Da anni, le revisioni delle stime del Pil fatte dall’Istat sono quasi sempre al rialzo rispetto alle stime iniziali, suggerendo che la metodologia utilizzata produca risultati sistematicamente distorti verso il basso. Dal 2014 a oggi, in media, il dato finale del livello del Pil è risultato superiore alla prima stima dell’1,7% in termini nominali e dello 0,4% in volume. L’entità delle revisioni è aumentata notevolmente dopo il Covid, sia in termini reali che nominali. Negli ultimi anni revisioni molto elevate hanno riguardato anche il tasso di crescita del Pil reale. È normale che la prima stima del Pil venga rivista, ma se l’errore è sempre nella stessa direzione, la metodologia utilizzata va riconsiderata.
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L’Istat, nella sua edizione dei conti economici nazionali del 22 settembre 2025, ha rivisto verso l’alto le stime del Prodotto Interno Lordo (Pil).[1] Non è una novità: da anni le prime stime Istat sottostimano regolarmente il livello del Pil.
La stima del Pil annuale
Il Pil è il valore dei beni e servizi finali prodotti da un Paese in un certo periodo di tempo.[2] La sua stima a livello annuale riflette informazioni da varie fonti disponibili in momenti differenti.[3] È quindi normale che il valore del Pil sia rivisto nel tempo, secondo un preciso calendario. Per esempio, la prima stima del Pil del 2024 è del marzo 2025; la seconda del settembre 2025; la terza del marzo 2026; la quarta del settembre 2026; la quinta del marzo 2027.[4] In seguito, il dato viene ulteriormente modificato dalle revisioni quinquennali coordinate a livello europeo, che cambiando i metodi di calcolo toccano l’intera serie storica; l’ultima è del settembre 2024.
Le revisioni negli ultimi anni
- Pil nominale
Partiamo dal Pil nominale e consideriamo prima le cinque revisioni iniziali (che escludono la revisione quinquennale). Dal Pil del 2014 a oggi, la stima della quinta edizione è risultata sempre maggiore della prima stima, in media dell’1,4% (Figg.1, 2).[5] Gli aumenti maggiori si concentrano nella seconda edizione (0,6% in media) e nella quarta (0,7%).
A partire dal Pil del 2021, l’entità delle revisioni è cresciuta: la differenza tra quinta edizione e prima stima è del 3,6% per il biennio 2021-22, contro lo 0,8% del periodo 2014-2020.
Considerando anche le revisioni quinquennali del 2019 e del 2024, l’aumento medio tra ultimo dato e prima stima sale all’1,7% (Tav.1).[6]
- Pil reale
Per il Pil reale (ossia a prezzi costanti) le revisioni hanno un impatto minore, poiché parte delle variazioni nominali riflette stime diverse sull’inflazione (Figg.3, 4). In media, il valore della quinta edizione supera la prima stima dello 0,9%. Le revisioni post-Covid risultano più ampie anche in termini reali: la variazione tra quinta edizione e primo dato è dello 0,5% nel 2014-2020 e del 2% nel 2021-22.
Aggiungendo le revisioni quinquennali, l’aumento medio dell’intero periodo scende allo 0,4%: nella revisione di settembre 2024 la stima del Pil in volume è stata infatti abbassata per gli anni 2017-2020 (Tav.2).
- Tassi di crescita del Pil reale
In termini di tassi di crescita reali, nel periodo 2014-22 il dato della quinta edizione supera in media di 0,5 punti percentuali la prima stima (Fig.5). Tuttavia, questo risultato è dovuto prevalentemente a sottostime del tasso di crescita negli ultimi anni: la variazione media del periodo 2014-2020 è infatti di 0,2 punti percentuali, mentre le revisioni del 2021-22, anni di forte crescita per il rimbalzo post-Covid, hanno comportato un maggior tasso di crescita di 1,4 punti percentuali rispetto alla stima iniziale. Inoltre, la crescita del 2021 è stata ulteriormente alzata dalla revisione quinquennale.
Il tema della sottostima del Pil da parte dell’Istat è stato trattato anche da un recente lavoro di Innocenzo Cipolletta e Sergio De Nardis, che attribuiscono le sottostime principalmente al settore dei servizi.[7] Per superare il problema gli autori propongono di dare maggior peso alle informazioni provenienti dal lato della domanda (consumi, investimenti, esportazioni) rispetto agli indicatori di offerta (come produzione e fatturato), ora più utilizzati per le stime iniziali. Inoltre, gli autori suggeriscono di integrare le indagini sul consumo delle famiglie con i dati derivanti dai sistemi di pagamento digitali.
[1] Vedi Istat, "Conti economici nazionali - Anni 2023-2024", 22 settembre 2025. Dalla nota metodologica di questo documento sono tratte le informazioni sul processo di revisione, mentre i dati provengono dalle singole edizioni dei conti nazionali.
[2] Tale valore può essere ottenuto attraverso tre approcci. Il primo utilizza informazioni su quanto viene prodotto (lato dell’offerta). Il secondo utilizza informazioni sulla domanda per consumi (di famiglie e Pubblica Amministrazione), investimenti ed esportazioni al netto delle importazioni. Il terzo approccio è quello della distribuzione di quanto viene prodotto (il Pil) tra vari fattori della produzione (tra cui lavoratori e imprese).
[3] Per semplicità ci focalizziamo sulle stime del Pil annuale, tralasciando quelle del Pil trimestrale.
[4] Fino alla terza edizione le stime si basano in larga parte su fonti provvisorie. La prima stima che incorpora i dati definitivi è la quarta. Il dato è considerato definitivo nella quinta edizione, che di solito comporta cambiamenti minimi rispetto alla precedente.
[5] Questa media considera i dati fino al 2022, dato che la quinta edizione delle stime per 2023 e 2024 non è ancora stata diffusa.
[6] Per esempio, la quinta edizione del Pil del 2015, risalente a marzo 2018, è stata modificata ulteriormente dalla prima revisione quinquennale di settembre 2019 e dalla seconda di settembre 2024. Per il 2017 e il 2018, rispettivamente la quarta e la seconda edizione sono coincise con la revisione quinquennale di settembre 2019; quella del 2024 è quindi considerata la seconda.
[7] Vedi Cipolletta, De Nardis, "Meglio di come sembrava: l’economia italiana dopo la revisione dei Conti economici", Menabò di Etica ed Economia, n. 241, 16 luglio 2025.