Lavoro

I morti sul lavoro in Italia e in Europa

06 giugno 2025

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I morti sul lavoro in Italia e in Europa

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Il dramma dei morti sul lavoro è purtroppo ancora di attualità. I media tendono a riportare il numero di decessi denunciati all’INAIL, ma solo una parte di questi viene riconosciuta come relativa all’attività lavorativa e indennizzata. Per esempio, nel 2023, le denunce sono state 1187, di cui 612 riconosciute. Guardando ai decessi ogni 100.000 occupati ed escludendo quelli in itinere (ossia avvenuti nel tragitto casa-lavoro), dopo un calo dal 2008 (5,5 i denunciati, 3,5 i riconosciuti) al 2014 (4,1 i denunciati, 2,5 i riconosciuti), il numero è rimasto grossomodo stabile, senza ulteriori miglioramenti. I dati di 2023 (3,8 denunciati, 2 riconosciuti) e 2024 (3,3 denunciati) suggeriscono un miglioramento, ma spesso i dati più recenti vengono poi rivisti al rialzo dall’INAIL. Nelle grandi imprese i decessi si verificano con minore frequenza che nelle piccole-medie, e i settori più a rischio sono l’agricoltura, l’edilizia e i trasporti, a causa degli incidenti stradali. A livello internazionale, dal 2010 l’Italia ha sempre avuto un numero di morti sul lavoro più alto della media UE, ma il divario si è ridotto negli anni. Togliendo, oltre ai decessi in itinere, il settore dei trasporti, l’Italia ha un numero di morti più basso della media UE, meglio di Spagna, Portogallo e Francia, ma peggio di Germania, Paesi Bassi e Irlanda, tra le altre.

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Il dramma dei morti sul lavoro è ancora purtroppo di attualità in Italia. Questa nota chiarisce quante persone sono morte sul lavoro negli ultimi anni, confrontando l’Italia con gli altri Paesi europei.

In Italia

Quando avviene un decesso sul lavoro, il datore è tenuto a denunciarlo all’Istituto Nazionale contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL), che assicura “tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro”. Sono assicurati anche i decessi “in itinere”, ossia avvenuti nel tragitto casa-lavoro.[1]

Quando si parla di morti sul lavoro, i media tendono a riportare il numero di denunce. Solo una parte delle denunce viene però riconosciuta dall’INAIL e indennizzata.[2] Per completezza, riportiamo quindi sia le denunce totali che quelle riconosciute.

Nel 2023, i decessi denunciati all’INAIL sono stati 1187, di cui 612 (il 57%) sono stati riconosciuti. Per il 2024 sono disponibili solo i dati provvisori delle denunce totali (1077), così come per i primi quattro mesi del 2025: 286 denunce contro le 265 dello stesso periodo nel 2024.

Dal 2008 al 2023 il numero di decessi è diminuito, sia per le denunce (1624 nel 2008, 1187 nel 2023), sia per i casi riconosciuti (1110 nel 2008, 696 nel 2023) (Fig.1). Il calo è però da attribuirsi interamente al periodo tra il 2008 e il 2014. Dal 2014 al 2019 il numero di decessi è rimasto sostanzialmente stabile, fino al picco del 2020, dovuto ai contagi da Covid avvenuti sul lavoro, inclusi nelle statistiche. Successivamente il dato è sceso, ma le denunce del 2023 sono state circa le stesse del 2014. Il confronto migliora guardando ai soli casi riconosciuti (739 nel 2014, 612 nel 2023), ma i dati degli ultimi anni probabilmente verranno rivisti al rialzo (come avvenuto in passato), sia per le denunce totali che per quelle riconosciute.[3] Ciò detto, il dato provvisorio per il 2024 suggerirebbe un calo significativo (1087 morti, l’8,4% in meno).

La traiettoria dei decessi ogni 100.000 occupati è leggermente migliore: il calo è marcato dal 2008 (7 i denunciati, 4,8 i riconosciuti) al 2014 (5,4 i denunciati, 3,4 i riconosciuti), mentre nel 2022 (5,5 denunciati, 3 riconosciuti) la situazione era analoga a 8 anni prima. Nel 2023 il numero è sceso molto (5 denunciati, di cui 2,6 riconosciuti), calo confermato dal dato provvisorio del 2024 (4,5 denunciati). Come detto sopra, il dato verrà però probabilmente rivisto al rialzo in futuro.[4]

Nel lungo periodo, per il quale sono disponibili soltanto i dati dei casi riconosciuti, il miglioramento è stato notevole: si è passati da una media, negli anni ’60, di oltre 20 morti ogni 100.000 occupati, a 10 negli anni ’80, 8 nei ’90, 6 negli anni 2000 e 3,6 negli anni 2010 (Fig.2).

I dati finora riportati includono anche i decessi in itinere, che sono stati circa un quarto di quelli totali nel 2008-2024.[5] Escludendoli, cambiano i livelli ma la tendenza resta la stessa (4,1 denunciati di cui 2,5 riconosciuti nel 2014 contro 4,1 denunciati di cui 2,2 riconosciuti nel 2023) (Fig.3). Nel 2023 (3,8 denunciati di cui 2 riconosciuti) e nel 2024 (3,3 denunciati) c’è stato un miglioramento, ma, anche in questo caso, resta da vedere se i dati saranno confermati.

I decessi, al netto di quelli in itinere, avvengono con frequenza molto più alta in tre settori: agricoltura (nel 2023, 15,7 denunciati ogni 100.000 occupati, di cui 9 riconosciuti), edilizia (12,4 denunciati, 9,2 riconosciuti) e trasporti (tassisti, camionisti, ecc.), a causa degli incidenti stradali (11,1 denunciati, 4,7 riconosciuti). I valori sono molto più bassi per la manifattura e le altre attività industriali (3,1 denunciati, 1,7 riconosciuti) e nel restante, ossia i servizi (0,9 denunciati, 0,8 riconosciuti).

La mortalità è più elevata nelle piccole imprese (tra 10 e 49 occupati): nel 2022, ultimo anno disponibile, era di 3 ogni 100.000 occupati. Per le medie (tra 50 e 249 occupati) era di 2,5 e per le micro (fino a 9 dipendenti) di 2,2. Nelle grandi imprese (più di 250 occupati) i decessi sono stati molti meno: 1,1 ogni 100.000 occupati.[6]

I dati disponibili non consentono di chiarire se i decessi siano influenzati dal numero di aziende ispezionate dall’Ispettorato del Lavoro (INL) in materia di sicurezza.[7] Le ispezioni sono diminuite tra il 2012 e il 2019, ma, dopo l’ulteriore riduzione durante gli anni Covid, c’è stata una forte ripresa nel 2024, con il record storico di aziende ispezionate (46.985) (Fig. 3). Una singola osservazione non consente di trarre conclusioni, ma a questo aumento ha corrisposto il numero di denunce, pur provvisorio, più basso di sempre. Le maggiori ispezioni sono probabilmente dovute al potenziamento dell’organico dell’INL dedicato alla sicurezza, passato da 215 unità nel 2022 a quasi 900 negli ultimi due anni.[8]

Il confronto con gli altri Paesi dell’Unione Europea

La definizione Eurostat di decesso sul lavoro esclude sia i casi in itinere che quelli non indennizzati. Il numero, espresso ogni 100.000 occupati, è aggiustato per tenere conto delle diverse strutture produttive dei Paesi.[9]

Dal 2010 al 2022 (ultimo dato disponibile), l’Italia ha sempre avuto un numero di morti sul lavoro più alto della media UE, anche se il divario si è ridotto negli anni (Fig. 4). Il maggior divario nel biennio 2020-21 è dovuta al fatto che, al contrario dell’Italia, quasi tutti i Paesi non hanno conteggiato i morti di Covid come avvenuti sul lavoro. L’Italia è però il Paese “mediano”, con 13 Paesi meglio posizionati e 13 peggio.

Tra i Paesi più avanzati, nel 2022 la frequenza di decessi di Spagna, Portogallo, Lussemburgo e Francia era più alta rispetto all’Italia (Fig.5), anche se il dato francese è da prendere con le pinze per questioni statistiche: ogni infortunio avvenuto a lavoro, a prescindere dalla causa, è considerato infortunio sul lavoro; spetta al datore provare che l'infortunio non sia avvenuto sul lavoro. Di conseguenza, il dato tende ad essere molto alto.

Fanno meglio dell’Italia invece gli altri Paesi avanzati (tra i migliori ci sono Paesi Bassi e Germania, con un’incidenza che è, rispettivamente, un quinto e due quinti di quella italiana), ma anche Slovenia, Ungheria, Slovacchia e Polonia. Tuttavia, tra i Paesi con un numero più basso dell’Italia, alcuni (Ungheria, Belgio, Slovacchia, Polonia e Paesi Bassi) non includono i lavoratori autonomi nelle statistiche, e Slovenia e Paesi Bassi non conteggiano gli incidenti stradali avvenuti lavorando, escludendo di fatto il settore dei trasporti, che è ad alto rischio.

Escludendo i trasporti dalle statistiche di tutti i Paesi, la posizione dell’Italia migliora, con 0,9 morti ogni 100.000 abitanti nel 2022, meno della media UE di 1,3 (Fig. 6). L’Italia si colloca in posizione mediana rispetto ai Paesi dell’Europa occidentale, risultando meglio, tra gli altri, di Spagna, Portogallo, Lussemburgo e Francia (tenendo a mente la particolarità statistica di quest’ultima), ma peggio di Danimarca, Finlandia, Grecia, Germania, Svezia, Paesi Bassi e Irlanda.[10]


[1] Più precisamente, riguardo l’infortunio in itinere “l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti”. Vedi il decreto del P.D.R. n.1124, 30 giugno 1965, art.2.

[2] Delle denunce respinte, per più della metà il motivo è la mancanza di un nesso causale tra il rischio insito nell’attività lavorativa e l’evento che ha causato la morte (vedi tabelle nazionali INAIL, tabella B4.1.4, 31 ottobre 2024). Un caso tipico è quello in cui il lavoratore si espone volontariamente a un rischio che esula dalle normali modalità di lavoro, il c.d. “rischio elettivo”. Sulla definizione precisa di quest’ultimo, molto labile, si è espressa diverse volte la Cassazione. Tra gli altri motivi ci sono la mancanza di documentazione, o la mancata copertura di alcuni soggetti da parte dell’INAIL. Sono infatti esclusi dalla tutela INAIL i lavoratori nel comparto sicurezza e difesa e gli autonomi che non siano artigiani, coltivatori diretti, lavoratori dello spettacolo o dello sport. La mancata assicurazione all’INAIL per inadempienza del datore di lavoro non è invece un motivo valido di rifiuto della denuncia (vedi decreto del P.D.R. n.1124, 30 giugno 1965, art. 67).

[3] Ogni anno l’INAIL aggiorna i dati dei cinque anni precedenti, e sia le denunce totali che i casi riconosciuti tendono a essere più alti di quanto riportato in precedenza. Per esempio, nella relazione annuale pubblicata nel 2021, per l’anno 2019 le denunce totali (1205) e quelle riconosciute (705) sono più basse rispetto a quanto riportato nell’ultima relazione, pubblicata nel 2024: 1242 denunce totali, e 754 casi riconosciuti. I dati da noi riportati sono quelli di ultima pubblicazione: per esempio, per il 2015 i dati provengono dalla relazione pubblicata nel 2020, per il 2016 da quella pubblicata nel 2021, e così via. Per consultare le relazioni annuali, vedi questo link.

[4] Il dato sugli occupati proviene da Istat (serie storica e dati post-2004).

[5] Delle denunce nel periodo 2008-2024, il 24% riguardava decessi in itinere; di quelle riconosciute (nel periodo 2008-2023) il 26%.

[6] I dati in base alla dimensione delle imprese non vengono diffusi direttamente da INAIL ma sono disponibili su Eurostat (link). Non includono il settore agricolo. Il numero di occupati per dimensione delle imprese proviene sempre da Eurostat (link).

[7] I dati provengono dai rapporti annuali sull’attività di vigilanza dell’Ispettorato del Lavoro per gli anni successivi al 2013 (link), del Ministero del Lavoro per gli anni precedenti (link). Purtroppo, il numero di aziende ispezionate è disponibile solo per gli anni mostrati.

[8] L’aumento delle assunzioni si è concretizzato nel 2023, quando però il nuovo personale è stato formato affiancandolo a figure più esperte, senza un forte aumento delle ispezioni, che è avvenuto l’anno seguente (vedi INL - Rapporto annuale 2023). Le assunzioni sono state disposte dal decreto legge n. 146, 21 ottobre 2021, art. 13. Sono previsti ulteriori incrementi nei prossimi anni (vedi decreto legge n.19, 2 marzo 2024, art. 31).

[9] Confrontare direttamente i numeri penalizzerebbe i Paesi che hanno una maggiore quota di occupati in settori più pericolosi, come l’edilizia. Viene quindi calcolato per ogni Paese il “tasso d’incidenza standardizzato”, ottenuto a partire dai decessi ogni 100.000 occupati per settore, per poi assegnare a ogni settore la stessa ponderazione di quella totale dell'Unione Europea.

[10] Vedi questo link per i dati al lordo degli incidenti stradali, questo per quelli al netto.

Un articolo di

Gianmaria Olmastroni

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