Università Cattolica del Sacro Cuore

Spiagge in regalo: perché l’attuale sistema di concessioni balneari va riformato?

di Fabio Angei

24 gennaio 2020

Non è recente la polemica che vede coinvolti Stato e gestori degli stabilimenti balneari riguardo le concessioni demaniali marittime per fini turistici e ricreativi. Gli spazi demaniali, sotto il controllo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, vengono affidati dagli enti locali tramite concessioni che sono puntualmente prorogate alla scadenza, l’ultima di 15 anni arrivata con la Legge di Bilancio (LdB) 2018.  Le proroghe sono però in netto contrasto con la Direttiva europea Bolkestein del 2006 recepita in Italia nel 2010, che decreta l’apertura al mercato delle concessioni tramite gare pubbliche, al fine di garantire migliori condizioni sia per lo Stato, sia per gli utenti finali.  Attualmente, i canoni pagati allo Stato sono irrisori (103 milioni totali in tutta Italia nel 2016). È anche sorprendente che non esistano informazioni pubbliche sulle entrate da tali canoni in anni più recenti.

* * *

Perché le proroghe sono un problema

Attualmente, in Italia, le concessioni demaniali marittime non sono assegnate con gara pubblica, come richiesto dalla Direttiva Bolkestein del 2006, che risulta essere disapplicata con le proroghe concesse fino al 2033 previste dalla LdB 2018.[1] Ma qual è lo scopo della direttiva? Innanzitutto, garantire pari accessibilità a tutte le imprese europee nel concorrere, in questo caso, all’affidamento delle concessioni demaniali. Questo richiede gare pubbliche per l’ottenimento della concessione. Ma al di là dell’accessibilità da parte di imprese di altri paesi, maggiore concorrenza porterebbe a entrate maggiori per lo Stato e a servizi migliori per il pubblico. Ad esempio, il rilascio delle autorizzazioni tramite gare pubbliche permette di affidare le concessioni basandosi sulla valutazione del migliore imprenditore che gestisca lo spazio pubblico, cosa che non può avvenire prorogando semplicemente le concessioni in essere.

Un confronto internazionale sulle normative interne per la concorrenza

Ma come viene salvaguardata la concorrenza nei paesi a noi vicini quando si parla di concessioni demaniali marittime? Uno studio della Camera dei Deputati sulle concessioni demaniali marittime in Croazia, Francia, Portogallo e Spagna nota che la maggior parte delle concessioni nei paesi vicini sono gestite con più attenzione alla concorrenza di mercato di quanto avvenga in Italia.[2] In particolare, in Grecia e Croazia, le concessioni vengono sempre assegnate tramite bando di gara, per un minimo di 5 anni in Croazia, e con durata variabile in Grecia. Stessa cosa avviene in Portogallo, ma con qualche diritto di prelazione nei confronti dei titolari delle concessioni originarie. In Spagna, le gare pubbliche non sono obbligatorie, ma parrebbe essere pratica comune la concessione tramite bando di gara.[3] In Francia, oltre concedere l’assegnazione tramite bando pubblico in regime di concorrenza, la durata massima che viene consentita è di 12 anni, senza nessuno tipo di deroga, esenzione o eccezione rispetto al disposto generale.

Qualche numero

Secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, riportati anche da Legambiente nel “Rapporto Spiagge 2019”, le concessioni demaniali marittime sono circa 52mila e 500, di cui circa 27mila e 300 a uso “turistico ricreativo”.[4] L’insieme delle concessioni a uso turistico e ricreativo producono un gettito annuo di 103 milioni, secondo gli ultimi dati del Ministero riferiti al 2016.[5] Non si può non sottolineare l’anomalia di non avere a disposizione dati sui ricavi degli anni successivi al 2016. Tentativi compiuti dall’Osservatorio CPI di ottenere dati più recenti richiedendoli direttamente all’Agenzia del Demanio e alla Ragioneria Generale dello Stato sono risultati per ora infruttuosi. Nei prossimi mesi l’Osservatorio CPI si attiverà nella richiesta di dati più precisi ricorrendo al Freedom Of Information Act (FOIA), cioè il diritto riconosciuto dal D. Lgs. n. 97 del 2016 che garantisce a chiunque il diritto di accedere ai dati e documenti in possesso della pubblica amministrazione.[6] È comunque probabile che il volume di incassi sia rimasto pressoché invariato. Infatti, guardando i dati pre-2016, gli introiti sono rimasti intorno ai 100 milioni annui: 98 milioni del 2011, 102 nel 2012, 102 nel 2013, 102 nel 2014 fino ai 103 del 2015.[7] Dividendo i circa 100 milioni di incassi per il numero delle concessioni ad uso turistico e ricreativo, scopriamo che la media annuale dei canoni per ogni concessione è al di sotto dei 4mila euro annui. Una cifra probabilmente irrisoria, rispetto al giro di affari degli stabilimenti.

Come sono determinati i canoni

I canoni demaniali vengono stabiliti attraverso la rivalutazione annua degli importi definiti dall’art. 3 del D.L. 400/1993 comma 1, lettera b e come modificato dal comma 251 dell’art.1 della L. 296/2006 (Tavola 1). In particolare, i canoni tengono conto sia della tipologia dell’area demaniale data in affido, sia della categorizzazione della stessa in area ad “alta valenza turistica" oppure a "normale valenza turistica”. Il tariffario dei prezzi, stabiliti al metro quadro, viene rivalutato ogni anno tramite l’utilizzo della media dell’indice ISTAT del costo della vita e dell’indice ISTAT dei prezzi del mercato all’ingrosso.[8] Quindi, gli importi vengono semplicemente adattati all’inflazione, di anno in anno. Unica eccezione riguarda gli importi delle “pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi” cioè gli edifici che stanno sul territorio demaniale. Infatti, i canoni riferiti a tali edifici vengono stabiliti attraverso l’utilizzo della media dei valori unitari al metro quadro del mercato immobiliare per le attività commerciali dell’area di riferimento, indicati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI).[9]

I valori stabiliti dall’OMI parrebbero però, a dire dei gestori, poco equi rispetto ai valori dei ricavi delle imprese che hanno in concessione le opere pertinenziali e, nonostante coinvolgano poche centinaia di operatori, i casi di insostenibilità dei pagamenti dei canoni sono diventati una importante vicenda politica.[10] Motivo per cui è stato accolto con favore, nonostante secondo il Sindacato Italiano Balneari non sia stato abbastanza, il recente rinvio del pagamento al prossimo 30 giugno (art. 34 del Decreto Milleproroghe approvato a fine 2019) dei canoni riferiti alle opere pertinenziali, che ha probabilmente lo scopo di prendere tempo per rivedere la determinazione dei canoni, in particolare per quanto riguarda le opere pertinenziali.

In ogni caso, quello che sicuramente emerge è che esiste la necessità di mettere in ordine le regole di affidamento delle concessioni e rivedere quelle di stabilimento dei canoni. Se da parte dei gestori degli stabilimenti esistono legittime aspettative sulla durata delle concessioni e sul fatto che il costo delle stesse sia determinato su basi eque, dall’altra parte c’è la necessità dello Stato e della collettività di valorizzare adeguatamente il demanio pubblico.

 

Tav. 1: Canoni delle concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative
Anno 2020 - importo per metro quadro / anno

Tipologia

Categoria

Decremento ISTAT
rispetto a 2019

 

Categoria "A"

Categoria "B"

 

Area scoperta

€ 2,62

€ 1,31

-0,75%

Aree e specchi acquei occupati con impianti/opere di facile rimozione

€ 4,37

€ 2,19

-0,75%

Aree e specchi acquei occupati con impianti/opere
di difficile rimozione nonché dalle pertinenze
demaniali marittime non destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi

€ 5,83

€ 3,74

-0,75%

Per ogni metro quadrato di mare territoriale per
specchi acquei delimitati da opere che riguardano i porti così come definite dall'articolo 5 del Regio Decreto 3095/1885 e comunque entro 100 metri dalla costa

€ 1,02

-0,75%

Tra 101 e 300 metri dalla battigia

€ 0,73

-0,75%

Oltre i 300 metri dalla battigia

€ 0,58

-0,75%

Specchi acquei utilizzati per il posizionamento di
campi boa per l'ancoraggio delle navi al di fuori
degli specchi acquei indicati al punto precedente

€ 0,30

-0,75%

Misura minima del canone totale

€ 361,90

-0,75%

Fonte: elaborazioni Osservatorio CPI su D.M. 06/12/2019, n. 226, e art. 3 del D.L. 400/1993 comma 1, lettera b e come modificato dal comma 251 dell’art.1 della L. 296/2006.
Nota: Per categoria A si intendono le aree ad "alta valenza turistica" e per categoria B quelle a "normale valenza turistica". L'accertamento dei requisiti di valenza turistica è riservato alle regioni.


[1] Si veda a tal proposito la Legge di Bilancio n. 45 del 30/12/2018, comma 683.

[8] http://www.parlamento.it/parlam/leggi/06296l.htm.

[9] Si veda art.1 co.251 della Legge 296/2006.

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