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La legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021: a che punto siamo?

27 maggio 2022

Difficile

La legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021: a che punto siamo?

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La “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” è ferma alla Commissione Industria del Senato dal dicembre scorso ma, in base agli accordi del PNRR, devono essere approvati entro dicembre 2022 sia la legge delega che i decreti delegati.  Cosa prevedeva la proposta del governo? Quali sono le principali modifiche approvate al Senato o concordate nella maggioranza il 26 maggio? Cosa manca rispetto alle segnalazioni dell’Autorità Antitrust?

La nota è stata ripresa da Repubblica in questo articolo del 28 maggio 2022.

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I contenuti principali della legge sulla concorrenza

Nelle intenzioni del governo e in attuazione degli impegni assunti nel PNRR, il Disegno di Legge 2469 (“Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021”), presentato al Parlamento il 3 dicembre 2021 e ancora in discussione alla Commissione Industria del Senato, dovrebbe essere approvato entro fine maggio dal Senato ed entro la pausa estiva dalla Camera.

Di seguito, si commentano le principali norme del DDL che afferiscono al tema della concorrenza. A questo fine, vengono elencate le norme che erano contenute nelle segnalazioni dell’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato (AGCM), con particolare riferimento a quella inviata al governo il 22 marzo 2021; alcune delle norme che non vengono commentate in nota sono importanti, ma non sono direttamente afferenti al tema della concorrenza.  Per ogni norma si segnalano di seguito i principali cambiamenti intervenuti nell’iter presso la Commissione Industria del Senato. 

  • L’art. 2 bis e 2 ter (aggiunti dal Consiglio dei Ministri il 15 febbraio) contengono una delega al governo per il recepimento della direttiva europea servizi 2006, cosiddetta Bolkestein, sulle concessioni demaniali marittime "al fine di assicurare un più razionale e sostenibile utilizzo del demanio marittimo”.[1] Le attuali concessioni avranno efficacia fino al 31 dicembre 2023 e dal primo gennaio 2024 verranno aperti i nuovi bandi per assegnare il demanio marittimo al miglior offerente. Attualmente, come noto e come segnalato dall’AGCM, le concessioni balneari pagano canoni molto bassi.[2] Con le nuove regole il governo mira a tutelare le parti interessate nell’attività oggetto di concessione a) proteggendo la stabilità occupazionale del personale impiegato, b) assicurando che il concessionario uscente venga rimborsato del mancato ammortamento degli investimenti materiali e immateriali realizzati durante il periodo concessorio, tramite un indennizzo a carico del concessionario entrante e c) definendo le quote del canone annuo concessorio da riservare all’ente concedente e da destinare a interventi di difesa delle coste e di miglioramento della fruibilità delle aree demaniali libere. Come noto, l’accordo di maggioranza prevede che la questione cruciale degli indennizzi ai gestori uscenti sia definita solo successivamente, con il decreto delegato (che dovrebbe essere emanato entro sei mesi dall’approvazione della legge). Viene inoltre prevista una proroga delle concessioni in essere in presenza di “ragioni oggettive” compreso un semplice contezioso.
  • L’art. 3 stabilisce che l’affidamento delle aree demaniali portuali avvenga con una procedura che prende avvio con la pubblicazione di un avviso pubblico. I principi ispiratori della procedura dovrebbero essere a) la trasparenza, b) l’imparzialità e c) la proporzionalità, con la connessa garanzia di condizioni di concorrenza effettiva. La modifica principale introdotta al Senato riguarda la possibilità per le autorità portuali di sottoscrivere accordi integrativi con i privati, nell’ambito delle procedure di gare per l’affidamento delle concessioni.  Questa modifica comporta il rischio che il contenuto delle concessioni possa essere concordato con i concessionari.
  • L’art. 4 contiene norme volte a far sì che gli enti locali mettano a gara le reti di distribuzione del gas. Come segnalato dall’AGCM, nonostante il quadro normativo per l’espletamento delle gare sia definito da tempo, il programma di svolgimento delle stesse è in grave ritardo: ad oggi sono state avviate solo 35 delle 177 gare previste.[3] Fra le novità più rilevanti:
  • vengono definite modalità oggettive e trasparenti per il rimborso dei gestori uscenti limitando così la discrezionalità degli enti locali;
  • la somma dovuta dal gestore subentrante deve essere posta uguale a quella percepita dal gestore uscente;
  • il gestore uscente è tenuto a fornire all’ente locale tutte le informazioni necessarie per predisporre il bando di gara, entro un termine stabilito di norma in 30 giorni;
  • vengono specificate in dettaglio le condizioni speciali che consentono all’ente locale di non trasmettere all’autorità di settore (ARERA) le valutazioni sul valore di rimborso prima della pubblicazione del bando di gara.

La norma è stata oggetto di diversi emendamenti in Senato. Quello forse più importante riguarda il rinvio ad un decreto interministeriale da emanarsi entro sei mesi, che prevede la definizione dei criteri di gara, nonché dei criteri di valutazione di alcuni interventi di innovazione tecnologica. Il gestore uscente deve ora fornire le informazioni necessarie per predisporre il bando di gara entro 60 giorni.

  • L’art. 5 riguarda le concessioni di grande derivazione idroelettrica. Le procedure di assegnazione devono svolgersi secondo parametri competitivi, equi e trasparenti, sulla base di un’adeguata valorizzazione economica dei canoni concessori e definendo la durata della concessione, nel rispetto dei limiti previsti dalla normativa vigente. Il concessionario entrante è soggetto al pagamento di un indennizzo alla controparte uscente come risarcimento per il mancato ammortamento degli investimenti effettuati. Viene fissato al 31 dicembre 2022 il termine entro il quale devono essere avviate le procedure di assegnazione delle concessioni.

Gli emendamenti al Senato hanno mantenuto i poteri in capo alle regioni (mentre l’AGCM proponeva di centralizzare una materia di tale importanza per il paese) e hanno concesso alcune possibilità di proroga delle attuali concessioni: quelle a scadenza prima del 31 dicembre 2024 possono essere prorogate fino a 3 anni dall’approvazione della legge; per le altre il termine entro il quale le procedure devono essere avviate è il 31 dicembre 2023.

  • L’art. 6 contiene una delega molto ampia al governo per rivedere la disciplina dei servizi pubblici locali e favorire gli affidamenti tramite gara. Fra i principali criteri di delega vi sono:
  • l'individuazione di criteri che assicurino la soddisfazione delle esigenze delle comunità locali nell’accesso di servizio;
  • la previsione di condizioni stringenti volte alla verifica dell'economicità e dell'efficienza del modello in house[4];
  • l'individuazione di uno specifico obbligo motivazionale, in capo all'ente locale, nel caso in cui opti per il modello dell'autoproduzione in luogo del ricorso al mercato;
  • la previsione che nell'assolvimento dell'obbligo di procedere alla revisione periodica delle partecipazioni pubbliche si tenga conto delle ragioni che, sul piano economico e della qualità dei servizi, giustificano il mantenimento dell'autoproduzione anche in relazione ai risultati conseguiti nella gestione;
  • maggiore trasparenza nei contratti nonché introduzione di contratti di servizio tipo.

Le modifiche introdotte al Senato sono molte e in generale tendono a rendere più complesso il passaggio dalla gestione in house agli affidamenti tramite gare. Inoltre, si prevede che la delega venga attuata non con un solo decreto ma con “uno o più decreti”, il che consentirebbe di spacchettare il provvedimento in modo da procedere più speditamente sulle aree di minore contezioso. Nella nuova versione l’obbligo di giustificare con una motivazione anticipata la scelta di ricorrere alla gestione in house è stato tolto.

  • L’art. 7 riguarda il trasporto pubblico locale e si propone di mettere a regime il sistema dell'affidamento mediante procedure di pubblica evidenza. Vengono istituiti poteri di controllo in capo al MIMS (ex Ministero dei Trasporti) sull’attuazione della norma. Nel caso di inadempienza da parte degli enti territoriali sono stabiliti poteri sostitutivi in capo al MIMS.

Non risulta che la norma abbia subito modifiche al Senato, ma, secondo notizie di stampa, potrebbe essere rivista nel passaggio alla Camera.  

  • L’art. 8 (contenuto nella segnalazione dell’AGCM del 10 Marzo 2017 “Riforma del settore della mobilità non di linea”) contiene una delega al governo per rivedere la disciplina in materia di trasporto pubblico non di linea (taxi e noleggio con conducente). Con questa previsione, si consentirebbe infatti a piattaforme come Uber di fare concorrenza ai tassisti.

Non risultano emendamenti al Senato, ma occorre tenere conto che si tratta di una legge delega e che, anche in questo caso secondo notizie di stampa, la norma verrebbe rivista nel passaggio alla Camera.

  • L’art. 15 prevede l’abrogazione del patent linkage, ossia la norma che non consente di inserire nel Prontuario Farmaceutico Nazionale i farmaci generici equivalenti a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) prima della scadenza dei brevetti dei farmaci originari di riferimento (comma 1-bis dell'articolo 11 del dl n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012). L’abolizione del patent linkage implica quindi che un farmaco generico potrà essere rimborsato al consumatore dal SSN anche prima della scadenza del brevetto del farmaco “originario”.

Nel passaggio al Senato, questa norma viene di fatto abolita (e quindi il patent linkage non è più abrogato) in quanto in un nuovo comma si prevede che “I farmaci equivalenti … possono essere rimborsati a carico del Servizio sanitario nazionale a decorrere dalla data di scadenza del brevetto”.

  • L’art. 28 è il primo di una serie di articoli (28-31) volti a rafforzare i poteri dell’Antitrust e a uniformare la legislazione italiana a quella europea. Le novità principiali riguardano:
    • Il comma 1 lettera a) è relativo alle operazioni di concentrazione. La novità consiste nell’eliminazione del criterio della dominanza nel mercato nazionale. Nella legislazione vigente l’operazione di concentrazione è vietata se viene accertata “la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza”. Nel nuovo testo invece, l’Autorità valuta che l’operazione di concentrazione “non ostacoli in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante”.
    • Il comma 1 lettera b) relativo alla notifica delle operazioni di concentrazione. La legislazione vigente prevede l’obbligo in capo alle imprese di notificare le operazioni di concentrazioni quando queste superino determinate soglie di fatturato nazionale: 492 milioni di euro dall’insieme delle imprese interessate all’operazione e 30 milioni di euro da almeno due delle imprese interessate. La novità consiste nel potere che viene dato all’AGCM di chiedere alle imprese di notificare l’operazione quando viene superata una sola delle due soglie dette sopra, oppure quando il fatturato mondiale di una delle imprese superi i 5 miliardi di euro. Nella sua segnalazione l’AGCM considera il caso dell’acquisizione nel 2018 da parte di Apple dell’app musicale Shazam; sulla base dei criteri allora vigenti tale acquisizione non poté essere vietata, mentre lo sarebbe con il nuovo criterio.
    • Il comma 1 lettera c) in cui le joint venture cooperative vengono equiparate alle altre imprese al fine della disciplina sulla concentrazione se esercitano stabilmente tutte le funzioni di un’entità economica autonoma. Non risultano emendamenti al Senato.
  • L’art. 29 introduce una presunzione relativa (cioè superabile fornendo prova contraria) per la piattaforma intermediaria con un ruolo determinante per raggiungere utenti e/o fornitori. Ad esempio, se un’impresa vuole vendere i propri prodotti tramite una piattaforma digitale online, in caso di controversie legate all’abuso di dipendenza economica da quest’ultima, è la piattaforma che deve dimostrare che non vi sia uno stato di dipendenza economica, perché d’ora innanzi si presume che lo sia.[5]

Gli emendamenti al Senato sono volti a rendere più stringente una speciale disciplina antitrust applicate alle piattaforme digitali. Ciò riguarda in particolare il contrasto alle “pratiche abusive adottate dalle piattaforme digitale”. Tali pratiche possono anche consistere  “nel fornire informazioni o dati insufficienti in merito all'ambito o alla qualità del servizio erogato e nel richiedere indebite prestazioni unilaterali non giustificate dalla natura o dal contenuto dall'attività svolta, ovvero nell'adottare pratiche che inibiscono od ostacolano l'utilizzo di diverso fornitore per il medesimo servizio, anche attraverso l'applicazione di condizioni unilaterali o costi aggiuntivi non previsti dagli accordi contrattuali o dalle licenze in essere".

  • L’art. 30 introduce la disciplina della transazione (settlement) nei procedimenti amministrativi condotti dall’AGCM in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza e abuso di posizione dominante. La parte citata in giudizio può assumersi la responsabilità dell’illecito di cui è accusata al fine di abbreviare la durata del procedimento amministrativo, ricevendo in cambio una riduzione della sanzione.

Non risultano emendamenti approvati al Senato.

  • L’art. 31 estende i poteri di indagine dell’AGCM che può in ogni momento – anche al di fuori dei procedimenti istruttori – richiedere alle imprese o enti, informazioni o documenti utili.

Gli emendamenti al Senato impongono all’AGCM di indicare le basi giuridiche su cui sono fondate le richieste e di dare ai soggetti cui vengono fatte le richieste un congruo periodo di tempo anche “in ragione della complessità delle informazioni in oggetto”. 

  • L'art. 32 si propone di rafforzare la trasparenza e l’imparzialità nelle procedure di nomina dei componenti delle autorità amministrative indipendenti, mettendo un filtro fra la politica e le authority.  A questo fine prevede che ogni soggetto competente alla nomina istituisca una commissione tecnica (composta di personalità di indiscussa indipendenza, moralità ed elevata qualificazione professionale) per la selezione delle candidature e che tale commissione individui liste di non meno di quattro candidati per ciascuna posizione. I soggetti competenti alla nomina (diversi a seconda delle authority) effettuano le nomine scegliendo fra i candidati proposti.

Al Senato, l’articolo è stato soppresso.  

Tra le principali segnalazioni dell’AGCM che non sono contenute nel DDL 2469 vi sono:

  • la promozione della concorrenza infrastrutturale in investimenti in reti di comunicazione fissa e mobile rimuovendo gli ostacoli di natura amministrativa, che, secondo l’AGCM, consentirebbe di allineare il nostro sistema agli standard europei, di ridurre i prezzi aumentare la domanda dei consumatori;[6]
  • il commercio al dettaglio. Come rilevato dalle analisi della Commissione Europea, l’Italia è uno degli Stati membri con le maggiori restrizioni nel settore del commercio al dettaglio, sia per quanto concerne l’apertura di nuovi negozi, sia con riguardo alle regole che incidono sulle attività quotidiane dei commercianti.[7] Una maggiore concorrenza in questo settore può contribuire in misura considerevole ad accrescere il potenziale di crescita dell’economa;
  • alcuni interventi nel settore farmaceutico che riguardano: a) la promozione delle dinamiche competitive tra medicinali differenti in sede di gare pubbliche, soprattutto nel caso dei farmaci biologici dal momento che questi pesano in modo significativa sulla spesa pubblica sanitaria; b) il contenimento del prezzo dei farmaci in fascia C e l’aumento del potere negoziale del soggetto pubblico in fase di contrattazione dei farmaci; c) l’assortimento flessibile dei medicinali da parte dei grossisti e adeguato alla domanda espressa dai cittadini.[8]

Le principali aree di contrasto

Il disegno di legge, nonostante sia stato presentato ad inizio dicembre scorso, deve ancora ottenere l’approvazione in Senato. Il 25 maggio è stata trovata un’intesa, basata largamente su rinvii a successivi decreti. 

I punti più problematici appaiono i seguenti:

  • Il nodo cruciale è relativo alle procedure di assegnazione delle concessioni demaniali marittime (entro il 31 dicembre 2023) (art. 2 bis e 2 ter). Nonostante la direttiva Bolkestein sia stata ratificata dal governo italiano nel 2010, non è stata in pratica mai attuata a causa di continue proroghe. Come noto, a novembre 2021 il Consiglio di Stato ha annullato l’ultima proroga delle concessioni balneari al 2033 e imposto di riassegnarle tramite gare pubbliche entro il 31 dicembre 2023, con il divieto di nuove proroghe e rinnovi. Il principale argomento di chi si oppone alla liberalizzazione è che essa potrebbe tradursi in un subentro da parte di investitori o fondi speculativi esteri con ricadute negative sui bilanci delle imprese balneari italiane.
  • L’art. 3, nonostante le numerose contestazioni, elimina il divieto di cumulo di concessioni per i porti di rilevanza economica nazionale e internazionale, come previsto nel disegno di legge originario. In passato la concorrenza era limitata e ciascun porto rappresentava un distinto mercato rilevante, perciò il divieto di cumulo di concessioni poteva essere compreso a causa della possibile formazione di monopoli portuali. Oggi invece la concorrenza nel mercato portuale è aumentata specialmente tra porti che si affacciano sul Mediterraneo e quelli nordeuropei e, di conseguenza, non generebbe problemi come in passato. La conferma della versione originaria permetterebbe ai porti italiani di competere dunque con quelli degli altri paesi. In aggiunta, vi erano state discussioni in seguito alla proposta in Senato di un ulteriore emendamento che avrebbe consentito lo scambio di manodopera tra diversi terminal in mano ad un unico concessionario. Questo punto è stato attaccato dal fronte sindacale dei lavoratori (ad esempio Uil-trasporti), secondo cui “verrebbe scardinato l’equilibrio occupazionale dei porti e vi sarebbe meno tutela del lavoratore”. Nell’ultima versione del Senato tale divieto è mantenuto in essere.”
  • L’art. 8 in materia di taxi e noleggio con conducente. Tra i principali punti in discussione si segnala: a) la promozione della concorrenza anche in sede di conferimento delle licenze (che viene osteggiata da coloro che detengono le attuali licenze) e b) l’utilizzo di applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti.[9] Con questa previsione, si consentirebbe infatti a piattaforme come Uber di fare concorrenza ai tassisti.[10]
  • La nuova versione dell’art.15 è contestata in quanto cambia la formulazione della norma, ma non la sostanza. Il mantenimento del patent linkage ostacola una concorrenza diretta con i farmaci coperti da brevetto e disincentiva fortemente le case farmaceutiche produttrici di generici dal commercializzare la propria versione prima della scadenza dei diritti di esclusiva. Inoltre, sottolinea l’AGCM, che “il quadro normativo in essere è suscettibile di favorire condotte ostruzionistiche su base brevettuale da parte delle imprese titolari dei farmaci “originatori”, che potrebbero fare ricorso ad azioni giudiziali al solo fine di ritardare l’entrata dei genericisti sul mercato”.

Una valutazione

Ai fini di una valutazione, va segnalato che il disegno di legge contiene ben quattro deleghe (su concessioni balneari, taxi, servizi pubblici locali e sull’art. 26 che adegua la normativa italiana a quella europea in materia di controllo sulla conformità delle merci e di semplificazione del sistema di vigilanza) e in molti punti rimanda a decreti applicativi. Molte delle aree di scontro sono quindi rinviate al momento in cui si dovranno emettere i decreti applicativi.  Come si è visto, al Senato alcune norme sono state modificate in senso anti-concorrenziale.

 L’area da cui è lecito aspettarsi i miglioramenti più rilevanti in termini di efficienza è probabilmente quella dei servizi pubblici locali. Secondo l’AGCM. “Uno snodo cruciale per il rilancio dell’economia è dato dalla revisione del settore dei servizi pubblici locali e, più in generale, delle società pubbliche. Mercati efficienti dei servizi pubblici locali non solo possono migliorare la qualità dei servizi erogati, ma possono anche avere ricadute positive sulla competitività e lo sviluppo dei sistemi economici locali ed incidere sul livello di produttività aggregata e sulla crescita del prodotto pro capite. Eppure, i servizi pubblici locali sono tuttora erogati sulla base di un “capitalismo pubblico” che non appare generalmente idoneo ad assicurare adeguati livelli di efficienza e di qualità dei servizi”.

Come si è detto, la riforma dei servizi pubblici locali è affidata ad un’ampia legge delega, i cui principi appaiono condivisibili.  L’AGCM, nell’audizione del 24 febbraio scorso presso la Commissione Industria del Senato, ha accolto positivamente la norma, osservando tuttavia “che il ricorso allo strumento dell’in house [dovrebbe essere consentito] soltanto in presenza di effettive ragioni di convenienza economica e di qualità del servizio, evitando l’affidamento a società prive dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla normativa o che siano in forti difficoltà finanziarie, svolgendo di fatto, e come spesso accade, la funzione di “ammortizzatori sociali impropri”. In tal senso- aggiunge l’AGCM – “la motivazione dovrebbe essere illustrata già nel momento in cui l’amministrazione decida di optare per il regime di autoproduzione rispetto a quello di esternalizzazione”. [Pena il rischio che] “le valutazioni rimesse alla stazione appaltante si riducano a un mero adempimento formale ex post”. Questa raccomandazione non è stata accolta. Inoltre, come si è visto, gli andamenti approvato al Senato hanno considerevolmente ridotto la portata della norma

Le questioni delle concessioni balneari e dei taxi sono chiaramente minori in termini di effetti sul Pil e sulla competitività delle imprese. Non per questo sono irrilevanti. Nel caso delle concessioni balneari si tratta di quasi 27 mila aziende, per lo più molto piccole, che vivono largamente al riparo dalla concorrenza e pagano allo Stato canoni irrisori. Nel caso dei taxi, dall’esperienza delle grandi città europee e americane risulta evidente che la concorrenza delle piattaforme rappresenta un vantaggio per il consumatore e anche un forte stimolo al miglioramento del servizio da parte dei conducenti tradizionali.

 In ogni caso, è evidente che i dettagli di come verranno attuate le deleghe e i decreti ministeriali previsti dalla legge sono cruciali e per ora non si può che accogliere con favore il fatto che sta prendendo avvio il lungo iter normativo che dovrebbe portare ad una maggiore concorrenza.

 

[1] La direttiva non si occupa di concessioni demaniali marittime, ma impone la gara quando il numero delle autorizzazioni possibili è limitato dalla scarsità delle risorse naturali disponibili. In questi casi, la direttiva obbliga gli Stati europei a indire bandi pubblici sia per l’assegnazione di nuove concessioni, sia per il rinnovo di quelle in scadenza. Le procedure pubbliche seguite devono essere trasparenti e imparziali e devono permettere agli operatori di concorrere in modo paritario sul mercato. La direttiva non si occupa di concessioni demaniali marittime, ma impone la gara quando il numero delle autorizzazioni possibili è limitato dalla scarsità delle risorse naturali disponibili.

[2] Nel 2019, su un totale di 29.689 concessioni demaniali marittime, 21.581 pagavano un canone inferiore a 2.500 euro all’anno (Agcom). Per lo stesso anno, l’ammontare complessivo dei canoni concessori è stato pari a 115 milioni di euro a fronte di un giro d’affari degli stabilimenti balneari intorno ai 15 miliardi di euro (Nomisma).

[3] Il D.lgs. n. 164/2000 disciplina il regime delle concessioni affidate dagli enti locali nel settore della distribuzione del gas con procedure di gara a evidenza pubblica, nel rispetto delle direttive europee a tutela della concorrenza. Valorizzare economicamente il canone significa ottenere un congruo pagamento per la concessione del bene, mentre con valorizzazione tecnica ci si riferisce gli interventi di miglioramento della sicurezza delle infrastrutture esistenti.

[4] L’affidamento in house consiste nell’acquisizione, da parte della PA, di un bene o servizio attingendo direttamente da una società formalmente privata di cui ha il controllo, senza ricorrere al mercato. Secondo una relazione della Corte dei Conti del 2019: “Relazione sugli organismi partecipati dagli enti territoriali e sanitari” (pagina 11), gli affidamenti in house sono il 93 per cento del totale (le gare ad impresa terza sono 878 e gli affidamenti a società mista 178 – su un totale di 14.626 affidamenti).

[5] Si considera dipendenza economica la situazione in cui un’impresa sia in grado di determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della reale possibilità per la parte che abbia subito l'abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.

[6] L’AGCM ha mostrato come, a seguito dell’ingresso di nuovi operatori e dello sviluppo di accordi di co-investimento, la copertura delle abitazioni con reti a banda ultra-larga è passata dal 31,7% nel 2015, all’88,9% nel 2020. È anche raddoppiata la copertura con reti ad altissima capacità (fino a 1 Gbit/s), passata dal 14,8% del 2015 al 30% del 2020.

[8] I farmaci di tipo C sono a totale carico del paziente.

[9] Tra gli altri obiettivi contenuti nell’articolo vi è: a) la capacità di garantire il diritto alla mobilità di tutti i cittadini e che assicuri agli autoservizi una funzione complementare e integrativa rispetto agli altri trasporti pubblici di linea; b) la riduzione degli adempimenti normativi a carico degli esercenti degli autoservizi pubblici non di linea.

[10] L’articolo 8 non è contenuto nelle segnalazioni dell’AGCM di marzo 2021; tuttavia la necessità di una riforma pro concorrenziale del settore della mobilità non di linea è già stata fatta dall’AGCM in passato.

Un articolo di

Francesco Bortolamai

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