Pubblica amministrazione

La giustizia tributaria in Italia: cosa ci dicono i dati?

06 agosto 2021

Intermedio

La giustizia tributaria in Italia: cosa ci dicono i dati?

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La giustizia tributaria è un ambito poco analizzato nel dibattito pubblico, nonostante l’impatto significativo sulla vita dei cittadini e sulle finanze pubbliche. Basti pensare che a fine 2020 presso le commissioni tributarie pendevano controversie per circa 42 miliardi. La durata media dei processi tributari resta elevata (oltre quattro anni al 2019 per i casi che arrivano al secondo grado di giudizio): i tempi per le sentenze si sono ridotti negli ultimi anni per il primo grado di giudizio, ma sono aumentati per il secondo grado di giudizio. Sono aumentati nel tempo gli indici di vittoria da parte del Fisco.

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Inquadramento generale

La giustizia tributaria, che ha giurisdizione su tutte le controversie relative ai tributi di ogni categoria (sia nazionali sia locali), alle caratteristiche dei terreni e al classamento delle unità immobiliari, ed è disciplinata dal d.lgs. n. 545/1992, comprende due gradi di giudizio: le Commissioni tributarie provinciali (CTP), presenti in ciascun capoluogo di provincia, che giudicano in primo grado, e le Commissioni tributarie regionali (CTR), con sede in ciascun capoluogo di regione, che giudicano in appello. Contro le sentenze delle CTR, solo in alcuni casi, è ammesso il ricorso alla Corte di Cassazione.[1]

La funzione giudicante delle Commissioni tributarie è svolta da un collegio di tre giudici presieduto da un presidente di sezione,[2] incarico che può essere svolto da un magistrato in servizio o in pensione. Alla carica di giudice tributario si può invece accedere da un vasto numero di percorsi professionali.[3] La funzione amministrativa di supporto all’attività giurisdizionale è svolta dal personale dell’ufficio di segreteria delle Commissioni tributarie, il quale dipende dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).

Tipicamente le parti in giudizio in un contenzioso tributario sono il ricorrente (che può essere persona fisica o giuridica) e l’ufficio competente per il tributo oggetto del giudizio (es. Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Enti territoriali o altri enti).[4]

I flussi di contenzioso

Nell’ultimo decennio i casi definiti ogni anno hanno stabilmente ecceduto i casi pervenuti, portando a un calo cumulato dei casi pendenti a fine anno (CTP+CPR) del 52 per cento nel periodo 2011-2020 (Figura 1). La contrazione dei ricorsi pervenuti e delle controversie definite nel 2020 è dovuta ai provvedimenti normativi emanati per far fronte alla crisi pandemica.[5]

 

Il calo complessivo dei casi pendenti nasconde tuttavia un andamento differenziato tra i due gradi di giudizio: mentre il carico pendente presso le CTP è sceso costantemente (-65,3 per cento nel periodo 2011-2021, Figura 2), quello presso le CTR ha seguito un andamento ondivago, e di conseguenza il carico pendente a fine 2020 supera del 9 per cento quello del 2011 (Figura 3).

 

 

La classifica delle migliori e peggiori CTP e CTR rispetto al carico di controversie pendenti al 31/12/2020 per 100.000 abitanti (cd. backlog ratio) vede ai primi posti tutte città e regioni del nord (più l’Umbria) e agli ultimi posti tutte città e regioni del Sud (tranne le Marche).

I tempi dei procedimenti

La tendenza dell’ultimo decennio della durata dei procedimenti tra i due gradi di giudizio è radicalmente opposta (Figura 5): tralasciando il 2020, un anno eccezionale, il tempo medio del processo presso le CTP è diminuito del 32,6 per cento dal 2011 al 2019 (passando da 903 a 608 giorni), mentre quello delle CTR è aumentato del 53,7 per cento (passando da 590 a 907 giorni). Considerando insieme i due gradi di giudizio, la durata complessiva media del processo tributario al 2019 era di 1.515 giorni, in aumento dell’1,4 per cento rispetto al dato del 2011. La Tavola 2 riporta le migliori e le peggiori CTP e CTR rispetto ai tempi del processo nel 2019. Anche in questo caso tra i miglior predominano le città e le regioni del Nord, mentre tra i peggiori predominano città e regioni del Sud.

 

Gli esiti delle controversie

Le controversie si concludono, per una quota che è cresciuta nel tempo, prevalentemente a favore del fisco. In particolare:

  • gli esiti favorevoli agli uffici sono costantemente aumentati, passando dal 40,3 per cento del 2011 al 48,9 del 2020;
  • gli esiti favorevoli al contribuente sono cresciuti dal 2012 al 2016 (dal 31,6 per cento al 37,8), ma sono poi scesi drasticamente nell’ultimo triennio, assestandosi nel 2020 al 28,3 per cento;
  • i giudizi intermedi e le conciliazioni si sono mantenuti ad un livello pressoché costante, mentre la percentuale di altri esiti ha subito degli sbalzi in alcuni anni (es. 2012 e 2019).[6]

 

Guardando esclusivamente agli esiti favorevoli agli uffici fiscali e analizzando la performance dei diversi enti impositori, notiamo che l’Agenzia delle entrate (ovvero l’ente a cui fa riferimento la maggior parte dei casi definiti in favore degli uffici, con il 46,1 per cento nel 2020) ha costantemente migliorato la propria performance, passando dal 37,1 per cento del 2012 al 49,0 del 2020. Più ondivago è stato invece l’andamento dell’ente che nel corso del tempo si è occupato della riscossione dei tributi (prima denominato Equitalia, ora Agenzia delle entrate – Riscossione), che nel 2020 si è aggiudicato il 48,6 delle controversie, e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che nel 2020 è risultata vincitrice nel 66,1 per cento dei casi.  La quota di casi aggiudicatisi invece dagli Enti territoriali è rimasta pressoché invariata nel tempo, con una performance che è rimasta sempre compresa nel range 45,0 - 49,0 per cento.

 

A partire dai dati sulle pronunce di merito e di legittimità, è possibile ricostruire anche un indice alternativo di vittoria di alcune agenzie fiscali (Figura 7).[7] Anche secondo quest’altro indicatore, nell’ultimo quinquennio l’Agenzia delle entrate ha sensibilmente migliorato il proprio indice di vittoria, passando dal 69,4 per cento del 2015 al 76,2 del 2020, mentre l’andamento seguito dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli è stato di segno opposto, con un calo che l’ha vista passare dall’88,3 del 2015 al 69,8 del 2020.

 

Gli indici di produttività delle commissioni tributarie: personale amministrativo e giudici

Per misurare il livello dell’attività svolta il MEF utilizza due indici di produttività, a seconda del profilo professionale considerato (Figura 8):[8]

  • per il personale amministrativo non dirigenziale in servizio presso CTP e CTR, viene considerato il rapporto tra numero di controversie definite e la consistenza media del personale presente (chiamiamo quest’indice Def/Pm). Tale rapporto fornisce una misura del numero di casi definiti per unità di personale amministrativo;
  • per i giudici viene considerato il numero di controversie discusse in udienza per giudice.

La produttività del personale amministrativo non dirigenziale ha seguito un trend decrescente nel corso di tutto l’ultimo decennio, anche prima della crisi pandemica (-30 per cento circa dal 2011 al 2019). L’indice di produttività dei giudici si è mantenuto invece sostanzialmente costante, con l’eccezione del crollo straordinario del 2020.

 

Per quanto riguarda le differenze territoriali, il quadro per gli indici di produttività nel 2020 risulta favorevole al Meridione,[9] che per entrambi gli indici di produttività presenta sia un indicatore medio notevolmente più alto della media nazionale, sia un più alto numero di CTP con un dato maggiore della media nazionale (Tavola 3).

Un’analisi condotta sulle CTP sembra inoltre suggerire che le commissioni più produttive lo siano sia rispetto al personale amministrativo, sia rispetto all’attività dei giudici (Figura 9). La correlazione tra i due indici, a livello di CTP, è infatti pari a 0,73.


[1] I casi in cui è possibile presentare ricorso sono riportati al link: https://www.giustiziatributaria.gov.it/gt/web/guest/ricorso-per-cassazione

[2] Per giudizi di ottemperanza fino a 20.000 euro e comunque per le spese di giudizio esiste invece un giudice monocratico.

[3] Per un elenco completo dei requisiti di carriera per diventare giudice tributario, si veda il link: https://temi.camera.it/leg18/post/giustizia-tributaria.html. Secondo i dati del MEF, i giudici tributari al 31/12/2020 erano per il 50,3 per cento magistrati in servizio, per il 18,4 pensionati, per il 12,2 avvocati, per il 9,4 dipendenti pubblici, per il 1,4 dipendenti privati, per il 4,6 commercialisti e per il 3,7 altri profili professionali.

[5] In particolare, hanno inciso la sospensione dei termini processuali per il deposito degli atti, il rinvio di ufficio delle udienze nel processo tributario e la sospensione delle attività connesse all’accertamento e alla riscossione dei tributi.

[6] La categoria “altri esiti” comprende i ricorsi e/o appelli definiti a seguito di intervenuta modifica normativa (es. condono, cessata materia del contendere ecc.).

[7] Tale indice è costruito su base annuale come rapporto tra il numero di pronunce di merito e di legittimità favorevoli (in tutto o anche solo in parte) all’agenzia fiscale e il totale delle pronunce di merito e di legittimità che hanno coinvolto l’agenzia fiscale in un dato anno. Sulla base degli stessi dati è possibile anche calcolare un indice di vittoria netto, costruito come rapporto tra le pronunce di merito e di legittimità totalmente favorevoli all’agenzia fiscale e il totale delle pronunce di merito e di legittimità che hanno coinvolto l’agenzia fiscale in un dato anno. Le osservazioni considerate differiscono quindi dall’indice delle figure 6 e 7, che considera esclusivamente l’esito delle controversie, in quanto sono considerate ad esempio anche tutti gli esiti che si riflettono sulla validità (anche parziale) o meno dell’atto impugnato. Per ulteriori informazioni si veda: https://www.finanze.it/export/sites/finanze/.galleries/Documenti/Varie/Appendici-statistiche-relazione-monitoraggio-contenzioso-2020-con-copertina-v11giu.pdf (pag. 209). Purtroppo la disponibilità dei dati non consente di calcolare un indice di vittoria anche per le altre agenzie fiscali ed enti impositori.

[8] I due indici di produttività utilizzati nella presente analisi sono quelli a cui comunemente si riferisce anche il MEF nelle proprie relazioni annuali. Si veda da ultimo: https://www.finanze.it/export/sites/finanze/.galleries/Documenti/Varie/Relazione-11giugno-con-copertina.pdf

[9] Solo per quanto riguarda le CTP.

Un articolo di

Francesco Tucci

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