere la domanda e le importazioni dei paesi dove i tassi scendevano, compreso per beni di investimento, beni nella produzione dei quali la Germania era specializzata;
- la domanda interna tedesca particolarmente debole in seguito all’introduzione di diverse misure di prudenza fiscale. Tra queste, la riforma delle pensioni che incentivò la diffusione di piani pensionistici privati, facendo aumentare i tassi di risparmio dei cittadini tedeschi.
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[1] Le Country-Specific Recommendations sono i suggerimenti di politiche che la Commissione Europea dà ai singoli stati membri con squilibri macroeconomici, al fine di ridurre tali squilibri. Questo report è parte del processo di coordinamento delle politiche economiche del Semestre Europeo. Nel dettaglio, la procedura è la seguente: l’Annual Mechanism Report viene pubblicato a novembre e analizza tutte le economie degli stati membri dell’UE, riportando una prima valutazione su eventuali squilibri macroeconomici, tra cui il saldo commerciale. Successivamente, gli stati che necessitano di particolare attenzione (perché hanno violato uno o più limiti dei dieci indicatori del MIP) sono soggetti all’ In Depth Review (IDR), un documento che riporta l’analisi puntuale della situazione macroeconomica del paese. Sulla base dell’IDR, la Commissione conclude se ci siano posizioni di “squilibrio” o “eccessivo squilibrio” che necessitano una correzione. Nel primo caso, si procede con un dialogo tra Commissione ed autorità nazionali, le quali dovrebbero seguire le raccomandazioni e le politiche correttive suggeritegli dalla Commissione nelle Country-Specific Recommendations. Nel secondo caso, invece, i paesi possono essere soggetti ad Excessive Imbalance Procedure (su proposta della Commissione ratificata dal Consiglio Europeo). Infine, la Commissione e il Consiglio si impegnano a monitorare i progressi di tali stati membri e, in mancanza di miglioramenti da parte degli stati soggetti ad EIP, la Commissione può proporre delle sanzioni che verranno votate dal Consiglio Europeo con maggioranza qualificata inversa. Ad oggi, nessuno stato membro è stato sottoposto a tale procedura.
[2] Si veda l’Institutional paper della Commissione Europea “The Macroeconomic Imbalance procedure. Rationale, Process, Application: a Compendium”. (https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/file_import/ip039_en_2.pd).
[3] Di seguito la traduzione in italiano: “Rispetto al patto di Stabilità e Crescita, il quale si concentra sulla politica di bilancio ed è basato sulle regole, la MIP ha uno scopo più ampio ed elementi discrezionali. Il giudizio ha un ruolo maggiore nella MIP perché non ci sono degli ovvi criteri basati sulle regole per l’identificazione e la valutazione degli squilibri macroeconomici. Gli elementi chiave dell’instabilità macroeconomica sono fenomeni multi dimensionali, che necessitano di essere valutati nel loro complesso e tenendo conto delle caratteristiche specifiche del paese”.
[4] Per esempio, c’è chi sostiene che la regola del 3 per cento non stia nel TFEU (Treaty on the Functioning of the European Union), il principale trattato europeo sul funzionamento dell’Unione. Questo è sbagliato, in quanto il tetto del 3 per cento è esplicitamente definito nel Protocollo 12, che è parte integrante del trattato (si veda pagina 277 della versione consolidata del TFEU https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=OJ:C:2008:115:FULL&from=IT).
[5] La strategia di Lisbona è un piano di riforme economiche approvata dai Capi di Stato e di Governo, riunitisi a Lisbona nel marzo del 2000. L’Economic Policy Committee, invece, è un organo consultivo che assiste la Commissione e il Consiglio e contribuisce ai lavori di quest’ultimo, coordinando le politiche economiche degli Stati Membri. L’EPC è anche la sede di discussioni tecniche tra la Banca centrale europea (BCE), il comitato economico e finanziario, il comitato per l'occupazione, la Commissione e le parti sociali.
[6] Si vedano l’Occasional paper della Commissione “Scoreboard for the Surveillance of Macroeconomic Imbalances” (http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/occasional_paper/2012/pdf/ocp92_en.pdf) e il Commission Staff Working Document (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52012SC0420&from=EN)