Quanto si risparmia davvero con il taglio del numero dei parlamentari?
di Edoardo Frattola
24 luglio 2019
È in dirittura d’arrivo l’iter della legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari di 345 unità (230 deputati e 115 senatori). Alcuni esponenti governativi del M5S hanno sostenuto che questo taglio garantirà risparmi per 500 milioni a legislatura. In realtà, il risparmio netto generato dall’approvazione di questa riforma sarà molto più basso (285 milioni a legislatura o 57 milioni annui) e pari soltanto allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana.
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L'11 luglio scorso il Senato ha approvato in seconda lettura il disegno di legge costituzionale n. 214-515-805-B, che a partire dalla prossima legislatura riduce il numero di deputati da 630 a 400 e il numero di senatori da 315 a 200.[1] Il via libera definitivo da parte della Camera è atteso a settembre. Al di là delle possibili considerazioni sull’impatto di questa riforma sul funzionamento del Parlamento, è utile chiedersi a quanto ammonterebbe l’eventuale risparmio per le casse dello Stato derivante dal taglio di 345 parlamentari.
Il vicepremier Di Maio e il ministro Fraccaro hanno più volte sostenuto che il taglio dei parlamentari garantirà un risparmio di circa 500 milioni di euro a legislatura, ovvero 100 milioni annui.[2] In realtà, il risparmio sembra essere molto più contenuto.
Lo “stipendio” di un parlamentare è dato dalla somma di due componenti: l’indennità parlamentare, soggetta a ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali, e una serie di rimborsi spese esentasse. L’indennità lorda mensile ammonta a circa 10.400 euro, ma al netto delle varie ritenute si attesta attorno ai 5.000 euro. La somma dei rimborsi spese per l’esercizio del mandato (diaria, collaboratori, consulenze, convegni, spese accessorie di viaggio e telefoniche ecc.) è invece pari a 8.500-9.000 euro al mese.[3] Ogni parlamentare ha quindi un costo di circa 230-240 mila euro annui al lordo delle tasse, per un totale di circa 222 milioni. Queste cifre trovano conferma nei bilanci di previsione delle due camere: la spesa prevista per il 2019 per i compensi dei parlamentari è infatti di 225 milioni.
Il risparmio lordo annuo che si otterrebbe riducendo il numero di parlamentari di 345 unità ammonta quindi a 53 milioni per le casse della Camera e a 29 milioni per quelle del Senato, per un totale di 82 milioni. Il risparmio sull’intera legislatura (410 milioni) si avvicinerebbe, ma sarebbe comunque inferiore, a quanto dichiarato dagli esponenti del M5S. Tuttavia, il vero risparmio per lo Stato deve essere calcolato al netto e non al lordo delle imposte e dei contributi pagati dai parlamentari allo Stato stesso. Considerando un’indennità netta di 5 mila euro mensili per ciascun parlamentare (a cui sommare tutti i rimborsi esentasse), il risparmio annuo che si otterrebbe con la riforma in questione si riduce a 37 milioni per la Camera e a 20 milioni per il Senato. Il risparmio netto complessivo sarebbe quindi pari a 57 milioni all’anno e a 285 milioni a legislatura, una cifra significativamente più bassa di quella enfatizzata dai sostenitori della riforma e pari appena allo 0,007 per cento della spesa pubblica italiana.[4] Questo non significa necessariamente che i risparmi non siano giustificati, ma occorre metterli in proporzione anche rispetto a dichiarazioni, come quelle del vicepremier Di Maio, secondo cui con questa legge “si tagliano privilegi ai politici e si restituisce al popolo”.
[1] In prima lettura, il disegno di legge era già stato approvato il 7 febbraio 2019 al Senato e il 9 maggio 2019 alla Camera.
[4] Un taglio del numero dei parlamentari porterebbe negli anni anche a una riduzione della spesa per le pensioni degli ex deputati ed ex senatori, ma questo ulteriore risparmio emergerebbe soltanto nel lungo periodo.