Università Cattolica del Sacro Cuore

Fondi strutturali e d’investimento europei: a che punto siamo?

di Matilde Casamonti

29 gennaio 2021

L’Agenzia per la Coesione territoriale ha recentemente comunicato che sono stati centrati tutti gli obiettivi minimi di utilizzo dei fondi richiesti dalla normativa europea. In realtà, nonostante il settennato 2014-20 si sia ora concluso, è ancora possibile che parte delle risorse stanziate per questo periodo vadano perse.

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Si sostiene spesso che l’Italia non riesca ad utilizzare le risorse dei fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE).[1] Eppure la programmazione 2007-2013 si è conclusa con il quasi totale assorbimento dei 27,9 miliardi di risorse stanziate; sono stati persi solo 193 milioni.[2] Ciò non vuol dire che la spesa sia stata rapida (o di alta qualità). Si è fatto infatti ampio ricorso agli strumenti di flessibilità consentiti dalla Commissione per evitare di perdere risorse. L’utilizzo di questi strumenti, infatti, ha permesso di effettuare i pagamenti per alcune tipologie di progetti ben oltre il 2013. La normativa europea all’epoca consentiva infatti di spendere le risorse entro il 31 dicembre 2015, ma per alcuni progetti è stato possibile spendere le risorse fino al 2019 e in alcuni casi la spesa sarà possibile fino addirittura al 2023.[3]

Cosa è successo nella programmazione 2014-2020? L’attuazione del piano è iniziata in ritardo, in parte a causa della tardiva adozione del quadro normativo europeo, e in parte anche per l’accavallamento di risorse che si è creato per l’utilizzo degli strumenti di flessibilità consentiti dalla Commissione Europea.[4] Una recente comunicazione dell’Agenzia per la coesione territoriale ha però indicato che gli obiettivi minimi di spesa sono stati raggiunti e che quindi le risorse per il settennato 2014-20 (allocate nel 2017) non saranno perse.[5] In realtà le cose sono un po’ più complicate. Cerchiamo di chiarirle.

A che punto siamo nella spesa dei fondi europei per il 2014-20?

Nel Quadro finanziario pluriennale appena concluso (QFP 2014-2020) per l’Italia erano stati stanziati 44,6 miliardi da cinque dei Fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE).[6] Queste risorse sono state impegnate nel bilancio europeo in rate annuali dal 2014 al 2020. Per non perdere queste risorse impegnate per annualità è necessario che, sulla base della cosiddetta regola N+3, queste siano spese entro la fine del terzo anno successivo a quello dell’impegno nel bilancio europeo. In altre parole, gli importi impegnati nel 2015 devono essere spesi entro il 31 dicembre del 2018.[7] Se questi termini non vengono rispettati, le risorse europee vengono disimpegnate, e quindi perse.

L’utilizzo dei Fondi SIE, infine, si basa sul principio di addizionalità: i contributi erogati tramite i fondi devono aggiungersi agli investimenti strutturali o alla spesa pubblica degli Stati membri e non sostituirsi ad essi.[8] Per questo i progetti finanziati con risorse europee devono essere cofinanziati anche da risorse nazionali ad un tasso di cofinanziamento concordato con la Commissione Europea. Nel QFP 2014-2020, per l’Italia è stato deciso un cofinanziamento nazionale di 30,5 miliardi. In complesso, quindi gli stanziamenti ammontano 75,1 miliardi di euro (44,6 + 30,5 miliardi).[9]

Gli ultimi dati aggiornati della Commissione Europea sulle spese dei fondi SIE risalgono al 30 giugno dello scorso anno.[10] Secondo questi dati, a metà 2020 erano stati allocati a specifici progetti dall’Italia solo l’81 per cento dei fondi impegnati nel bilancio europeo ed effettivamente spesi solo il 39 per cento. In media gli Stati europei avevano invece già allocato il 96 per cento delle risorse e ne avevano già spese il 51 per cento (Fig. 1).[11] L’Italia è quindi tra i paesi più lenti nell’utilizzo delle risorse europee, solo la Spagna e il Lussemburgo lo sono stati di più.

Nonostante non siano ancora disponibili dati più aggiornati sulle spese di tutti i fondi SIE, l’Agenzia per la coesione territoriale ha fornito alcuni dati aggiornati al 31 dicembre 2020 limitatamente a tre dei cinque fondi SIE, cioè il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e l’Iniziativa Occupazione Giovani (IOG). Da questi tre fondi provengono 50,5 miliardi – 33,6 miliardi di risorse comunitarie e 16,9 di risorse nazionali – dei 75,1 miliardi complessivamente stanziati. A fine anno, l ’Agenzia ha comunicato che al 31 dicembre 2020 la spesa per i progetti cofinanziati da questi tre fondi è stata di 21,3 miliardi (il 42,1 per cento dei 50,5 miliardi stanziati), di cui 15,3 miliardi di fondi europei contro una spesa minima, per rispettare la regola N+3 ed evitare il disimpegno, di 12,1 miliardi di euro,[12] quindi senza perdite per l’Italia.[13]

In conclusione è vero che per i tre fondi in questione non si sono per ora perse risorse (se non per un importo molto piccolo; vedi nota 12). Tuttavia:

  • perdite sono ancora possibili per i due fondi rimanenti per cui i dati non sono ancora disponibili;
  • perdite sono ancora possibili per le somme per cui la regola del N+3 non è ancora stringente (ossia per le risorse che nel bilancio europeo sono impegnate per 2018-20);
  • il raggiungimento degli obiettivi di spesa è stato facilitato in alcuni casi anche dalla riduzione della quota di finanziamento italiano, come rilevato dalla Corte dei Conti.[14]
 

[1] I fondi SIE sono gestiti congiuntamente dalla Commissione europea e dai paesi dell’UE e servono per finanziare investimenti strutturali per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale in modo da ridurre il divario fra le regioni più e quelle meno avanzate.

[3] La possibilità di spendere fino al 2019 è stata garantita per i progetti cosiddetti "non funzionanti" e per alcuni Grandi Progetti, mentre fino al 2023 per i progetti suddivisi in fasi "a cavallo" sul ciclo successivo, per quelli da completare inseriti nella programmazione complementare del Piano di azione e coesione (PAC).

[4] In un precedente lavoro dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani spieghiamo quali sono le principali cause dei ritardi dell’Italia. Vedi: https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-i-trasferimenti-finanziari-tra-italia-e-ue-chi-dice-la-verita-tra-juncker.

[6] L’Italia riceve risorse da cinque Fondi strutturali e d’investimento europei (fondi SIE): il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e l’Iniziativa Occupazione Giovani (IOG).

[7] L’impegno relativo al 2020, non segue la regola N+3, ma è disimpegnato conformemente alle norme da seguire per la chiusura dei programmi. Vedi: Regolamento UE 1303/2013, art. 86. Vedi: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013R1303&from=PT.

[8] Il principio di addizionalità si applica negli Stati membri in cui le regioni meno sviluppate rappresentano almeno il 15 per cento della popolazione.

[10] In realtà i dati sulle risorse allocate e spese effettuate sono disponibili al 30 giugno 2020 solo per i progetti cofinanziati, oltre che da risorse nazionali, anche dai fondi FSE, FESR e IOG. I dati disponibili per i progetti cofinanziati dai fondi FAMP e FEASR sono aggiornati al 31 dicembre 2019.

[11] Secondo art. 112 del Regolamento UE 1303/2013, gli stati membri devono riportare alla Commissione entro il 31 gennaio, il 31 luglio e il 31 ottobre, ai fini della sorveglianza, il costo totale e le spese dei programmi selezionati. Vedi: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32013R1303&from=PT.

[13] Occorre ricordare che quest’anno sono state introdotte due modifiche regolamentari per favorire un uso più flessibile delle risorse (senza però alterare i vincoli sulla tempistica della spesa da rispettare per non perdere le risorse. Queste modifiche, che coinvolgono 12 miliardi di euro di risorse europee. Comportano la possibilità di: (i) utilizzare le risorse SIE per far fronte alla crisi sanitaria; e (ii) rimuovere per l’anno contabile tra il 1° luglio 2020 e 30 giugno 2021 la necessità di un cofinanziamento nazionale.

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