Nel 2024 la Spagna ha erogato 248mila permessi di residenza per cittadini non comunitari, il livello più alto degli ultimi quindici anni, di cui 88mila (il 35%) per motivi di lavoro. Il 44% dei migranti proviene dall’America Latina e il 6% dall’Europa non comunitaria, il che facilita la loro integrazione sociale. La Spagna beneficia quindi di un’immigrazione più facilmente integrabile rispetto all’Italia, che nel 2024 ha registrato 186mila ingressi con permessi, principalmente a migranti africani e asiatici. Nonostante la crescita recente, gli ingressi per motivi di lavoro in Italia restano pochi, 40mila a fronte di 151mila previsti dal decreto sui flussi, anche a causa di complessità burocratiche. Il risultato è che in Spagna gli ingressi per lavoro in percentuale della popolazione totale sono quasi il triplo di quelli italiani.
* * *
Tra i motivi che spiegano la maggiore crescita economica della Spagna rispetto all’Italia negli ultimi anni c’è il maggiore flusso di migranti che arrivano con un regolare permesso. Questa nota analizza le caratteristiche dell’immigrazione regolare in Spagna, confrontandole al caso italiano.
Caratteristiche dell’immigrazione regolare spagnola
Nel 2024 sono stati erogati 248mila permessi di residenza a cittadini non comunitari entrati in Spagna, la cifra più alta degli ultimi quindici anni (Fig. 1).[1]
L’approccio spagnolo all’immigrazione è cambiato nel tempo. Fino al 2004 l’irregolarità era strutturale, spingendo i Governi, da un lato, a cercare di bloccare gli ingressi senza permesso e, dall’altro, ad attuare frequenti regolarizzazioni (cinque tra il 1985 e il 2004).[2] La riforma del 2004 cercava di creare un sistema di ingressi che andasse incontro alle esigenze del mercato del lavoro. La principale novità era il Catalogo delle occupazioni difficili da coprire, che semplificava l’assunzione di migranti per le posizioni elencate.[3]
Tra il 2008 e il 2014 gli ingressi calano per la minore domanda di lavoro dovuta alla crisi. Successivamente, sotto il primo e il secondo governo di centro-destra di Rajoy, i permessi passano da 136mila nel 2014 a 198mila nel 2018. Anche durante i governi Sanchez i permessi aumentano, passando da 198mila nel 2018 a 248mila nel 2024.

Il 35% degli ingressi con permesso nel 2024 sono stati per lavoro, garantendo alla Spagna un flusso stabile di migranti lavoratori, con una quota simile relativa ai ricongiungimenti familiari, che comunque riguardano generalmente persone che potranno poi trovare un lavoro (Fig. 2). In termini assoluti, i permessi di residenza per motivi di lavoro in Spagna sono stati 88mila, il valore più alto dell’Unione Europea dopo la Polonia e più del doppio del 2017.

Da dove proviene l’immigrazione regolare della Spagna? Il 44% dei permessi del 2024 sono stati assegnati a migranti provenienti dall’America Latina. La Spagna beneficia quindi di un’immigrazione regolare consistente da questa area del mondo, favorita dalla comunanza linguistica e culturale che facilita l’integrazione sociale. Gli arrivi in Spagna dall’America Latina sono inoltre incentivati da condizioni di accesso alla cittadinanza favorevoli: il periodo di residenza per ottenere la cittadinanza è generalmente di dieci anni, mentre per i latinoamericani solo di due. A questi si aggiunge un altro 6% di cittadini europei, per i quali l’integrazione è comunque più facile (Fig. 3). I restanti migranti provengono dal Marocco (16%), dal resto dell’Africa (7%), dall’Asia (21%) e dal resto del mondo (6%).

Il confronto con l’Italia
Altri Paesi con molti ingressi da fuori l’UE non hanno il vantaggio di avere un flusso consistente di migranti con facili prospettive di integrazione. In Italia, nel 2024 sono stati assegnati 186mila permessi, principalmente a migranti africani (34%) e asiatici (31%), mentre ai latinoamericani è andato solo il 12%.[4] I restanti ingressi provenivano da Europa (20%) e resto del mondo (3%). In questi casi, una gestione efficace dei flussi migratori richiederebbe politiche di formazione nei Paesi di provenienza e politiche di integrazione dopo l’ingresso.
Il numero di permessi assegnati, pur con oscillazioni, è stato sostanzialmente stabile tra il 2014 e il 2024, in media 160mila all’anno (Fig. 4). Gli ingressi di migranti con regolari permessi di lavoro sono però rimasti molto modesti nel periodo 2015-2020, vista la stretta nel numero di permessi potenziali concessi dai decreti flussi (che sono specificatamente volti a chi entra per lavoro). Nonostante l’aumento dei permessi potenziali soprattutto dal 2023, nel 2024 gli ingressi effettivi sono stati solo 40mila, contro ingressi previsti potenzialmente dal decreto sui flussi di 151mila unità.[5]

Una delle ragioni dei pochi ingressi nel nostro Paese è la complessità del sistema di ingresso: nel 2024, a fronte di 151mila posti previsti dal decreto flussi, le imprese hanno presentato quasi 680mila domande per assumere lavoratori stranieri. Un primo problema è che, prima che le domande possano essere considerate dai consolati, occorre ricevere un nulla osta dalla prefettura. Questi sono stati nel 2024 solo 84mila.[6] Inoltre, il nulla osta ha durata di soli sei mesi, mentre l’erogazione del visto da parte del consolato può richiedere più tempo, con il risultato di dover ripetere il processo dall’inizio.
Nonostante l’aumento recente, i regolari ingressi per lavoro restano quindi ancora pochi rispetto alla Spagna. Nel 2014, gli ingressi, in rapporto alla popolazione residente, erano gli stessi nei due Paesi (circa 9 ogni 10mila abitanti). Negli anni successivi, però, gli ingressi pro capite in Italia sono diminuiti, per poi riprendere a salire solo dal 2021 (nel 2024 erano 6,9 ogni 10mila abitanti). In Spagna, invece, il numero è aumentato quasi ogni anno, con una riduzione solo nel 2024 (18,1 ogni 10mila abitanti, comunque quasi il triplo del valore italiano).

[1] I dati utilizzati provengono da Eurostat (vedi dataset). Il numero di permessi assegnati nel 2024 riportato si riferisce ai permessi rilasciati per la prima volta (“iniziali”) ai migranti entrati in Spagna con un permesso di soggiorno valido e include quelli erogati per ragioni di lavoro, studio e ricongiungimento familiare. Sono esclusi invece quelli assegnati per altre ragioni, come quelli per motivi umanitari e protezione internazionale. Dal totale è stato poi sottratto il numero di permessi concessi in seguito a processi di regolarizzazione (“arraigo”), ricavato dal Ministero dell’Inclusione, della Previdenza Sociale e delle Migrazioni spagnolo (vedi dataset).
[2] Per un approfondimento vedi C. Finotelli, S. Rinken, “A Pragmatic Bet: The Evolution of Spain’s Immigration System”, Migration Policy Institute, 18 aprile 2023 e J. Arango, C. Finotelli, “Past and Future Challenges of a Southern European Migration Regime: The Spanish Case”, IDEA working paper No. 8, gennaio 2009.
[3] Fino al 2004, le imprese dovevano dimostrare che non c’erano lavoratori disponibili in Spagna per il posto offerto (certificacion negativa) prima di assumere un cittadino proveniente dall’estero. Vedi Regio Decreto 2393/2004. La riforma introduceva anche l’arraigo, un meccanismo di regolarizzazione presente solo in Spagna che permette ai migranti irregolari di ottenere uno status legale dopo due anni di residenza sul territorio spagnolo.
[4] Per l’Italia sono stati utilizzati i dati Istat sugli ingressi nell’anno di cittadini non comunitari (vedi dataset). Anche in questo caso sono considerati solo i permessi per lavoro, studio e ricongiungimento familiare.
[5] Il decreto sui flussi stabilisce ogni anno le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro. Vedi la nostra precedente nota, “L’immigrazione regolare in Italia”, 1° aprile 2022.
[6] I numeri derivano dal rapporto “Lunghe attese e irregolarità: neanche “ritoccato”, il decreto flussi funziona” del gruppo di associazioni Ero Straniero.