Recovery Fund: chiarimenti su finalità e cifre
di Giampaolo Galli, Federica Paudice e Francesco Tucci
3 giugno 2020
La proposta di Recovery Fund presentata il 28 maggio dalla Commissione Europea contiene il piano Next Generation EU, con una potenza di fuoco di 750 miliardi, e ulteriori programmi comunitari dal valore complessivo di 69 miliardi. La cifra di 750 miliardi verrebbe ripartita tra gli Stati Membri sulla base del livello di reddito pro-capite e della gravità della crisi economico-sanitaria. Il finanziamento del piano dovrebbe avvenire mediante cospicue emissioni di obbligazioni da parte dell’Unione Europea sui mercati finanziari. Anche se viene presentato come una risposta eccezionale ad una situazione di emergenza, il piano della Commissione rappresenterebbe di fatto un passo rilevante nella direzione di un bilancio comune. La nota si propone di offrire una panoramica della proposta e di chiarire alcuni punti critici riguardo le cifre stanziate.
* * *
Il 28 maggio la Commissione Europea (CE) ha presentato una proposta di rafforzamento del budget UE in risposta alla crisi economico-sanitaria generata dall’epidemia Covid-19. In sintesi, tale proposta è fondata sull’introduzione di un programma innovativo di sostegno all’economia europea, denominato Next Generation EU, per un totale di 750 miliardi di euro, e sul potenziamento del Multiannual Financial Framework (MFF, o “quadro finanziario pluriennale”) 2021-2027 mediante altri programmi. L’obiettivo del piano della Commissione è quello di fornire strumenti adeguati di reazione ai danni sociali ed economici generati dalla crisi sanitaria, che siano allo stesso tempo in grado di accelerare il raggiungimento degli obiettivi europei relativi alla sostenibilità ambientale e alla trasformazione digitale.
Se considerata insieme al pacchetto di misure da 540 miliardi di euro concordate dal Consiglio Europeo del 23 aprile 2020 (piano Sure a sostegno di programmi contro la disoccupazione, MES “sanitario” e nuove garanzie per i programmi della BEI), la nuova proposta porta il totale della risposta economica delle istituzioni europee (senza contare gli interventi della BCE) a 1,29 trilioni di euro. La parte più innovativa della proposta presentata dalla CE riguarda sicuramente l’introduzione del piano Next Generation EU, di natura temporanea per il periodo 2021-2024 e con una potenza di fuoco di 750 miliardi di euro fra contributi a fondo perduto, prestiti e garanzie.[1] Tale cifra verrà immessa nell’economia europea attraverso una serie di programmi distinti diversificati per finalità, destinazione e modalità di erogazione (Tav. 1). Per quanto riguarda le altre misure, in aggiunta al piano Next Generation EU, la Commissione ha previsto il finanziamento di una serie di altri programmi comunitari già in essere, per un totale di 69 miliardi di euro. Si tratta in particolare di progetti relativi alla digitalizzazione, alla mobilità intra-europea, alla circolazione di merci e persone nell’ambito del mercato unico (es. rafforzamento del programma Erasmus+), all’ulteriore supporto delle filiere agricole e della pesca, al presidio delle frontiere europee, alla difesa e da ultimo alla cooperazione internazionale nell’area dei Balcani occidentali.[2]
Perché 750 miliardi per Next Generation EU?
Per rispondere a questo quesito la Commissione ha determinato in prima battuta quali fossero le necessità di finanziamento dei sistemi economici degli Stati Membri a seguito della crisi economico-sanitaria dovuta all’epidemia. In particolare, le necessità stimate sono state:
- un ammontare compreso tra 720 miliardi e 1,2 trilioni di euro (a seconda dello scenario considerato) per far fronte alle perdite patrimoniali subite dalle imprese;
- 1,5 trilioni di euro per l’intera UE per far fronte al crollo dei piani d’investimento delle aziende e alla duplice esigenza di tenere un passo adeguato nel completamento delle transizioni ambientale e digitale e di evitare una caduta dello stock di capitale pubblico rispetto al Pil;
- 200 miliardi di euro per contenere l’impatto socioeconomico dell’epidemia sui sistemi di welfare e sanitario all’interno dell’UE, senza comprimere eccessivamente gli spazi di manovra delle finanze pubbliche degli Stati Membri.
Tenuto conto degli interventi già attuati o programmati dagli Stati Membri, la Commissione ha stimato un fabbisogno aggiuntivo di finanziamento del settore pubblico, scaturito dalla crisi Covid-19 per via dell’esplosione della spesa sociale e del crollo della base imponibile, di 1,7 trilioni di euro.[3] In riferimento a queste necessità, le simulazioni della Commissione stimano che l’immissione di 750 miliardi di euro nell’economia europea consentirebbe, rispetto allo scenario in assenza di intervento e grazie all’effetto moltiplicatore dei fondi su output, produttività, occupazione e base imponibile, di incrementare il livello del Pil reale dell’1,75 per cento nel 2021 e nel 2022, fino a raggiungere l’incremento del 2,25 per cento nel 2024. Inoltre, lo stimolo prodotto da Next Generation EU permetterebbe di creare 2 milioni di posti di lavoro addizionali rispetto allo scenario in assenza d’intervento già nel 2022, e di diminuire anche il livello di debito pubblico dei governi europei in percentuale del Pil nel medio-lungo periodo.
Come si finanzia il piano Next Generation EU?
Il finanziamento del piano Next Generation EU, secondo la proposta della Commissione, avverrà con l’emissione di obbligazioni da parte della UE sui mercati finanziari. Nonostante non sia la prima volta che la Commissione emette strumenti finanziari sui mercati, l’ammontare in questione oggi è pari a dieci volte quanto emesso nel periodo 2010-2019.[4]
Al riguardo, è utile ricordare che esistono già dei rating dell’Unione Europea che sono la tripla A per Fitch e Moody’s e AA per S&P.[5] Non è certo che questi ratings rimangano invariati a fronte di emissioni tanto ingenti; molto dipende dalla percezione del mercato riguardo alle garanzie sottostanti le nuove emissioni. Le emissioni avverrebbero comunque con la garanzia degli Stati dell’Unione, attraverso l’innalzamento temporaneo della cosiddetta “headroom”.[6]
I fondi raccolti sui mercati finanziari verrebbero distribuiti ai diversi beneficiari dei programmi che fanno parte di Next Generation EU. Per quanto riguarda i 250 miliardi di euro di prestiti agli Stati Membri, per il momento la Commissione ha comunicato che essi avranno le stesse caratteristiche (cedola, scadenza e valore nominale) delle emissioni dell’Unione. La scadenza delle obbligazioni della CE collocate sui mercati sarà compresa tra il 2027 e il 2058, con l’emissione dei titoli organizzata in diversi round.[7]
Per far fronte alle proprie obbligazioni, la Commissione ha previsto che il budget europeo possa essere rafforzato nei prossimi anni mediante l’introduzione di nuove risorse; i dettagli della proposta sono tutti da chiarire, ma per ora si sa che, nelle intenzioni, vi sarebbero l’estensione degli ETS (Emission Trading System) ai settori marittimo e dell’aviazione, una Digital Tax sulle imprese di grandi dimensioni, un’imposta sulle multinazionali che traggono vantaggio dalla presenza di un mercato unico europeo e una Carbon Tax sulle importazioni ad alto contenuto di gas serra.[8] Qualora queste voci di entrata non fossero sufficienti, si ricorrerebbe ad un aumento delle contribuzioni da parte degli Stati Membri al bilancio dell’UE.
Come sono ripartiti i 750 miliardi?
Next Generation EU comprende diverse tipologie di supporto all’economia degli Stati Membri:
- Trasferimenti a fondo perduto: 433,2 miliardi per finanziare gli investimenti pubblici, o gestiti centralmente dalla Commissione o gestiti direttamente dagli Stati Membri;
- Prestiti: 250 miliardi per finanziare investimenti pubblici provenienti esclusivamente dal Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (vedi Tav. 1);
- Garanzie: 66,8 miliardi (Sostegno alla Solvibilità, INVEST-EU, nuovo dispositivo per gli investimenti strategici della BEI e garanzie per progetti extra-UE).
Nella proposta della Commissione, la suddivisione tra i paesi è stata fatta mediante l’assegnazione di una quota (Allocation Key) commisurata al reddito pro capite e alla severità degli effetti della crisi. Assumendo che il contributo di ogni Stato al piano Next Generation EU sia uguale al contributo alla formazione del Pil europeo, la Commissione ha stilato una tabella con il dare e avere per ogni paese che è qui riprodotta (Tav. 2). L’Italia risulta assegnataria di 153 miliardi (il 20,4 per cento del totale), di cui 88,4 miliardi di trasferimenti, 51 miliardi di prestiti e 13,6 miliardi relativi alle garanzie. Si tratta comunque di un calcolo approssimativo che include anche risorse che non verranno assegnate in base all’Allocation key, ovvero i 66,8 miliardi delle garanzie BEI e 13,5 miliardi allocati per il progetto Horizon Europe, erogati a seguito di procedura competitiva. Va anche osservato che la cifra della tabella (153 miliardi) diverge da quella diffusa dai giornali (172 miliardi); quest’ultima include probabilmente, oltre alle garanzie, anche risorse stanziate per gli ulteriori programmi previsti dalla Commissione, in aggiunta a Next Generation EU.
Il contributo al programma da parte di singoli Stati sarà pari alla quota del Pil. Nel caso dell’Italia, il contributo sarebbe di 96,3 miliardi. Pertanto, in base ai calcoli della Commissione, il beneficio netto per l’Italia sarebbe di 56,7 miliardi (il 3,2 per cento del Pil).
Sulla stampa italiana, sono circolati calcoli diversi che prendono in considerazione la sola quota di trasferimenti allocata, secondo indiscrezioni, all’Italia: 82 miliardi su un totale di 500 miliardi. Facendo i conti in questo modo, il contributo dell’Italia sarebbe di 65 miliardi (il 13 per cento di 500) e il beneficio netto scenderebbe a 17 miliardi (82-65). [9] Questo modo di fare i conti è legittimo, ma non prende in considerazione tre fattori. Il primo è che i tassi di interesse a cui si finanzia l’UE sono molto più bassi di quelli a cui si finanzia l’Italia; questo ragionamento vale sia per la componente di trasferimenti che per i prestiti, quindi per l’intera cifra di 170 miliardi. Il secondo fattore è che le risorse affluirebbero nei prossimi due o tre anni, mentre i maggiori pagamenti sarebbero dovuti molto in là nel tempo, in gran parte dopo la fine del prossimo settennio della programmazione finanziaria dell’UE.[10]
Il terzo fattore è quello forse più importante. Le risorse prese a prestito dall’UE e trasferite sotto forma di grants (433,2 miliardi) sarebbero un debito dell’Unione Europea e non pro quota, dei singoli Stati Membri. È ovvio che alla fine sono sempre i contribuenti europei che pagano (chi altro?), ma il debito sarebbe in capo all’Unione e non aggraverebbe la condizione finanziaria dei paesi ad alto debito. Questo farebbe una notevole differenza per i mercati e per le agenzie di rating. In sostanza, nella valutazione sulla sostenibilità del debito avrebbe un ruolo molto marginale la considerazione dei futuri maggiori pagamenti degli Stati Membri al bilancio dell’Unione.
Ciò significa che, quand’anche non vi fossero trasferimenti netti fra paesi (e dunque ognuno ricevesse risorse in proporzione dei propri contributi), il debito dell’Unione distribuito fra gli Stati sotto forma di trasferimenti a fondo perduto rappresenterebbe un beneficio netto per un paese ad alto debito come l’Italia.[11]
Si aggiunga che i quattro paesi definiti “frugali” contribuirebbero in maniera netta al finanziamento del “Next Generation EU” con il 3,5 per cento del Pil (Austria), il 3,9 (Danimarca), il 3,8 (Olanda) e il 3,5 (Svezia). Peraltro, questi quattro paesi, assieme alla Germania, sono anche i maggiori contributori netti al bilancio UE, in rapporto al Pil.
Le prospettive
Ammesso che la proposta accolga il favore degli Stati Membri nella sua versione attuale, il piano Next Generation EU sembra rappresentare un significativo progresso per l’UE per tre ragioni fondamentali:
- Si accetta il principio che vi possa essere una comune emissione di titoli di debito in capo all’UE. Non è la prima volta in assoluto che ciò viene fatto, ma questa volta le cifre in gioco sono davvero considerevoli.
- Si accetta il principio che vi possano essere trasferimenti fra Stati, in funzione delle esigenze, come avviene normalmente all’interno di una matura struttura federale. Viene quindi scalfita l’idea che il bilancio europeo non debba dar luogo ad una “transfer union”. Si afferma dunque un principio di solidarietà far nazioni europee.
- Si sottolinea l’esigenza di dotare il bilancio UE di risorse proprie, quali possono essere una web tax o un’imposta sulle importazioni di prodotti ad alto contenuto di gas serra.
Non si può affermare che il Recovery Fund porterà alla formazione di un bilancio comune in quanto l’iniziativa è considerata temporanea ed è motivata da circostanze eccezionali. Tuttavia, si delinea un percorso che pone l’esigenza di far fare un salto all’architettura istituzionale dell’UE in modo da rendere possibile il superamento di quella fondamentale carenza dell’Unione Monetaria che è rappresentata dall’assenza di una politica di bilancio comune.
Tav. 1: Programmi del piano “Next Generation EU”, valori in miliardi di euro (prezzi 2018)
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Nome programma
|
Descrizione
|
Modalità di erogazione
|
Cifra
|
Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza
|
Aumento degli investimenti e riforme con focus su sostenibilità ambientale e digitalizzazione
|
310 miliardi a fondo perduto e 250 miliardi come prestiti, erogati in base a parametri economici e al raggiungimento di obiettivi di policy
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560
|
REACT-EU
|
Rafforzamento della politica di coesione del ciclo 2014-2020 e del Fondo di Aiuti Europei agli Indigenti
|
Fondo perduto in base agli impatti socioeconomici della crisi Covid-19
|
50
|
Incremento del Fondo per una Transizione Giusta
|
Mitigazione l'impatto socioeconomico della transizione verso la neutralità climatica
|
Fondo perduto
|
30
|
Incremento del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale
|
Supporto alle aree rurali nell’implementazione del European Green Deal
|
Fondo perduto
|
15
|
Strumento di Sostegno alla Solvibilità
|
Supporto alle imprese UE con problemi di solvibilità a causa della crisi da Covid-19 attraverso garanzie
|
Garanzie a fronte di finanziamenti BEI
|
26
|
Potenziamento di INVEST-EU e nuovo dispositivo per gli investimenti strategici
|
Garanzie nell’ambito del programma INVEST-EU e per investimenti volti a rafforzare la supply chain di settori strategici
|
Garanzie a fronte di finanziamenti BEI
|
30,3
|
Programma "UE per la salute"
|
Miglioramento della capacità degli Stati Membri di reazione alle epidemie
|
Fondo perduto, risorse gestite in maniera centralizzata dalla CE
|
7,7
|
Rafforzamento di resc-EU
|
Potenziamento del sistema di risposta delle Protezioni Civili nazionali
|
Fondo perduto, risorse gestite in maniera centralizzata dalla CE e distribuiti agli Stati Membri
|
2
|
Potenziamento del programma Orizzonte Europa
|
Finanziamento di progetti R&S da parte di imprese ed enti di ricerca a livello europeo
|
Fondo perduto, assegnati direttamente dalla CE mediante procedura competitiva
|
13,5
|
Potenziamento dello Strumento di Vicinato, Sviluppo e Cooperazione Internazionale e degli Aiuti Umanitari
|
Garanzie a fronte di finanziamento di progetti per la crescita sostenibile ed inclusiva al di fuori della UE
|
Garanzie, destinate a paesi extra UE
|
10,5
|
Aiuti Umanitari
|
Aiuti umanitari internazionali
|
Fondo perduto, destinati a paesi extra UE
|
5
|
Totale
|
|
|
750
|
Fonte: Elaborazione Osservatorio CPI sui dati Commissione Europea
|
Tav. 2: Trasferimenti e contributi dei singoli Paesi a “Next Generation EU”, valori in miliardi di euro
|
|
Allocation Key
|
Pil
|
Recip.
|
Contr.
|
Posizione Netta (Contr.-Recip.)
|
Netto (% Pil)
|
Contributo netto 2018
|
Contributo netto (% Pil)
|
Belgio
|
1,6%
|
474
|
12,0
|
25,5
|
13,5
|
2,9%
|
-2,6
|
-0,5%
|
Bulgaria
|
2,0%
|
61
|
15,0
|
3,3
|
-11,7
|
-19,2%
|
-1,6
|
-2,6%
|
Rep. Ceca
|
1,5%
|
220
|
11,3
|
11,9
|
0,6
|
0,3%
|
-2,1
|
-1,0%
|
Danimarca
|
0,6%
|
311
|
4,5
|
16,8
|
12,3
|
3,9%
|
1,5
|
0,5%
|
Germania
|
6,9%
|
3.436
|
51,8
|
185,1
|
133,3
|
3,9%
|
17,2
|
0,5%
|
Estonia
|
0,3%
|
28
|
2,3
|
1,5
|
-0,7
|
-2,6%
|
-0,5
|
-1,8%
|
Irlanda
|
0,4%
|
347
|
3,0
|
18,7
|
15,7
|
4,5%
|
0,5
|
0,1%
|
Grecia
|
5,8%
|
187
|
43,5
|
10,1
|
-33,4
|
-17,9%
|
-3,2
|
-1,7%
|
Spagna
|
19,9%
|
1.245
|
149,3
|
67,1
|
-82,2
|
-6,6%
|
-0,4
|
0,0%
|
Francia
|
10,4%
|
2.419
|
78,0
|
130,3
|
52,3
|
2,2%
|
7,4
|
0,3%
|
Croazia
|
2,0%
|
54
|
15,0
|
2,9
|
-12,1
|
-22,4%
|
-0,6
|
-1,1%
|
Italia
|
20,4%
|
1.788
|
153,0
|
96,3
|
-56,7
|
-3,2%
|
6,7
|
0,4%
|
Cipro
|
0,3%
|
22
|
2,3
|
1,2
|
-1,1
|
-4,8%
|
0,0
|
0,0%
|
Lettonia
|
0,7%
|
30
|
5,3
|
1,6
|
-3,6
|
-12,1%
|
-0,9
|
-3,0%
|
Lituania
|
0,9%
|
48
|
6,8
|
2,6
|
-4,2
|
-8,7%
|
-1,6
|
-3,3%
|
Lussemburgo
|
0,0%
|
64
|
0,0
|
3,4
|
3,4
|
5,4%
|
-1,6
|
-2,5%
|
Ungheria
|
2,0%
|
144
|
15,0
|
7,8
|
-7,2
|
-5,0%
|
-5,0
|
-3,5%
|
Malta
|
0,1%
|
13
|
0,8
|
0,7
|
0,0
|
-0,4%
|
0,0
|
0,0%
|
Olanda
|
1,7%
|
812
|
12,8
|
43,7
|
31,0
|
3,8%
|
4,9
|
0,6%
|
Austria
|
1,0%
|
399
|
7,5
|
21,5
|
14,0
|
3,5%
|
1,5
|
0,4%
|
Polonia
|
8,6%
|
529
|
64,5
|
28,5
|
-36,0
|
-6,8%
|
-11,6
|
-2,2%
|
Portogallo
|
4,2%
|
212
|
31,5
|
11,4
|
-20,1
|
-9,5%
|
-3,1
|
-1,5%
|
Romania
|
4,4%
|
223
|
33,0
|
12,0
|
-21,0
|
-9,4%
|
-3,0
|
-1,3%
|
Slovenia
|
0,5%
|
48
|
3,8
|
2,6
|
-1,2
|
-2,4%
|
-0,4
|
-0,8%
|
Slovacchia
|
2,0%
|
94
|
15,0
|
5,1
|
-9,9
|
-10,6%
|
-1,6
|
-1,7%
|
Finlandia
|
0,7%
|
240
|
5,3
|
12,9
|
7,7
|
3,2%
|
0,7
|
0,3%
|
Svezia
|
1,2%
|
475
|
9,0
|
25,6
|
16,6
|
3,5%
|
2,0
|
0,4%
|
Tot./Medie
|
100,0%
|
13.923
|
750,0
|
750,0
|
-1,0
|
-3,9%
|
9,6%
|
-0,9%
|
Fonte: Elaborazione Osservatorio CPI sui dati Commissione Europea
|
[6] Gli Stati dell’Unione contribuiscono al bilancio attraverso contributi, che attualmente consentono all’Unione di avere risorse pari a circa l’1 per cento del Pil europeo. Oltre a questo, i paesi forniscono garanzie che attualmente consentono all’Unione di raccogliere prestiti fino allo 0,2 per cento del Pil (la cosiddetta “headroom”). Lo spazio fornito dalle garanzie verrebbe alzato dallo 0,2 all’1 per cento del Pil per qualche anno, portando quindi le risorse derivanti da trasferimenti e prestiti al 2 per cento del Pil (anche se più probabilmente il prestito contratto sarebbe distribuito su più di un anno, in linea con gli esborsi che sarebbero pure distribuiti su diversi anni).
[8] Commissione Europea (2020), ibidem.
[9] Si veda Roberto Perotti su La Repubblica del 29 maggio 2020.
[10] In calce alla bozza di regolamento per il Recovery e Resilience Fund (COM(2020) 408), la Commissione espone una tabella (a pag. 40) in cui vi è una stima dei possibili esborsi, dal 2021 in poi, a fronte degli stadi di avanzamento dei lavori di progetti proposti dagli Stati Membri. Va sottolineato che questi dati sono semplici stime degli uffici della Commissione e non riflettono scelte politiche. Se l’Italia riuscirà a presentare progetti finanziabili sin dall’inizio, essa potrà avere i fondi molto rapidamente.
[11] Si veda al riguardo Andrea Boitani e Roberto Tamborini: “Coronabond, titoli di cittadinanza europea”, Lavoce.info, 31 marzo 2020.