Università Cattolica del Sacro Cuore

Quota 100 e l’effetto sulla spesa pensionistica

di Beatrice Bonini

14 ottobre 2019

In questi giorni si discute molto sul futuro di Quota 100. La misura è attualmente prevista soltanto per il triennio 2019-2021; tuttavia, gli effetti sulla spesa pensionistica sono rilevanti, come dimostrano le stime effettuate dalla Ragioneria Generale dello Stato e dalle principali istituzioni internazionali. Confrontando invece le previsioni di medio-lungo periodo di RGS con quelle della Commissione Europea, si nota che le ipotesi dello scenario nazionale sono molto ottimistiche e poco prudenti (soprattutto in termini di flussi migratori, occupazione e crescita della produttività). Questo porta, in ultima istanza, a una stima al ribasso della spesa per pensioni. Inoltre, se Quota 100 fosse resa permanente alla fine del 2021, l’aumento di spesa sarebbe ancora maggiore.

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La NADEF 2019 presentata lo scorso 30 settembre riprende le previsioni contenute nel Rapporto n.20 sulle tendenze di medio e lungo periodo della spesa pensionistica e socio-sanitaria pubblicato dalla Ragioneria Generale dello Stato (RGS) lo scorso luglio, alla luce delle misure introdotte con la legge di bilancio 2019 e la legge 26/2019, tra cui “Quota 100”.[1] Lo scenario della RGS prevede una sostanziale stabilità del rapporto tra spesa pensionistica e Pil nei prossimi decenni dopo un aumento nei prossimi anni. Ma queste previsioni sono basate su ipotesi molto ottimistiche sugli andamenti macroeconomici (produttività, partecipazione al mercato del lavoro, disoccupazione). Ipotesi più realistiche, adottate dalle principali organizzazioni internazionali, comportano un aumento significativo della spesa. L’aumento sarebbe ancora più forte se le recenti misure (in primis, Quota 100 o misure simili) fossero confermate dopo il triennio di sperimentazione.

Rapporto tra spesa pensionistica e Pil: le nuove stime al rialzo

Lo scenario della RGS è basato su ipotesi demografiche e macroeconomiche tali da annullare l’effetto che l’invecchiamento della popolazione già avvenuto e previsto—l’aspettativa di vita è prevista crescere di circa 6 anni per entrambi i sessi attestandosi a 86,1 anni per gli uomini e a 90,2 per le donne nel 2065—avrebbe sul rapporto tra spesa pensionistica e Pil. In particolare, come mostrato nella Tavola 1, le previsioni della RGS sono basate sulle ipotesi che:

  • il tasso di fecondità (cioè il numero medio di figli per donna), attualmente a 1,34, salga verso l’1,6;
  • i flussi migratori, seppur in diminuzione rispetto agli ultimi 15 anni (quando si registravano 280.000 ingressi netti annui), assumeranno valori pari a circa 165.000 unità all’anno (un 7 per cento in più rispetto alla precedente previsione Istat);
  • il tasso di attività totale nella fascia di età 15-64 anni cresca al 70,7 per cento nel 2070, con un aumento, rispetto al 2017, di 5,1 punti percentuali. L’aumento rifletterebbe la crescita sia del tasso di partecipazione dei lavoratori anziani (per l’innalzamento dei requisiti di pensionamento), sia del livello dei tassi di attività femminili nelle fasce di età centrali causati da una maggiore scolarizzazione;
  • il tasso di disoccupazione scenda gradualmente convergendo al livello strutturale del 5,5 per cento nel 2060 (contro un valore medio di circa il 9 per cento negli ultimi quarant’anni);
  • il tasso di crescita della produttività salga all’1,3 per cento nel 2040 e all’1,5 nel 2070.

Sulla base di queste ipotesi, la RGS ha rivisto le previsioni di spesa rispetto a quelle del settembre 2018 contenute nella Nota di Aggiornamento al DEF (Figura 1). L’aumento previsto della spesa è pari a 0,3 punti percentuali di Pil in media lungo il periodo 2018-2040. Due terzi di questo aumento è dovuto alle maggiori spese derivanti delle norme introdotte dalla legge 26/2019, mentre il restante terzo deriva dal generale deterioramento del quadro macro-demografico.

Lo scenario base nazionale vs. lo scenario europeo EPC-WGA

La RGS affianca le proprie stime a quelle dello scenario EPC-WGA baseline, definito dall’Economic Policy Committee – Working Group on Ageing (EPC-WGA), pubblicato nell’Ageing Report 2018.[2] Le ipotesi demografiche, affidate a Eurostat, sono simili a quello dello scenario RGS ma i flussi migratori sono superiori di 28 mila unità all’anno (i.e. 190.000 unità in media dal 2019 al 2070). Le ipotesi macroeconomiche sono invece meno ottimistiche, pur incorporando miglioramenti rispetto alle tendenze passate (Tavola 1).[3] In particolare:

  • il tasso di attività aumenta ma in modo meno marcato che nello scenario RGS;
  • il tasso di disoccupazione segue un trend decrescente, per poi attestarsi in maniera costante al 7,3 per cento a partire dal 2050;
  • il tasso di crescita della produttività, eccetto per il breve periodo, è mediamente più basso, rispetto allo scenario RGS, di circa quattro decimi di punto percentuale fra il 2022 ed il 2045 e di circa 2 decimi di punto percentuale su tutto l’arco temporale, attestandosi poi intorno all’1 per cento al 2070.

Confrontando le ipotesi demografiche e macroeconomiche, quello che emerge è un quadro complessivo più negativo nello scenario europeo EPC-WGA rispetto a quello della RGS sull’andamento del Pil (Figura 2) e, di conseguenza, sul rapporto tra spesa pensionistica e Pil (Figura 3).

Il quadro EPC-WGA prevede un aumento del rapporto spesa per pensioni su Pil di circa 2 punti percentuali nel 2035 e di 2,4 punti percentuali nel 2040, per raggiungere il suo massimo intorno al 2043. La forbice tra i due scenari inizia poi ad assottigliarsi fino ad arrivare a 0,7 punti percentuali al 2070.[4]

Il Rapporto sostiene che le ipotesi macroeconomiche adottate sono più realistiche di quelle dell’EPC-WGA, ma gli argomenti presentati non sono convincenti. Prendiamo, per esempio, il tasso di partecipazione al mercato del lavoro. Entrambi gli scenari utilizzano modelli che guardano a trend passati per stimare i valori futuri, ma RGS considera anche un ulteriore elemento (che sarebbe stato sottovalutato dalla Commissione): l’interdipendenza tra scolarità e partecipazione al mercato del lavoro. Secondo la RGS, l’aumento previsto del tasso di scolarità, in particolare per le donne, genera un effetto negativo sui tassi di occupazione nel breve termine (perché le ragazze impegnate nella formazione non possono lavorare), ma positivo nel lungo termine sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, perché una maggiore istruzione genererebbe maggior propensione al lavoro. Questa ipotesi sembra tuttavia forte e non supportata da dati o ricerche sul tema. La partecipazione al mondo del lavoro è infatti sì correlata al livello di educazione, ma è largamente determinata dalla struttura del mercato del lavoro per sé. Ad esempio, le coorti di donne più istruite potrebbero decidere di inserirsi nel mercato straniero piuttosto che in quello domestico: dunque, una maggiore scolarizzazione in Italia potrebbe non essere accompagnata da effetti positivi sul tasso di attività in Italia. In merito al tasso di disoccupazione, nuovamente, le ipotesi dello scenario RGS risultano molto più ottimistiche: le ipotesi della RGS porterebbero il tasso di disoccupazione a un livello che il nostro paese non registra dagli anni settanta.[5] Al contrario, in ambito europeo il tasso di disoccupazione converge a un valore più alto derivato da stime del tasso naturale di disoccupazione (il cosiddetto NAWRU), che è probabilmente più influenzato dall’effettivo andamento della disoccupazione italiana negli ultimi decenni. Infine, risultano divergenze anche sotto il profilo della produttività. Lo scenario nazionale base utilizza una metodologia di calcolo che determina un tasso di variazione medio annuo della produttività sensibilmente maggiore rispetto alla soluzione adottata in ambito EPC-WGA; un’accelerazione che, rispetto alle serie storiche sulla produttività, appare irrealistica (il tasso di crescita medio della produttività è stato di poco superiore allo zero negli ultimi 20 anni).[6]

In conclusione, quello che emerge è un quadro di ipotesi probabilmente troppo ottimistiche nello scenario RGS, che portano così ad una stima al ribasso della spesa pensionistica rispetto al Pil per gli anni a venire.

L’opinione del Fondo Monetario Internazionale

Nell’ultimo Country Report sull’Italia, il FMI ha riconsiderato la questione della spesa pensionistica valutando anche la misura di Quota 100.[7] Il FMI conclude che:

  • Le previsioni RGS si basano su ipotesi troppo ottimistiche su occupazione, crescita della produttività e trend demografici, anche alla luce delle dinamiche di queste variabili negli ultimi decenni.
  • Le previsioni del FMI, che adottano ipotesi macroeconomiche più prudenti di quelle RGS e WGA, ma considerate più in linea con i dati storici e con l’attuale situazione economico-politica, implicano che la spesa per pensioni, dall’attuale 16 per cento del Pil, arriverebbe al 20,3 per cento nel 2045.[8]
  • Valutando l’impatto di Quota 100, il FMI stima che la riforma, se resa permanente, aumenterebbe la spesa per pensioni fino ad un ulteriore punto percentuale di Pil al 2045. Occorre però sottolineare che la spesa per i pensionamenti anticipati di “Quota 100” si sta rivelando inferiore alle aspettative.[9] Come spiegato in due precedenti note pubblicate a luglio, si stima un risparmio di 1,6 miliardi per il 2019 e di circa 2 per il 2020, rispetto alle somme preventivate nella Relazione Tecnica.[10]

 

 

 


[1] Si veda il Focus alle pagine 45-49 della NADEF 2019, disponibile al link http://www.dt.mef.gov.it/modules/documenti_it/analisi_progammazione/documenti_programmatici/def_2019/NADEF_2019__FINALE.pdf. Il rapporto RGS si trova al link http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Attivit--i/Spesa-soci/Attivita_di_previsione_RGS/2019/Rapporto-n-20.pdf. Le citate leggi rivedono il sistema di indicizzazione delle pensioni (cioè un adeguamento dell’importo in base all’inflazione) per il triennio 2019-2021, e introducono “Quota 100”, ossia il canale di pensionamento anticipato per coloro che matureranno, nel triennio 2019-2021, un’età anagrafica maggiore o pari a 62 anni e un’età contributiva di almeno 38 anni. Si vedano https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2018/12/31/302/so/62/sg/pdf e https://www.cliclavoro.gov.it/Normative/Legge-28-marzo-2019-n.26.pdf.

[3] Per queste variabili, lo scenario EPC-WGA recepisce i parametri delle ipotesi di scenario descritto nell’Ageing Report 2018, mentre, per il periodo 2018-2022, la dinamica di queste variabili è quella del DEF 2019.

[4] Si noti nuovamente come i due scenari portino a medesime stime fino al 2022, data l’adozione delle stesse dinamiche macroeconomiche desunte dal DEF 2019 per il breve periodo.

[8] Andrle, M., Hebous, S., Kangur, A., Raissi, M.: Italy: Toward a Growth-Friendly Fiscal Reform. IMF working paper series WP/18/59. Washington (2018)

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