Conti pubblici

La ripresa degli investimenti pubblici

16 giugno 2021

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La ripresa degli investimenti pubblici

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Negli ultimi due anni gli investimenti pubblici, che tra 2009 e 2018 erano scesi dal 3,7 al 2,1 per cento del Pil, sono ripresi. Nel 2019 erano saliti al 2,3 per cento del Pil. Nel 2020, nonostante il rallentamento causato dalla pandemia nella prima parte dell’anno, sono cresciuti ulteriormente da 41,4 a 44,2 miliardi. Grazie anche alla discesa del Pil il rapporto è salito al 2,7 per cento. Per i prossimi anni il governo Draghi ha rivisto ulteriormente a rialzo l’obiettivo per gli investimenti pubblici, con l’intenzione di sfruttare le ingenti risorse del Next Generation EU (NGEU) per portare gli investimenti pubblici al 3,2 per cento del Pil entro il 2024. Le sfide maggiori saranno quindi riuscire a spendere le risorse disponibili e assicurarne un utilizzo efficiente. Questo soprattutto alla luce del fatto che in passato le infrastrutture italiane sono costate di più rispetto a quelle degli altri paesi europei e che nelle schede tecniche del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) mancano delle analisi costi benefici degli specifici interventi.

La nota è stata ripresa da questo articolo di TPI del 17 giugno 2021

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In generale, in presenza di una recessione gli investimenti pubblici possono essere una forma di spesa pubblica efficace, sia per sostenere la domanda aggregata sia per dotarsi di infrastrutture che innalzino la produttività nel medio-lungo periodo.[1] Inoltre, in Italia gli investimenti pubblici sono drasticamente calati passando dal 3,7 per cento del Pil nel 2009 (un livello comunque elevato rispetto alla media storica italiana) al 2,1 per cento del Pil nel 2018 (Fig. 1).[2] Questo calo ha portato gli investimenti pubblici italiani in percentuale del Pil al di sotto di quelli tedeschi (2,4 per cento nel 2018), storicamente più bassi.

Per questo motivo, già nel 2019 il governo italiano aveva incrementato gli investimenti pubblici portandoli al 2,3 per cento del Pil. Il governo Conte 2 ha aumentato ulteriormente gli investimenti portandoli a 44,2 miliardi (2,4 per cento del Pil, un aumento nominale del 6,8 per cento), un risultato notevole visti i rallentamenti causati nella prima metà dell’anno dalle chiusure.[3]

Naturalmente, una parte della crescita del rapporto investimenti pubblici-Pil avvenuta nel 2020 in Italia (e negli altri paesi europei; Fig. 1) riflette la forte caduta del denominatore (il Pil). Tuttavia, se si calcola il rapporto investimenti pubblici-Pil ipotizzando una crescita del Pil nominale nel 2020 uguale a quella del 2019 (cioè escludendo l’effetto della crisi), il rapporto italiano sarebbe comunque cresciuto dal 2,3 per cento al 2,4 per cento. Si tratta quindi di una performance notevole, anche se non è possibile valutare in che misura l’aumento della spesa sia dovuto a un aumento dei prezzi degli investimenti, piuttosto che a un effettivo aumento nel volume degli investimenti stessi.[4]

Prospettive future

Nelle intenzioni del governo Draghi il recupero degli investimenti pubblici dovrebbe continuare nei prossimi anni, aiutato dai fondi europei del NGEU. Il Documento di Economia e Finanza del 2021 (DEF 2021) ha rivisto fortemente a rialzo la programmazione degli investimenti per i prossimi anni (Fig. 2).

Nel 2021 l’obiettivo per gli investimenti pubblici è di 55,6 miliardi (3,2 per cento del Pil 2021). Il DEF prevede un aumento a 62,9 miliardi entro il 2024 (3,2 percento del Pil 2024).[5] Questo livello sarebbe superiore a quello medio del periodo pre-crisi (3,0 tra il 1995 e il 2009). Anche i documenti di finanza pubblica tedesco e francese prevedono aumenti degli investimenti pubblici, ma più contenuti. Mentre gli investimenti dello Stato italiano tra 2019 e 2024 dovrebbero aumentare di 0,9 punti di Pil, nello stesso periodo quelli tedeschi aumenterebbero di un terzo di punto; quelli francesi di un quinto di punto. La Spagna avrebbe un aumento più forte di quello italiano (1,4 punti di Pil entro il 2024), ma questo incremento non sarebbe sufficiente a tornare ai livelli pre-2009.[6]

Criticità per il futuro

Per il governo italiano nei prossimi anni la difficoltà sarà innanzitutto riuscire a spendere le ingenti risorse a disposizione in modo efficiente. Per questo il governo ha già varato diversi decreti e riforme, tra cui il decreto Semplificazioni dell’anno scorso e quello di quest’anno. Un problema che potrebbe ripresentarsi nei prossimi anni è quello del costo degli investimenti e della loro qualità. Riguardo al costo, solo 3 anni fa un rapporto della Corte dei Conti Europea sottolineava che il costo per kilometro di una ferrovia ad alta velocità (AV) in Italia era circa il doppio rispetto a Germania, Francia e Spagna (33 milioni di euro per km contro 15).[7] Non è chiaro se questa differenza dipenda principalmente dalla diversa geografia o dall’inefficienza della Pubblica Amministrazione, ma il costo fuori scala delle infrastrutture italiane potrebbe ridimensionare l’impatto dell’incremento delle risorse per gli investimenti. Riguardo alla qualità degli investimenti, le schede tecniche del PNRR (tuttora non pubblicate ufficialmente) non contengono analisi costi-benefici che motivino la scelta degli investimenti specifici. Di conseguenza, non è chiaro se è stato seguito un criterio di maggior resa dell’investimento rispetto alle alternative nel selezionare, per esempio, una tratta ferroviaria invece di un’altra, aggiungendo incertezza sull’effettivo impatto della spesa programmata.

 

[1] Vedi, ad esempio, le raccomandazioni del Fiscal Monitor di Aprile del Fondo Monetario Internazionale: https://www.imf.org/en/Publications/FM/Issues/2021/03/29/fiscal-monitor-april-2021#Full%20Report.

[2] Con “investimenti pubblici” si fa riferimento al dato degli “investimenti fissi lordi” dell’aggregato Pubblica Amministrazione.

[3] La spesa è stata di soli 430 milioni inferiore a quanto inizialmente programmato.

[4] Il deflatore degli investimenti fissi complessivi (pubblici e privati) è cresciuto solo dello 0,4 per cento nell’anno, ma questo potrebbe riflettere un calo del deflatore degli investimenti privati che sono calati rapidamente a causa della crisi.

[5] Il DEF fornisce anche un’indicazione del contributo delle risorse europee al livello degli investimenti nei prossimi anni: 0,4 punti di Pil nel 2021; 0,5 punti nel 2022; 0,8 nel 2023 e 0,2 nel 2024.

Un articolo di

Carlo Cottarelli e Giulio Gottardo

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