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Il PNRR e le riforme

28 aprile 2023

Intermedio

Il PNRR e le riforme

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In Italia il dibattito pubblico sul PNRR e l’azione di governo si sono concentrati sul tema degli investimenti, anche se nelle intenzioni iniziali degli estensori del piano (il Governo italiano e la Commissione europea) il cuore del PNRR avrebbe dovuto essere rappresentato da riforme in grado di aumentare il potenziale di crescita dell’economia italiana, oltre che di realizzare, assieme agli investimenti, le due grandi transizioni (ecologica e digitale) previste per tutti i Paesi europei. Al fine di contribuire a valutare lo stato di avanzamento delle riforme, si ritiene di svolgere un servizio utile elencando i ben 156 fra obiettivi e traguardi relativi alle riforme del PNRR e il loro stato di attuazione come risulta dai dati pubblicati sul sito “Italia Domani” della Presidenza del Consiglio. Questo elenco dovrebbe consentire agli addetti ai lavori di ciascun comparto di valutare la distanza fra la realtà e ciò che risulta come già realizzato. La nostra valutazione è che la maggior parte delle riforme siano ancora sulla carta, nel senso che mancano ancora i decreti attuativi o gli atti amministrativi necessari a rendere effettivi i cambiamenti. Inoltre, molte riforme del PNRR sono suscettibili di diverse interpretazioni a secondo della volontà politica dei governi. Per esempio, la riforma del pubblico impiego, la riforma della giustizia, la riforma della carriera degli insegnanti e la riduzione dell’evasione fiscale sono obiettivi che hanno enormi potenzialità dal punto di vista del cambiamento strutturale del sistema Paese. Per come sono scritte, queste riforme si prestano però a interpretazioni minimali o comunque non tali da produrre i cambiamenti che sono auspicati nelle premesse del PNRR.

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In appendice a questa nota (si veda il file Excel allegato) si riporta l’elenco di tutti i milestone (traguardi) e i target (obiettivi) relativi alle riforme previste nel piano originario del PNRR così come approvato dal Consiglio dell’Unione europea l’8 luglio 2021.[1] L’elenco è suddiviso in tre tabelle perché il piano è a sua volta suddiviso in tre tipologie di riforme: i) le riforme orizzontali che riguardano la Pubblica Amministrazione e la giustizia; ii) le riforme abilitanti che sono funzionali a garantire l’attuazione del Piano e consentono di abbattere le barriere agli investimenti pubblici e privati, le cui azioni principali sono un programma di semplificazione normativa e burocratica e un piano per la promozione della concorrenza; iii) le riforme settoriali che consistono in innovazioni normative relative a specifici ambiti di intervento o attività economiche e che sono contenute all’interno delle singole Missioni.

Ogni tabella è composta da sei colonne. La prima indica gli assi d’intervento (nella Tav. 1 per esempio “Giustizia”), gli ambiti delle riforme abilitanti (nella Tav. 2 per esempio “Competitività”) e le missioni delle riforme settoriali (nella Tav. 3 per esempio “Istruzione e Ricerca”). La seconda colonna, uguale per tutte le tre tabelle, riporta le misure da adottare (per esempio “Riforma del processo civile”). La terza colonna riporta i milestone e target, ciascuno con il suo codice (per esempio “Entrata in vigore della legislazione attuativa per la riforma del processo civile – M1C1-29”). Nella quarta colonna è riportata la scadenza relativa al traguardo o obiettivo. Vi è poi la descrizione del milestone/target come da documento del Consiglio Ue dell’8 luglio. Nell’ultima colonna vi è lo stato di attuazione secondo quanto risulta sul sito “Italia domani” della Presidenza del Consiglio dei ministri dedicato al PNRR.

Le principali evidenze

In totale il piano prevede 63 riforme suddivise a loro volta in 156 sottopunti (ossia milestone e target). In base a quanto risulta sul sito “Italia Domani”, attualmente di questi 156 sottopunti, 73 sono classificati come “conseguiti”, 30 sono “in corso” e i restanti 53 sono “da avviare”.

Valutare lo stato di attuazione di tutte le riforme è esercizio molto complesso. Nel seguito ci si concentra sulle due riforme principali (la riforma della PA e quella della giustizia) e alcune altre che sembrerebbero essere in uno stato di attuazione avanzato.

La riforma della Pubblica Amministrazione

Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione, il documento del Consiglio UE prevede riforme della PA in quanto “l'Italia si posiziona attualmente sotto la media UE-27 quanto a efficacia amministrativa e fiducia nel governo. La capacità amministrativa è molto debole”. Anche perché – prosegue il documento UE – “le riforme della pubblica amministrazione passate hanno risentito di un grave vuoto attuativo delle riforme promosse dall'alto e di uno scarso riconoscimento e limitata diffusione di preziose innovazioni promosse dal basso”. Come si vede, si tratta di un obiettivo estremamente ambizioso che il documento collega al tema del potenziale di crescita dell’economia italiana.

Dei 12 milestone/target previsti, secondo il sito “Italia Domani” 6 sono stati conseguiti entro il primo trimestre 2023, 2 risultano ancora in corso e 4 sono ancora da avviare. Fra le riforme conseguite vi sono tutte quelle propedeutiche all’attuazione del PNRR. Fra queste vi è “il coordinamento e il monitoraggio a livello centrale del PNRR”, “la definizione delle competenze e dei mandati dei diversi organi”, “la semplificazione delle procedure” e “le caratteristiche del personale assegnato alle diverse funzioni necessarie per l’attuazione del PNRR”. Questo insieme di obiettivi (15 in tutto) sono stati tutti conseguiti entro il quarto trimestre 2021 e avrebbero dovuto consentire un’agevole “messa a terra” dei progetti del PNRR. È evidente che su questo punto il termine “conseguito” che viene utilizzato sul sito “Italia Domani” è quantomeno opinabile dal momento che, con il dl 13 del 24 febbraio, il governo ha appena varato una riforma profonda della struttura della governance del PNRR.

Venendo a quello che non può non essere considerato il cuore della riforma della PA, secondo il sito “Italia Domani” risulta già entrata in vigore (T2-2022) tutta la legislazione attuativa per la riforma del pubblico impiego. Tale legislazione doveva comprendere tra gli altri la riforma del processo di assunzione al fine di: “i) passare da un sistema basato esclusivamente sulla conoscenza a un sistema basato principalmente sulle competenze e sulle attitudini adeguate; ii) valutare le competenze che un funzionario pubblico efficiente deve possedere; iii) differenziare le procedure di assunzione tra il livello di inizio carriera, che deve basarsi puramente sulle competenze, e l'assunzione di profili specializzati, che dovrebbero combinare le competenze con un'esperienza lavorativa pertinente e accederebbero alla carriera a un livello superiore”. Altri punti previsti erano “la riforma del sistema di valutazione delle prestazioni e il rafforzamento del legame tra avanzamento di carriera e valutazione delle prestazioni”, “la revisione del quadro normativo sulla mobilità verticale, riformando i percorsi di carriera per creare e accedere a posizioni dirigenziali di livello intermedio e accedere a posizioni dirigenziali” e “il rafforzamento dell’impegno a favore dell’equilibrio di genere”.

Come si vede si tratta anche in questo caso di obiettivi molto ambiziosi che hanno un elevato potenziale in termini di miglioramento dell’efficienza della PA. È pur vero che questi obiettivi sono formulati in termini di “entrata in vigore della legislazione attuativa” e che la realizzazione in pratica di questi obiettivi può richiedere del tempo, ma dal secondo trimestre del 2022 non sembra che sia stata avviata quella che nelle premesse avrebbe dovuto essere una vera e propria rivoluzione della nostra Pubblica Amministrazione né risulta che siano stati avviati confronti con i sindacati del settore per realizzare queste riforme.

Va peraltro segnalato che la legislazione attuativa di cui al paragrafo precedente richiede una serie di decreti ministeriali e altri atti di diritto derivato che risultano essere “in corso” e dovrebbero essere tutti emanati entro il giugno prossimo.

I 4 obiettivi che risultano “da avviare” riguardano quasi esclusivamente la digitalizzazione delle procedure e la semplificazione a beneficio di cittadini e imprese. Questi obiettivi sono da conseguirsi fra la fine del 2024 e il 2026.

La riforma della giustizia

Per quanto riguarda la giustizia, il documento del Consiglio UE ricorda che “il sistema della giustizia italiana funziona molto a rilento rispetto ad altri Stati membri in termini di tempi processuali” e si propone l’obiettivo di ridurre drasticamente questo divario. Secondo il sito “Italia Domani”, risultano entrate in vigore tutte le leggi e gli atti delegati relativi alla riforma del processo civile e penale, delle commissioni tributarie e della normativa in materia d’insolvenza. In linea di principio, sono ancora in corso l’adozione dei regolamenti e delle fonti di diritto derivato necessari per l’effettiva applicazione delle norme di cui sopra, nonché la digitalizzazione del sistema tributario.

Il vero test di queste riforme sono gli obiettivi quantitativi (target) previsti dal PNRR. Alcuni devono essere conseguiti entro la fine del 2024: “riduzione del 65 per cento delle cause pendenti nel 2019 (337.740) presso i tribunali ordinari civili” e “riduzione del 55 per cento delle cause pendenti nel 2019 (99.371) presso le corti d’appello civili”. Altri obiettivi più ambiziosi sono rinviati al 2026 e richiedono una riduzione del 90 per cento delle cause civili pendenti (sempre rispetto al 2019) sia in primo che in secondo grado. Per quello che riguarda i procedimenti penali, l’obiettivo è fissato per metà del 2026 e prevede la riduzione del 25 per cento di tutti i procedimenti penali rispetto al 2019.

Colpisce che questi obiettivi, compresi quelli da conseguire entro il 2024, vengano classificati come “da avviare”. Probabilmente questa definizione è corretta dal punto di vista di come stanno effettivamente le cose, ma ci si chiede come sia possibile conseguire questi obiettivi se la riduzione delle cause pendenti e dei tempi dei procedimenti è considerata “da avviare” e non è già in corso.

Le altre riforme

Tra le altre riforme previste sono considerate conseguite l’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti e dei contratti pubblici, il pacchetto di misure per la transizione energetica (utilizzo dell’idrogeno, semplificazione del processo di autorizzazione per le fonti rinnovabili, gestione del rischio idrogeologico). È anche considerata conseguita (alla data del terzo trimestre 2022) la riforma della gestione delle risorse idriche, malgrado il fatto che il governo abbia sentito l’esigenza di emanare un provvedimento ad hoc nell’aprile 2023 per affrontare l’emergenza siccità e riformare radicalmente tutta la governance del sistema idrico (dl 39/2023).

È anche considerata conseguita la riforma del comparto istruzione, che comporta fra le altre la riforma della formazione professionale e degli strumenti di sostegno allo studio e persino la riforma della carriera degli insegnanti con l’obiettivo di “una progressione di carriera chiaramente collegata alla valutazione delle prestazioni e allo sviluppo professionale continuo”. Quest’ultimo obiettivo sarebbe stato conseguito nel secondo trimestre 2022, ma sembra davvero lontano dal diventare realtà.

La riforma dell’amministrazione fiscale

Un’altra riforma di cui, almeno sulla carta, risultano completati molti degli step previsti è quella dell’amministrazione fiscale. L’obiettivo generale è quello di rafforzare la riscossione attraverso meccanismi che favoriscano la compliance dei contribuenti. Si tratta dunque di un obiettivo di grande importanza che dovrebbe comportare un rovesciamento del rapporto fra il fisco e i cittadini. Tuttavia, quando si guarda agli obiettivi che si dovevano raggiungere entro la fine del 2022, si trovano obiettivi relativamente modesti quali l’aumento delle lettere di conformità inviate ai contribuenti.

Vi sono però ulteriori step da percorrere quali “il completamento del processo di pseudonimizzazione e analisi dei big data nell'intento di rendere più efficaci l'analisi del rischio inerente alle selezioni dei contribuenti da sottoporre a controllo”. La pseudonimizzazione (verosimilmente, per ovviare alle obiezioni del Garante della Privacy) e l’analisi dei big data hanno un potenziale enorme perché dovrebbero consentire di individuare le aree di evasione incrociando banche dati.

Il commento è che qui ci sono delle grandi potenzialità, ma tutto dipende dall’interpretazione che il governo vorrà dare a queste disposizioni. Ciò perché è certamente possibile dare a queste parole un’interpretazione minimale che non modifica sostanzialmente lo status quo: per esempio, non è detto quante e quali banche dati verranno utilizzate e, anzi, non si fa riferimento esplicito a banche dati diverse da quelle già oggi in possesso dell’amministrazione fiscale.

Considerazioni sulla base di questi esempi

Le principali considerazioni che si possono svolgere sulla base di questi esempi sono le seguenti:

  1. la maggior parte delle riforme del PNRR sono per ora solo sulla carta, nel senso che mancano ancora i decreti attuativi o gli atti amministrativi necessari a rendere effettivi i cambiamenti;
  2. gli obiettivi più cogenti sono quelli quantitativi (riduzione degli arretrati nella giustizia civile e penale, riduzione dell’evasione fiscale, etc.) e questi obiettivi sono collocati nell’ultima parte del percorso di attuazione del PNRR, dal 2024 al 2026. Ciò rende difficile effettuare una valutazione affidabile dello stato di attuazione delle riforme;
  3. va però osservato che molti degli obiettivi quantitativi dovrebbero risultare già in corso di attuazione e invece vengono classificati come “da avviare”, il che rende difficile credere che tali obiettivi possano davvero essere raggiunti in tempo;
  4. molte riforme del PNRR sono suscettibili di diverse interpretazioni a secondo della volontà politica dei governi. Per esempio, la riforma del pubblico impiego, la riforma della carriera degli insegnanti o la riduzione dell’evasione fiscale sono tutti obiettivi che hanno enormi potenzialità dal punto di vista del cambiamento strutturale del sistema Paese. Si è però visto, relativamente a questi esempi, che sono possibili interpretazioni minimali che non produrrebbero effetti significativi sui grandi obiettivi del PNRR e, in particolare, sul potenziale di crescita dell’economia italiana.

[1] Per un approfondimento, si veda: “Allegato riveduto della decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione della valutazione del piano per la ripresa e la resilienza dell'Italia”, Consiglio dell’Unione europea, 8 luglio 2021.

Un articolo di

Giampaolo Galli, Federico Neri, Francesco Scinetti

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