In presenza di una recessione causata da una catastrofe naturale, in che misura le regole europee consentono di aumentare il deficit?
di Stefano Olivari
6 marzo 2020
Le regole europee sui conti pubblici contengono margini di flessibilità per i paesi colpiti da un evento economico avverso che porti il paese in recessione. Questi includono: (i) la perdita di entrate e aumenti di spesa automatici causati dalla recessione sono consentiti fino a un deficit del 3 per cento del Pil; (ii) aumenti di deficit relativi ai costi diretti di eventi avversi (quali catastrofi naturali o epidemia) sono accettati; (iii) altre azioni discrezionali di supporto all’economia sono consentiti in presenza di una recessione che colpisca l’intera Unione. Nonostante non sia prevista la possibilità di azioni espansive discrezionali in caso di recessione di una sola economia, al di là delle misure direttamente legate a eventuali eventi avversi, restano margini di flessibilità interpretativa relativi alla definizione di cosa sia da considerarsi “direttamente legato” a un evento avverso. Inoltre, un’eventuale apertura formale di una procedura di infrazione, del tutto improbabile al momento, potrebbe essere accompagnata da un piano di rientro posticipato nel tempo, come avvenne in occasione della crisi del 2008-09.
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Quanta flessibilità viene richiesta?
Con una lettera in data 5 marzo 2020,[1] il governo italiano ha indicato la necessità di prendere misure espansive che ammontano a 6,35 miliardi, cioè circa lo 0,35 per cento di Pil, sostenendo che le misure prese sono in ogni caso una tantum e quindi non influenzano il deficit “strutturale”.[2] Mercoledì 11 marzo, l’Aula della Camera esamina l'autorizzazione allo scostamento di bilancio propedeutica al varo del decreto-legge con le misure economiche per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. In questo momento è giusto richiedere all’Europa flessibilità per effettuare spese in deficit. Questa nota chiarisce (nella misura resa possibile dalla complessità interpretativa delle regole europee!) quanto un paese può aumentare il proprio deficit, specialmente in vista di una possibile recessione.[3]
Fino al 3 per cento
In una situazione in cui il deficit è inferiore al 3 per cento, le regole europee consentono in ogni caso un aumento del deficit, rispetto a quanto inizialmente programmato, se questo avviene senza l’introduzione di misure discrezionali, semplicemente per effetto di una dinamica del Pil inferiore alle aspettative. Un rallentamento della crescita causa, a legislazione corrente, una perdita di entrate e un aumento di certe spese come i sussidi di disoccupazione, la cassa integrazione, il reddito di cittadinanza. Sono i cosiddetti stabilizzatori, detti “automatici” proprio perché i loro effetti si attivano in assenza di provvedimenti discrezionali. Le tre principali regole europee che operano quando il deficit è al di sotto del 3 per cento (la regola sulla riduzione del deficit a una certa velocità, la regola della spesa e la regola di riduzione del debito) consentono comunque una correzione per gli stabilizzatori automatici. Il deficit strutturale viene anche calcolato al netto delle misure una tantum, quelle cui fa riferimento la lettera del governo italiano. Queste però vengono intese solitamente in senso piuttosto restrittivo (includendo, per esempio, solo i costi medici relativi a un disastro naturale) e devono essere limitate a un singolo anno.
Ma in che misura un paese può prendere misure “discrezionali”, al di là degli stabilizzatori automatici, di espansione del deficit?
Ci concentriamo qui sulla regola di riduzione del deficit strutturale (valida finché un paese non ha raggiunto l’Obiettivo di Medio Termine del deficit, fissato per l’Italia a un surplus di mezzo punto percentuale), perché è la più rilevante (anche ai fini di valutare la gravità di un mancato rispetto della regola di riduzione del debito). Questa regola consente misure espansive discrezionali nel caso di: (i) riforme strutturali; (ii) investimenti pubblici; e (iii) eventi economici avversi. Nel caso dell’Italia, le prime due clausole sono già state attivate nel 2016 per importi pari a 0,5 e 0,21 per cento di Pil rispettivamente (8,4 e 3,5 miliardi) e, fintantoché non verrà raggiunto l’Obiettivo di Medio Termine, non potranno essere richieste nuovamente in sede di contrattazione con la Commissione europea. L’ultima invece può essere richiesta più volte anche senza aver raggiunto l’obiettivo di medio termine (si veda in riferimento ai flussi migratori del 2016 e 2017 nella Tavola 1, tratta da un lavoro dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio).[4] Un altro esempio italiano molto recente è stato nel 2019, quando la Commissione ha accordato uno spazio di flessibilità pari a circa lo 0,18 per cento di Pil per consentire un piano straordinario per prevenire e limitare i rischi idrogeologici a seguito della tempesta che ha colpito in particolar modo il nord-est nell’ottobre-novembre 2018.[5]
Le misure espansive che possono essere introdotte sulla base di questa clausola sono più ampie di quelle coperte dal fatto che tali misure possono avere natura una tantum (vedi sezione precedente). Oltre ad includere maggiori spese mediche collegate all’emergenza, possono includere per esempio sussidi alle aree più direttamente colpite. Inoltre, possono estendersi per più di un anno (come è stato fatto, per esempio, per le spese per i migranti). Non potrebbero invece includere un generale sostegno all’economia. Misure di quest’ultimo tipo, almeno in base all’interpretazione corrente, potrebbero essere consentite solo nel caso in cui l’evento avverso consista in una grave crisi economica nell’Unione (ad esempio, quella che colpì l’Europa nel 2008-09). Da notare però che la crisi non deve essere necessariamente già conclamata, ma potrebbe essere semplicemente prevista: un quadro previsionale di crisi potrebbe essere considerato sufficiente.
Quando è consentito andare oltre la soglia del 3 per cento di deficit su Pil?
Le regole sono più strette nel caso il deficit ecceda il 3 per cento. Il tetto è definito in termini nominali, non corretti per il ciclo economico e per i fattori ad hoc. Non sono rilevanti neppure le altre clausole di flessibilità, incluso quelle relative a eventi naturali. Anche in questo caso però le regole europee prevedono deviazioni temporanee oltre la soglia del 3 per cento in caso di “periodi di grave crisi economica per l’area euro o per l’intera Unione a condizione che non comprometta la sostenibilità fiscale nel medio termine”.[6] E, anche in questo caso, la recessione non deve essere necessariamente in corso, ma potrebbe essere semplicemente prevista. Infine, in caso di inizio di una procedura di infrazione, la Commissione può comunque consentire un rientro graduale, rinviando misure di aggiustamento, come venne in pratica fatto in occasione della crisi del 2008-09 quando, in assenza della clausola sopra citata, quasi tutti i paesi vennero messi in procedura di deficit eccessivo.
Cosa succede nel caso in cui la recessione colpisca solo un paese e non gli altri?
Non c’è una clausola specifica che spieghi come interpretare questo caso, eccetto le misure a diretto sostegno previste dalla clausola per eventi economici avversi, che, come detto, devono essere più strettamente legate all’evento avverso.
A questo punto ci sono due possibilità per consentire comunque misure espansive. La prima è di dare un’interpretazione più ampia di quella attuale delle misure di sostegno da considerare direttamente legate all’evento avverso. L’altra possibilità è che, come si è detto, una eventuale procedura di infrazione dia un ampio tempo ai paesi per rientrare dalle misure di sostegno all’economia.
Tav. 1: Scostamenti dal percorso di avvicinamento verso l'OMT per flessibilità riconosciuta all'Italia, 2015-2018
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% Pil
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Valori assoluti
(miliardi di euro)
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2015
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2016
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2017
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2018
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2015
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2016
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2017
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2018
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Totale 2015-18
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a) Ciclo economico*
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0,25
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4,1
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4,1
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a) Riforme strutturali
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0,50
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8,4
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8,4
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a) Investimenti
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0,21
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3,5
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3,5
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b) Flussi migratori
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0,03
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0,06
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0,17
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0,5
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1,0
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2,8
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4,3
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b) Sicurezza
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0,06
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1,0
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1,0
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b) Eventi sismici
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0,18
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3,1
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3,1
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c) Margine di discrezionalità
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0,30
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5,3
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5,3
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Totale
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0,28
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0,83
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0,35
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0,30
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4,6
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13,9
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5,9
|
5,3
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29,7
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Pil nominale (DPB 2018)
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1652,2
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1680,5
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1716,5
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1770,3
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*Lo scostamento connesso con il ciclo economico è calcolato rispetto al percorso di aggiustamento verso l'OMT richiesto prima della Comunicazione della Commissione europea sulla flessibilità.
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Fonte: elaborazione Osservatorio CPI su dati UPB
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[2] Lo scostamento è di 7,5 miliardi di euro in termini di saldo netto, ma solo 6,35 miliardi sono di maggior deficit.
[4] Solitamente in passato è stata concessa in riferimento a disastri naturali, flussi migratori eccezionali o costi per minacce terroristiche.
[6] Traduzione non letterale tratta dalla Tavola contenuta nel Vade Mecum on the Stability & Growth Pact 2018, p.14.