Cerca

143 risultati trovati

  • Il PNRR: dodici mesi di commenti e monitoraggio

    Nel mese successivo, il regolamento della Recovery and Resilience Facility (RRF) – lo strumento primario di finanziamento del piano Next Generation European Union - definiva i finanziamenti attribuibili all’Italia, ossia 191,5 miliardi di euro di cui 68,9 miliardi in sovvenzioni e 122,5 in prestiti. Tali fondi, come indicato nel piano presentato in aprile, sono stati integralmente richiesti dall’Italia: il piano complessivo risulta tuttavia più ingente – con una cifra che supera i 235 miliardi di euro - a causa degli altri fondi comunitari e dei 30 miliardi di fondo complementare finanziato con emissioni obbligazionarie italiane. L’approvazione definitiva del PNRR da parte del Consiglio Europeo, arrivata il 13 luglio 2021, è stata accompagnata dalla fissazione di 527 condizioni – suddivise in traguardi qualitativi (“milestones”) e obiettivi quantitativi (“targets”) - da rispettare: questi “paletti” risultano estremamente importanti, perché l’erogazione delle rate semestrali sarà condizionato al soddisfacimento di tali condizioni. La governance del Recovery plan: cosa faranno gli altri paesi? La bozza di Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) del governo Conte circolata a gennaio non includeva una proposta per la governance del piano. A questa sono destinati 21 miliardi, di cui 19,5 dalla Recovery and resilience facility e 1,5 dal React EU. La componente si articola in quattro settori di intervento: ampliamento dei servizi di istruzione (10,6 miliardi), miglioramento dei processi di reclutamento degli insegnanti (0,8 miliardi), potenziamento delle infrastrutture scolastiche (7,6 miliardi) e riforma dei dottorati (0,4 miliardi). Chi gestirà le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza? Su “Italia domani”, il sito ufficiale del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), è stata pubblicata la ripartizione di progetti e risorse tra i ministeri. L’attuazione del PNRR nel 2022: cosa è previsto? Nella conferenza stampa di fine anno, il Presidente del Consiglio Draghi ha annunciato che tutte le 51 condizioni previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sono state soddisfatte.

  • La concorrenza all’interno del PNRR

    Manca però, per ora, un livello di dettaglio adeguato riguardo agli interventi legislativi che concretamente verranno adottati; il che non consente di formulare un giudizio circa l’efficacia reale di questa parte del PNNR ai fini del rilancio della crescita economica. A differenza del PNRR presentato dal precedente governo nel gennaio scorso, che trascurava la questione, nel PNRR presentato dal governo Draghi vi è una sezione dedicata al tema della concorrenza. Le riforme per la concorrenza, così come quelle per la semplificazione delle leggi, sono definite “abilitanti”, ovvero idonee a rimuovere gli ostacoli di ordine amministrativo e regolatorio che potrebbero complicare l’attuazione degli interventi del PNRR. Molte delle misure previste dal PNRR sono in linea con le proposte contenute in una segnalazione del marzo scorso dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Che cosa contiene il PNRR Il PNRR afferma l’importanza di adottare su base annuale la legge sul mercato e la concorrenza, prevedendo per il 2021 la presentazione del relativo disegno di legge entro il mese di luglio. Per quanto riguarda l’AGCM, il PNRR si ripromette di avvicinare le prerogative previste dalla legislazione nazionale rispetto a quelle previste dal diritto europeo, specialmente per quanto riguarda la valutazione delle concentrazioni aziendali e le imprese che operano in più mercati. Cosa aveva chiesto l’AGCM Tutte le misure per la concorrenza citate all’interno del PNRR, con l’eccezione di quelle per le concessioni autostradali e la nomina dei dirigenti ospedalieri, erano contenute nella segnalazione di marzo dell’AGCM.

  • Quanto aumenta la disponibilità degli asili nido con il PNRR?

    Il totale delle posizioni negli asili nido aumenterebbe invece meno rapidamente: entro la fine del 2025, utilizzando indicazioni contenute nel materiale preliminare del PNRR, si passerebbe dall’attuale 26,9 per cento della attuale copertura a quasi il 40 per cento (contro il 50 per cento già superato da Spagna e Francia nel 2019). Inoltre, il PNRR, almeno formalmente, fissa un obiettivo totale di costruzione di posti per asili nido e scuole dell’infanzia, senza obiettivi distinti tra queste due componenti. Occorre quindi una maggiore precisione negli obiettivi specifici per gli asili nido, anche a livello territoriale, e permettere agli enti locali, alcuni dei quali con limitate esperienze tecniche, di partecipare al meglio alla creazione di posti di asili nido nelle aree meno coperte. Nella versione del PNRR di metà aprile, la misura prevedeva la creazione di 228.000 posti, di cui 152.000 per asili nido (ossia per i bambini con età compresa tra 0-3 anni) e 76.000 per le scuole dell’infanzia (la fascia 3-6 anni). I dati sulla copertura di asili nido Nel resto di questa nota il termine “asili nido” si riferisce al totale dei posti dei “servizi educativi per la prima infanzia” che, oltre agli asili nido in senso stretto, comprendono i cosiddetti “servizi integrativi”. I posti disponibili sono equamente divisi tra servizi pubblici (180.842) e privati (180.476); la suddivisione riporta però una marcata differenza nel numero di strutture, dato che gli asili nido e i servizi equiparati gestiti dal pubblico (4.857) rappresentano solo il 35,1 per cento del totale (13.834). Conclusioni Grazie al “piano asili nido”, l’obiettivo del Consiglio Europeo del 2002 sarà verosimilmente superato ma sicuramente non riuscirà a garantire una copertura del 50 per cento degli asili nido per il 2026, traguardo che Spagna e Francia hanno già raggiunto nel 2019.

  • Il PNRR è appena iniziato e c’è già molto da fare

    Già entro la fine dell'anno dovranno essere attuate 51 condizioni delle 528 complessive che scadenzano la realizzazione del piano fino al 2026 e che consentono l’erogazione delle relative risorse europee. Tra queste una sfida particolare sarà soddisfare le condizioni relative alle riforme, sia per la loro numerosità (24 da completare entro dicembre) sia per la complessità di alcune di esse (come, ad esempio, le condizioni relative alle riforme del processo penale e civile). L’erogazione dei 191,5 miliardi per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è vincolata al soddisfacimento di 528 condizioni che il Governo italiano ha concordato con l’Unione Europea. Secondo le schede tecniche del PNRR, 51 condizioni dovranno essere realizzate già entro la fine del 2021 per sbloccare la prima tranche di finanziamenti (dopo il sopra citato prefinanziamento) da 24,1 miliardi, di cui 11,5 miliardi a fondo perduto e 12,6 miliardi a prestito. Cosa è stato fatto finora? Delle 51 condizioni per il 2021, 5 traguardi erano da completare entro giugno (secondo trimestre) e 4 entro settembre (terzo trimestre). Inoltre, anche su quest’area alcuni traguardi potrebbero risultare spinosi, come l’adozione di una legge quadro sulle disabilità o l’approvazione della riforma del sistema di istruzione terziaria (comprensiva di riforma delle classi di laurea, delle lauree abilitanti e dei dottorati). Le riforme orizzontali sono quelle di interesse trasversale a tutte le missioni del PNRR; le riforme abilitanti sono quelle funzionali a garantire l’attuazione del PNRR; le riforme settoriali sono quelle specifiche delle missioni del PNRR.

  • Il PNRR e le riforme

    La nostra valutazione è che la maggior parte delle riforme siano ancora sulla carta, nel senso che mancano ancora i decreti attuativi o gli atti amministrativi necessari a rendere effettivi i cambiamenti. Per esempio, la riforma del pubblico impiego, la riforma della giustizia, la riforma della carriera degli insegnanti e la riduzione dell’evasione fiscale sono obiettivi che hanno enormi potenzialità dal punto di vista del cambiamento strutturale del sistema Paese. È evidente che su questo punto il termine “conseguito” che viene utilizzato sul sito “Italia Domani” è quantomeno opinabile dal momento che, con il dl 13 del 24 febbraio, il governo ha appena varato una riforma profonda della struttura della governance del PNRR. La riforma della giustizia Per quanto riguarda la giustizia, il documento del Consiglio UE ricorda che “il sistema della giustizia italiana funziona molto a rilento rispetto ad altri Stati membri in termini di tempi processuali” e si propone l’obiettivo di ridurre drasticamente questo divario. Probabilmente questa definizione è corretta dal punto di vista di come stanno effettivamente le cose, ma ci si chiede come sia possibile conseguire questi obiettivi se la riduzione delle cause pendenti e dei tempi dei procedimenti è considerata “da avviare” e non è già in corso. Le altre riforme Tra le altre riforme previste sono considerate conseguite l’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti e dei contratti pubblici, il pacchetto di misure per la transizione energetica (utilizzo dell’idrogeno, semplificazione del processo di autorizzazione per le fonti rinnovabili, gestione del rischio idrogeologico). Per esempio, la riforma del pubblico impiego, la riforma della carriera degli insegnanti o la riduzione dell’evasione fiscale sono tutti obiettivi che hanno enormi potenzialità dal punto di vista del cambiamento strutturale del sistema Paese.

  • L’attuazione del PNRR nel 2022: cosa è previsto?

    Nel 2022 le condizioni da rispettare saranno 100, di cui 83 sono traguardi qualitativi e 17 sono obiettivi quantitativi. Potenziali ritardi potrebbero derivare dal coinvolgimento delle Camere, visto che una rilevante porzione di condizioni riguarda atti che richiedono un passaggio parlamentare. Nella conferenza stampa di fine anno, il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi ha anticipato che tutte le 51 condizioni previste dal PNRR per la seconda metà di quest’anno sono state raggiunte. Nello specifico, il PNRR stabiliva l’entrata in vigore del decreto sulla semplificazione del sistema degli appalti pubblici (approvato con il dl. Semplificazioni) e l’entrata in vigore dei relativi provvedimenti attuativi entro il 31 dicembre. Nel 2022 il PNRR prevede il rispetto di 100 condizioni di cui 83 sono traguardi (“milestones”) qualitativi e 17 sono obiettivi (“targets”) definiti in modo più oggettivo. Inoltre, il sito governativo “Italia Domani”, che contiene informazioni sull’attuazione del PNRR, indica esplicitamente che per 23 condizioni relative al 2022 l’iter parlamentare rappresenta uno dei rischi per la puntuale adozione delle misure. Tra le questioni su cui il parlamento potrebbe impiegare più tempo a trovare un accordo – sia per le forti connotazioni politiche dei temi da trattare, sia per l’estensione dei contenuti da riformare – ci sono la legge sulla concorrenza e la riforma del sistema di istruzione primaria e secondaria.

  • 108 misure verdi: cosa fa il PNRR per la transizione ecologica

    Importanti (con il 31 per cento delle risorse) sono anche le misure di efficientamento (ossia quelle che portano a minor consumo di energia e acqua) e che consistono principalmente in spese per migliorare gli immobili (il Superbonus al 110% è la principale) e le reti elettriche e idriche. I PNRR dei paesi UE hanno dovuto rispettare due vincoli relativamente agli obiettivi della transizione ecologica: La destinazione di almeno il 37 per cento delle risorse messe a disposizione alla UE a misure che contribuiscono alla transizione verde (vedi sotto per quali misure sono state considerate “verdi”). Dei 191,5 miliardi di euro di risorse europee messe a disposizione dell’Italia, il nostro PNRR destina il 37,5 per cento (71,7 miliardi) per gli obiettivi climatici, praticamente il minimo indispensabile e meno di quanto destinato da tutti gli altri paesi dell’Unione eccetto la Lettonia (Fig. 1). Per quanto riguarda gli incentivi per le case private, il Superbonus 110% (di cui solo i 12,1 miliardi di Ecobonus vengono considerati come investimenti verdi, mentre gli importi del Sismabonus sono esclusi) è la più grande misura verde dell'intero PNRR (Tav. 2); a favore dell’efficientamento energetico degli edifici pubblici sono destinati 2,1 miliardi. In conclusione, le principali aree di intervento del nostro PNRR riguardano la costruzione di infrastrutture per la mobilità sostenibile (40 per cento del totale) e l’efficientamento energetico di immobili e impianti di fornitura (30 per cento). Le smart gridi sono l’insieme di reti di informazione e di distribuzione di energia elettrica “intelligenti”, ovvero in grado di minimizzare sovraccarichi di energia o variazioni di tensione elettrica. Nella letteratura sul cambiamento climatico, le misure di adattamento sono quelle che permettono di minimizzare i potenziali danni causati dal cambiamento climatico (ad esempio costruendo infrastrutture per proteggere le coste dall’aumento del livello del mare); le misure di mitigazione, invece, mirano a ridurre le emissioni di gas serra.

  • Le risorse del PNRR per la ricerca non sono sufficienti

    La nota è stata ripresa in questo articolo di Repubblica del 4 maggio 2021 * * * In Italia la spesa per ricerca e sviluppo è gravemente carente rispetto alle principali economie avanzate, con conseguenze negative sulla produttività e sulla crescita economica (Fig. 1). Per raggiungere il livello francese di spesa in R&;S l’Italia avrebbe bisogno da parte pubblica di circa 5 miliardi addizionali annui (e quindi strutturali). Il PNRR presentato nei giorni scorsi dal governo indica un finanziamento di 12,9 miliardi su sei anni destinati alla Componente “dalla Ricerca all’Impresa”, incluse le risorse provenienti dal programma React EU dell’Unione Europea e dal cosiddetto “Fondo Complementare” finanziato con risorse italiane (vedi p. 22 del PNRR). Altri progetti inclusi in questa Componente avranno un effetto positivo sulla spesa per ricerca in Italia, ma solo indirettamente: si tratta principalmente di misure di infrastrutturali e organizzative (ad esempio il potenziamento dei centri di trasferimento tecnologico) o di incentivi indiretti (ad esempio alle start-up). In realtà, il divario non si ridurrebbe neppure alla luce delle risorse che Francia e Germania destineranno alla R&;S con i loro PNRR: il piano francese assegna alla ricerca tra 5 e 7,5 miliardi (su un totale di 100), mentre quello tedesco prevede oltre 4 miliardi (su poco più di 30). Questi 5 miliardi non chiuderebbero completamente il divario, che è dovuto anche ai minori investimenti privati in R&;S. [3] Dei 12,9 miliardi complessivi, 11,4 provengono dal PNRR, 0,5 miliardi dal React EU e 1 miliardo dal Fondo Complementare. Le informazioni rese disponibili dal Governo consentono una suddivisione del totale delle risorse tra R&;S e altri tipi di spesa per tutte le componenti tranne il mezzo miliardo del React EU, da qui l’intervallo 5,9-6,5 miliardi.

  • La riforma della PA: cosa manca nel PNRR

    Un aspetto problematico di questa riforma, presente sia nel PNRR sia nelle schede tecniche, è la riforma del cosiddetto “ciclo della performance”, introdotto in teoria un decennio fa per focalizzare la PA verso una gestione della spesa pubblica orientata ai risultati. Dei tanti aspetti toccati dalla proposta di riforma della PA contenuta nel PNRR, qui ci concentriamo sulla gestione e sulla valutazione delle amministrazioni pubbliche tramite la definizione di obiettivi monitorabili, di indicatori di performance specifici, di un processo di valutazione dei risultati e del relativo premio al merito. Nonostante la riforma del 2009, in Italia la gestione e la valutazione della PA tramite la definizione di obiettivi chiari e misurabili non si è mai affermata in pratica. Limitare a poche righe nel testo principale del PNRR il trattamento della questione segnala che questa riforma non è certo considerata una priorità da parte del governo e, implicitamente, dalle forze politiche che lo sostengono. In questo modo le amministrazioni centrali faranno riferimento a un unico insieme di obiettivi; Il legame tra ciclo della performance e valutazione del raggiungimento degli obiettivi individuali e dei premi per i dirigenti sarà una parte significativa della loro remunerazione. Infatti, a differenza degli interventi, per esempio, per riformare il reclutamento dei dipendenti pubblici o per la digitalizzazione, l’implementazione della riforma del “ciclo della performance” e del “performance budgeting” è scandita da una sola milestone (obiettivo) fissata per fine 2024. Nello specifico, questa milestone prevede una vaga “implementazione di un insieme di indicatori della performance outcome-oriented” e l’inizio della redazione semestrale di un report su questi indicatori.

  • PNRR e Mezzogiorno: quante risorse e quali misure per il rilancio del Sud

    Il nodo cruciale risiede nell’effettiva e celere attuazione degli investimenti da parte delle regioni del Mezzogiorno: in questo senso le riforme strutturali, in particolare quella della Pubblica Amministrazione, possono sostenere la realizzazione degli interventi previsti, con ripercussioni positive sulla produttività e sullo sviluppo del Meridione. Quante risorse per il Sud nel PNRR? Il PNRR dovrebbe consentire di invertire il trend che, tra il 2008 e il 2018, ha visto scendere la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno da 21 miliardi a poco piu di 10. Il Piano di rilancio presentato alla Commissione Europea prevede per il Sud circa 82 miliardi, cioè il 40 per cento delle risorse territorializzabili (che sono pari a 206 miliardi). Oltre ai finanziamenti del PNRR, al Sud saranno destinati anche 8,4 miliardi provenienti dal React‑EU, 54 miliardi dei Fondi strutturali e di investimento europei (relativi al periodo 2021-27), 58 miliardi del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (sino al 2030) e circa un miliardo del Just Transition Fund. Secondo altri critici i finanziamenti del PNRR non ammonterebbero effettivamente a 82 miliardi, in quanto 15 miliardi del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) sono stati trasferiti nel PNRR per anticipare il finanziamento di alcuni progetti. Quali misure per il Sud nel PNRR? Per il PNRR la riduzione del divario territoriale è un obiettivo trasversale, da raggiungere con gli investimenti delle varie missioni (tav. 1) e con le riforme strutturali. Infatti, il Sud registra livelli di efficienza delle PA peggiori rispetto al Centro-Nord, come registrato da diversi indicatori (ad esempio, tutte le regioni meridionali si collocano in fondo alla classifica dell’European Quality of Government Index, un indice delle qualità delle istituzioni pubbliche).

  • L’istruzione nel PNRR

    Rispetto alla precedente versione vengono inoltre potenziati gli investimenti per la formazione degli insegnanti e del personale scolastico e introdotti nuovi fondi per il potenziamento dei programmi di dottorato. Le misure cui sono dedicate più risorse riguardano il potenziamento dell’offerta di asili nido e scuole per l’infanzia (4,6 miliardi), seguite dagli investimenti per la messa in sicurezza dell’edilizia scolastica (3,9 miliardi). Piano per gli asili nido e le scuole dell’infanzia L’ammontare complessivo dei finanziamenti rivolti alla fascia d'età compresa tra gli 0 e i 6 anni è rimasto invariato rispetto alla bozza del PNRR presentata dal precedente governo. Nel documento del 12 Gennaio 2021, infatti, venivano stanziati 4,6 miliardi di euro per gli asili nido (0-2 anni: 3,6 miliardi di investimento) ed il potenziamento delle scuole dell’infanzia (3-6 anni: un miliardo di investimento). Assumendo che l’offerta di posti negli asili nido sia rimasta invariata rispetto al 2019 (355.289 posti in 13.335 asili), per garantire una copertura del 33 per cento servirebbero ulteriori 76.165 posti. Voci di spesa temporanee o permanenti? Gli investimenti per l’istruzione rivolti alla prima infanzia sono destinati ad aumentare la spesa corrente in maniera permanente: l’aumento di posti per gli asili dovrà presumibilmente essere accompagnato da maggiori assunzioni di docenti e personale ausiliario per garantire l’effettiva offerta dei servizi didattici. All’interno della componente sotto analisi, poche voci rappresentano investimenti che determineranno un aumento di spesa una tantum: tra queste hanno un particolare peso l’investimento Scuola 4.0 (2,1 miliardi) - che produrrà un sostanziale ammodernamento tecnologico nelle scuole dell’obbligo - e la messa in sicurezza dell’edilizia scolastica (3,9 miliardi).

  • Chi controllerà la regolarità dell’esecuzione del PNRR?

    Una delle principali preoccupazioni delle istituzioni italiane ed europee, nonché dell’opinione pubblica italiana, per quanto riguarda il PNRR è che le ingenti risorse ad esso destinate dal programma Next Generation European Union (NGEU) finiscano nelle mani sbagliate. In proposito, il regolamento della Recovery and Resilience Facility (il principale strumento del NGEU) richiede che i governi pongano in essere un sistema di monitoraggio adeguato a prevenire frodi e altre irregolarità (art. A questo proposito il capitolo del PNRR che riguarda l’attuazione del Piano contiene alcuni riferimenti al monitoraggio dell’esecuzione (Parte 3, pp. 239-245), riferimenti poi approfonditi nel primo allegato delle schede tecniche del PNRR (non pubblicate ufficialmente). Gli enti con funzioni di monitoraggio che saranno automaticamente chiamati a sorvegliare l’esecuzione dei progetti del PNRR sono: gli enti pubblici (centrali o locali) responsabili dell’attuazione dei singoli progetti; la Corte dei Conti; l’Autorità Nazionale Anti Corruzione (ANAC) e la Guardia di Finanza. Di conseguenza, controllerà che questi enti agiscano nel rispetto delle norme e che mettano in campo gli strumenti necessari per identificare e prevenire frodi, conflitti d’interesse e corruzione. Nonostante questo, le innovazioni introdotte, sia in termini di obblighi a carico delle PA che eseguono i progetti, sia in termini di nuovi enti, hanno la potenzialità per garantire un’attuazione più trasparente e con meno frodi rispetto agli investimenti ordinari. In proposito le schede tecniche indicano che l’unità potrà affinare annualmente i criteri di campionamento e che questo dovrà comunque avvenire “in via continuativa“ sui progetti in corso.

  • La questione degli asili nido del PNRR

    L’intervento presenta però tre criticità: (i) l’obiettivo è modesto considerata l’attuale situazione italiana; (ii) i vincoli posti alla realizzazione del piano nel PNRR sono definiti in modo poco stringente; (iii) mancano i dettagli circa l’allocazione dei nuovi posti sul territorio nazionale. La nota è stata ripresa da questo articolo di La Stampa del 15 maggio 2021 * * * Nella missione 4, componente 1, del PNRR è incluso un piano per gli asili nido, scuole dell’infanzia e servizi di educazione e cura per la prima infanzia. L’investimento, come specificato nel PNRR, si propone di costruire, rinnovare e mettere in sicurezza asili nido e scuole allo scopo di sostenere la natalità, investire nell’educazione e nel benessere dei bambini, e incoraggiare la partecipazione femminile al mondo del lavoro. Il PNRR presentato il 30 aprile alla Commissione Europea indicava l’intenzione di creare 228.000 nuovi posti per asili nido e scuola dell’infanzia, con un costo di 4,6 miliardi, senza però fare distinzione tra le due scuole. La distinzione è però fondamentale: mentre la disponibilità di posti in Italia è nella media europea per le scuole dell’infanzia, siamo molto indietro per gli asili nido: la copertura è al 25,5 per cento. Come indicato, nel testo delle schede si parla di 152.000 posti destinati esclusivamente agli asili nido, ma quello che conta per l’erogazione delle risorse (e, quindi, il vero vincolo) è quello che viene riportato come target e quest’ultimo non contiene nulla di specifico sugli asili nido. Come si è detto, la copertura a livello nazionale è del 25,5 per cento, ma in Calabria è solo del 10 per cento, mentre in Valle d’Aosta è del 47 per cento.

  • Il potenziale impatto sulla crescita dei fondi del PNRR

    Le spese che accrescono il potenziale produttivo Quali delle 258 misure di spesa previste dal PNRR o finanziate dal Fondo Complementare che lo affianca contribuiscono ad aumentare il potenziale produttivo? Per rispondere a questa domanda, abbiamo catalogato le spese in quattro macrocategorie. Considerando che l’orizzonte di completamento degli investimenti del PNRR e del Fondo Complementare è fissato per il 2026, gli investimenti della prima categoria hanno un impatto sulla capacità produttiva appena completati, o dopo un intervallo di tempo di massimo sei anni. Viene considerata in questa categoria anche qualunque misura che abbia il potenziale di far aumentare l’offerta di lavoro (come il Piano Asili nido o l’estensione del tempo pieno nelle scuole) o di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro (rafforzamento di centri per l’impiego). Esempi di questo tipo di investimenti sono: l’efficientamento energetico e la riqualificazione di edifici pubblici e luoghi di culto; l’istituzione di servizi sanitari come le Case di Comunità; la digitalizzazione del comparto della sanità, la riqualificazione delle case popolari e le misure del Superbonus. Le categorie di spesa più consistenti con impatto nel medio termine sono nel settore delle imprese, dei trasporti e della transizione tecnologica, quindi volte alla creazione di nuovi collegamenti di trasporto, di internet a banda larga e agli incentivi per l’acquisizione di beni capitali. La terza categoria raccoglie 61 voci di investimento, per un totale di spesa di 35,3 miliardi (16 per cento del totale), di cui la metà (17,7 miliardi, 8 per cento del totale) sono considerate come aventi un effetto sulla crescita. La somma della prime due categorie e di metà delle risorse della terza, che dà il totale delle spese con un impatto sul potenziale produttivo, è quindi di 114 miliardi – pari al 51 per cento delle risorse totali.

  • PNRR e giustizia tributaria: obiettivi raggiunti, ma (quasi) solo sulla carta

    Si aggiunga ancora che in circa il 40 per cento dei casi i giudizi di primo grado favorevoli al contribuente vengono rovesciati in secondo grado. In sostanza, l’esito di un contenzioso al termine dei tre gradi di giudizio è caratterizzato da un elevatissimo grado di incertezza. Purtroppo, le stesse sentenze della Cassazione sono spesso contradditorie fra di loro, anche perché la dotazione della sezione che si occupa dei ricorsi tributari ha un organico di una quarantina di magistrati, [3] e non è facile ricorrere alle sezioni unite quando si ha un arretrato di ben 50.000 ricorsi. Dal punto di vista formale, il “milestone” del PNRR (identificato dal codice M1C1-35) consiste nel raggiungimento di una riduzione (non quantificata) dei ricorsi in Cassazione e una velocizzazione generale del processo (anch’essa priva di quantificazione). Il CR totale del 2022 è peggiorato del 15 per cento rispetto al 2013, ma anche qui bisogna distinguere tra i due gradi di giudizio: il CR del primo grado è diminuito infatti del 25 per cento circa rispetto al 2013, mentre il CR di secondo grado è aumentato del 25 per cento. Si noti tra l’altro che non vi sono sostanziali differenze fra primo e secondo grado, malgrado la presunzione che vi sia un maggior grado di professionalità nelle corti di secondo grado (che corrispondono alle vecchie commissioni regionali, mentre quelle di primo grado corrispondono alle commissioni provinciali). L’enorme quantità di dati esistente e l’enorme quantità di informazione che viene raccolta ogni anno non permette un’analisi o una gestione meramente manuale, ma necessità di strumenti in grado di automatizzare alcuni processi con lo scopo di migliorare e velocizzare i compiti degli esperti.

  • Chi gestirà le risorse del PNRR?

    Risorse e progetti affidate ai ministeri Su “Italia Domani”, il sito ufficiale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) lanciato di recente dal Governo, è stata da poco pubblicata la ripartizione delle misure e delle risorse del Piano tra i diversi ministeri. Da notare che l’intero importo dei finanziamenti della Recovery and Resilience Facility (191,5 miliardi erogati fino al 2026 per la realizzazione di 142 progetti) viene ripartito tra i ministeri, anche se in pratica diversi progetti faranno capo, in termini di esecuzione, agli enti territoriali (Tavola 1). Primo, questi sono i ministeri che sono più responsabili, insieme a quello dell’Innovazione tecnologica (che ha 9 progetti e 13 miliardi), nelle aree in cui l’Europa ha richiesto maggiori interventi, ossia quelle della transizione climatica e digitale. Secondo, questi ministeri sono anche titolari di alcuni dei progetti più costosi: il MiTE, ad esempio, sarà responsabile dell’erogazione di Ecobonus e Sismabonus (14 miliardi), mentre il MIMS della costruzione di linee ferroviarie ad alta velocità (8,5 miliardi). In linea di massima, il numero di traguardi e obiettivi che grava sui ministeri rispecchia il numero di progetti di cui ciascuno di esso è titolare (Figura 1). In base a questo criterio, il centro studi di Camera e Senato ha elaborato una stima dei progetti che potrebbero essere realizzati dagli enti territoriali: si tratta di 34 interventi dal valore di 67 miliardi, circa il 35 per cento dei 191,5 miliardi complessivi messi a disposizione dall’Europa per l’Italia. Ad esempio, il MEF è responsabile della misura “riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie”, che non rientra nei 142 progetti citati nel testo perché non richiede uscite per essere realizzata ma che prevede comunque il raggiungimento di un traguardo e di ben 16 obiettivi.

  • Un chiarimento sul legame tra il prefinanziamento e gli investimenti del PNRR

    Il prefinanziamento non è però vincolato a specifici investimenti, ma le informazioni diffuse ipotizzano semplicemente che la spesa per gli investimenti del PNRR relativa al 2020 e al 2021 (individuata sulla base delle “schede tecniche” del PNRR) sarà finanziata con parte delle risorse appena erogate. In generale, non è rilevante se il prefinanziamento o le future rate siano legati a specifici investimenti, in quanto le sole condizioni poste per il loro ricevimento sono gli obiettivi e i traguardi concordati con la Commissione e il Consiglio Europeo al momento dell’approvazione del PNRR. Alcuni articoli di stampa, basandosi sulle “schede tecniche” inviate alla Commissione dal governo italiano per l’approvazione del piano, indicano che le risorse dell’anticipo serviranno a finanziare la spesa del 2020-21 per gli investimenti del PNRR (suddivisi in 106 progetti). Gli unici vincoli che il governo deve rispettare sono quelli fissati nel nostro Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza (PNRR) approvato dalla Commissione Europea e dal Consiglio Europeo. Parte della confusione è dovuta al fatto che lo stesso governo ha creato un sito (“Italia Domani”) in cui si presenta una versione aggiornata e semplificata delle schede tecniche del PNRR. Infatti, le linee costruite entro il 2023 non condizionano direttamente l’erogazione delle risorse, poiché il primo “obiettivo” relativo a quest’area è fissato per il settembre del 2024: costruire almeno 25 km di corsie del trasporto pubblico nelle aree di Perugia, Pozzuoli e Trieste. Occorre dunque distinguere tra le condizioni per il ricevimento delle risorse, con scadenze degli obiettivi quantitativi concentrate negli ultimi tre anni del piano, e ciò che nel frattempo verrà svolto in linea con il piano, ma che non rappresenta un vincolo per il loro ottenimento.

  • Riusciranno gli enti territoriali a gestire le risorse del PNRR?

    Una delle incognite principali riguarda il ruolo che gli enti territoriali (regioni, provincie, comuni, città metropolitane) avranno nella realizzazione del Piano, soprattutto per quanto riguarda la gestione degli ingenti investimenti previsti per rafforzare la capacità produttiva del nostro paese. Le prime sono di tipo qualitativo (per esempio approvare una riforma con certe caratteristiche); le seconde sono di tipo quantitativo e riguardano soprattutto i risultati della spesa finanziata dalle risorse europee (per esempio rendere disponibili un certo numero di posti di asili nido entro una certa data). Saranno in grado gli enti territoriali di fare tutto questo? Il problema è che quando si parla di “enti territoriali” non si parla di entità omogenee. Il problema, quindi, non può essere sottovalutato, anche perché le aree che possono avere difficoltà a gestire le risorse del PNRR sono proprio quelle che hanno più bisogno di investimenti pubblici. Ma non dobbiamo dimenticare che problemi di realizzazione degli investimenti esistono ovunque (la Lombardia aveva 24 opere incompiute sempre nel 2020) e anche a livello comunale sappiamo che esistono grosse differenze all’interno delle macro aree. Sarà però essenziale fare in modo che il personale qualificato che viene assunto abbia la possibilità di operare al di fuori delle logiche clientelari che spesso hanno caratterizzato gli enti territoriali meno efficienti. Il governo ha indicato che potrebbero svolgere questo ruolo la Cassa Depositi e Prestiti e le aziende a partecipazione statale, ma non è chiaro in che forma questa attività si verrebbe a concretizzare, per esempio in termini di risorse e di modalità di interazione.

  • Una gara al ribasso: cosa cambia per i nidi nel nuovo PNRR

    Di conseguenza, la copertura prevista a fine progetto scenderebbe da 46 posti a 39 posti ogni cento bambini di 0-2 anni di età. Gli ultimi dati disponibili (per l’anno scolastico 2021/2022) indicano una copertura del 28 per cento, in aumento tendenziale rispetto al passato ma principalmente per il calo del numero di bambini e non per l’aumento dei posti. La situazione è dunque lievemente migliorata, ma solo per effetto del calo del numero dei bambini che è sceso più del numero dei posti disponibili (Tav. 1). La distribuzione dei posti è squilibrata sul territorio nazionale: nel Sud, senza alcun progresso negli ultimi due anni, la copertura nel 2021/2022 è stata del 16 per cento, contro il 33 per cento al Nord e il 37 per cento al Centro. Peraltro il calo della copertura è “mitigato” dalla diminuzione delle stime sulla popolazione di 0-2 anni nel 2026 (da 1.220.114 a 1.194.320 bambini; Tav. 2), dovuta al più rapido calo demografico: se usassimo le stime precedenti, l’obiettivo di copertura scenderebbe al 37,7 per cento, un punto in meno. Si vedano le nostre precedenti note: “ Un aggiornamento sulla situazione degli asili nido in Italia ”, 7 maggio 2022; “ Quanto aumenta la disponibilità degli asili nido con il PNRR ”, 5 novembre 2021; “ La questione degli asili nido del PNRR ”, 14 maggio 2021; “ Asili nido: a che punto siamo e quante risorse servirebbero per potenziarli ”, 8 luglio 2020. Questa stima è basata sull’ipotesi che il taglio di 114.000 posti tra asili nido e scuole dell’infanzia sia ripartito proporzionalmente rispetto all’originale ripartizione dei 264.489 posti tra i due tipi di istituto.

  • Perderemo le prossime rate del PNRR?

    Più della metà dei 194,4 miliardi di euro destinati all’Italia sono già stati ricevuti, ma ricevere il resto richiederà completare progetti da qui a metà 2026, compito che sembrerebbe non facile visto che la loro realizzazione sta procedendo lentamente. Nelle recenti relazioni sullo stato di avanzamento dei progetti del PNRR redatte dalla Corte dei Conti si evidenzia il ritardo nella realizzazione dei lavori pubblici che ci siamo impegnati a compiere. Il problema è rilevante, non solo per il fatto che i benefici connessi agli investimenti tarderanno ad arrivare, ma anche perché l’erogazione delle successive rate del PNRR dipende dal raggiungimento degli obiettivi che il governo ha in precedenza concordato con l’Unione europea. Anche le istituzioni europee hanno notato che, sebbene l’Italia stia procedendo con l’implementazione del programma, il rischio che si verifichino dei ritardi nelle prossime scadenze è sempre maggiore, vista la lentezza nella spesa relativa agli obiettivi ancora da raggiungere. Recuperare questi ritardi sembra più difficile per quelli che riguardano la realizzazione di investimenti pubblici, visto che tradizionalmente è per queste azioni che l’amministrazione pubblica italiana è stata in passato particolarmente lenta. Uno sguardo agli investimenti La Tav. 2 riporta il numero di progetti e l’ammontare in miliardi degli investimenti ancora da finalizzare per stato di avanzamento e scadenze, considerando, per semplicità, solo quelli che si riferiscono a investimenti in infrastrutture o in ammodernamenti ed efficientamenti delle stesse, quando superiori a 500 milioni. L’erogazione delle rate è successiva alla valutazione, da parte della Commissione Europea, del raggiungimento di specifici “obiettivi” (azioni misurate da risultati quantitativi ottenuti, inclusa la realizzazione di certe opere) e “traguardi” (azioni principalmente relative all’approvazione di provvedimenti) stabiliti per ogni semestre (vedi Regolamento (UE) 2021/241 ).

  • Il PNRR e le riforme

    Forse la ragione sta nel fatto che gli investimenti sono più facili da misurare (con la metrica dei miliardi investiti), mentre le riforme sono tante, complesse e non suscettibili di misurazione con un un'unica metrica. Potenzialmente questa è una riforma che introduce la meritocrazia nel pubblico impiego, il che potrebbe aiutare molto a superare l’endemica inefficienza delle nostre amministrazioni. Sulla carta risulta conseguita, sempre nel secondo trimestre del 2022, anche la riforma del comparto istruzione, che comporta fra le altre la riforma della carriera degli insegnanti con l’obiettivo di “una progressione di carriera chiaramente collegata alla valutazione delle prestazioni e allo sviluppo professionale continuo”. Anche qui si parla di valutazione e di merito, ingredienti fondamentali che mancano nella nostra scuola. Sulla base di questi esempi e alcuni altri (riforma dell’amministrazione tributaria, giustizia, sistema idrico), si trae la seguente valutazione: la maggior parte delle riforme sono ancora sulla carta, nel senso che mancano ancora gli atti amministrativi necessari a rendere effettivi i cambiamenti. Soprattutto, molte riforme del PNRR sono suscettibili di diverse interpretazioni a seconda della volontà politica dei governi. Ma per come sono scritte, si prestano a interpretazioni minimali o comunque non tali da produrre i cambiamenti che sono auspicati nelle premesse del PNRR.

  • Il PNRR e la spending review

    Una specifica riforma del PNRR riguarda la revisione della spesa ( “spending review” ) e ha l’obiettivo di “migliorarne l’efficacia, anche rafforzando il ruolo del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) e il processo la valutazione ex-post dei risultati.”. Il primo è stato conseguito il 27 ottobre 2021, con l’istituzione del Comitato scientifico per le attività inerenti alla revisione della spesa presso il MEF, che avrà il compito di rafforzare gli strumenti di analisi e monitoraggio della spesa pubblica e dei processi di revisione e valutazione della spesa. Il Comitato è presieduto dal Ragioniere Generale dello Stato (che peraltro era comunque già coinvolto nelle operazioni di revisione della spesa) e comprende un componente della segreteria tecnica Mef, e rappresentanti istituzionali di Bankitalia, Istat e Corte dei conti. Gli obiettivi sono stati fissati in 0,8 miliardi nel 2023 (che equivale a 0,082 per cento della spesa primaria), 1,2 miliardi nel 2024 (0,123 per cento) e 1,5 miliardi nel 2025 (0,152 per cento). Va comunque notato che l’importo medio di riduzione della spesa per il triennio 2023-2025, pari a 1,16 miliardi, non solo è basso rispetto al totale della spesa primaria, ma è anche inferiore all’importo medio del triennio 2018-2020 (1,38 miliardi). I traguardi successivi sono: Entro fine 2022 deve essere redatta dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato una relazione sull'efficacia delle pratiche utilizzate dalle amministrazioni per valutare l'elaborazione e l'attuazione dei piani di risparmio: si tratta di un atto amministrativo che non dovrebbe incontrare particolari difficoltà. Per il triennio 2018-2020, in sede di formulazione del disegno di legge di bilancio sono state decise riduzioni degli stanziamenti di bilancio per 1.483 milioni di euro nel 2018, 1.325 milioni nel 2019 e circa 1.340 milioni per il 2020 in termini di saldo netto da finanziare.

  • Gli investimenti nel capitale umano del PNRR

    Di questi, 14 miliardi sono investiti in progetti finalizzati a formare nuove competenze, 6 miliardi sono destinati all’assunzione di nuovo personale, 19 miliardi vanno in progetti di ricerca-sviluppo e ampliamento dell’offerta di beni pubblici e 5 miliardi vanno in pubblica istruzione e formazione. Sono risorse che vanno alla crescita e per crescere di più un paese ha bisogno di una maggiore dotazione di capitale, fisico ed umano. Dove possibile, i fondi del PNRR per lo sviluppo di patrimonio umano sono stati catalogati a partire dalle voci relative ai singoli sub-investimenti: questo ha consentito di dividere le singole componenti di un investimento con maggior precisione. Circa un quinto dei fondi del PNRR (45,1 miliardi di euro sui 222 miliardi totali) sono destinati al patrimonio umano, con la restante quota di spesa assegnata alla costruzione di nuove infrastrutture o l’ammodernamento del capitale fisico esistente. La principale componente di spesa riguarda le spese in ricerca sviluppo e l’ampliamento di offerta per i beni pubblici: a questa finalità sono destinati 19,4 miliardi di euro. I fondi per lo sviluppo di nuove competenze ammontano invece a 14,4 miliardi di euro, mentre per l’assunzione di nuovo personale e la spesa per pubblica istruzione e formazione vengono assegnate cifre relativamente piu’ esigue (rispettivamente 6 e 5,2 miliardi di euro). Inoltre, la riforma degli ammortizzatori sociali e l’investimento relativo allo sviluppo del sistema di formazione professionale terziaria risultano essere - all’interno della top 10 - le uniche due voci di spesa finalizzate alla formazione di nuove competenze.

  • Il PNRR e il gran pasticcio della giustizia tributaria

    Il PNRR mette il dito sulla piaga della giustizia tributaria, ossia le ex commissioni provinciali e regionali, ora diventate corti di primo e secondo grado. La riforma proposta nel PNRR (sulla base di una commissione presieduta da Giacinto Della Cananea) si è tradotta nella legge 130 del 31 agosto 2022; l’obiettivo è raggiunto, ma (per ora) quasi solo sulla carta. Ovviamente ci vorrà tempo per fare i concorsi e superare le resistenze della categoria degli attuali giudici onorari, destinati a sparire. Qualche progresso dovrebbe venire anche dal decreto legislativo 220 del 30 dicembre 2023 (decreto Leo) sul contenzioso tributario che tra l’altro prevede l’applicazione di sanzioni per la violazione dell’utilizzo obbligatorio delle modalità telematiche e la possibilità di attivare la conciliazione giudiziale anche in Cassazione. Il processo telematico è essenziale anche perché attualmente non esiste una banca dati delle sentenze delle corti tributarie; né esiste un massimario che possa orientare cittadini e professionisti. È dunque difficile dire che esiste una giurisprudenza tributaria, il che è davvero grave. Certo, esiste la giurisprudenza della Cassazione, ma purtroppo anche lì le cose non sono affatto semplici perché una quarantina di magistrati fanno fatica a star dietro a 10 mila ricorsi all’anno e a un arretrato di 50 mila (su un totale di 100 mila pendenza del civile).

  • Il PNRR, l’estensione del tempo pieno e le mense scolastiche nelle scuole primarie

    Per ovviare a queste lacune il PNRR ha stanziato circa 31 miliardi di euro, di cui 960 milioni destinati all’estensione del tempo pieno nelle scuole primarie: di questo ammontare, 400 milioni serviranno unicamente alla costruzione di mense. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) stanzia il 16 per cento delle risorse – circa 31 miliardi di euro – per investimenti in ambito di Istruzione e Ricerca, con circa i due terzi del totale destinati al “potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione". Sebbene la percentuale di giovani che lasciano precocemente l'istruzione e la formazione sia calata di oltre 5 punti dal 2010 al 2020 – passando dal 18,6 al 13,1 per cento – i dati italiani rimangono di gran lunga peggiori rispetto alla media europea, che nel 2020 si è attestata al 9,9 per cento (Fig. 1). Inoltre, una recente indagine di Save the Children – basata sulla consultazione diretta di oltre mille docenti di scuole primarie e secondarie di primo grado – suggerisce che il tasso di abbandono scolastico sia aumentato dall’inizio della pandemia. Questa scelta è giustificata – oltre che da ragioni di equità – dal fatto che in queste regioni si registrano tassi di abbandono scolastico superiori alla media nazionale: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia sono le 4 regioni con il maggior tasso di dispersione scolastica (Fig. 2). Sebbene questa relazione sia fortemente influenzata da altre variabili e dal paese di riferimento in cui viene stimata, un recente studio quantifica che ogni anno di accesso al tempo pieno (rispetto al tempo normale) è associato a un aumento di reddito di circa 5 punti percentuali. Relativamente alla diffusione delle mense, esistono informazioni sia sulla percentuale di scuole con la mensa in una certa area, sia sulla percentuale di studenti che effettivamente utilizzano la mensa rispetto al totale degli studenti di una certa area.

Newsletter

Vuoi essere aggiornato
sui temi più importanti
di economia e conti pubblici?