L’indice che decide i lockdown. Come funziona e quali sono i problemi di Rt?
di Carlo Cottarelli e Giulio Gottardo
18 novembre 2020
L’indice Rt corrisponde al numero medio di persone al tempo t a cui un infetto trasmetterà una malattia. In linea di principio, è possibile stimare Rt a partire dalla curva dei nuovi contagi e da semplici dati epidemiologici. In pratica le difficoltà sono rilevanti. Cerchiamo di capire quali sono.
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Cosa significa Rt ?
Il significato del famigerato Rt è intuitivo. Rappresenta il numero medio di persone a cui un infetto al tempo t trasmetterà una malattia in tutti i periodi successivi. È chiaro perché la soglia “critica” dell’Rt è 1: se l’indice è minore di 1, in media, ogni positivo contagerà meno di una persona e quindi il numero dei contagiati si ridurrà nel tempo. Di contro, un Rt maggiore di 1 si tradurrà in una crescita dei nuovi casi che le guarigioni non potranno compensare.
Come si calcola l’Rt?
Una premessa: il “vero” Rt (solitamente contrassegnato con Rct) è calcolabile soltanto ex post, ovvero quando si è in possesso dei dati sui contagi avvenuti dopo il tempo t. Tuttavia, è possibile stimare Rt al tempo t o poco dopo. Per farlo, invece di attendere i dati sui contagi che avverranno, si utilizzano i dati sulle infezioni registrate finora, assumendo che quelle dopo il tempo t si evolveranno in modo simile.
Con questa premessa, si può intuire quali informazioni servano per calcolare Rt attraverso un esempio. Supponiamo che il primo giorno in cui una persona è diventata contagiosa infetti un’altra persona, quindi un’altra persona il secondo giorno, e che in seguito (terzo giorno) guarisca. Sappiamo quindi che l’Rt è 2. Ma supponiamo di non saperlo. Conosciamo però il numero di nuovi contagiati giorno per giorno:
- All’inizio ce n’era solo 1 (il paziente A, il nostro paziente “zero”);
- il primo giorno sempre 1 (il paziente B contagiato da A);
- il secondo giorno ci sono 2 nuovi contagiati (quello infettato da A e quello infettato da B; chiamiamoli C e D);
- il terzo giorno A è guarito (o per lo meno non è più contagioso), ma B, C e D ne infettano altri 3;
- con la stessa logica si capisce che il quarto giorno ce ne sono 5 e così via (vedi Figura 1)
Sapendo quanti contagiati ci sono ogni giorno e qual è la distribuzione dei contagi nel tempo (cioè che un contagiato ne contagia 1 il giorno dopo l’infezione e un altro due giorni dopo, prima di guarire) si può dedurre che l’andamento dei contagi osservato giorno per giorno richiede che l’Rt sia 2.
C’è una formula che riassume tutto questo ed è:
dove It sono i nuovi contagiati al tempo t (e quindi It-s gli infetti al tempo t-s) e ws è l’infettività relativa al tempo t di un individuo che è stato infettato al tempo t-s.[1] Nel breve esempio appena illustrato avremmo w1=w2=0,5 e ws>2=0 . Per il Covid-19, ws è massimo quando s è tra 6 e 7 giorni, ovvero, l’infettività di un positivo è maggiore a circa 6 giorni dal momento del contagio.
Rt si può quindi calcolare a partire da una “curva dei contagi”, ossia dal numero dei nuovi contagi ogni giorno, e dall’insieme dei coefficienti di infettività relativa (ossia dai “pesi” ws). Basta risolvere l’equazione soprastante per Rt. Da dove si prendono i pesi, ws? Di solito, dagli studi epidemiologici passati.
Una precisazione: i “nuovi infetti” rilevanti per la formula non sono quelli che ci dicono alle 17 di ogni giorno, che sono i contagiati osservati attraverso i tamponi. Occorre sapere quando si sono contagiati ed è per questo che, per valutare la qualità di dati forniti dalle regioni, si va a vedere se le regioni raccolgono i dati sul giorno in cui i primi sintomi sono stati osservati. Si utilizza quindi la data di inizio dei sintomi come la data del contagio, anche se sintomi e contagio non sono la stessa cosa (vedi sotto).
Come opera l’ISS per stimare Rt?
La metodologia seguita dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per stimare l’Rt è una versione (molto più) sofisticata a livello statistico di quanto mostrato finora.[2] In particolare, la metodologia dell’ISS consente anche di ottenere intervalli di confidenza (cioè un intervallo in cui l’Rt si colloca con maggiore probabilità), in modo da avere un quadro più completo della variabilità delle stime (per esempio si dice che al 95 per cento l’Rt sta tra 1,6 e 2, con una stima centrale di 1,8, che è quella che viene riportata).
In ogni caso, come abbiamo visto, la stima di Rt richiede (1) una curva dei contagi e (2) una valutazione dell’infettività dei contagiati nel tempo (nell’esposizione semplificata, la serie dei pesi ws). Per quanto riguarda quest’ultima, l’ISS si basa su uno studio epidemiologico condotto all’inizio della pandemia in Lombardia.[3]
I problemi principali riguardano i dati sui contagi. L’ISS calcola l’Rt utilizzando soltanto i casi sintomatici, in quanto “l’individuazione delle infezioni asintomatiche dipende molto dalla capacità di effettuare screening da parte dei dipartimenti di prevenzione e questa può variare molto nel tempo”. In altre parole, il dato sui sintomatici è l’unico abbastanza affidabile nel tempo da poter essere utilizzato per stimare l’Rt. Questo potrebbe portare ad una sottostima, soprattutto alla luce dell’elevata incidenza di asintomatici, che, anche se in misura minore, possono essere contagiosi e quindi provocare successive infezioni, anche sintomatiche. A riprova di questo, a inizio settembre l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare ha provato a stimare Rt includendo gli asintomatici, e ha ottenuto un valore quasi triplo rispetto all’ISS (circa 3,0 vs 1,2), anche se molto più variabile, a causa dell’instabilità del dato degli asintomatici.[4]
C’è un problema ulteriore che riguarda “il ritardo” delle stime dell’Rt. Ragionevolmente, l’ISS utilizza dati “consolidati” sul numero di contagiati. Il consolidamento consiste nel correggere i numeri dei nuovi casi (sintomatici) per tenere conto di tutte le particolarità nel tempismo della loro registrazione e comunicazione. Inoltre, da questo totale si sottraggono anche i cosiddetti “casi importati”, per evitare di gonfiare erroneamente l’Rt di una regione (o del paese intero). Queste operazioni di consolidamento ed esclusione richiedono diversi giorni, facendo sì che l’Rt disponibile sia al massimo quello della settimana precedente.
Infine, recentemente è emerso come i dati sui contagi riportati da alcune regioni – e poi utilizzati per stimare Rt dall’ISS – fossero incompleti, portando a una sottostima ulteriore dell’indice.[5]
[1] Per coerenza matematica con la definizione di Rt, si impone , in modo che ws rappresenti solo l’infettività relativa di un infetto in ciascun momento senza influenzare la rapidità complessiva della diffusione del contagio, che è espressa da Rt.
[3] Più precisamente, la metodologia dell’ISS necessita dei due parametri di una funzione Gamma Γ(k, θ) , che si ricavano appunto dal seguente studio sulla Lombardia all’inizio dell’epidemia: D Cereda, M Tirani, F Rovida, V Demicheli, M Ajelli, P Poletti, F Trentini, G Guzzetta, V Marziano, A Barone, M Magoni, S Deandrea, G Diurno, M Lombardo, M Faccini, A Pan, R Bruno, E Pariani, G Grasselli, A Piatti, M Gramegna, F Baldanti, A Melegaro, S Merler, 2020, “The early phase of the COVID-19 outbreak in Lombardy, Italy”, https://arxiv.org/abs/2003.09320.