Fisco

Memoria sulla delega alla riforma fiscale per la Commissione Finanze

19 novembre 2021

Intermedio

Memoria sulla delega alla riforma fiscale per la Commissione Finanze

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Ringrazio la Commissione Finanze della Camera dei deputati per l’opportunità che mi viene data di presentare una memoria scritta sul Disegno di Legge (ddl) Delega riforma fiscale.

Premessa

La cosa che più colpisce nella lettura del ddl sulla riforma fiscale è la flessibilità che verrebbe data al governo nel contenuto dei decreti legislativi necessari per attuare i punti più importanti della riforma fiscale. Tale flessibilità è molto più ampia di quella accordata in occasione di precedenti deleghe in materia fiscale, tra cui la fondamentale riforma del 1971-74 e quella del 2014 (legge 11 marzo 2014, n.23). Il governo avrebbe la facoltà di emanare atti aventi forza di legge—che sarebbero inviati al Parlamento, secondo quanto previsto dall’art.1, commi 3 e 4, solo per riceverne il parere—essendo vincolato da principi e criteri direttivi espressi in termini molto generali e tali da lasciare indefiniti diversi aspetti del sistema fiscale che si vorrà introdurre.

L’assenza di specificità in parti essenziali del ddl non consente per esempio di valutare:

  • L’entità delle risorse finanziarie che si vogliono destinare alla riforma fiscale e le relative coperture. Significativa, in proposito, è la lettura della Relazione Tecnica che, articolo dopo articolo, può solo reiterare l’impossibilità di valutare le conseguenze finanziarie della riforma.
  • Il ruolo relativo che verrà dato al mix tra imposte dirette e indirette, non essendo definito, per esempio, l’entità del taglio previsto per la riduzione delle aliquote medie IRPEF (art.2, comma 1) o l’effetto della “razionalizzazione della struttura dell’IVA” (art. 4 comma 1.a) e delle altre imposte indirette.
  • I tempi della riforma, visto che, in molti casi, il ddl si limita a indicare la necessità di variazioni graduali, senza indicare quanto graduali tali variazioni debbano essere, neppure in termini generici.
  • Il grado di progressività (maggiore o minore rispetto alla situazione attuale) che emergerà dalla riforma e quindi come il carico fiscale sarà ripartito tra le diverse classi di reddito.

La mancata specificità nella delega richiesta su questi aspetti fondamentali contrasta, peraltro, con la specificità con cui la delega definisce alcuni aspetti relativamente minori (si veda, per esempio, l’articolo 7 sui criteri per la revisione delle addizionali comunali e regionali).

Una seconda considerazione generale riguarda la Relazione Illustrativa. Vista la chiarezza del testo del ddl, la Relazione non necessita di svolgere l’usuale ruolo di “traduzione” del testo di legge. Quasi interamente, con la sola eccezione del commento all’art.9, la Relazione si limita così a ripetere, con parafrasi minime, il testo del ddl. Sarebbe stato invece utile se la Relazione fosse stata utilizzata per esplicitare la ragione per le indicazioni (più o meno generali) che si danno rispetto al disegno del sistema fiscale post riforma (per esempio, per indicare perché si intenda migrare verso un “modello compiutamene duale” dell’imposizione personale sui redditi (art. 2, comma 1.a). Tale esplicitazione avrebbe forse consentito di chiarire comunque meglio, pur all’interno di un’ampia delega, le specifiche caratteristiche della riforma che si intende realizzare.  

Vincoli più stringenti potrebbero essere introdotti in sede di approvazione della legge delega, ma la questione è se esista una chiara e ampia maggioranza in Parlamento per definire in modo specifico aspetti della riforma fiscale per cui sembrerebbero esistere profonde differenze di visione all’interno della coalizione che attualmente sostiene il governo. In proposito, vale la pena di notare che la richiesta di una delega molto ampia da parte del governo è anche motivata dal fatto che l’indagine conoscitiva della riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e di altri aspetti del sistema tributario condotta dalle Commissioni Riunite delle Finanze di Camera e Senato aveva portato a un “minimo comun denominatore” che lasciava aperte molte questioni per le quali una riconciliazione di vedute era apparsa impossibile.

Alternativamente, se il Parlamento non volesse o potesse ridurre l’ampiezza della delega concessa, si potrebbe considerare, in assenza di ostacoli normativi a questa opzione, un parere vincolante nel passaggio parlamentare dei decreti legislativi e non soltanto un parere consultivo.

Commenti sugli articoli del ddl

Articolo 1

  • Un termine più breve (12 mesi) potrebbe essere considerato in modo da completare la riforma nel corso dell’attuale legislatura, alla luce anche dell’urgenza di prendere chiare decisioni in un settore così importante per l’economia italiana.
  • I principi e criteri direttivi sono generalmente appropriati, incluso il riferimento all’eliminazione dei micro-tributi (anche se sarebbe utile che il termine venisse chiarito sotto il profilo quantitativo).
  • Il riferimento alla necessità di “preservare la progressività del sistema tributario” è ridondante visto l’Art. 53 della Costituzione (“Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”). Persino una flat tax, nelle modalità proposte in Italia e quindi con una no tax area, rispetterebbe il criterio della progressività. La questione che dovrebbe essere invece risolta è se si desidera un sistema tributario che sia più o meno progressivo di quello attuale. È su questo che il Parlamento dovrebbe esprimersi. 

Articolo 2

  • Il modello duale è diventato, formalmente o informalmente, predominante rispetto al modello di tassazione “universale” con la stessa aliquota rispetto alle altre fonti di reddito. Vista l’elevata mobilità dei capitali risulterebbe difficile per il nostro paese adottare un modello marcatamente diverso.
  • Il principio di applicare la medesima aliquota a tutti i redditi derivanti dall’impiego di capitale è appropriato in un’ottica di rimozione delle distorsioni derivanti dalla tassazione.
  • Non è chiaro perché la “tassazione del risparmio” sia trattata invece separatamente. Si tratta anche quella di una tassazione relativa al rendimento dall’impiego di un capitale. Esiste quindi certamente una questione di armonizzazione dei regimi di tassazione del risparmio, attualmente molto diversi, ma la questione dovrebbe essere, in linea di principio, risolta all’interno della questione della tassazione del reddito da capitale.
  • Vale anche la pena di ricordare che sarebbe opportuno, nel rivedere la tassazione dei redditi da capitale e le relative aliquote, tener conto delle forme di tassazione patrimoniale attualmente esistenti (in primis IMU e imposta di bollo). Il tema non è menzionato, per lo meno non esplicitamente, nel ddl.
  • Oltre a prevedere la stessa aliquota proporzionale per i redditi “da capitale nella attività di impresa e di lavoro autonomo”, ai fini della semplificazione fiscale sembrerebbe opportuno unificare sotto ogni aspetto le categorie del reddito di impresa minore e reddito da lavoro autonomo.
  • Per quanto politicamente difficile (direi anzi quasi impossibile) da trattare, resta, in linea di principio, anche il tema della tassazione della prima casa o in forma di reddito imputabile o in forma di tassazione sul valore dell’immobile.
  • In tema di tassazione del reddito da investimenti finanziari, sarebbe opportuno rimuovere l’attuale distinzione tra tassazione di dividendi e di interessi, da un lato, e delle plusvalenze, dall’altro. Una tale distinzione non ha una chiara giustificazione economica.
  • Il riferimento a forme di tassazione che beneficino i “secondi percettori di reddito” è appropriato per facilitare la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Ci si aspetterebbe però, in un testo di legge, una maggiore chiarezza nel definire cosa si intenda come “secondo percettore”, indicando, per esempio, che con tale espressione si intende il secondo membro di un nucleo familiare (o espressione alternativa) che inizia a percepire un reddito da lavoro.
  • I criteri da seguire nel riordino di deduzioni e detrazioni sono del tutto generici, facendo riferimento semplicemente alla necessità di tener “conto della loro finalità e dei loro effetti sull’equità e sull’efficienza dell’imposta”, non aggiungendo nulla di sostanziale ai principi e criteri già elencati nell’art. 1.
  • Il ddl non affronta il tema della equità orizzontale tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi che rappresenta attualmente un problema fondamentale, anche in un’ottica di semplificazione, del nostro sistema fiscale.

Articolo 3

  • In generale i principi e criteri per la revisione dell’IRES, se non la tempistica, sono un po’ più precisi di quelli relativi ad altre imposte e vanno nella direzione giusta.
  • Va apprezzato, tra le altre cose, il riferimento alla “neutralità tra i diversi sistemi di tassazione delle imprese, per limitare le distorsioni di natura fiscale nella scelta delle forme organizzative e giuridiche dell’attività imprenditoriale”.

Articolo 4

  • Le indicazioni sull’IVA sono tra le meno precise del ddl. Il nostro sistema ha troppe aliquote e la distribuzione della base imponibile tra queste è il risultato di una stratificazione di provvedimenti nel corso del tempo. In proposito, il termine “razionalizzazione” è molto vago, lasciando spazio in linea di principio, persino a un aumento del numero delle aliquote, qualora questo trovasse una spiegazione “razionale”. Occorre ridurre il numero delle aliquote ed evitare che il consumo di prodotti simili sia tassato ad aliquote diverse.
  • Anche la parte sulla tassazione indiretta potrebbe essere meglio specificata. Il riferimento allo European Green Deal è appropriato, ma si potrebbe includere esplicitamente un riferimento alla carbon taxation, ossia all’introduzione di uno specifico legame tra livello delle accise ed emissioni di CO2.

Articolo 5

  • Vista la quasi unanimità politica sull’opportunità di un’uscita dall’IRAP, la delega si potrebbe concentrare sulla questione più spinosa in quest’area, ossia su come la perdita del gettito IRAP verrebbe compensata. Anche in questo caso, però, si preferisce richiedere una delega senza indicare le fonti di copertura.
  • Il fatto che il finanziamento del Sistema Sanitario Nazionale non debba essere indebolito dall’uscita dall’IRAP è un utile chiarimento.

Articolo 6

  • Questo articolo è adeguatamente specifico in termini di informazioni che devono essere aggiunte nel nuovo catasto e di quali fattori debbano essere presi in considerazione per introdurre tali informazioni.
  • Passati tentativi di riformare il catasto erano però stati caratterizzati dalla promessa di una invarianza di gettito. In questo caso si segue una strada ancora più prudente, quella di indicare che le nuove informazioni non saranno utilizzate (sulla base del testo del ddl neppure dopo il primo gennaio 2026) “per la determinazione della base imponibile dei tributi”. Sorge inevitabile la domanda sul perché allora tali informazioni vengano raccolte. Presumibilmente, la speranza è che la disponibilità di tali informazioni possa spingere l’opinione pubblica e futuri parlamenti a rendere effettiva la riforma con l’utilizzo delle nuove informazioni. Tutto sommato, viene rinviato al futuro la risoluzione di un problema che ci trasciniamo da decenni.

Articoli 7-8-9-10

  • Relativamente all’art. 7, sarebbe stato utile indicare nella relazione illustrativa perché la sostituzione delle addizionali regionali e comunali con sovraimposte viene ritenuta appropriata.
  • Sembra ridondante il richiamo nell’art.8 che la riforma della riscossione debba “garantire la continuità del servizio della riscossione” attraverso il trasferimento di risorse “senza soluzione di continuità”. La cosa appare anche troppo ovvia.

Valutazione finale

Non c’è dubbio che il ddl va potenzialmente nella direzione giusta dando la possibilità di una significativa riforma del nostro sistema fiscale attraverso la sua semplificazione (esigenza prioritaria), l’eliminazione di evidenti distorsioni e una maggiore equità orizzontale e verticale.

Se questa potenzialità darà risultati effettivi dipenderà principalmente da quanto il governo che emanerà i necessari decreti legislativi utilizzerà gli ampi spazi di manovra concessi. In questo senso, il giudizio sulla riforma deve essere sospeso fino a che i decreti legislativi non verranno emanati.

Sarebbe però utile se il parlamento riuscisse a dare maggiore concretezza alla riforma definendo in modo più specifico la direzione verso cui il nostro sistema fiscale si debba muovere.

Un articolo di

Carlo Cottarelli

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