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Intelligenza Artificiale: cos’è e dov’è

27 dicembre 2023

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Intelligenza Artificiale: cos’è e dov’è

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Performance straordinarie, come quelle dimostrate da ChatGPT, hanno catalizzato l’entusiasmo e consolidato la presa dell’Intelligenza Artificiale (IA) nella consapevolezza pubblica e anche allertato il regolatore sia negli Stati Uniti che in Europa e in Cina. I dati mostrano che l’IA è sostanzialmente un fenomeno americano legato alle grandi università di eccellenza, alle grandi aziende tecnologiche e alla loro capacità di attrarre e dare uno sbocco a una miriade di nuove iniziative ogni anno. Dal 2016 a oggi sono state create più di 41.500 nuove imprese che sviluppano vari aspetti dell’IA; di queste, oltre 21 mila sono state create negli Stati Uniti. Seguono l’India con 5.616 imprese (in gran parte outsourcing di imprese occidentali), il Regno Unito con 4.646 imprese, il Canada con 2.576 e la Cina con 2.430. Se le variabili che misurano l’importanza dell’IA vengono rapportate alla popolazione, l’Europa rimane molto indietro rispetto agli Stati Uniti, ma non sfigura affatto rispetto alla Cina in termini di funding di imprese di IA (24 dollari per abitante contro i 12 della Cina), in termini di nuove imprese (0,38 all’anno ogni milione di abitanti contro 0,08 della Cina) e in termini di brevetti IA pro capite (2,1 per milione di abitanti contro 1 della Cina). Su tutte queste dimensioni, invece, l’Italia sta molto indietro rispetto non solo agli Stati Uniti e alla Cina, ma anche rispetto all’Europa. L’Italia non sfigura in un unico indicatore che è quello delle citazioni di articoli IA su riviste scientifiche. È difficile dire se questo dato rifletta una effettiva superiorità accademica dell’Italia rispetto agli Stati Uniti (cosa che appare un po’ improbabile) oppure il fatto che, se negli Stati Uniti una buona idea si traduce in una buona impresa, in Italia (e per molti versi anche nel resto d’Europa) finisce su una rivista scientifica a causa di un ecosistema complessivamente meno adatto alla creazione di nuove imprese.

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Negli ultimi anni c’è stata una vera e propria esplosione di interesse e di attività economiche nel campo dell’Intelligenza Artificiale (IA). Performance straordinarie, come quelle dimostrate da ChatGPT, hanno catalizzato l’entusiasmo e hanno consolidato la presa dell’IA nella consapevolezza pubblica. Questi avanzamenti, applicati a compiti come generazione di linguaggio naturale, traduzione automatica e comprensione del contesto, hanno dimostrato un livello di sofisticazione e adattabilità che ha sorpreso persino gli esperti del settore. La presenza di IA nella nostra quotidianità è ormai una costante da molto tempo. Dalle applicazioni di assistenza virtuale nei nostri smartphone alle raccomandazioni personalizzate degli algoritmi di streaming, l’IA ha già integrato in modo pervasivo molteplici aspetti delle nostre quotidianità. Quando compriamo i pomodori al supermercato, il pagamento con la carta viene valutato da un IA, talvolta la vaschetta è stata preparata con un robot che fa computer vision, i pomodori sono stati selezionati con IA per scartare quelli di minore qualità, la logistica è stata pianificata con IA, i pomodori sono stati piantati con sementi migliorate con l’IA e sono stati irrigati con IA, i fertilizzanti contengono sostanze studiate con l’IA. Questa ubiquità segna un punto di transizione significativo, poiché la tecnologia continua a evolversi e ad influenzare in modo sempre più profondo la nostra vita di tutti i giorni.

Nell’ultimo decennio gli investimenti in IA sono aumentati di 13 volte.[1] Dal 2016 a oggi sono state create più di 41.500 nuove imprese che sviluppano vari aspetti dell’IA.[2] Di queste, oltre 21 mila sono state create negli Stati Uniti, paese che ha di gran lunga la leadership nel campo. Seguono l’India con 5.616 imprese (in gran parte outsourcing di imprese occidentali), il Regno Unito con 4.646 imprese, il Canada con 2.576 e la Cina con 2.430 (si veda la Fig. 1).

In termini di apporto di capitale di rischio alle imprese che sviluppano IA (Fig. 2), la leadership rimane di gran lunga quella degli Stati Uniti (273 miliardi di dollari), seguita a distanza dalla Cina (76 miliardi), Israele (18 miliardi), India (17 miliardi), Regno Unito (16 miliardi).

La leadership statunitense emerge ancora più chiaramente quando si guarda alle grandi imprese e alle grandi università da cui provengono i fondatori delle nuove iniziative. Per quanto riguarda le imprese, come si vede dalla Tav. 1 si tratta di aziende americane, con in testa Google, Microsoft, Facebook, McKinsey e Apple. Le principali università sono quasi tutte americane, con in testa MIT e Stanford, con le uniche eccezione dell’Università di Tel Aviv e di quella di Toronto (Tav. 2). Come si vede, la gran parte delle nuove iniziative è opera di ricercatori che provengono dalle più prestigiose università del mondo.

Cosa intendiamo per intelligenza artificiale?

Ma cos’è l’intelligenza artificiale? L’IA è un ramo dell’informatica che si concentra sulla progettazione e lo sviluppo di strumenti in grado di emulare processi svolti dagli esseri umani. Questi strumenti sono spesso progettati per apprendere da dati, riconoscere modelli, risolvere problemi complessi, e prendere decisioni autonome, mirando a raggiungere prestazioni simili a quelle degli esseri umani in varie attività. In questa nota ci riferiremo principalmente a tecniche di machine learning.

Il machine learning (o apprendimento automatico) è un campo dell’intelligenza artificiale che si occupa dello sviluppo di algoritmi e modelli computazionali in grado di apprendere da dati passati, per migliorare le prestazioni su compiti specifici senza essere esplicitamente programmati per tali compiti. In sostanza, il machine learning consente ai sistemi di imparare da esperienze passate e di adattarsi alle nuove informazioni, migliorando progressivamente le loro capacità senza richiedere una programmazione dettagliata per ciascuna situazione specifica. Una tassonomia comune per il machine learning distingue tre categorie principali.

  • Apprendimento Supervisionato, in questo caso i modelli possono essere addestrati per classificare un particolare dato (Classificazione), oppure per prevedere un valore numerico (Regressione).
  • Apprendimento Non Supervisionato, i modelli vengono addestrati per identificare nei dati degli schemi ripetitivi che permettono di raggruppare i dati a seconda della loro similarità (Clustering). In un altro approccio invece i modelli vengono utilizzati per ridurre la complessità dei dati mantenendo le informazioni essenziali (Riduzione della Dimensionalità).
  • Apprendimento per rinforzo (Reinforcement Learning), in questo approccio l’agente artificiale apprende a compiere azioni in un ambiente e a massimizzare una ricompensa. Il modello impara attraverso interazioni successive, ricevendo feedback in base alle azioni intraprese.

Proprio per i risultati conseguiti e le performance raggiunte, i sistemi di machine learning vengono impiegati in processi e compiti particolarmente complessi. Tra le varie applicazioni ricordiamo le seguenti.

  • Computer vision, disciplina focalizzata all’analisi di immagini e video. Le tecnologie di computer vision hanno diverse importanti applicazioni nel mondo reale, come la guida autonoma, la sorveglianza, l’analisi sportiva e la creazione di videogiochi.
  • Elaborazione del linguaggio naturale (NLP), disciplina che studia come sviluppare sistemi per l’analisi del testo. Negli ultimi anni sono stati rilasciati modelli sempre più capaci come per esempio PaLM, GPT-3 e GLM-130B, addestrati su enormi quantità di dati e adattabili a una vasta gamma di compiti. Per fare un esempio semplice esistono degli strumenti che consentono di programmare in Excel partendo da istruzioni scritte in linguaggio naturale (per esempio, somma tutte le colonne della tabella che non contengono l’espressione “non pagato”).
  • Riconoscimento di pattern, ovvero la capacità di identificare regolarità ricorrenti o caratteristiche specifiche all’interno di dati complessi o di stimoli visivi, consentendo di classificare, interpretare o elaborare informazioni in modo significativo.

Particolare attenzione viene data ultimamente all’intelligenza artificiale generativa, che si riferisce a sistemi informatici in grado di creare autonomamente contenuti, come immagini, testi o suoni. Questa tecnologia si basa su modelli avanzati, tra cui le reti neurali generative (GAN). L’intelligenza artificiale generativa ha raggiunto nuove vette di eccellenza con l’avvento dei grandi modelli linguistici (LLM), come GPT-3 (Generative Pre-trained Transformer 3), Bard, LLaMA e altri. Questi modelli utilizzano l’architettura transformer, che è stata rivoluzionaria nel campo del deep learning. La caratteristica distintiva dei transformer è la loro capacità di catturare relazioni complesse nei dati, rendendoli particolarmente adatti per compiti generativi.

Nei transformer viene adottato un meccanismo di attenzione che consente al modello di assegnare pesi dinamici alle diverse parti dell’input durante il processo di apprendimento. Questa capacità di gestire sequenze di lunghezza variabile e di cogliere le dipendenze a lungo termine ha portato a enormi progressi nell’ambito della generazione di linguaggio naturale, consentendo ai modelli LLM di creare testi coerenti, diversificati e semanticamente ricchi in modo sorprendente.

In sintesi, l’intelligenza artificiale generativa, alimentata da modelli LLM, crea contenuti originali e avanzati, dimostrando un’eccezionale capacità di comprendere e replicare la complessità del linguaggio umano. Gli stessi vengono ormai applicati a contesti molto diversi riuscendo a generare anche immagini, video e audio.

Date le enormi potenzialità, ma anche i rischi dell’IA, non sorprende che i governi abbiano cercato di bilanciare l’innovazione e i vantaggi socioeconomici offerti dall’IA con la necessità di mitigare possibili conseguenze negative.

Negli Stati Uniti dopo anni di frammentazione normativa fra i vari Stati, il 30 ottobre scorso il Presidente Joe Biden ha emanato un ordine esecutivo che si propone di promuovere “l’innovazione responsabile” con un focus su nuovi standard di sicurezza per l’IA, protezione della privacy, promozione dell’eguaglianza e dei diritti civili, supporto a consumatori e pazienti, e sostegno ai lavoratori affetti dalla trasformazione dell’IA. L’iniziativa mira anche a promuovere l’innovazione e la concorrenza, a garantire un uso responsabile da parte delle istituzioni pubbliche e a rafforzare la leadership americana in campo internazionale.

Da questa parte dell’oceano, dopo anni di studi ed un rapporto dell’High Level Group on AI, il 9 dicembre 2023 si è registrato un primo accordo fra la Commissione Europea e il Parlamento su l’AI Act, che si caratterizza per un approccio molto ambizioso e definisce una serie di regole vincolanti per regolamentare l’uso dell’IA in diversi contesti. Nelle intenzioni, l’AI Act rappresenta una pietra miliare nel regolamentare l’IA su vasta scala, ponendo l’Unione europea all’avanguardia nella definizione di norme chiare e vincolanti per governare l’uso responsabile di queste tecnologie avanzate.

Anche la Cina sta regolamentando l’IA,[3] con un approccio che riflette l’attenzione al controllo delle informazioni, alla prevenzione della dissidenza politica e alla limitazione delle operazioni delle aziende straniere nel mercato nazionale. La normativa cerca di bilanciare il controllo interno con una maggiore flessibilità per le aziende cinesi che operano a livello internazionale nel settore dell’IA generativa.

Eurozona (e Italia) fra USA e Cina

Per valutare il ruolo dell’Europa (o meglio dell’Eurozona a 9)[4] e, in subordine, dell’Italia nello sviluppo dell’IA, utilizziamo un database (Global AI Vibrancy Tool) che è messo a disposizione dall’Università di Stanford e accompagna il rapporto annuale sull’IA.[5] La figura chiave è la 3, in cui sono riportati i dati sul totale delle risorse esterne che affluiscono alle imprese che sviluppano IA (capitali di minoranza, capitali di controllo, accensione di debiti, Merger & Acquisitions). Nel rapporto di Stanford, questa variabile viene chiamata Investment; a noi sembra più corretto chiamarla Funding dal momento che una buona parte degli investimenti è finanziata con utili non distribuiti.[6] In ogni caso, noi abbiamo diviso questa variabile per la popolazione. Di nuovo emerge il ruolo centrale degli Stati Uniti che investono in IA 160 dollari pro capite. Tuttavia, emerge anche che l’Europa non sfigura rispetto alla Cina: nell’Eurozona a 9 affluiscono risorse per 24 dollari per abitante alle imprese di IA, un valore doppio di quello della Cina. Sulla base di questa variabile l’Italia sta molto indietro: 2 euro per abitante. Meno di 120 milioni in tutto.

Una conferma del ruolo non secondario dell’Europa viene dai dati sulle nuove imprese pro capite (Fig. 4). Negli Stati Uniti, nel 2021, è nata quasi un’impresa ogni milione di abitanti. In Europa, il valore è molto più basso (0,38) che negli Stati Uniti e tuttavia è più alto che in Cina (0,08); quest’ultimo dato si spiega probabilmente con la considerazione che in Cina le imprese nascono su impulso o comunque con il sostegno delle pubbliche autorità. Anche qui l’Italia sta molto sotto l’Eurozona (0,10) ma non sembra comunque sfigurare nel confronto con la Cina.

Un’informazione non dissimile emerge dall’analisi dei brevetti[7] in materia di IA rapportati alla popolazione. Rimane fermo il predomino degli Stati Uniti, paese nel quale in un anno le imprese ottengono 28,5 brevetti ogni milione di abitanti. Anche in questo caso il valore dell’Eurozona è molto più basso (2,1 ogni milione di abitanti), ma doppio rispetto a quello della Cina.

Ancora una volta, l’Italia è il fanalino di coda con un valore (0,4) che è un quinto di quello medio dell’area dell’euro.

Chiudiamo questa breve rassegna con un dato positivo sia per l’Eurozona che per l’Italia. Si tratta del numero di citazioni di articoli relativi all’IA su riviste scientifiche. Sempre in rapporto alla popolazione, l’Eurozona primeggia con 132 citazioni in un anno per milioni di abitanti (Fig. 6). Seguono a poca distanza gli Stati Uniti con 100 citazioni ogni milione di abitanti e l’Italia con 95 citazioni. È difficile dire se questo dato rifletta una effettiva superiorità accademica dell’Italia (e a maggior ragione dell’Europa) rispetto agli Stati Uniti (cosa che appare un po’ improbabile) oppure il fatto che negli Stati Uniti una buona idea si traduce spesso in una buona impresa, mentre in Italia (e in parte anche in Europa) finisce su una rivista scientifica a causa di un ecosistema complessivamente meno adatto alla creazione di nuove imprese. Forse l’Italia, e l’Europa, dovrebbero preoccuparsi di più di questo aspetto che di quello di diventare un hub della regolazione.

Un’avvertenza importante è che i dati che abbiamo citato fin qui riguardano le imprese che sviluppano e offrono servizi di IA. Nulla abbiamo detto sul lato della domanda da parte delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e dei privati cittadini. Al riguardo, ci limitiamo a rinviare alle indagini DESI dell’Eurostat e al comunicato Istat del 20 dicembre che riporta il DII (Digital Intensity Index).[8] Da quest’ultimo risulterebbe che nel 2023 solo il 5 per cento delle imprese italiane con più di 10 dipendenti adotta soluzioni di IA; la percentuale sale al 24 per cento per le imprese con più di 250 addetti. Verosimilmente, ciò che manca in Italia sono le imprese intermedie della catena del valore dell’IA, quelle che trasformano un modello di base (come quelli prodotti o venduti dalle multinazionali high tech) in macchine, robot o comunque prodotti facilmente utilizzabili dalle nostre aziende le cui ridotte dimensioni non consentono, in genere, di fare grandi salti tecnologici. Perché queste imprese intermedie non si siano ancora sviluppate è parte del grande enigma del declino relativo della produttività italiana, tema che va oltre i confini di questa breve nota.


[1] Si veda “Artificial Intelligence Index Report 2023”, Stanford University, p. 184.

[2] Si veda il rapporto “Artificial Intelligence” di Tracxn del 7 dicembre 2023. Tracxn è un’azienda di ricercatori che tiene traccia di oltre 2 milioni di aziende nel campo dell’high tech.  

[3] Si veda il documento “Basic Security Requirements for Generative Artificial Intelligence Service” dell’11 ottobre 2023 (una traduzione e un commento del documento sono disponibili a questo link).

[4] I dati sono disponibili solo per i seguenti Paesi, tutti appartenenti all’area dell’euro: Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna.

[5] Si veda “Artificial Intelligence Index Report 2023”, Stanford University, e il relativo database Global AI Vibrancy Tool.

[6] Malgrado nel rapporto si parli di investimenti globali, a noi sembra che sia pressoché impossibile sapere quale quota dei finanziamenti di molte imprese venga dedicato ad IA e quanto ad altre attività. Ad esempio, dai bilanci di Google si evince che il fatturato dipende dalla vendita di spazi pubblicitari, ma è pressoché impossibile sapere quanto di questo fatturato è attribuibile al fatto che Google usa IA in modo sempre più sofisticato per personalizzare la pubblicità o per rendere più efficiente il motore di ricerca. Verosimilmente, i dati colgono i finanziamenti alle imprese (per lo più di recente costituzione) che si occupano quasi esclusivamente di IA.

[7] I brevetti sono classificati secondo il criterio del paese di destinazione.  

[8] Si vedano le indagini DESI Eurostat e il comunicato Istat del 20 dicembre 2023.

Un articolo di

Giampaolo Galli, Andrea Loreggia, Ilaria Maroccia, Isotta Valpreda

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