La versione definitiva del dl Semplificazioni 2021 prevede sostanziali modifiche in materia di appalti pubblici. Malgrado le critiche sollevate, queste novità seguono in larga parte le indicazioni delle direttive comunitarie del 2014: accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) e ridurre l’onere amministrativo per le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici. Tuttavia, a causa del basso livello di trasparenza e monitoraggio delle stazioni appaltanti, occorrerà vigilare perché queste riforme non abbiano effetti indesiderati in materia di corruzione.
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Il nuovo dl Semplificazioni semplifica diversi aspetti delle procedure per gli appalti pubblici, peraltro temporaneamente, per velocizzare la realizzazione degli investimenti previsti dal PNRR. Altre modifiche, di carattere permanente, sono state apportate per conformare la legislazione italiana alle direttive europee.
Le normative comunitarie, aggiornate nel 2014[1], prevedono cinque principali obiettivi per la normativa sugli appalti pubblici: i) incentivare l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV); ii) semplificare le procedure di assegnazione per appalti di minore entità; iii) favorire la partecipazione delle PMI; iv) contrastare la corruzione; v) digitalizzare gli appalti (cd. E-procurement). Inoltre, esse impongono anche una serie di regole armonizzate per le gare d’appalto che eccedono un determinato valore economico (cd. soglie comunitarie) e che quindi vengono considerate di interesse sovra-nazionale. Le soglie comunitarie variano a seconda del tipo di contratto e del settore economico in cui viene fatta la gara d’appalto. Per quanto riguarda gli appalti nei settori ordinari, le soglie sono: [2]
- 5.350.000 euro per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni;
- 139.000 euro per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali;
- 214.000 euro per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali;
- 750.000 euro per gli appalti di servizi sociali.
È importante notare che le opere pubbliche hanno spesso dimensioni elevate e quindi finiscono per essere regolate direttamente dalle norme comunitarie, che prevedono criteri di pubblicità e trasparenza per le stazioni appaltanti. In particolare, le direttive europee stabiliscono l’obbligatorietà dell’assegnazione tramite procedure competitive (gare d'appalto), oltre a determinare le modalità di redazione e pubblicazione dei bandi di gara e prevedere l’obbligo di trasmettere i contenuti degli appalti al supplemento della Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. Per gli appalti inferiori alle soglie comunitarie, i paesi possono usare le regole da loro preferite, che devono però rispettare i principi generali delle direttive dell’Unione Europea.
Regole per la partecipazione alle gare per appalti di lavori
Focalizzandoci ora sugli appalti di lavori (ossia gli “investimenti pubblici”), Il Codice dei Contratti pubblici nel 2016 prevedeva forme semplificate di appalto nei contratti con valori più modesti, a partire dalla assegnazione diretta senza gara (Tav.1).
Il dl. Sblocca Cantieri (32/2019) ha modificato temporaneamente il Codice Appalti, innalzando la soglia sotto la quale è concesso l’affidamento diretto da 40.000 a 150.000 euro. Inoltre, per i contratti con valore inferiore ad un milione di euro sono stati allentati i paletti della procedura negoziata, consentendo di restringere la gara a un minor numero di operatori per gli di importi minori. Dopo alcune variazioni nel DL Semplificazioni del 2020, Il DL Semplificazioni del 2021 definisce tre modalità di gara:
- l’affidamento diretto per lavori sotto 150.000 euro;
- la procedura negoziata con 5 operatori ammessa per i contratti da 150.000 euro a 1 milione di euro. Per procedura negoziata si intende il procedimento con cui l’ente appaltante invita un certo numero di operatori a sottomettere offerte;
- la procedura negoziata con 10 operatori per i contratti con valore superiore al milione di euro.
Criteri di selezione dei vincitori
Riguardo l’assegnazione dell’appalto nel corso di una gara, due principali criteri possono essere seguiti per selezionare il vincitore:
- il criterio del minor prezzo (anche noto come massimo ribasso): con questo criterio, dopo aver fissato le caratteristiche minime che l’opera deve rispettare, l’appalto viene vinto da chi offre il prezzo più basso;
- il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV). In questo caso, le imprese che partecipano alla gara presentano dei progetti le cui caratteristiche possono eccedere quelle minime e tali caratteristiche, sulla base di certi pesi definiti nel bando di gara, devono essere prese in considerazione, nell’assegnazione dell’appalto, con un peso al prezzo che non può eccedere il 30 per cento.
Per gli appalti sopra soglia le norme comunitarie prevedono che il criterio sia quello dell’OEPV: l’articolo 67 della direttiva EU sugli appalti pubblici afferma che, oltre al prezzo o il costo, le offerte devono essere valutate sulla base di criteri qualitativi, ambientali e/o sociali connessi all’appalto in questione, anche se non vengono però specificati i pesi minimi da attribuire al prezzo e alle componenti tecniche.[3]
Il decreto Sblocca Cantieri prevedeva l’assegnazione in base al criterio OEPV, tranne che in certi casi (ad esempio, per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato, o per forniture caratterizzati da elevata ripetitività) in cui il massimo ribasso era consentito, se adeguatamente motivato. In alcune aree, era comunque obbligatorio usare il criterio OEPV (ad esempio, per i servizi sociali e la ristorazione ospedaliera-scolastica). Contrariamente da quanto indicato nelle prime bozze, il dl. Semplificazioni 2021 non ha modificato questo tema. Il criterio prevalente resta quello dell’OEPV.
Limite massimo per i subappalti
Il codice appalti del 2016 prevedeva un tetto alle prestazioni subappaltabili pari al 30%. Questa regola aveva causato una procedura d’infrazione a livello comunitario, in quanto per la Commissione Europea era incompatibile con l’obiettivo di maggiore partecipazione delle PMI negli appalti pubblici, metrica nella quale l’Italia è tra i peggiori stati in Europa insieme a Spagna e Portogallo)[4]. In effetti la percentuale di appalti vinti dalle PMI in Italia è molto bassa (Fig. 1).
Dopo alcune variazioni introdotte dal decreto Cura Italia, il dl Semplificazioni del 2021 innalza il tetto 50% fino al 31 ottobre 2021, per poi prevedere la definitiva abolizione di ogni limite sui subappalti.
La principale obiezione a questa modifica è che rimuovere il tetto al subappalto renderà più facili le infiltrazioni mafiose o il mancato rispetto delle norme sulla salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Per attenuare questi rischi il DL Semplificazioni introduce dei vincoli alle responsabilità delle imprese vincitrici dell’appalto e di quelle sub-appaltatrici: nello specifico, le stazioni appaltanti avranno la facoltà di indicare le prestazioni che devono obbligatoriamente essere eseguite dall’impresa vincitrice. Inoltre, vengono previsti maggiori controlli sui luoghi di lavoro per garantire che le condizioni lavorative siano effettivamente tutelate. Infine, se i subappaltatori non sono iscritti nelle white list o nell’anagrafe antimafia, le stazioni appaltanti devono mettere in atto un sistema di monitoraggio volto a prevenire il rischio di infiltrazioni criminali.
Appalto integrato
Un altro tema che ha riscosso un discreto numero di critiche è la reintroduzione dell’“appalto integrato”, in cui la progettazione ed esecuzione dei lavori sono affidati allo stesso aggiudicatario. Infatti, sebbene il Codice degli Appalti preveda il divieto di affidamento congiunto delle due fasi, tale divieto è temporaneamente sospeso per le opere del PNRR. Anche in questo caso, l’introduzione di tale regola è ispirata alla necessità di garantire un’esecuzione più rapida dei lavori previsti dal PNRR, soprattutto per quanto riguarda le opere pubbliche di particolare complessità. L’appalto integrato unito al criterio del massimo ribasso aveva suscitato non poche preoccupazioni per quanto riguarda l’effettiva capacità di svolgere monitoraggio ex-ante. In virtù di questo, il governo ha modificato il testo stabilendo che l’assegnazione di questa speciale categoria d’appalto avverrà comunque con il criterio OEPV.
PNRR e pari opportunità
Per quanto riguarda gli appalti relativi alle opere del PNRR, il dl Semplificazioni prevede l’obbligo per le aziende con più di 15 dipendenti di presentare un rapporto sulla situazione del personale in riferimento all’inclusione delle donne nelle attività e nei processi aziendali. Inoltre, nei bandi di gara verranno stabiliti punteggi aggiuntivi con la finalità di promuovere l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani sotto i 35 anni. Salvo motivate ragioni, le stazioni appaltanti includono nel bando l’obbligo del partecipante alla gara di riservare a giovani e donne una quota - pari almeno al 30 per cento - delle assunzioni necessarie per eseguire il contratto. Tra i criteri per partecipare alle gare vi è anche l’impegno a presentare la rendicontazione non finanziaria sulla sostenibilità sociale e ambientale dei processi produttivi.
La valutazione europea
I temi finora trattati sono anche riconducibili alla valutazione della Commissione Europea sulla bontà delle procedure degli appalti pubblici degli stati membri.[5] L’Italia, nell’ultimo rapporto comunitario relativo al 2019, si è classificata tra i 7 paesi con la peggiore performance insieme a Spagna, Portogallo, Slovenia, Malta e Grecia. Sei sono le aree di maggiore criticità riscontrate da Bruxelles: la presenza di gare non competitive (cioè con un solo potenziale acquirente, che accade per il 32% degli appalti in Italia), la scarsa presenza delle PMI, la rapidità di assegnazione del contratto e tre misure di trasparenza (la percentuale di contratti con metodi di selezione poco chiari, e le percentuali di transazioni negli appalti in cui non vengono registrati gli estremi del registro delle imprese dei venditori o acquirenti). Il dl Semplificazioni 2021 agisce soprattutto nell’ampliare il ruolo delle PMI rispetto alla situazione precedente, favorendo in tal modo anche la concorrenza nelle gare d’appalto.
Il problema principale resta la scarsa trasparenza delle operazioni, come i requisiti di pubblicità e tracciabilità delle attività delle imprese vincitrici degli appalti. A tal proposito, il dl Semplificazioni riduce il numero delle pubbliche amministrazioni che potranno condurre gare indipendentemente: è infatti previsto il divieto per i comuni non capoluogo di affidare appalti per interventi del PNRR. Vengono inoltre introdotti ulteriori provvedimenti per rafforzare la trasparenza nelle procedure relative agli appalti: grazie all’accorpamento della banca dati degli operatori economici alla banca dati dei contratti pubblici, sarà possibile monitorare in maniera più efficiente le performance degli assegnatari dei contratti d’appalto da parte delle stazioni appaltanti.[6] Per garantire un sostanziale miglioramento nel monitoraggio degli operatori economici nella gestione dei fondi del PNRR, servirà però una rapida implementazione di questi meccanismi.
[1] La disciplina è regolata da tre direttive: 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE.
[2] I settori ordinari sono definiti in maniera residuale rispetto ai settori speciali, che sono quelli relativi al “gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica” per i quali si applicano soglie diversificate. (https://ec.europa.eu/growth/single-market/public-procurement/rules-implementation/thresholds_en)
[3] Direttiva UE 2014/24, art. 67.
[4] Nello specifico, ci si riferisce all’indicatore numero 7 del seguente report sugli appalti: https://essays.edubirdie.com/blog/public-procurement.
[5] Si fa riferimento al seguente report: https://essays.edubirdie.com/blog/public-procurement.
[6] Per quanto riguarda questo tema, il presidente dell’ANAC Busia aveva commentato le versioni preliminari del dl Semplificazioni lamentando la scarsità di investimenti nella Banca dati degli Appalti ed il mancato rafforzamento della digitalizzazione delle procedure d’appalto (Si veda: https://www.repubblica.it/economia/2021/05/23/news/busia_il_codice_appalti_non_si_puo_cancellare_bisogna_usare_il_bisturi_-302455315/).