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Sui cosiddetti “burocrati” di Bruxelles

13 novembre 2024

Intermedio

Sui cosiddetti “burocrati” di Bruxelles

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I cosiddetti “burocrati” di Bruxelles sono l’oggetto di attacchi frequentissimi da parte dei politici italiani e di altre nazioni. Quando una direttiva europea non piace si biasimano i burocrati di Bruxelles che pretendono di decidere su tutto. A questa accusa fa riscontro l’accusa opposta, di non saper decidere su nulla. Il dito è dunque puntato sia sull’eccesso di presenza dell’Europa sia sul suo contrario, senza considerare che l’UE non può decidere sulle materie sulla quali non vi è consenso fra gli Stati membri. La realtà è che le decisioni dell’UE possono essere buone o cattive, ma sono prese da organismi che hanno ampia legittimità democratica. Tutte le norme europee (Direttive e Regolamenti) sono approvate dai due co-legislatori: il Parlamento europeo, democraticamente eletto, e il Consiglio dell’Unione europea, che comprende i governi degli Stati membri. Ciò non significa che tutto vada per il meglio: come segnalato da molti, occorrerebbe ampliare il novero delle materie su cui si vota a maggioranza qualificata piuttosto che all’unanimità. Occorrerebbe anche rimediare a quello che appare come il principale limite dell’Unione: l’asimmetria fra un potere monetario interamente accentrato nella BCE e un potere fiscale quasi interamente decentrato. Ciò richiede che gli Stati membri siano disposti a cedere sovranità all’UE su alcune importanti materie (per esempio la difesa). Puntare il dito contro i “burocrati” di Bruxelles è spesso un alibi per nascondere responsabilità che sono interamente in capo agli Stati membri.

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I cosiddetti “burocrati” di Bruxelles sono l’oggetto di attacchi frequentissimi da parte dei politici italiani e anche di altre nazioni. Quando una direttiva europea non piace si invocano i burocrati di Bruxelles che pretendono di decidere su tutto: su cose senza alcuna importanza (la famosa curvatura delle banane o la dimensione delle gabbie per le galline) o su cose importanti che, secondo i critici, dovrebbero essere decise a livello nazionale. Un esempio è la questione delle concessioni balneari che hanno dato la stura alla più dure critiche nei confronti dei supposti burocrati europei.

La realtà è che le decisioni dell’Unione europea possono essere buone o cattive, ma sono prese da organismi che hanno ampia legittimità democratica. Spesso le decisioni non piacciono perché riflettono le sensibilità di altri Paesi più che le nostre o di altre famiglie politiche rispetto a quelle che in un dato momento governano l’Italia. È anche possibile che organismi, come il Parlamento europeo, che hanno piena legittima democratica e sono eletti direttamente dal popolo, non abbiano la chiara consapevolezza delle conseguenze pratiche di certe decisioni: questa sembra essere l’opinione prevalente oggi in Italia e anche in Europa riguardo al modo in cui è stato concepito il green deal nella legislatura che si è appena conclusa (2019-2024). Ma incidenti, più o meno gravi, di questa natura possono accadere a livello nazionale come a livello europeo.

All’accusa di voler decidere su tutto fa riscontro l’accusa di non saper decidere su nulla: ad esempio, sull’immigrazione i “burocrati” europei vengono accusati di avere lasciata sola l’Italia e accuse analoghe vengono dai politici di altri paesi dell’Unione. Il dito è dunque puntato sia sull’eccesso di presenza dell’Europa sia sul suo contrario, senza considerare che l’Europa non può decidere sulle materie sulla quali non vi è consenso fra gli Stati membri. Una soluzione razionale a questo stato di cose, suggerita nel recente rapporto Draghi,[1] sarebbe quella di estendere ad altre materie il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio, impedendo così a Stati per quanto piccoli di esercitare il diritto di veto. Ma, come è noto, proprio coloro che puntano il dito contro l’incapacità di decidere dell’Europa sono spesso fra i maggiori oppositori di regole che diano all’Europa una maggiore capacità di decidere.

Spesso chi punta il dito contro i burocrati europei non tiene conto dei notevoli cambiamenti introdotti dal Trattato di Lisbona, firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009; in quell’occasione non si riuscì a scrivere una vera e propria Costituzione europea, ma si introdussero cambiamenti, relativi in particolare ai poteri del Parlamento europeo, che hanno migliorato molto la capacità dell’unione di essere rappresentativa della volontà dei cittadini.[2]

Con queste considerazioni non si vuole dire che in Europa tutto vada per il meglio o che non ci siano spazio per migliorare la capacità dell’Unione di rappresentare i cittadini europei. Soprattutto, l’efficienza e l’efficacia delle azioni comuni, anche su nuove materie (ad esempio la difesa), può e deve essere aumentata. Ed è evidente che quanto più ampi sono i poteri che si attribuiscono al livello di governo europeo quanto più è essenziale garantire che la governance sia al tempo stesso efficace e democratica.

Nel seguito si analizzano le principali istituzioni europee per comprenderne il funzionamento, le potenzialità e i limiti, in particolare riguardo all’azione legislativa. In base all’articolo 13 del Trattato sull’Unione europea le istituzioni dell’Unione sono:[3]

  • il Parlamento europeo,
  • il Consiglio europeo (spesso denominato EUCO, dalle iniziali dell’espressione inglese European Council),
  • il Consiglio (o “Consiglio dell’Unione europea”),
  • la Commissione europea (“Commissione”),
  • la Corte di giustizia dell’Unione europea,
  • la Banca centrale europea,
  • la Corte dei conti.

L’analisi del mix di ruoli e poteri delle prime quattro di queste istituzioni consente di rispondere alle domande cruciali: chi prende davvero le decisioni? E quanto queste decisioni sono davvero rappresentative della volontà dei cittadini? Il punto fondamentale da capire è che la legislazione europea – nella forma di direttive, che richiedono recepimento nazionale, e regolamenti, che sono immediatamente vincolanti – è approvata dai due co-legislatori: il Parlamento, democraticamente eletto, e il Consiglio, dove siedono i rappresentanti di tutti gli Stati membri. Si tratta quindi di decisioni prese democraticamente da organi dove i cittadini europei sono rappresentati direttamente o indirettamente.

Il Parlamento europeo

Il Parlamento europeo è il cuore della democrazia rappresentativa dell’UE. Come noto, il Parlamento è eletto direttamente dai cittadini, ogni cinque anni. I membri del Parlamento europeo (MEP) rappresentano i cittadini dei 27 Stati membri e riflettono la diversità e la pluralità dell’Europa. Con 705 deputati attualmente in carica, distribuiti in modo proporzionale alla popolazione di ciascun paese, il Parlamento europeo è stato pensato per garantire una rappresentanza inclusiva per ogni Stato membro, pur mantenendo un equilibrio che protegge anche le nazioni più piccole.

Il ruolo principale del Parlamento europeo è di natura legislativa: pur non possedendo il potere di iniziativa, riservato alla Commissione europea, il Parlamento è co-legislatore in numerosi settori tramite la procedura di codecisione (ufficialmente chiamata “procedura legislativa ordinaria”). Questo significa che, insieme al Consiglio dell’Unione europea, il Parlamento approva, modifica o respinge le proposte della Commissione in settori fondamentali per la vita dei cittadini, come il mercato interno, l’ambiente, l’energia, i trasporti, l’occupazione e i diritti sociali. La necessità di ottenere l’approvazione del Parlamento in queste materie rappresenta una garanzia di democraticità e trasparenza, poiché le decisioni devono tenere conto delle priorità e delle sensibilità della maggioranza dei cittadini.

In ambito di bilancio, il Parlamento ha l’ultima parola su tutte le spese dell’Unione, così come sulle entrate. Il controllo del bilancio sancisce il ruolo del Parlamento come organo di supervisione, capace di interrogare la Commissione e le altre istituzioni sui risultati concreti delle loro azioni e dei loro investimenti.

Oltre alla legislazione e al bilancio, il Parlamento europeo svolge una funzione essenziale di controllo. In particolare, ha il potere di approvare o respingere la nomina del Presidente della Commissione europea e dei singoli commissari. Prima dell’entrata in carica, i commissari designati devono presentarsi davanti al Parlamento per un’audizione pubblica, durante la quale rispondono a domande sulla loro visione, il loro programma e le loro competenze. Il voto del Parlamento non è solo una formalità, ma una vera e propria prova di fiducia: è successo più volte che candidati commissari siano stati respinti perché ritenuti inadeguati. Questo potere rappresenta un forte strumento di controllo e conferisce legittimità democratica alla Commissione, che risponde così non solo ai governi nazionali, ma anche ai rappresentanti eletti dai cittadini.

Infine, il Parlamento europeo può intervenire attraverso una mozione di censura contro la Commissione, anche obbligandola a dimettersi in caso di gravi violazioni o comportamenti ritenuti non all’altezza del ruolo. Nel marzo del 1999, la Commissione presieduta Jacques Santer, ex primo ministro lussemburghese del partito popolare, fu costretta a dimettersi in seguito ad una complessa vicenda che ebbe al centro un’indagine del Parlamento.

Il Consiglio europeo

Il Consiglio europeo è formato dai capi di Stato o di governo dei Paesi dell’UE, dal presidente del Consiglio europeo e dal presidente della Commissione europea. Il Presidente del Consiglio europeo (attualmente Charles Michel, un ex premier belga, cui succederà a breve Antonio Costa, un ex premier portoghese) è eletto dal Consiglio per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta. Il presidente rappresenta l’UE verso il mondo esterno.

Il ruolo del Consiglio europeo è quello di definire l’orientamento politico generale e le priorità dell’UE; esso non adotta la legislazione, compito che è riservato al Consiglio e al Parlamento. Il Consiglio europeo gestisce questioni complesse che non possono essere risolte a livelli inferiori di cooperazione intergovernativa, definisce la politica comune estera e di sicurezza dell’UE, nomina ed elegge i candidati a determinati ruoli di alto profilo a livello dell’UE, fra cui la Presidenza della BCE, la presidenza della Commissione e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Di solito si riunisce quattro volte all’anno, ma il presidente può convocare riunioni straordinarie, se necessario. In generale, adotta le decisioni per consenso, ma in alcuni casi anche all’unanimità o a maggioranza qualificata.

Al Consiglio europeo, così come al Consiglio dell’Unione europea, si applica il comma 2 dell’articolo 10 del Trattato che recita:

“1. Il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa.

2. I cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell’Unione, nel Parlamento europeo. Gli Stati membri sono rappresentati nel Consiglio europeo dai rispettivi capi di Stato o di governo e nel Consiglio dai rispettivi governi, a loro volta democraticamente responsabili dinanzi ai loro parlamenti nazionali o dinanzi ai loro cittadini.”

La legittimità democratica del Parlamento deriva dall’elezione diretta da parte dei cittadini. Quella del Consiglio europeo e del Consiglio dell’UE si fonda sul fatto di rappresentare governi democratici che rispondono al loro parlamento o ai loro cittadini.

Il Consiglio

Il Consiglio dell’UE (d’ora innanzi il Consiglio) è la sede in cui si riuniscono i ministri nazionali di ciascun paese dell’UE per negoziare e adottare la legislazione dell’UE. Di norma, un atto legislativo viene approvato sia dal Parlamento che dal Consiglio il che dà luogo alla procedura detta di “codecisione”.[4] In alcuni casi, invece, il Parlamento può solo approvare o respingere – ma non modificare – le proposte legislative del Consiglio (c.d. “procedura di approvazione”). Per un numero ridotto di temi (come ad esempio le esenzioni del mercato interno e il diritto della concorrenza), il Consiglio può adottare una proposta legislativa dopo che il Parlamento ha espresso il proprio parere nel merito (c.d. “consultazione”), parere che può consistere in un’approvazione, un rifiuto o una proposta di modifica. Formalmente, il Consiglio non è dunque vincolato dalla posizione del Parlamento, ma l’assenza di consultazione di quest’ultimo rende l’atto del Consiglio passibile di annullamento davanti alla Corte di giustizia europea. Va inoltre rilevato che questa procedura consultiva non vincolante si applica a un numero ridotto di materie, come ad esempio le esenzioni del mercato interno e il diritto della concorrenza, nonché a questioni e aspetti finanziari della proprietà intellettuale e a questioni di carattere amministrativo. La procedura di consultazione è utilizzata anche per strumenti quali le raccomandazioni e i pareri del Consiglio e della Commissione.

Il Consiglio è paragonabile alla ‘camera alta’ dell’organo legislativo dell’Unione. Mentre la composizione del Parlamento rappresenta la volontà popolare, il Consiglio è composto dai ministri di ciascuno dei 27 Stati membri, su base paritetica. Questa struttura richiama il Senato degli Stati Uniti in cui ogni stato è rappresentato da due senatori, indipendentemente dalla loro dimensione.

I ministri si riuniscono di volta in volta in base al loro settore di competenza.

La presidenza del Consiglio è esercitata a turno, ogni sei mesi, dai governi degli Stati membri dell’UE: attualmente la presidenza spetta all’Ungheria.

La turnazione ogni sei mesi è un oggettivo fattore di debolezza dell’Unione, ma è considerata una garanzia per dare voce a tutti gli stati membri, anche i più piccoli.

Il Consiglio si può riunire in molte formazioni diverse in relazione alla materia trattata e ai ministri che vi partecipano. Le formazioni più importanti sono probabilmente il Consiglio Affari Economici e Finanziari (in breve Ecofin), che riunisce i ministri economici, e il Consiglio Affari generali, composto dai ministri degli esteri ed eventualmente anche dai ministri degli affari europei.

A seconda dell’argomento, il Consiglio delibera a maggioranza semplice (voto favorevole di 14 Stati membri su 27), a maggioranza qualificata (con il voto favorevole del 55% degli Stati membri che rappresentano almeno il 65% della popolazione dell’UE), o all’unanimità. Tra le materie per cui è richiesta l’unanimità ci sono i provvedimenti di politica estera e di sicurezza comune, l’adesione di un Paese esterno alla UE, le concessioni in materia di cittadinanza europea, l’armonizzazione della legislazione nazionale in materia di imposte indirette, le finanze della UE, alcune disposizioni in materia di giustizia e di affari interni (come la cooperazione dei servizi di polizia a livello operativo), l’armonizzazione della legislazione nazionale in materia di sicurezza e protezione sociale. Il fatto che su tante materie di notevole importanza sia richiesta l’unanimità è sicuramente un fattore di debolezza dell’Unione e riflette l’esigenza di dar voce a tutti i Paesi membri.

La Commissione europea

La Commissione europea rappresenta il motore esecutivo e amministrativo dell’Unione europea. La Commissione svolge il duplice ruolo di guardiano dei trattati e di promotore dell’interesse comune dell’UE. Composta da 27 commissari, uno per ciascun Stato membro, la Commissione è guidata da un Presidente scelto dal Consiglio europeo e sottoposto all’approvazione del Parlamento europeo. Nonostante il fatto che ci sia un commissario per ogni paese, i commissari non hanno il mandato di rappresentare il proprio paese. Essi dovrebbero invece operare per il comune interesse europeo. Come è stato detto, la Commissione è “l’unico organo pagato per pensare Europeo”.[5]

Uno dei compiti principali della Commissione europea deriva dal fatto che è l’unico organo che ha il potere di iniziativa legislativa. La Commissione può infatti proporre nuove direttive o regolamenti, che devono poi essere discussi e approvati dal Parlamento europeo e dal Consiglio.

Oltre all’iniziativa legislativa, la Commissione ha un ruolo fondamentale nell’attuazione delle decisioni e delle politiche dell’UE. È responsabile dell’applicazione delle normative europee e può avviare procedure d’infrazione contro gli Stati membri che non rispettano il diritto comunitario.

Un altro aspetto significativo del potere della Commissione è la sua capacità di negoziare accordi internazionali per conto dell’UE. Dalle intese commerciali ai trattati sul clima, la Commissione agisce come rappresentante dell’Unione sulla scena globale, il che garantisce un approccio unitario che in qualche misura amplifica il peso dell’UE rispetto a quello di ciascun singolo Stato membro.

Il Presidente della Commissione può svolgere un ruolo chiave nella definizione delle priorità politiche dell’Unione e coordina l’attività dei commissari. Nonostante la sua influenza, la Commissione non ha potere decisionale autonomo: le sue proposte e decisioni devono ottenere il consenso del Consiglio e, come si è visto in molti casi, del Parlamento.

Pur avendo un potere ampio e una responsabilità strategica, la Commissione è talvolta oggetto di critiche per il suo carattere “tecnico” e la distanza percepita dai cittadini. Il fatto che non sia eletta direttamente ha portato alcuni a vederla come un simbolo della burocrazia di Bruxelles. Tuttavia, non bisogna dimenticare che i membri della Commissione sono indicati dai governi dei vari Paesi europei, democraticamente eletti, il che conferisce una legittimazione indiretta. La Commissione, quindi, pur non essendo eletta direttamente dai cittadini, opera in un contesto dove il legame democratico è mantenuto dai governi (che indicano i nomi dei commissari) e dal Parlamento (che ne approva la composizione).

Non va dimenticato inoltre il ‘potere’ che il Parlamento può esercitare sulla Commissione. Nel corso della storia dell’UE, infatti, il Parlamento ha bocciato i nomi proposti per alcuni commissari e, come si è già ricordato, ha obbligato un’intera commissione a rassegnare le dimissioni.

Fra i “burocrati” di Bruxelles, in prima linea vi sono ovviamente i dipendenti della Commissione. Al riguardo è utile ricordare che il loro numero non è enorme. Si tratta di 32mila dipendenti, comprendendo anche le persone con incarichi temporanei. Per avere qualche termine di paragone, i dipendenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano sono quasi 9mila, quelli del Ministero degli interni circa 25mila e quelli del Comune di Roma 23 mila. 

Le altre istituzioni

Finora non abbiamo detto nulla sulle altre importanti istituzioni dell’Unione. La ragione è che diamo per acquisto che la Corte di Giustizia e la Corte dei Conti debbano essere quanto più possibile indipendenti dai governi e anche dalle maggioranze parlamentari.

Un orientamento analogo ha prevalso, all’atto della firma del Trattato di Maastricht nel 1992, per quanto riguarda la Banca centrale europea. È infatti opinione maggioritaria che una Banca centrale debba essere indipendente dal potere politico. Qui però si manifesta quello che è probabilmente il principale limite dell’Unione: quello di avere una moneta unica, ma 27 diverse politiche di bilancio. Il bilancio della UE è infatti minuscolo (l’1% circa del Pil europeo, pari a circa 170 miliardi, una cifra analoga al budget di un Paese delle dimensioni della Danimarca) a fronte di bilanci nazionali che oscillano fra il 40 e il 50% del Pil delle singole nazioni. In ogni caso, un bilancio così modesto non si presta ad essere utilizzato per finalità di stabilizzazione macroeconomica. Una critica giustificata all’attuale struttura dell’Unione è dunque l’asimmetria fra potere monetario interamente accentrato nella BCE e potere fiscale, quasi interamente decentrato. Fra i passi avanti che possono essere concepiti per rafforzare l’unione, vi è la devoluzione di maggiori poteri in materia di bilancio. Il che però richiede che gli stati membri accettino un trasferimento di sovranità a favore dell’unione su alcune materie importanti.

Conclusioni

La complessità della democrazia nell’Unione europea riflette la sua stessa natura di entità sovranazionale, costruita sull’equilibrio tra sovranità nazionali e rappresentanza diretta dei cittadini. Le istituzioni europee – Parlamento europeo, Consiglio europeo, Consiglio e Commissione – incarnano questa architettura multilivello, ciascuna con ruoli distinti, ma intrecciati. Il Parlamento europeo, organismo eletto direttamente, garantisce la voce dei cittadini e rappresenta il principio democratico alla base dell’UE, ma le sue limitazioni legislative e l’assenza di un potere di iniziativa autonoma ne evidenziano i limiti. Allo stesso tempo, il Consiglio dell’UE, espressione dei governi nazionali, equilibra gli interessi degli Stati membri, ma richiede spesso l’unanimità per le decisioni cruciali, il che rallenta l’azione comune.

La Commissione europea, con il suo potere di iniziativa legislativa e la responsabilità di far rispettare le normative, agisce come un catalizzatore che media tra interessi nazionali e interessi collettivi. Sebbene non sia eletta direttamente, la sua legittimazione deriva dai governi nazionali che indicano i nomi di commissari e dal Parlamento europeo che deve approvarne le linee guida, il Presidente e i singoli commissari. La percezione di uno strapotere della burocrazia ignora la realtà di un sistema costruito per bilanciare gli interessi nazionali e collettivi e per garantire che la volontà democratica sia rispettata.

La democrazia nell’UE non è certamente priva di sfide: la complessità istituzionale e le percezioni di distanza dai cittadini restano nodi cruciali da affrontare. In un’epoca di crescenti tensioni interne ed esterne, il rafforzamento della trasparenza e la partecipazione attiva dei cittadini rimangono le chiavi per consolidare una democrazia europea capace di evolvere e rispondere efficacemente alle sfide del futuro. Puntare il dito contro i “burocrati” di Bruxelles è spesso un alibi per nascondere responsabilità che sono interamente in capo agli Stati membri.


[1] Vedi “The future of European competitiveness“, settembre 2024.

[2] Vedi questa nota sul sito del Parlamento Europeo.

[3] Vedi questo link.

[4] Il Consiglio dell’UE non va confuso con il Consiglio d’Europa, organizzazione internazionale diversa dall’Unione europea.

Un articolo di

Rossana Arcano, Alessio Capacci, Giampaolo Galli

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